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CEM: Campi ElettroMagnetici

Le antenne dei cellulari e le discariche hanno lo stesso effetto sulla popolazione:  nessuno le vuole ma a tutti servono.

Anonimo

    L’uso prolungato del cellulare, i campi elettromagnetici (CEM) generati dalle antenne di telefonia mobile e dalle linee elettriche possono indurre la formazione di tumori?

    Tale domanda si fa sempre più insistente, soprattutto dopo le numerose notizie divulgate dove una volta s’assolvono ed una volta si condannano le emissione elettromagnetiche.

    L’ex Ministro della Sanità prof. Umberto Veronesi (affermato oncologo) ha  dichiarato che tra le sostanze cancerogene certe o incerte non trova posto l’elettrosmog e che pertanto sono necessari ulteriori studi prima di parlare di sicuro rischio cancerogeno.

    ... A livello epidemiologico fino a quando non sarà dimostrato un rapporto causale tra esposizione ai CEM ed aumentata insorgenza di malattie o di casi di mortalità non è sostenibile l’esistenza di un rischio connesso a tale esposizione.

corpo umano ed effetti delle radiazioni non ionizzanti

    Le onde EM sono la base della vita: il sole bombarda la superficie terrestre di campi elettromagnetici molto elevati con pressoché tutto lo spettro elettromagnetico. In aggiunta il nostro organismo è soggetto a tutte le emissioni artificiali quali gli elettrodotti, i ripetitori radiotelevisivi e telefonici.

    Per comprendere il possibile ruolo patogenetico di tali campi elettromagnetici è necessario stabilire il livello minimo accettabile d’assorbimento elettrico per l’organismo chiamato densità di corrente. La densità di corrente è la corrente indotta da un campo elettromagnetico nell’unità di superficie all’interno del corpo umano misurata in Ampere per m2 (A/m2). Il tasso di assorbimento specifico SAR, è la derivata rispetto al tempo dell’energia elementare assorbita da, o dissipata in una massa elementare ed ha come unita di misura il Watt per Kg (W/Kg).

    Quando l’organismo interagisce con un campo elettromagnetico il suo equilibrio viene alterato, anche se non si ha un immediato danno biologico. Per danno biologico s’intende una variazione morfologica o funzionale a carico di strutture di livello superiore a quello molecolare; si parla di effetto sanitario quando il danno biologico è superiore alla capacità riparativa dell’organismo.

    Gli effetti sanitari delle radiazioni non ionizzanti sono meno conosciuti e patogeneticamente definiti di quelle ionizzanti; gli studi epidemiologici disponibili indicano, in maniera incerta a causa di fattori di confondimento, una correlazione tra esposizione cronica a campi generati dalle linee ad alta tensione ed insorgenza di alcuni tipi di tumore, in particolare leucemie infantili, anche se non vi è accordo sull’interpretazione dei dati in termini di reale apporto causale tra esposizione ai campi e cancro.

Prudenza cautelativa

    La Prudenza Cautelativa, così come applicata ed intesa da vari Paesi è un concetto che si riferisce alle spese e non all’atteggiamento nei confronti del rischio. Essa implica che non vengano stabiliti limiti espositivi senza tener conto dei costi per giungere a tali livelli, ma piuttosto implica l’adozione di misure per ridurre l’esposizione pubblica ai campi elettromagnetici a costi modesti. 

    ALARA è l’acronimo di (As Low As Reasonably Achievable) cioè basso tanto quanto ragionevolmente ottenibile. Questa è una politica usata per minimizzare i rischi conosciuti, mantenendo l’esposizione bassa tanto quanto è ragionevolmente possibile, tenendo in considerazione costi, tecnologia, benefici alla salute pubblica, sicurezza e altre considerazioni sociali ed economiche. ALARA è oggi principalmente usata nel contesto della protezione dalle radiazioni ionizzanti, dove i limiti non sono stabiliti sulla base di una soglia, ma piuttosto sulla base di "rischio accettabile". In tale situazione, è ragionevole attenuare il rischio che si può presumere esista persino a livelli al di sotto dei limiti raccomandati in base al fatto che ciò che costituisce un "rischio accettabile" può variare ampiamente da un individuo all’altro. ALARA non è stato applicato nello stabilire la politica pubblica correlata all’esposizione ai CEM.

    Effettivamente non è una politica appropriata per i CEM (sia linee elettriche che campi di radio frequenza) se si escludono rischi a livelli di bassa esposizione e se si tiene conto dell’onnipresenza dell’esposizione.

La Prudenza Cautelativa non è stata formalmente adottata negli Stati Uniti per la regolamentazione delle comunicazioni o dei servizi di trasmissione commerciale. Tuttavia, le agenzie governative hanno fatto raccomandazioni all’industria delle telecomunicazioni che potrebbero essere considerate forme di Prudenza Cautelativa. Nel 1999 il Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha sollecitato l’industria dei telefoni cellulari a progettare telefoni che abbassassero l’esposizione dell’utente ai campi di radio frequenza a livelli necessari affinché il telefono possa compiere le proprie funzioni.

