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"Sorella,
puoi dire qualcosa della tua chiamata?
Come
hai fatto a lasciare tutto?"
Queste,
e altre simili, sono le domande che ci sentiamo rivolgere, in parlatorio,
specialmente dai giovani.
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Per rispondere
a questo desiderio abbiamo pensato di raccontare un poco la storia della
nostra vocazione, del cammino che ci ha condotte a scegliere di vivere
in clausura per dedicarci al Signore con animo libero, sulle orme di Chiara
d'Assisi.
Ogni
storia è unica e irripetibile perchè l'amore di Dio è
infinito e infinita la sua fantasia.
Le
vie di Dio sono infinite.
Durante
la prima guerra mondiale il mio paese era sul fronte e venne raso al suolo.
La
gente dovette abbandonare tutto e fuggire. I miei genitori furono accolti
e ospitati con bontà in un convento di frati minori, dove vi era
maestro dei novizi fr.Leonardo M. Bello, in seguito eletto ministro generale
dell'Ordine.
Vedendo
la vita dei frati, mio fratello maggiore maturò il desiderio di
divenire figlio di S. Francesco d'Assisi e chiese di essere ammesso nell'Ordine.
In
una delle poche volte che lo vidi a casa - allora raramente i giovani frati
in formazione tornavano in famiglia - portò un quadretto di S Chiara
e lo mise nella mia stanza da lavoro, dove avevo le macchine della maglieria.
Quel
volto benedetto della Santa cominciò a divenirmi caro. Da tempo
sentivo un'attrattiva verso il Signore, il desiderio di donarmi a Lui.
S. Chiara mi accompagnò in questo cammino di ricerca e, quasi senza
accorgermene, arrivai alla decisione di seguire il suo esempio.
Ne
accennai a mio fratello che ne fu felice e comunicò la sua gioia
a un confratello compagno di studi. Lo venne a sapere P. Bello, divenuto
ministro generale, il quale chiamò mio fratello e gli disse che
il real monastero di S. Chiara. in Napoli. aveva da poco ripreso vita con
l'arrivo di alcune sorelle del protomonastero d'Assisi: era suo desiderio
che io entrassi in quella comunità.
Per
me. fu come se la richiesta venisse direttamente da S. Francesco e nonostante
la pena dei miei genitori perchè andavo lontano, non esitai a dire
di si. Non ho esitato a dire di si anche quando mi è stato chiesto
di partecipare alla fondazione di questo amato monastero di S. Croce.
Sono
nata in Calabria,
ma
ci sono rimasta poco tempo. Per motivi di lavoro mio padre dovette trasferirsi
con la famiglia in diverse città, poi si stabilì in modo
definitivo a Napoli.
Dimoravamo
a Caserta quando, un giorno, mio padre mi chiamò mentre stava leggendo
il giornale per darmi la notizia che il real monastero di Napoli era stato
riaperto e riaccesa la lampada del tabernacolo. Non poteva certo immaginare,
mio padre, che cosa sarebbe passato in quel momento nel mio cuore: trasalii
di gioia, e la timida attrattiva che ogni tanto
si
affacciava in me verso la vita claustrale, divenne all'improvviso una chiara
chiamata. Ma non dissi nulla.
Passò
del tempo e quando ebbi la certezza che il Signore mi invitava ad essere
tutta Sua, ne parlai in famiglia. Come prevedevo, fu una mobilitazione
generale per dissuadermi. Il Signore mi fu vicino. Io non mi stancavo di
dirGli: "Senti, per piacere, aiutami", e lo fece, in diversi episodi da
fioretti. Come quella volta in cui uno zio altolocato arrivò deciso
a portarmi con se per farmi divertire e distrarre dai miei pensieri, secondo
lui uggiosi. Inspiegabilmente mia madre si trovò con un gran febbrone,
lo zio dovette ripartire solo e poco dopo anche la febbre era partita.
Mio
padre mi adorava e costruiva grandi sogni per me. Pur di farmi piacere
mi accompagnava ogni mattino alla S. Messa nella chiesa del Gesù
Nuovo.
Vi
entravo col cuore rivolto alla basilica di fronte, S. Chiara.
Un
mattino, lungo la strada, mi chiese se poteva lasciarmi sola perchè
doveva recarsi presto in ufficio. Me ne andai felice al Gesù e quando
ne uscii guardai a lungo S. Chiara. Tornai a casa a fatica. Il mattino
seguente mio padre, di nuovo, mi salutò per via.
