Povere e recluse . . . liete nel Signore


..
"Sorella, puoi dire qualcosa della tua chiamata? 
Come hai fatto a lasciare tutto?"

Queste, e altre simili, sono le domande che ci sentiamo rivolgere, in parlatorio, specialmente dai giovani.
 

Per rispondere a questo desiderio abbiamo pensato di raccontare un poco la storia della nostra vocazione, del cammino che ci ha condotte a scegliere di vivere in clausura per dedicarci al Signore con animo libero, sulle orme di Chiara d'Assisi.
Ogni storia è unica e irripetibile perchè l'amore di Dio è infinito e infinita la sua fantasia.

Le vie di Dio sono infinite.
Durante la prima guerra mondiale il mio paese era sul fronte e venne raso al suolo.
La gente dovette abbandonare tutto e fuggire. I miei genitori furono accolti e ospitati con bontà in un convento di frati minori, dove vi era maestro dei novizi fr.Leonardo M. Bello, in seguito eletto ministro generale dell'Ordine.
Vedendo la vita dei frati, mio fratello maggiore maturò il desiderio di divenire figlio di S. Francesco d'Assisi e chiese di essere ammesso nell'Ordine.
In una delle poche volte che lo vidi a casa - allora raramente i giovani frati in formazione tornavano in famiglia - portò un quadretto di S Chiara e lo mise nella mia stanza da lavoro, dove avevo le macchine della maglieria.
Quel volto benedetto della Santa cominciò a divenirmi caro. Da tempo sentivo un'attrattiva verso il Signore, il desiderio di donarmi a Lui. S. Chiara mi accompagnò in questo cammino di ricerca e, quasi senza accorgermene, arrivai alla decisione di seguire il suo esempio.
Ne accennai a mio fratello che ne fu felice e comunicò la sua gioia a un confratello compagno di studi. Lo venne a sapere P. Bello, divenuto ministro generale, il quale chiamò mio fratello e gli disse che il real monastero di S. Chiara. in Napoli. aveva da poco ripreso vita con l'arrivo di alcune sorelle del protomonastero d'Assisi: era suo desiderio che io entrassi in quella comunità.
Per me. fu come se la richiesta venisse direttamente da S. Francesco e nonostante la pena dei miei genitori perchè andavo lontano, non esitai a dire di si. Non ho esitato a dire di si anche quando mi è stato chiesto di partecipare alla fondazione di questo amato monastero di S. Croce.
 

Sono nata in Calabria,
ma ci sono rimasta poco tempo. Per motivi di lavoro mio padre dovette trasferirsi con la famiglia in diverse città, poi si stabilì in modo definitivo a Napoli.
Dimoravamo a Caserta quando, un giorno, mio padre mi chiamò mentre stava leggendo il giornale per darmi la notizia che il real monastero di Napoli era stato riaperto e riaccesa la lampada del tabernacolo. Non poteva certo immaginare, mio padre, che cosa sarebbe passato in quel momento nel mio cuore: trasalii di gioia, e la timida attrattiva che ogni tanto
si affacciava in me verso la vita claustrale, divenne all'improvviso una chiara chiamata. Ma non dissi nulla.
Passò del tempo e quando ebbi la certezza che il Signore mi invitava ad essere tutta Sua, ne parlai in famiglia. Come prevedevo, fu una mobilitazione generale per dissuadermi. Il Signore mi fu vicino. Io non mi stancavo di dirGli: "Senti, per piacere, aiutami", e lo fece, in diversi episodi da fioretti. Come quella volta in cui uno zio altolocato arrivò deciso a portarmi con se per farmi divertire e distrarre dai miei pensieri, secondo lui uggiosi. Inspiegabilmente mia madre si trovò con un gran febbrone, lo zio dovette ripartire solo e poco dopo anche la febbre era partita.
Mio padre mi adorava e costruiva grandi sogni per me. Pur di farmi piacere mi accompagnava ogni mattino alla S. Messa nella chiesa del Gesù Nuovo.
Vi entravo col cuore rivolto alla basilica di fronte, S. Chiara.
Un mattino, lungo la strada, mi chiese se poteva lasciarmi sola perchè doveva recarsi presto in ufficio. Me ne andai felice al Gesù e quando ne uscii guardai a lungo S. Chiara. Tornai a casa a fatica. Il mattino seguente mio padre, di nuovo, mi salutò per via.
Lo baciai con tutto l'affetto che nutrivo per lui, ed era davvero tanto. Ma ero decisa.
Dopo la S. Messa mi presentai al monastero. Si spalancò la porta di clausura ed entrai.
Finalmente ero nella casa del Signore, per sempre.
Dopo tanti anni trascorsi nel monastero di Napoli, un nuovo invito del Signore.
Con gioia sono venuta a Pignataro Maggiore per dare vita, con le sorelle, a un nuovo faro di luce clariana.
 