 

 

 

Promemorias

Promemoria n. 181

revisione 05-98

CAMPI ELETTROMAGNETICI E SALUTE PUBBLICA

Il progetto internazionale CEM

 Gli anni recenti hanno visto un aumento senza precedenti, per numero e varietà, di sorgenti di campi elettrici e magnetici (CEM) usati per scopi individuali, industriali e commerciali. Queste sorgenti comprendono televisione, radio, computer, telefoni cellulari, forni a microonde, radar, ed apparati per uso industriale, medico e commerciale.

Tutte queste tecnologie hanno reso la nostra vita più ricca e più facile. La società moderna sarebbe inconcepibile senza i computer, la televisione e la radio. I telefoni mobili hanno aumentato notevolmente la possibilità, per le persone, di comunicare con gli altri ed hanno facilitato l’invio di soccorsi medici o di polizia alle persone, sia in ambiente urbano che rurale. I radar rendono molto più sicuri i viaggi aerei.

Nello stesso tempo, queste tecnologie hanno portato con sé preoccupazioni per i possibili rischi per la salute connessi al loro uso. Preoccupazioni di questo tipo sono state espresse per la sicurezza dei telefoni cellulari, degli elettrodotti e dei sistemi di controllo della velocità usati dalla polizia (la cosiddetta “pistola laser”). Alcuni rapporti scientifici hanno suggerito che l’esposizione ai campi elettromagnetici generati da questi dispositivi possano avere effetti nocivi per la salute, come cancro, riduzione della fertilità, perdita di memoria e cambiamenti negativi nel comportamento e nello sviluppo dei bambini. Tuttavia, l’effettiva entità del rischio sanitario non è nota, sebbene per alcuni tipi di CEM, ai livelli riscontrati nella vita comune, questo possa essere bassissimo se non addirittura inesistente. 

Vi è anche confusione tra gli effetti biologici delle radiazioni non ionizzanti (ad es. onde radio, microonde ecc.) rispetto alle radiazioni ionizzanti, come i raggi X e i raggi gamma.

Il conflitto tra le preoccupazioni per i possibili effetti sanitari dell’esposizione a CEM e lo sviluppo della produzione di elettricità e dei sistemi di telecomunicazione ha comportato notevoli conseguenze economiche. Per esempio, in molti paesi le compagnie elettriche hanno dovuto deviare le linee di trasmissione attorno ad aree abitate e addirittura sospendere la loro costruzione. L’installazione di stazioni radio base per sistemi di telefonia mobile è stata ritardata o ha incontrato l’opposizione del pubblico a causa delle preoccupazioni per la possibilità che le emissioni di radiofrequenze da parte di queste stazioni provochi il cancro nei bambini. Negli Stati Uniti, per esempio, l’85% del numero totale di stazioni radio base necessarie deve ancora essere costruito.

Le misure per ridurre significativamente i campi elettrici e magnetici nell’ambiente, al di sotto di quello che è oggi comunemente accettato, sono costose. E’ stato stimato che le controversie su campi elettromagnetici e salute stiano costando, alla sola economia degli Stati Uniti, 1 miliardo di dollari l’anno. Tuttavia, se effettivamente si presenteranno rischi inaccettabili per la salute, costose misure di prevenzione si renderanno necessarie.

Nel maggio 1996, in risposta alle crescenti preoccupazioni, in molti stati membri, per i possibili effetti sanitari dell’esposizione di sorgenti di CEM in continuo aumento per numero e varietà, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha avviato un progetto internazionale per valutare gli effetti sanitari ed ambientali dell’esposizione ai campi elettrici e magnetici, che è noto come Progetto internazionale CEM.

Il Progetto internazionale CEM durerà cinque anni. Esso metterà assieme le conoscenze attuali e le risorse disponibili delle principali organizzazioni e istituzioni scientifiche internazionali e nazionali, allo scopo di arrivare a raccomandazioni scientificamente fondate per la definizione dei rischi sanitari dell’esposizione ai campi elettrici e magnetici statici e variabili nell’intervallo di frequenze 0-300 GHz. Questo intervallo comprende i campi statici (0 Hz), i campi a frequenza estremamente bassa (ELF >0 - 300 Hz) ed i campi a radiofrequenze (RF, 300 Hz - 300 GHz).