Lo
baciai con tutto l'affetto che nutrivo per lui, ed era davvero tanto. Ma
ero decisa.
Dopo
la S. Messa mi presentai al monastero. Si spalancò la porta di clausura
ed entrai.
Finalmente
ero nella casa del Signore, per sempre.
Dopo
tanti anni trascorsi nel monastero di Napoli, un nuovo invito del Signore.
Con
gioia sono venuta a Pignataro Maggiore per dare vita, con le sorelle, a
un nuovo faro di luce clariana.
Nella
mia chiamata
tutto
è stato semplice e limpido come l' acqua di sorgente.
Ho
avuto la fortuna di nascere in una bella famiglia, ricca di armonia e tanta
fede.
La
nostra abitazione era vicina alla parrocchia e mio padre. dopo il lavoro,
vi faceva i servizi di sacrestano. L'oratorio era per me una seconda casa,
vi trascorrevo del gran tempo a giocare, facendo inquietare mia mamma,
preoccupata nel vedermi crescere spensierata.
Pian
piano cominciò a farsi sentire un certo richiamo interiore e scappavo
in chiesa a visitare Gesù, a pregarLo, a volte senza parole.
Era
come un bisogno.
Prima
sostavo pochi minuti, poi cominciai a fermarmi di più.
Se
ne accorse il parroco, un uomo di Dio, ricercato come confessore e direttore
spirituale; con la sua guida non tardai a comprendere che il Signore mi
stava facendo il gran dono di chiamarmi a una vita di totale donazione
a Lui.
Visitai
alcuni monasteri.
Trovavo
tutto bello ma non sentivo nessuna spinta interiore che mi facesse prendere
una decisione.
Con
impegno e fervore feci una novena allo Spirito Santo prima di un pellegrinaggio
ad Assisi, e lì mi arrivò il colpo di fulmine.
S.
Chiara mi ha voluta per se.
Un
attimo fuori del tempo,
davanti
alla grotta dell'Immacolata, a Lourdes, ha segnato per sempre la mia vita.
Sono
cresciuta in una famiglia unita. Eravamo in sette: il babbo, la mamma,
quattro fratelli e, per ultima, ero arrivata io. In casa regnava un' atmosfera
cordiale ma nessuno aveva interesse per la Chiesa.
Verso
i diciotto anni la mia madrina di cresima mi invitò ad aiutarla
a lavorare per le missioni.
Donna
buona, colta e profondamente pia, mi intratteneva a volte con discorsi
spirituali che, in quel tempo, esulavano dai miei interessi; tuttavia l'affetto
mi rendeva compiacente, così, senza che me ne avvedessi, mi affacciai
su un mondo nuovo.
A
quella età cominciai anch'io ad essere corteggiata. Mi scelsi Francesco,
la cui bellezza non mi lasciava indifferente, e mi fidanzai con lui.
Tutto
filava v la liscio, eppure dentro di me qualcosa mi impediva di essere
felice.
Dopo
più di un anno mi decisi a rompere. Era il giorno 11 agosto, una
data che, in seguito, mi sarebbe divenuta tanto cara.
Iniziai
a frequentare la parrocchia e mi avvicinai a una comunità di suore
che dimorava non lontano da casa mia. In occasione di una festa. invitai
mia madre a venire con me.
Mai
l'avessi fatto! Una suorina anziana ebbe l'infelice idea di dire che sarei
entrata da loro.
E
pensare che non mi era mai passato per la mente. Il risultato fu un putiferio
tremendo
che
non finì lì. In casa cominciarono a sorvegliarmi e a impedirmi
di uscire da sola.
Finii
con l'ammalarmi e dovetti essere ricoverata. In ospedale il Signore mi
mise vicino di nuovo
una
cara suora che mi aiutò molto e mi diede la possibilità di
fare un pellegrinaggio a Lourdes.
Quando
vi giunsi mi sembrò che l'Immacolata mi attendesse da sempre.
Al
ritorno mi aspettava la grande prova della malattia di mio padre, a cui
ero tanto affezionata.
Si
spense in poco più di un mese. Quei giorni non li posso scordare:
per la prima volta
mi
sentii afferrata dal mistero della morte, dell'eternità.
Stavo
scoprendo la presenza del Signore nella mia vita e non so che cosa avrei
fatto perchè anche mio padre si lasciasse amare dal Signore.
Mi
sentivo impotente di fronte alla sua resistenza, e mi misi a pregare tanto.