Nella mia chiamata
tutto è stato semplice e limpido come l' acqua di sorgente.
Ho avuto la fortuna di nascere in una bella famiglia, ricca di armonia e tanta fede.
La nostra abitazione era vicina alla parrocchia e mio padre. dopo il lavoro, vi faceva i servizi di sacrestano. L'oratorio era per me una seconda casa, vi trascorrevo del gran tempo a giocare, facendo inquietare mia mamma, preoccupata nel vedermi crescere spensierata.
Pian piano cominciò a farsi sentire un certo richiamo interiore e scappavo in chiesa a visitare Gesù, a pregarLo, a volte senza parole.
Era come un bisogno.
Prima sostavo pochi minuti, poi cominciai a fermarmi di più.
Se ne accorse il parroco, un uomo di Dio, ricercato come confessore e direttore spirituale; con la sua guida non tardai a comprendere che il Signore mi stava facendo il gran dono di chiamarmi a una vita di totale donazione a Lui.
Visitai alcuni monasteri.
Trovavo tutto bello ma non sentivo nessuna spinta interiore che mi facesse prendere una decisione.
Con impegno e fervore feci una novena allo Spirito Santo prima di un pellegrinaggio ad Assisi, e lì mi arrivò il colpo di fulmine.
S. Chiara mi ha voluta per se.

Un attimo fuori del tempo,
davanti alla grotta dell'Immacolata, a Lourdes, ha segnato per sempre la mia vita.
Sono cresciuta in una famiglia unita. Eravamo in sette: il babbo, la mamma, quattro fratelli e, per ultima, ero arrivata io. In casa regnava un' atmosfera cordiale ma nessuno aveva interesse per la Chiesa.
Verso i diciotto anni la mia madrina di cresima mi invitò ad aiutarla a lavorare per le missioni.
Donna buona, colta e profondamente pia, mi intratteneva a volte con discorsi spirituali che, in quel tempo, esulavano dai miei interessi; tuttavia l'affetto mi rendeva compiacente, così, senza che me ne avvedessi, mi affacciai su un mondo nuovo.
A quella età cominciai anch'io ad essere corteggiata. Mi scelsi Francesco, la cui bellezza non mi lasciava indifferente, e mi fidanzai con lui.
Tutto filava v la liscio, eppure dentro di me qualcosa mi impediva di essere felice.
Dopo più di un anno mi decisi a rompere. Era il giorno 11 agosto, una data che, in seguito, mi sarebbe divenuta tanto cara.
Iniziai a frequentare la parrocchia e mi avvicinai a una comunità di suore che dimorava non lontano da casa mia. In occasione di una festa. invitai mia madre a venire con me.
Mai l'avessi fatto! Una suorina anziana ebbe l'infelice idea di dire che sarei entrata da loro.
E pensare che non mi era mai passato per la mente. Il risultato fu un putiferio tremendo
che non finì lì. In casa cominciarono a sorvegliarmi e a impedirmi di uscire da sola.
Finii con l'ammalarmi e dovetti essere ricoverata. In ospedale il Signore mi mise vicino di nuovo
una cara suora che mi aiutò molto e mi diede la possibilità di fare un pellegrinaggio a Lourdes.
Quando vi giunsi mi sembrò che l'Immacolata mi attendesse da sempre.
Al ritorno mi aspettava la grande prova della malattia di mio padre, a cui ero tanto affezionata.
Si spense in poco più di un mese. Quei giorni non li posso scordare: per la prima volta
mi sentii afferrata dal mistero della morte, dell'eternità.
Stavo scoprendo la presenza del Signore nella mia vita e non so che cosa avrei fatto perchè anche mio padre si lasciasse amare dal Signore.
Mi sentivo impotente di fronte alla sua resistenza, e mi misi a pregare tanto.
Fu in quei momenti che cominciò ad affiorare in me il bisogno di donarmi al Signore.
Avevo conosciuto le sorelle clarisse e il desiderio di consacrarmi a Lui tra le figlie di S. Chiara si faceva sempre più forte.
Più volte tentai con mia madre di intavolare il discorso sulla mia scelta di vita ma era pressochè impossibile. Allora la invitai a venire con me a Lourdes nella speranza di riuscire a convincerla in quel luogo di grazia.
Fu molto contenta del pellegrinaggio...ma non mutò parere nei miei confronti.
Intanto a casa la vita scorreva, in apparenza, come sempre.
Dentro di me l'Ospite divino continuava a lavorare silenzioso.
Tomai a Lourdes una terza volta e mi affidai tutta alla mia Mamma Immacolata.
Ai piedi della grotta benedetta supplicai la Madre celeste e in un momento indimenticabile ebbi una tale certezza interiore sulla mia chiamata da fugare ogni ombra di dubbio.
Io stessa era sorpresa dalla terza di volontà che sentivo dentro di me.
Dovetti lottare, e patire per difendere la mia vocazione. Un ultimo tentativo per convincere mia madre e il mio fratello maggiore sfociò in una tragedia da cui uscii viva per miracolo.
Un mattino mi alzai, andai da mia cognata e le consegnai una lettera per mia madre.
Teneva tra le braccia il nipotino più piccolo e, guardandolo, intenerita, mi sentii struggere dentro.
In quel piccino tutto un mondo di affetti mi si poneva davanti, quasi volesse sbarrarmi la strada.
Abbassai gli occhi e dissi: "Eccomi."
Mi sentii le ali ai piedi. Poco dopo S.Chiara mi accoglieva tra le sue figlie.
 