Questo progetto è stato concepito per fornire delle revisioni critiche autorevoli ed indipendenti della letteratura scientifica e per identificare e colmare le lacune nella conoscenza scientifica, definendo protocolli di ricerca che utilizzino metodologie tra loro compatibili e confrontabili e incoraggiando una ricerca più focalizzata, che dovrebbe portare a migliori valutazioni del rischio sanitario nel settore dei CEM. Il Progetto internazionale CEM:

ü      rivede criticamente la letteratura scientifica sugli effetti biologici dell’esposizione ai CEM;

ü      individua le lacune nelle conoscenze, che richiedono ricerche al fine di migliorare la definizione dei rischi per la salute;

ü      incoraggia un piano di ricerche focalizzate e di alta qualità sui CEM;

ü      definisce formalmente i rischi sanitari dell’esposizione ai CEM, dopo che le necessarie ricerche sono state completate;

ü      incoraggia normative uniformi, che siano accettabili internazionalmente;

ü      fornisce consulenza a programmi nazionali e ad istituzioni non governative.

Un Comitato consultivo internazionale formato dai rappresentanti di organizzazioni internazionali, istituzioni scientifiche indipendenti e governi nazionali che sostengono il Progetto, agisce da supervisore. Tutte le attività sono coordinate e agevolate dalla Segreteria dell’OMS.

Le organizzazioni internazionali che sostengono il Progetto e partecipano ad esso comprendono (in ordine alfabetico): la Commissione Europea (EC); l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC); la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP); la Commissione Elettrotecnica Internazionale (IEC); l’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO); l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU); l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP).

L’attività scientifica è condotta dall’ICNIRP e da istituzioni scientifiche indipendenti collaboratrici dell’OMS; queste comprendono l’Ente Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni (Regno Unito), l’Ente Federale per la Protezione dalle Radiazioni (Germania), l’Istituto Karolinska (Svezia), l’Amministrazione per gli Alimenti e i Farmaci (Stati Uniti), l’Istituto Nazionale per le Scienze di Sanità Ambientale (Stati Uniti), l’Istituto Nazionale di Studi sull’Ambiente (Giappone).

Oltre 40 governi nazionali contribuiscono o sono interessati alle attività del Progetto. 

Le attività scientifiche del Progetto internazionale CEM comprendono incontri scientifici per giungere a una definizione dei rischi sanitari connessi a vari tipi di campi elettromagnetici e alle loro specifiche applicazioni. Gruppi indipendenti di esperti rivedono criticamente, usando criteri di valutazione accettati, la letteratura sugli effetti biologici dei CEM. Queste revisioni sono programmate nel tempo per permettere il completamento delle ricerche necessarie, in modo tale che i relativi risultati possano essere inclusi nelle pubblicazioni sulle valutazioni di rischio.

Il Progetto internazionale CEM pubblicherà documenti sulla percezione, la comunicazione e la gestione del rischio, allo scopo di migliorare la comunicazione sui possibili rischi dell’esposizione a CEM tra le parti interessate, compresa un’opinione pubblica e un mondo del lavoro sempre più scettici.

Come risultato del Progetto internazionale CEM, si prevede la pubblicazione da parte dell’OMS di un certo numero di monografie nella serie Environmental Health Criteria. Questi documenti tratteranno gli effetti sanitari dei campi RF, ELF e statici, nonché la percezione, la comunicazione e la gestione del rischio, ed infine la politica sanitaria nei confronti del pubblico e dei lavoratori.

Si prevede che il Progetto faciliterà lo sviluppo di normative universalmente accettabili per la limitazione dell’esposizione umana a CEM, di protocolli per la misura ed il controllo delle emissioni di CEM da parte di vari apparati, nonché una migliore comprensione di quale sia il modo più efficace di trasmettere al pubblico e ai lavoratori le informazioni sui possibili rischi dell’esposizione ai CEM.

Tutti i comunicati stampa e le note informative dell’OMS, come altre informazioni su questi temi, possono essere reperite su Internet alla pagina OMS: http:/www.who.ch/

Traduzione italiana a cura del Laboratorio di Fisica dell’Istituto Superiore di Sanità - Roma. 

 

intervento del Prof. Cesare Maltoni

(Dir. Scientifico Istituto Ramazzini e dell’Istituto dei Tumori di Bologna)

alla settima edizione di SANA

 

Voglio iniziare questo mio intervento sottolineando la reale portata del problema inerente i campi elettromagnetici. Oggi, infatti, possiamo affermare con certezza che gli effetti dei CEM sulla salute umana sono senz’altro uno dei grandi problemi che investono la nostra società e che derivano dal tipo di sviluppo industria che ci siamo dati.

Per ampiezza, è paragonabile ai problemi posti dalla grande chimica di sintesi con tutto ciò che ha prodotto di terribile e di benefico; dall’altro alle radiazioni ionizzanti propriamente dette e riconducibili allo sviluppo del nucleare e, in terza battuta, al mondo delle benzine e dei combustibili liquidi. Si tratta, quindi, di un problema enorme che non può essere affrontato come un qualsiasi problema di ambientalistica o di medicina del lavoro, ma come uno dei grandi problemi che occupa un posto centrale nel settore dei rapporti tra salute, ambiente e modello di sviluppo. 

Questa premessa per ricordare a chi banalizza la questione che, cosi facendo, fa un’operazione non scientifica e di non tutela sanitaria e,con tutta probabilità, un’azione su commissione.