Fu
in quei momenti che cominciò ad affiorare in me il bisogno di donarmi
al Signore.
Avevo
conosciuto le sorelle clarisse e il desiderio di consacrarmi a Lui tra
le figlie di S. Chiara si faceva sempre più forte.
Più
volte tentai con mia madre di intavolare il discorso sulla mia scelta di
vita ma era pressochè impossibile. Allora la invitai a venire con
me a Lourdes nella speranza di riuscire a convincerla in quel luogo di
grazia.
Fu
molto contenta del pellegrinaggio...ma non mutò parere nei miei
confronti.
Intanto
a casa la vita scorreva, in apparenza, come sempre.
Dentro
di me l'Ospite divino continuava a lavorare silenzioso.
Tomai
a Lourdes una terza volta e mi affidai tutta alla mia Mamma Immacolata.
Ai
piedi della grotta benedetta supplicai la Madre celeste e in un momento
indimenticabile ebbi una tale certezza interiore sulla mia chiamata da
fugare ogni ombra di dubbio.
Io
stessa era sorpresa dalla terza di volontà che sentivo dentro di
me.
Dovetti
lottare, e patire per difendere la mia vocazione. Un ultimo tentativo per
convincere mia madre e il mio fratello maggiore sfociò in una tragedia
da cui uscii viva per miracolo.
Un
mattino mi alzai, andai da mia cognata e le consegnai una lettera per mia
madre.
Teneva
tra le braccia il nipotino più piccolo e, guardandolo, intenerita,
mi sentii struggere dentro.
In
quel piccino tutto un mondo di affetti mi si poneva davanti, quasi volesse
sbarrarmi la strada.
Abbassai
gli occhi e dissi: "Eccomi."
Mi
sentii le ali ai piedi. Poco dopo S.Chiara mi accoglieva tra le sue figlie.
Benedico
il Signore
per
avermi chiamata alla vita in un giorno tanto bello: nella festa di Cristo
Re,
alle
ore tre del pomeriggio.
Da
piccola ero vivacissima, un vero terremoto che non stava mai fermo e ne
combinava di tutti i colori. Nello stesso tempo avevo un cuore buono, mi
impietosivo quando i poveri si fermavano davanti al cancello a chiedere
l'elemosina e davo tutto ciò che potevo, facendo anche guai. Mia
madre, preoccupata per la mia eccessiva esuberanza, quando la misura era
colma sospirava: "Come farò. Signore, con questa figlia? Prendetela
voi, piuttosto che mi cresca male". E il Signore l'ha ascoltata... divinamente.
A
sei anni e mezzo ricevetti per la prima volta Gesù Eucaristia. Durante
il catechismo
avevo
sentito dire che in quel giorno si poteva chiedere tutto ed essere esauditi.
Ebbene,
chiesi a Gesù di essere tutta sua. Fu un momento di grazia, di puro
dono,
di
cui solo più tardi ho compreso la preziosità.
Ricordo
che. da piccola, Gesù in croce mi ispirava una grande compassione,
ma più di tutto era Gesù nel tabernacolo ad attirare la mia
attenzione e il mio affetto.
Lui.
il Signore, chiuso dentro in uno "stanzino" dorato si, ma piccolo e buio,
e tutto solo...
Come
era possibile, come non amarlo?
E,
a modo mio, cercavo di offrigli dei fioretti.
Avevo
otto anni quando mio padre cominciò a stare male. I medici gli riscontrarono
una
malattia grave al cuore che lentamente gli tolse le forze e gli impedì
ogni lavoro.
Mia
madre ne sofferse tanto, tuttavia non si perse d'animo e, sostenuta dalla
sua fede schietta, fece fronte alla nuova situazione.
L'esperienza
del dolore, del sacrificio, del non potermi permettere tutto ciò
che invece avevano le mie amiche, mi fece crescere rapidamente. Rimaneva
in me l'eco della gioia spensierata dell' infanzia, si affinava l' amore
per la natura, l' incanto per il mio bel lago, ma dentro affioravano domande
che andavano al cuore dell'esistenza, a cui non era facile dare risposte
esaurienti.
Ormai
adolescente, una notte, durante le vacanze d'estate, in montagna, uscii
sola e mi andai ad accoccolare su un grosso masso. Guardai a lungo le stelle,
poi giù, in basso, le piccole luci sul lago... Sembrava che il tempo
si fosse fermato. Nel silenzio emerse in me il ricordo di quando, piccina,
volevo darmi tutta al Signore ne ebbi timore e mi parve come una follia.