 

Benedico il Signore
per avermi chiamata alla vita in un giorno tanto bello: nella festa di Cristo Re,
alle ore tre del pomeriggio.
Da piccola ero vivacissima, un vero terremoto che non stava mai fermo e ne combinava di tutti i colori. Nello stesso tempo avevo un cuore buono, mi impietosivo quando i poveri si fermavano davanti al cancello a chiedere l'elemosina e davo tutto ciò che potevo, facendo anche guai. Mia madre, preoccupata per la mia eccessiva esuberanza, quando la misura era colma sospirava: "Come farò. Signore, con questa figlia? Prendetela voi, piuttosto che mi cresca male". E il Signore l'ha ascoltata... divinamente.
A sei anni e mezzo ricevetti per la prima volta Gesù Eucaristia. Durante il catechismo
avevo sentito dire che in quel giorno si poteva chiedere tutto ed essere esauditi.
Ebbene, chiesi a Gesù di essere tutta sua. Fu un momento di grazia, di puro dono,
di cui solo più tardi ho compreso la preziosità.
Ricordo che. da piccola, Gesù in croce mi ispirava una grande compassione, ma più di tutto era Gesù nel tabernacolo ad attirare la mia attenzione e il mio affetto.
Lui. il Signore, chiuso dentro in uno "stanzino" dorato si, ma piccolo e buio, e tutto solo...
Come era possibile, come non amarlo?
E, a modo mio, cercavo di offrigli dei fioretti.
Avevo otto anni quando mio padre cominciò a stare male. I medici gli riscontrarono
una malattia grave al cuore che lentamente gli tolse le forze e gli impedì ogni lavoro.
Mia madre ne sofferse tanto, tuttavia non si perse d'animo e, sostenuta dalla sua fede schietta, fece fronte alla nuova situazione.
L'esperienza del dolore, del sacrificio, del non potermi permettere tutto ciò che invece avevano le mie amiche, mi fece crescere rapidamente. Rimaneva in me l'eco della gioia spensierata dell' infanzia, si affinava l' amore per la natura, l' incanto per il mio bel lago, ma dentro affioravano domande che andavano al cuore dell'esistenza, a cui non era facile dare risposte esaurienti.
Ormai adolescente, una notte, durante le vacanze d'estate, in montagna, uscii sola e mi andai ad accoccolare su un grosso masso. Guardai a lungo le stelle, poi giù, in basso, le piccole luci sul lago... Sembrava che il tempo si fosse fermato. Nel silenzio emerse in me il ricordo di quando, piccina, volevo darmi tutta al Signore ne ebbi timore e mi parve come una follia.
Dopo un po' di tempo, finita la scuola, insieme ad alcune amiche ci ritrovammo per fare festa.
Chiacchierando, ciascuna raccontava i suoi progetti, i suoi sogni.
Anch'io raccontai il mio: "Un ragazzo buono, una piccola casa, un piccolo giardino".
Non potei continuare: mi interruppe un'amica e mi disse: "Ma no! Tu non ci stai
in un vestito così!". Era vero, anche se io cercavo di convincermi del contrario.
Iniziai a pregare di più, a recarmi ogni mattino in parrocchia. Là trovavo sempre il giovane vice parroco seduto vicino al confessionale. Mi aprii con lui che mi accolse con bontà e saggezza e mi fece comprendere che il Maestro divino. pazientemente, mi stava attirando a se.
Un libretto ricevuto in dono spalancò al mio sguardo il mondo sconosciuto delle clarisse: era il diario di suor Maria della Trinità, del monastero di Gerusalemme. La meditazione dei suoi pensieri fece riaffiorare e brillare di luce nuova il desiderio del giorno lontano della prima comunione.
Allora cominciai a dire al Signore: "Se vuoi, prendimi".
Mia madre si accorse che c'era qualcosa di nuovo in me. Gliene accennai e la vidi con le lacrime agli occhi, ma non si oppose. E quando mi chiedeva come avrei avuto il coraggio di lasciarla, le dicevo di non lamentarsi perchè all'origine di tutto vi erano le sue preghiere.
Più volte mi suggerì di non pensare alla vita claustrale e scegliere le missioni.
Cercavo allora di farle comprendere che, stando in clausura, sarei stata missionaria ovunque.
Ero infatti convinta che, se Gesù nascosto nel tabernacolo è potenza infinita, anche la mia vita nascosta con Lui avrebbe partecipato della sua forza misteriosa e sarebbe diventata una benedizione.
Intanto cresceva in me il desiderio di conoscere S. Chiara e visitare i luoghi dove era vissuta.
Feci un viaggio ad Assisi. Al cenacolo francescano incontrai un padre che intuì la mia ricerca prima che aprissi bocca. Ne fui felice e accolsi dalle mani della Provvidenza il suo invito a conoscere la madre abbadessa del protomonastero di S. Chiara.
Quando uscii dal parlatorio la decisione era presa.
Dopo un nuovo viaggio ad Assisi non tardò ad arrivare la lettera in cui mi si comunicava la data dell'entrata: il 25 marzo, una festa mariana! Ne ebbi una gioia indicibile. Eppure avevo il cuore a pezzi, al pensiero di dover lasciare mia madre, il mio unico fratello.
Un ultimo viaggio sul mio bel lago con mio fratello. per salutare i parenti.
Un ultimo grande mazzo di camelie...
Il giorno dell'Annunciazione, un venerdì, alle tre del pomeriggio, baciavo la soglia
della clausura.
Nell'ora della sua morte in croce il Re della gloria mi introduceva nel cammino di fede della Madre Sua.