 

CEM TOUT COURT

Ma cosa sono i CEM? Sono campi prodotti da cariche elettriche in movimento e ovviamente, per antonomasia, la carica elettrica in movimento è la corrente elettrica.

Si trasmettono sotto forma di radiazioni, caratterizzate da due parametri: la lunghezza d’onda e, inversamente proporzionale, la frequenza. Maggiore è la lunghezza d’onda, minore o bassa è la frequenza. Tuttavia, rispetto ai campi elettrici, quelli magnetici hanno una particolarità: sono difficilmente schermabili.

La categoria generale dei CEM include tutta una serie di radiazioni: i CEM a bassissima frequenza indotti dalla corrente elettrica, le radiofrequenze, le microonde (soprattutto per produzione di calore), le radiazioni luminose, i raggi ultravioletti (l’intero spettro dell’ultravioletto) e le radiazioni ionizzanti propriamente dette ossia raggi X e radiazioni Gamma (piccolissima lunghezza d’onda e elevatissima frequenza).

Parlando di CEM tout court, si allude sempre ai CEM a bassissima frequenza, cioè quelli generati dalla corrente elettrica di rete. Ma è un errore riduttivo: perché lì vicino, nello spettro, vi sono le radiofrequenze e, più in là, le microonde termogene, che stanno subendo un’espansione enorme. Limitarci allora ai CEM generati dalla corrente elettrica significa circoscrivere la problematica solo ad una sua parte. Invece, l’attenzione va posta sui CEM in toto, cioè basse frequenze, alte frequenze (ripetitori Tv, telefonini, ecc) e microonde (forni, ecc).

Qui tratteremo delle basse frequenze per comodità espositiva e necessità di contenere i tempi del mio intervento ma, ripeto, la problematica investe globalmente tutti i CEM. Quali sono i CEM a bassissima frequenza, cioè quelli propri alla corrente elettrica?

Sono quelli a grande lunghezza d’onda e a bassa frequenza (che si misura in Hertz: 60 Hertz per gli Usa; 50 Hertz per l’Europa, Italia compresa) ed hanno precisi effetti sulla materia vivente, poiché inducono delle correnti elettriche nei substrati biologici.

I CEM a bassissima frequenza possono avere origine naturale oppure industriale (prodotti dall’uomo). Voglio mettere l’accento su questo fatto, perchè i grandi difensori dell’innocuità dei CEM - che popolano le istituzioni sanitarie italiane, anche ai più alti livelli, e che spesso si presentano con tanto di legittimazione politica - dicono: “... ma i CEM ci sono sempre stati da che mondo è mondo!” Questo è il loro grande urlo di guerra. Ma non dicono mai che i CEM naturali possono essere stabili (vedi geomagnetismo) oppure variabili, i più pericolosi (dovuti a fenomeni atmosferici o a correnti vaganti nel sottosuolo), e che la loro intensità è sempre bassissima. Mentre i CEM artificiali (industriali) prevalentemente di tipo variabile, danno origine a campi elettrici di diffusione nella biosfera di ben altre intensità. 

Ne consegue che i CEM naturali variabili sono infinitamente inferiori, di diversi ordini di grandezza, rispetto a quelli variabili prodotti dall’industria. Questo va tenuto bene a mente. Al limite, sono come certi farmaci: in piccolissime dosi potrebbero anche essere salutari - dato ma non concesso - ma ad alte dosi certamente ammazzano.

 

COSA SAPPIAMO?

Qual’è l’origine dei CEM artificiali? Da quale fonti sono prodotti?

Da stazioni di trasformazione dell’energia elettrica, dagli elettrodotti, da impianti e apparecchiature industriali, dagli elettrodomestici, dalle apparecchiature personali e financo da quelle mediche. Viviamo quindi immersi quotidianamente nei CEM a bassissima frequenza. Generalmente, sono variabili sia per intensità che per direzione. L’unità comunemente usata per misurare i CEM è il Tesla e relativi sottomultipli (milliTesla, microTesla, ecc.) e il background di inquinamento di base, misurato oggi nei centri residenziali della nostra società industriale, è di circa 0,1 microTesla (un diecimilionesimo di Tesla). Un dato da tener ben presente! 

Cosa sappiamo dei CEM? Esiste una grande differenza di conoscenze sugli effetti dei CEM a secondo della tipologia. Ad esempio, oggi sappiamo abbastanza sulle radiazioni propriamente ionizzanti (in termini biologici), cioè raggi X, gamma e anche ultravioletti, ma sappiamo ben poco sulla loro pericolosità, soprattutto a bassissime dosi. Nel 1995, ad oltre cento anni dalla prima fruizione dei raggi X con il tubo di Rontgen siamo ancora all’oscuro su cosa facciano realmente a basse dosi. Certo, lo sappiamo in via estrapolativa, sulla base di curve matematiche che ci dicono che a certe dosi succede questo piuttosto di quest’altro, ma sono modelli matematici: indicano solo se il rischio è tollerabile o meno. Di fatto mancano dati empirici. Non è un caso che nell’Istituto in cui opero abbiamo appena finito di condurre la biofase di uno dei più consistenti esperimenti animali mai effettuato in cancerogenesi, per misurare e valutare il livello delle bassissime dosi di radiazioni ionizzanti.