Dopo
un po' di tempo, finita la scuola, insieme ad alcune amiche ci ritrovammo
per fare festa.
Chiacchierando,
ciascuna raccontava i suoi progetti, i suoi sogni.
Anch'io
raccontai il mio: "Un ragazzo buono, una piccola casa, un piccolo giardino".
Non
potei continuare: mi interruppe un'amica e mi disse: "Ma no! Tu non ci
stai
in
un vestito così!". Era vero, anche se io cercavo di convincermi
del contrario.
Iniziai
a pregare di più, a recarmi ogni mattino in parrocchia. Là
trovavo sempre il giovane vice parroco seduto vicino al confessionale.
Mi aprii con lui che mi accolse con bontà e saggezza e mi fece comprendere
che il Maestro divino. pazientemente, mi stava attirando a se.
Un
libretto ricevuto in dono spalancò al mio sguardo il mondo sconosciuto
delle clarisse: era il diario di suor Maria della Trinità, del monastero
di Gerusalemme. La meditazione dei suoi pensieri fece riaffiorare e brillare
di luce nuova il desiderio del giorno lontano della prima comunione.
Allora
cominciai a dire al Signore: "Se vuoi, prendimi".
Mia
madre si accorse che c'era qualcosa di nuovo in me. Gliene accennai e la
vidi con le lacrime agli occhi, ma non si oppose. E quando mi chiedeva
come avrei avuto il coraggio di lasciarla, le dicevo di non lamentarsi
perchè all'origine di tutto vi erano le sue preghiere.
Più
volte mi suggerì di non pensare alla vita claustrale e scegliere
le missioni.
Cercavo
allora di farle comprendere che, stando in clausura, sarei stata missionaria
ovunque.
Ero
infatti convinta che, se Gesù nascosto nel tabernacolo è
potenza infinita, anche la mia vita nascosta con Lui avrebbe partecipato
della sua forza misteriosa e sarebbe diventata una benedizione.
Intanto
cresceva in me il desiderio di conoscere S. Chiara e visitare i luoghi
dove era vissuta.
Feci
un viaggio ad Assisi. Al cenacolo francescano incontrai un padre che intuì
la mia ricerca prima che aprissi bocca. Ne fui felice e accolsi dalle mani
della Provvidenza il suo invito a conoscere la madre abbadessa del protomonastero
di S. Chiara.
Quando
uscii dal parlatorio la decisione era presa.
Dopo
un nuovo viaggio ad Assisi non tardò ad arrivare la lettera in cui
mi si comunicava la data dell'entrata: il 25 marzo, una festa mariana!
Ne ebbi una gioia indicibile. Eppure avevo il cuore a pezzi, al pensiero
di dover lasciare mia madre, il mio unico fratello.
Un
ultimo viaggio sul mio bel lago con mio fratello. per salutare i parenti.
Un
ultimo grande mazzo di camelie...
Il
giorno dell'Annunciazione, un venerdì, alle tre del pomeriggio,
baciavo la soglia
della
clausura.
Nell'ora
della sua morte in croce il Re della gloria mi introduceva nel cammino
di fede della Madre Sua.
C’è
qualcosa di più
Da
ragazza frequentavo la chiesa come tanti miei coetanei, senza pormi particolari
interrogativi, più per tradizione che per convinzione. Davvero il
Signore contava poco nella mia vita, ma io, lo compresi più tardi,
contavo molto per Lui.
Poi
ci fu una svolta.
Tutto
iniziò con un avvenimento semplice: mia sorella si fidanzò
e smise di lavorare
in
una fabbrica di pantaloni. Io presi il suo posto e passai dalla vita di
casalinga
ad
una nuova esperienza. In poco tempo feci amicizia con alcune compagne di
lavoro; erano catechiste e partecipavano attivamente alla vita della parrocchia.
Seguendo
il loro esempio incominciai anch'io a frequentarla assiduamente e ad inserirmi
nella vita della comunità parrocchiale. All'inizio del mio cammino
di fede pensai che la preghiera potesse essere una risposta adeguata all'invito
del Signore,
ma
un desiderio ed insieme una domanda ritornavano di continuo nel mio cuore:
c'è
qualcosa di più!
Il
Signore Gesù mi attirava sempre più a se, anche se non capivo
ancora bene cosa volesse. In un primo momento pensai alle missioni.
Mi
piaceva preparare indumenti per bambini bisognosi.
