Morfologia: corpo allungato, cilindrico nella parte anteriore e compresso nella parte posteriore del corpo. Assenza di squame e pelle ricoperta da grandi quantità di muco. Testa massiccia appiattita dorso-ventralmente e recante due paia di lunghi barbigli e di cui un paio più corti. Bocca grande con numerosi denti. Occhi di piccole dimensioni. Linea laterale decorrente nella parte alta del corpo. Gli esemplari più grandi possono raggiungere i 4 m di lunghezza.

Pigmentazione: dorso scuro accompagnato da tonalità olivastre, bluastre, violacee. Fianchi giallo-biancastri e ventre biancastro che può assumere una lieve colorazione rossastra. I fianchi ed il ventre presentano striature e macchie assai variabili. Le pinne sono di colore scuro. Distribuzione geografica: la specie, originaria dell'Europa centrale ed orientale e introdotta in Italia intorno agli anni ‘50, risulta attualmente acclimatata in molti corsi d’acqua a nord della penisola.

Ecologia: la specie predilige acque tranquille, poco profonde e a fondale molle con presenza di ricca vegetazione ripariale. Durante le ore diurne tende a rimanere immobile sul fondo affossandosi nel fango. Si riproduce in tarda primavera quando le acque raggiungono una temperatura di circa 20°C. Le femmine depongono le uova su fondali ricchi di vegetazione e fogliame caduto dagli alberi circostanti. I maschi provvedono a sorvegliare le uova e garantiscono il ricambio dell’acqua con il movimento della coda.

Alimentazione: è tra i maggiori predatori delle acque interne: durante la fase giovanile si nutre invertebrati di fondale, mentre nella fase adulta si alimenta di pesci quali anguille e ciprinidi. Gli esemplari di maggior dimensioni si nutrono di rane, ratti, e uccelli selvatici.

Cattura ed allevamento: la pesca sportiva viene praticata per le difficoltà legate alla cattura soprattutto degli esemplari più grandi. Vengono usate lenze di fondo con esche quali vermi e pesci. La pesca professionale di questa specie è inesistente sia per lo scarso apprezzamento dei mercati, che per l’ormai scomparso quasi totalmente, mestiere di pesca lungo i fiumi.

La progressiva affermazione del siluro nel bacino del Po e nella parte media ed inferiore del Ticino, rappresenta una minaccia per tutte le specie ittiche autoctone. Le indagini ed i campionamenti effettuati nel fiume hanno individuato alcuni tratti fluviali in cui questo pesce è dominante in termini di densità e di biomassa. Le contestuali prime ricerche per approfondire le conoscenze sull'ecologia del siluro nel Ticino, hanno dimostrato che esso è in grado di occupare tutti gli habitat disponibili, dalle zone a bassa profondità alle grandi buche, da tratti con scarsa o nulla velocità di corrente alle rapide, dall'asta principale ai piccoli rami laterali.

Osservazioni subacquee effettuate di notte ne hanno confermato le abitudini alimentari notturne, evidenziando una intensa attività di caccia da parte di due specie: dell'anguilla, come già si sapeva, e del siluro, con la differenza che l'anguilla arriva a dimensioni di poco oltre il chilogrammo mentre la popolazione di siluro attualmente insediata nel Ticino comprende soggetti che hanno già raggiunto il peso di alcune decine di chili.

L'esame dei contenuti gastrici di alcuni esemplari ha poi confermato le attitudini strettamente ittiofaghe di questa specie, a partire dai soggetti di taglia intorno ai 30 cm. All'interno dell'areale di distribuzione del siluro nel Ticino si osserva attualmente la completa assenza della trota marmorata e la scarsissima presenza del pigo: elementi questi che fanno ritenere il siluro oltre che uno dei responsabili del decremento di queste popolazioni, un ostacolo reale e diretto alla loro eventuale ripresa, per l'azione di predazione e la competizione, per il cibo ed il rifugio, che esso ha nei loro confronti.