Quello che stupisce, poi, è che ci si appelli addirittura alla legge. Che ci sia una legge non significa che ci sia il background scientifico per quella legge: più semplicemente indica una volontà del legislatore che, tenendo conto di un’informazione scientifica approssimativa e di tutta una serie di lobbismi convergenti, ha prodotto una legge ritenuta sopportabile dalla società in termini di rischi e di costi in quel momento. Troppo spesso la legge non corrisponde a quanto sa la scienza. C’è chi addirittura vorrebbe che la scienza si richiamasse alla legge, quando invece dovrebbe essere la legge a diventare tale solo sulla base di dati scientifici concreti. 

A chi dice che l’informazione scientifica è così “tant’è vero che la legge dice che...” va risposto senza mezzi termini che la legge non prova un bel niente. È il dato scientifico che la legge dovrebbe tenere in puntuale considerazione a dire qualcosa, non il contrario. Purtroppo, spesso non ci sono dati scientifici sufficienti e, soprattutto, troppo spesso, anche se ci sono vengono depennati, reinterpretati, ruminati a livello di tutte quelle infinità di commissioni e sottocommissioni che caratterizzano il bizantinismo delle nostre istituzioni in particolare laddove c’è di mezzo la salute pubblica.

 

DA UN CAPO ALL’ALTRO

Dicevo, dunque, che delle radiazioni ionizzanti sappiamo abbastanza ma non certo a sufficienza. 

Oggi cominciamo a conoscere qualcosa sugli effetti dei CEM a bassa frequenza caratteristici della corrente elettrica. Non sappiamo invece nulla, assolutamente nulla, sugli effetti delle microonde e delle radiofrequenze. Niente di niente. Quindi, associare il pericolo del telefonino al pericolo delle onde di un cavo elettrico è un’estrapolazione scorretta, perché non si considerano le diversità implicite nelle radiofrequenze.

Tra radiazioni ultraviolette, raggi X e raggi gamma esistono differenze enormi in quanto a effetti biologici. Queste differenze ci sono pure tra i CEM a bassissima frequenza della corrente e le radiofrequenze e tra questi e le microonde. Estrapolare è un errore scientifico: microonde e radiofrequenze vanno studiate, separatamente, punto e basta.

Quindi tutta quella stampa che omologa questo modo di assemblare ogni problematica, di ridurne le divergenze in un’unica categoria; tutti quei conferenzieri scientifici tanto ascoltati dai politici, quelli che fanno la scienza nei corridoi dei ministeri o delle sedi politiche, i diffusori di un informazione banalizzata e approssimativa, gli acculturati dell’ultimo momento... non fanno altro che creare confusione: una confusione che finisce per disinformare il pubblico, colpirne solo l’immaginario e determinare associazioni che non andrebbero fatte.

Allora, cosa ci dicono le nostre conoscenze sui CEM indotti dalla corrente elettrica? Ci dicono qualcosa di molto importante: stabiliscono un continuum! Prima si diceva: “Tanto se una radiazione non è ionizzante o eccitante non produce effetti...”. Oggi sappiamo invece che gli effetti vengono prodotti anche da onde all’altro capo dello spettro: da quelle lentissime e a bassa frequenza.

Per cui possiamo forse assolvere tutte le onde comprese tra questi due poli estremi, entrambi dannosi, solo perchè non sappiamo nulla su di loro? Direi proprio di no: semmai dobbiamo andar a vederle, proprio perchè c’è un continuum.

 

DANNI DA CEM

Da quando esiste la corrente elettrica conosciamo i suoi effetti acutissimi, acuti e subacuti. Tra gli effetti acuti c’è la folgorazione e la morte, ma tra gli effetti subacuti, che sono compatibili con la vita ma determinano delle alterazioni, oggi sappiamo che quando l’esposizione a CEM è al disopra di certe intensità possono insorgere cefalee, stancabilità, senso di vertigine, irritabilità, effetti visivi, ecc.

Fino a qualche anno fa, era tutto quanto si sapeva e lo studio di questi effetti (cefalee, irritabilità, ecc) è relativamente recente in campo medico. Fino ad allora non c’era nessun sospetto che queste radiazioni potessero produrre tumori e altri effetti patologici. Anzi, si affermava che al di sotto di una certa frequenza non c’era nessun effetto dovuto all’esposizione ai CEM. Oggi, a rimorchio della ricerca oncologica, sappiamo anche qualcosa sugli effetti non cancerogeni: per esempio, che i CEM possono avere effetti cardiologici, effetti sulla fertilità, ecc... sebbene i più importanti rimangano sempre quelli cancerogeni.