Tra
i pensieri che passavano nella mia mente.
non
mancò quello di dedicare la mia vita per un servizio di carità
agli ammalati e confortare i moribondi, asciugando il loro sudore.
Il
desiderio di donarmi interamente al Signore aumentava sempre più,
come pure cresceva un sentimento di amore verso la gente.
Intanto
avevo incominciato a far parte di un piccolo gruppo di preghiera del "Rinnovamento
dello Spirito".
Partecipando
a quegli incontri avvertivo in me il desiderio di pregare di più,
di adorare il Signore e di instaurare con Lui un colloquio intimo. Gesù
stava diventando per me il più importante; le cose "del mondo" mi
interessavano sempre meno e vedevo con occhi nuovi tutto ciò che
mi circondava. Sperimentavo la sua presenza in ogni cosa creata e soprattutto
nel volto dei bambini.
Inoltre
sentivo una forte attrazione per la chiesa parrocchiale, casa di preghiera.
Sostare in preghiera nel silenzio del tempio era diventato un'esigenza.
Ho vissuto per alcuni anni facendo quasi sempre le stesse cose: casa, lavoro,
parrocchia,
incontri
di preghiera.
Nella
primavera del 1980 partecipai. come già negli anni precedenti, all'incontro
nazionale dei gruppi del Rinnovamento a Rimini. Fu quello l'evento decisivo.
Partii
per Rimini con sentimenti di speranze e di attese, ma soprattutto con una
grande voglia di capire quale dovesse essere la strada pensata da Dio per
me.
Durante
il viaggio avevo ipotizzato anche una possibile vocazione al matrimonio,
ma
quel pensiero durò ben poco.
I
giorni di permanenza a Rimini furono vissuti con notevole intensità
spirituale.
Il
Venerdì si celebrò la liturgia penitenziale. Pregai tutta
la mattina chiedendo al Signore di farmi capire con chiarezza che cosa
dovessi fare. Nel pomeriggio partecipai alla Santa Messa.
Dopo
la consacrazione ci fu un canto di contemplazione. Era il canto in lingue.
Mi sembrava di sentire tanti violini. Fu allora che ripetei in me con insistenza:
"Signore Gesù, parlami". Mentre io guardavo verso il Pane Eucaristico,
uno dei tanti giovani presenti, il più vicino a me e sconosciuto,
mi disse : “Tu mi renderai lode nella preghiera, nel silenzio e nel nascondimento”.
Appena
pronunciate queste parole il mio pensiero andò al monastero delle
Clarisse
Che
conoscevo solo un poco.
Continuando
a contemplare l'Eucaristia, dissi: "Grazie Signore Gesù; sarò
clarissa, tutta tua!".
Appena
tornai in albergo ne parlai con il mio padre spirituale, anch'egli presente
a quel ritiro.
Con
il suo aiuto ebbi un primo incontro con la madre abbadessa.
Superate
le inevitabili difficoltà in famiglia, lasciai il lavoro e fui accolta
nel monastero delle Clarisse di Santa Chiara a Napoli. Ero felice; avvertivo
in me una gioia e una pace grandi.
Il
Signore mi aveva indicato la sua strada; quella che Lui aveva tracciata
per me.
Un
piccolo foglio,
spedito
dal monastero di Napoli, mi ha aperto la strada.
In
Sardegna, quando ero giovanetta, nei paesi la vita si svolgeva ancora in
modo
patriarcale,
in un mondo simile, per diversi aspetti, a quello della Bibbia.
Sin
da piccola avevo una grande attrazione per il sacro, sebbene nessuno mi
incoraggiasse.
Una
volta cresciuta. sentivo il cuore pieno di benevolenza per tutti...specialmente
per i piccoli e i poveri; mi prestavo ad ogni tipo di aiuto ma rimanevo
volentieri appartata, in preghiera, con il Signore.
In
famiglia si erano accorti che non pensavo al matrimonio e l'avevo detto
ben chiaro, tuttavia non trovavo nessuno con cui confrontarmi per chiarire
le aspirazioni sempre più vive in me.
Il
vecchio parroco mi esortava solo a pregare, e così, uno dopo l'altro,
trascorsero diversi anni.
Un
giorno, non so come, mi arrivò tra le mani un'immagine di S. Chiara
che scaccia i Saraceni.
Mi
parve preziosa come un gioiello. Cominciai a pregare la Santa Madre.