C’è qualcosa di più
Da ragazza frequentavo la chiesa come tanti miei coetanei, senza pormi particolari interrogativi, più per tradizione che per convinzione. Davvero il Signore contava poco nella mia vita, ma io, lo compresi più tardi, contavo molto per Lui.
Poi ci fu una svolta.
Tutto iniziò con un avvenimento semplice: mia sorella si fidanzò e smise di lavorare
in una fabbrica di pantaloni. Io presi il suo posto e passai dalla vita di casalinga
ad una nuova esperienza. In poco tempo feci amicizia con alcune compagne di lavoro; erano catechiste e partecipavano attivamente alla vita della parrocchia.
Seguendo il loro esempio incominciai anch'io a frequentarla assiduamente e ad inserirmi nella vita della comunità parrocchiale. All'inizio del mio cammino di fede pensai che la preghiera potesse essere una risposta adeguata all'invito del Signore,
ma un desiderio ed insieme una domanda ritornavano di continuo nel mio cuore: c'è qualcosa di più!
Il Signore Gesù mi attirava sempre più a se, anche se non capivo ancora bene cosa volesse. In un primo momento pensai alle missioni.
Mi piaceva preparare indumenti per bambini bisognosi.
Tra i pensieri che passavano nella mia mente.
non mancò quello di dedicare la mia vita per un servizio di carità agli ammalati e confortare i moribondi, asciugando il loro sudore.
Il desiderio di donarmi interamente al Signore aumentava sempre più, come pure cresceva un sentimento di amore verso la gente.
Intanto avevo incominciato a far parte di un piccolo gruppo di preghiera del "Rinnovamento dello Spirito".
Partecipando a quegli incontri avvertivo in me il desiderio di pregare di più, di adorare il Signore e di instaurare con Lui un colloquio intimo. Gesù stava diventando per me il più importante; le cose "del mondo" mi interessavano sempre meno e vedevo con occhi nuovi tutto ciò che mi circondava. Sperimentavo la sua presenza in ogni cosa creata e soprattutto nel volto dei bambini.
Inoltre sentivo una forte attrazione per la chiesa parrocchiale, casa di preghiera. Sostare in preghiera nel silenzio del tempio era diventato un'esigenza. Ho vissuto per alcuni anni facendo quasi sempre le stesse cose: casa, lavoro, parrocchia,
incontri di preghiera.
Nella primavera del 1980 partecipai. come già negli anni precedenti, all'incontro nazionale dei gruppi del Rinnovamento a Rimini. Fu quello l'evento decisivo.
Partii per Rimini con sentimenti di speranze e di attese, ma soprattutto con una grande voglia di capire quale dovesse essere la strada pensata da Dio per me.
Durante il viaggio avevo ipotizzato anche una possibile vocazione al matrimonio,
ma quel pensiero durò ben poco.
I giorni di permanenza a Rimini furono vissuti con notevole intensità spirituale.
Il Venerdì si celebrò la liturgia penitenziale. Pregai tutta la mattina chiedendo al Signore di farmi capire con chiarezza che cosa dovessi fare. Nel pomeriggio partecipai alla Santa Messa.
Dopo la consacrazione ci fu un canto di contemplazione. Era il canto in lingue. Mi sembrava di sentire tanti violini. Fu allora che ripetei in me con insistenza: "Signore Gesù, parlami". Mentre io guardavo verso il Pane Eucaristico, uno dei tanti giovani presenti, il più vicino a me e sconosciuto, mi disse : “Tu mi renderai lode nella preghiera, nel silenzio e nel nascondimento”.
Appena pronunciate queste parole il mio pensiero andò al monastero delle Clarisse
Che conoscevo solo un poco.
Continuando a contemplare l'Eucaristia, dissi: "Grazie Signore Gesù; sarò clarissa, tutta tua!".
Appena tornai in albergo ne parlai con il mio padre spirituale, anch'egli presente a quel ritiro.
Con il suo aiuto ebbi un primo incontro con la madre abbadessa.
Superate le inevitabili difficoltà in famiglia, lasciai il lavoro e fui accolta nel monastero delle Clarisse di Santa Chiara a Napoli. Ero felice; avvertivo in me una gioia e una pace grandi.
Il Signore mi aveva indicato la sua strada; quella che Lui aveva tracciata per me.