Merita forse raccontare com’è nata la prima ricerca, che data del 1979: quella della Wertheimer, una dottoressa impegnata in una ricerca di tutt’altro tipo. Cercava infatti un fattore determinante che poteva essere responsabile dell’insorgenza della leucemia in certi bambini piuttosto che in altri. Esaminando stati di salute, cartelle cliniche, condizioni dei genitori, influenze subite, ecc. mise a confronto per un anno migliaia di dati di due gruppi di bambini: uno colpito da leucemia e uno sano.

Non trovò nulla di nulla. Nessuna differenza rilevante, perchè - come disse lei stessa - aveva considerato solo parametri dannosi noti e non quelli ancora da scoprire. Rifatta la ricerca, al colmo dello scoramento, una bella sera, recandosi casualmente presso la famiglia di uno dei bambini leucemici, salendo le scale vide la nicchia di un trasformatore che, come spessissimo accade negli Usa, sono installati nell’ambito dei caseggiati stessi. Fu così che gli tornò in mente che lo aveva già visto anche in altre case e questo la spinse a chiedersi se per caso non fosse proprio quello il fattore che cercava. Rifece da capo tutta la ricerca, esaminando la presenza o meno di sorgenti di CEM e questa volta i suoi calcoli indicarono chiaramente che nei casi di bambini con leucemia, la presenza del trasformatore prevaleva a tal punto da costituire un dato statisticamente significativo. La comunità scientifica accolse la sua ricerca con scherno, dando la stura ad una serie di ricerche che tentarono di dimostrare che i dati della Wertheimer era infondati.

 

LA RICERCA CONFERMA

Qualche tempo dopo, vi fu un’altra conferma illustre. Dovendo costruire un grande elettrodotto per portare la corrente dall’estremo nord all’estremo sud del paese, il governo svedese, essendo venuto a conoscenza di queste ricerche negli Stati Uniti d’America, incaricò un responsabile della Sanità Pubblica, certo Tomenius, d’analizzare la questione e di appurare se potevano derivare pericoli per la salute pubblica dalla realizzazione del progetto.

Tomenius rifece la ricerca della Wertheimer su bambini leucemici vissuti ad una certa distanza dagli elettrodotti. E anche lui notò la correlazione già segnalata dalla Wertheimer tra rischio di leucemia, tumori del sistema nervoso centrale e esposizione ai CEM.

A queste due prime ricerche sono poi seguite una settantina di indagini epidemiologiche. Mai in tutta la storia della medicina in così poco tempo sono state eseguite così tante ricerche, e fra queste anche alcune ben fatte pur se non esaustive.

Cosa ci dicono queste indagini? E su chi sono state fatte? Sono state fatte su bambini residenti vicino a sorgenti di CEM, su adulti residenti e lavoratori primariamente esposti o operanti in ambienti pervasi da CEM.

Il sunto delle ricerche è che: sopra un certo livello di esposizione i CEM possono produrre leucemie, linfomi e tumori del sistema nervoso centrale sia nei bambini che negli adulti. Linfomi e tumori al sistema nervoso centrale sono una costante delle ricerche epidemiologiche, sebbene alcune segnalino pure aumenti di tumori mammari nell’uomo e, recentemente, pare, anche nella donna. Perché nell’uomo? Perché essendo il cancro mammario rarissimo nell’uomo un piccolo aumento attrae immediatamente l’attenzione, mentre essendo più comune nella donna ci vogliono grandi numeri per rilevare differenze statistiche. Sembra poi che i CEM siano correlati con un aumento di melanomi, di tumori ipofisari e, in poche ricerche che valutano i tumori nel loro complesso, anche dei tumori intesi in senso globale.

 

UNA RICERCA CHE MANCA

Quindi, oggi sappiamo che su base epidemiologica i CEM a bassa frequenza generati dalla corrente elettrica possono produrre questa serie di tumori. Questo e’ ormai un dato inequivocabile: l’aumento dei tumori è una costante.

Ciò che non sappiamo ancora è quanto incidono i CEM su tutti gli altri tipi di tumori. Perché le ricerche sono state mirate ad aumento di tipi rari di tumori e quindi relativamente facili da captare. Se uno si aspetta un tumore e ne vede 5 questo è indubbiamente significativo.

Se invece abbiamo 10.000 tumori di un tipo comune, in condizioni normali, sebbene vi sia un agente che provoca un aumento del 20 % e quindi noi ne vediamo 1200: tra 1000 e 1200 ci vogliono grandi numeri per dire che è statisticamente significativo.

Deve essere chiaro che le radiazioni non producono solo questi tumori. I CEM sono cancerogeni e la loro cancerogenicità è stata evidenziata da indagini su questi tipi di tumori, ma non si può dire che non ne producano altri. Lo potremo dire soltanto quando si saranno studiati a fondo. Per anni e anni s’è detto che il benzene produceva leucemie. Grazie! Si studiavano soltanto le leucemie!