Ed
ecco arrivare in casa un foglio stampato del monastero di Napoli. Non esitai
un momento e scrissi subito alla madre abbadessa.
Finalmente
si realizzava il mio grande desiderio:
vivere
con S. Chiara nel silenzio di Maria, tutta nascosta in Dio.
Sorrido
ancora di gioia
al
ricordo dei miei capelli biondi, lunghissimi. Si, erano belli.
Le
mie amiche me li invidiavano cordialmente. Beh, un pochino mi è
costato tagliarli,
ma
sono stata felice di offrirli al Signore.
A
diciotto anni, Lui sembrava essere uscito dalla mia vita. Quanto ho dovuto
cercare
prima
d'essere malata d'amore come la sposa del Cantico dei Cantici!
Come
gran parte delle mie amiche ero lontana dalla Chiesa e avevo messo da parte
i
Sacramenti.
Avevo
il ragazzo, ci volevamo bene; il suo affetto però, per quanto bello
fosse,
mi
pareva poca cosa.
Il
tempo passava e io entravo sempre più in un'attesa di cui mi sfuggiva
l'essenza.
Portavo
in cuore desideri sconfinati d'amore.
Un
giorno bussarono a casa i testimoni di Geova. Furono loro a mettermi tra
le mani
la
Bibbia, a darmi le prime istruzioni. Mi ci stavo appassionando.
Provvidenzialmente
la mia madrina venne a visitarmi, mi mise in guardia e,
scoprendo
il mio desiderio di avvicinarmi a Dio, mi fece conoscere un figlio di S.
Francesco.
Attraverso
questa preziosa mediazione compresi che Cristo è la via che conduce
al Padre e cominciai a percorrerla con una gioia nuova, mai prima provata.
Nella
mia esistenza ci fu una virata possente. La domenica ripresi a partecipare
all'Eucaristia.
L'incontro
con Gesù divenne un'esigenza quotidiana. Scoprii la ricchezza immensa
della
preghiera.
Gesù
stava ormai al centro della mia vita, ma mai mi era balenato per la mente
di
farmi suora.
Il
giorno della professione perpetua del giovane frate che la Provvidenza
aveva messo sul mio cammino avvenne qualcosa d' inatteso. Dopo la celebrazione
liturgica me ne stavo con il gruppo dei parenti ed amici a fare festa nel
giardino del convento.
A
un certo punto mi sento chiamare dal padre maestro.
guardandomi
serenamente negli occhi, Lo raggiungo, mi conduce un po' in disparte e,
mi dice: "Forse il Signore chiede qualcosa anche a te. Hai mai pensato
di donare a Lui tutta la tua vita?" Sorpresa, gli risposi di no in modo
deciso.
Tornai
frastornata tra gli amici e, prima di lasciare il convento, ecco il frate
festeggiato avvicinarsi ed offrirmi un crocifisso chiedendomi se lo volessi.
Risposi subito di si.
Quando
fui sola, a casa, piansi a lungo stringendo la piccola croce tra le mani,
soffocando i singhiozzi nel cuscino perchè nessuno mi sentisse.
Ero
come sopraffatta da sentimenti di gioia e di paura inspiegabili.
Il
mattino seguente, per tempo, ero di nuovo al convento. Cercai la mia giovane
guida.
Gli
raccontai quanto mi aveva detto il suo padre maestro, la sera precedente,
e mi sentii dire che anche lui pensava la stessa cosa.
Iniziai
a riflettere, a cercare di comprendere la volontà del Signore.
Ma
dove orientarmi?
La
mia guida taceva, mi incoraggiava solo a pregare lo Spirito Santo e 1l
insegnava la pazienza nel saper attendere.
Dopo
un incontro-schermaglia col mio amato Gesù, in cui Gli chiedevo
di donarmi un piccolissimo segno, un amico mi chiama al telefono.
Parlammo,
come sempre, del più e del meno e, a un certo punto, mi sento dire:
"Oggi
conto di visitare un'amica clarissa, la conosci forse anche tu? Vuoi venire
con me?".
Nel
pomeriggio passa a prendermi e per la prima volta mi trovai davanti alla
grata
di
un parlatorio. Fu l'inizio di una serie di incontri che mi portarono a
varcare la soglia della clausura.
È
stato duro lasciare la casa, la mamma, i fratelli, gli amici e ... un briciolino,
anche i miei biondi capelli.
Ma
ho trovato l'Amato del mio cuore e alla sequela della Madre S. Chiara spero
di essere sempre più sua. |