Quando dicemmo invece che su animali da esperimento produceva 14 tipi diversi di tumore maligno, adesso che ci guardiamo attorno sappiamo anche che produce un aumento di tumori polmonari.

A chi dice che i CEM producono solo leucemie e tumori del sistema nervoso va risposto che non è vero: questi tumori sono stati la spia che i CEM sono responsabili di tumori, ma l’indagine sugli altri mica è stata fatta.

 

SOTTO ZERODUE

In definitiva, cosa sappiamo sulle soglie dei CEM? Sappiamo che un aumento delle leucemie nei bambini e un aumento dei tumori del sistema nervoso nell’uomo è stato trovato a dosi che sono una frazione di mTesla. In altre parole, 0,1-0,2 mTesla, sulla base dell’evidenza epidemiologica, sono sufficienti a determinare un aumento in certe popolazioni di leucemie o di tumori del tessuto nervoso. È un dato da tenere in puntuale considerazione, con cui dobbiamo rapportarci e che deve venire ulteriormente confermato e rifinito dalla ricerca sperimentale. Si debbono fare ricerche sperimentali per vedere quanti tumori sono prodotti, di che tipo e fino a che dose sono prodotti e, alle varie dosi, quanti ne sono prodotti: questo è quanto deve dire la ricerca sperimentale. La ricerca epidemiologica esiste già, non occorre nemmeno aspettare la fine delle ricerche sperimentali: bisogna cominciare il lavoro normativo che andrà perfezionato quando arriveranno anche i dati sperimentali che speriamo possano aiutare ulteriormente. E poi bisogna prendere delle misure tecnologiche per abbassare i livelli, delle misure che non debbono essere riparatrici o modificative dei grandi assetti del passato. Se voi andate in certe zone d’Italia, come il trevigiano o vicino a Rimini, ad esempio, vedete il cielo attraverso le maglie di un mega reticolo: una linea che passa sotto l’altra che passa sopra un’altra ancora, ecc... tutto questo fatto come nell’Italia postbellica, senza nessun piano regolatore. In un Paese ciò non è tollerabile, non si può continuare a costruire con arroganza nello stesso modo: non deve più essere ammesso.

Per il passato, prima del ‘69 non sapevamo niente; fino all’85 dobbiamo dare una moratoria, perché la scienza non era ancora consolidata: ma rifare questi sbagli oggi non e’ soltanto sciocco, ma criminale.

Per un problema così grande sul quale rimane ancora tanto da conoscere, bisognerebbe che la società civile - i singoli cittadini, le istituzioni, i partiti politici, le associazioni - riconoscessero un po’ di più il ruolo che la ricerca può avere nel risolvere questi problemi mentre invece viene sempre dato per scontato che ci sia chi fa tutto questo comunque. Ma come comunque? Lo stato non finanzia, le industrie interessate non finanziano, le Regioni dicono è compito del Paese, il Paese dice ma perché dobbiamo risolvere il problema delle correnti elettriche quando è un problema megagalattico: ci penserà l’Onu o l’Oms.

Allora chi è che ci pensa? In conclusione, se la ricerca ha un significato, ebbene è quello di dare origine alle normative, ai provvedimenti tecnologici e non invece il contrario: proprio in questo senso dovrebbe avere anche nel nostro immaginario maggiore considerazione.

 

 

Le politiche ambientali di WIND

    Wind, valutando l'ambiente un fattore condizionante e strategico nell'esercizio e nello sviluppo delle attività aziendali, si è dotata di una Politica Ambientale volta a individuare gli aspetti ambientali determinati dalle proprie attività e a cogliere le opportunità di miglioramento che possono emergere nei prossimi anni. L'azione aziendale è quindi tesa a soddisfare non solo le richieste degli utenti e le prescrizioni legislative e regolamentari, ma anche le esigenze di tutela ambientale con un atteggiamento costruttivo sui temi legati all'ambiente. 

1)       addestrare il personale a identificare e ridurre gli impatti sull'ambiente delle attività aziendali, promuovendo ad ogni livello un diffuso senso di responsabilità verso l'ambiente; 

2)       gestire tutte le attività aziendali in conformità con leggi e regolamenti locali, regionali, nazionali e con gli Standard Aziendali monitorando, nel contempo, tale conformità; 

3)       prevenire l'inquinamento attraverso la gestione dell'azienda, la progettazione e la realizzazione di eventuali modifiche o nuove attività in modo da tenere in debito conto le interazioni con i vari comparti ambientali e con il contesto territoriale; 

4)       assicurare il continuo miglioramento delle condizioni ambientali, anche attraverso misurazioni tese alla loro sistematica e periodica valutazione; 

5)       un rigoroso rispetto della normativa relativa all'inquinamento elettromagnetico attraverso l'uso delle migliori tecnologie disponibili a costi economicamente accettabili; 

6)       ridurre l'impatto visivo dei propri impianti sfruttando le migliori tecnologie disponibili a costi economicamente accettabili anche grazie al finanziamento di studi relativi a tale fattore; 

7)       ottimizzare l'uso delle risorse naturali tramite l'impiego razionale ed efficiente delle risorse energetiche e delle materie, attraverso il controllo dei consumi, il riutilizzo e riciclo dei rifiuti; 

8)       diffondere la politica ambientale Wind presso i propri appaltatori e fornitori e inserire tra i criteri di valutazione degli stessi gli aspetti ambientali; 

9)       comunicare con i clienti, i fornitori, gli appaltatori e l'opinione pubblica per migliorare la condivisione della gestione ambientale con questi soggetti.

L'introduzione e il mantenimento di un Sistema di Gestione Ambientale, conforme alla norma UNI EN ISO 14001, è lo strumento gestionale adottato da Wind per perseguire questa politica.

 

L'Amministratore Delegato Tommaso Pompei

 

 

 

articolo Journal American Medical Association

Handheld Cellular Telephone Use and Risk of Brain Cancer

Joshua E. Muscat, MPH; Mark G. Malkin, MD, FRCPC; Seth Thompson, PhD; Roy E. Shore, PhD; Steven D. Stellman, PhD; Don McRee, PhD; Alfred I. Neugut, MD, PhD; Ernst L. Wynder, MD 

 

Context: A relative paucity of data exist on the possible health effects of using cellular telephones.

Objective: To test the hypothesis that using handheld cellular telephones is related to the risk of primary brain cancer.

Design and Setting: Case-control study conducted in 5 US academic medical centers between 1994 and 1998 using a structured questionnaire.

Patients : A total of 469 men and women aged 18 to 80 years with primary brain cancer and 422 matched controls without brain cancer.

Main Outcome Measure: Risk of brain cancer compared by use of handheld cellular telephones, in hours per month and years of use.

Results: The median monthly hours of use were 2.5 for cases and 2.2 for controls. Compared with patients who never used handheld cellular telephones, the multivariate odds ratio (OR) associated with regular past or current use was 0.85 (95% confidence interval [CI], 0.6-1.2). The OR for infrequent users (<0.72 h/mo) was 1.0 (95% CI, 0.5-2.0) and for frequent users (>10.1 h/mo) was 0.7 (95% CI, 0.3-1.4). The mean duration of use was 2.8 years for cases and 2.7 years for controls; no association with brain cancer was observed according to duration of use (P = .54). In cases, cerebral tumors occurred more frequently on the same side of the head where cellular telephones had been used (26 vs 15 cases; P = .06), but in the cases with temporal lobe cancer a greater proportion of tumors occurred in the contralateral than ipsilateral side (9 vs 5 cases; P = .33). The OR was less than 1.0 for all histologic categories of brain cancer except for uncommon neuroepitheliomatous cancers (OR, 2.1; 95% CI, 0.9-4.7).

Conclusions: Our data suggest that use of handheld cellular telephones is not associated with risk of brain cancer, but further studies are needed to account for longer induction periods, especially for slow-growing tumors with neuronal features.

Since the introduction of cellular telephone service in the United States in 1984, the number of subscribers has increased substantially every year. By the end of 1999, there were more than 86 million cellular telephone users. Cellular telephones, which include handheld or mobile telephones, car telephones, and portable or bag telephones, operate on radio frequency (RF) signals in the 800- to 900-MHz range.

Concerns have been raised about possible adverse health effects due to exposure to these signals. In particular, allegations that the use of handheld cellular telephones causes brain cancer are based on the close proximity of the antenna, which is incorporated into the telephone receiver, to the head of the user. These claims cannot be strongly supported or refuted because of the relative paucity of scientific data on this topic. The most highly exposed cranial areas from handheld cellular telephones are the ipsilateral ear and cheek regions. The absorption of RF energy in the brain decreases with distance from the ipsilateral ear. There is less concern over intracranial RF exposure from a car-mounted telephone because the antenna is mounted on the roof and the vehicle acts as a shield. Portable cellular telephones, which are relatively uncommon, are another source of RF emissions, but because the antenna is contained in a carrying case, the exposure is not localized to the head.

The use of cellular telephones is one of several suspected risk factors for brain cancer, although the causes of this disease remain poorly understood. Predisposing genetic disorders and prior cranial radiotherapy account for a small percentage of cases. There is little evidence that the risk depends on cigarette smoking and alcohol consumption, and inconsistent findings have been reported for various environmental, occupational, and dietary exposures. The health effects due to using cellular telephones are currently being studied in a number of populations. In preliminary reports of a case-control study conducted in Sweden, the risk of brain cancer was unrelated to using a handheld cellular telephone. The hypothesis that handheld cellular telephone use is associated with primary brain cancer was tested in the current hospital-based study.

 

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