Un piccolo foglio,
spedito dal monastero di Napoli, mi ha aperto la strada.
In Sardegna, quando ero giovanetta, nei paesi la vita si svolgeva ancora in modo
patriarcale, in un mondo simile, per diversi aspetti, a quello della Bibbia.
Sin da piccola avevo una grande attrazione per il sacro, sebbene nessuno mi incoraggiasse.
Una volta cresciuta. sentivo il cuore pieno di benevolenza per tutti...specialmente per i piccoli e i poveri; mi prestavo ad ogni tipo di aiuto ma rimanevo volentieri appartata, in preghiera, con il Signore.
In famiglia si erano accorti che non pensavo al matrimonio e l'avevo detto ben chiaro, tuttavia non trovavo nessuno con cui confrontarmi per chiarire le aspirazioni sempre più vive in me.
Il vecchio parroco mi esortava solo a pregare, e così, uno dopo l'altro, trascorsero diversi anni.
Un giorno, non so come, mi arrivò tra le mani un'immagine di S. Chiara che scaccia i Saraceni.
Mi parve preziosa come un gioiello. Cominciai a pregare la Santa Madre.
Ed ecco arrivare in casa un foglio stampato del monastero di Napoli. Non esitai un momento e scrissi subito alla madre abbadessa.
Finalmente si realizzava il mio grande desiderio:
vivere con S. Chiara nel silenzio di Maria, tutta nascosta in Dio.

Sorrido ancora di gioia
al ricordo dei miei capelli biondi, lunghissimi. Si, erano belli.
Le mie amiche me li invidiavano cordialmente. Beh, un pochino mi è costato tagliarli,
ma sono stata felice di offrirli al Signore.
A diciotto anni, Lui sembrava essere uscito dalla mia vita. Quanto ho dovuto cercare
prima d'essere malata d'amore come la sposa del Cantico dei Cantici!
Come gran parte delle mie amiche ero lontana dalla Chiesa e avevo messo da parte
i Sacramenti.
Avevo il ragazzo, ci volevamo bene; il suo affetto però, per quanto bello fosse,
mi pareva poca cosa.
Il tempo passava e io entravo sempre più in un'attesa di cui mi sfuggiva l'essenza.
Portavo in cuore desideri sconfinati d'amore.
Un giorno bussarono a casa i testimoni di Geova. Furono loro a mettermi tra le mani
la Bibbia, a darmi le prime istruzioni. Mi ci stavo appassionando.
Provvidenzialmente la mia madrina venne a visitarmi, mi mise in guardia e,
scoprendo il mio desiderio di avvicinarmi a Dio, mi fece conoscere un figlio di S. Francesco.
Attraverso questa preziosa mediazione compresi che Cristo è la via che conduce al Padre e cominciai a percorrerla con una gioia nuova, mai prima provata.
Nella mia esistenza ci fu una virata possente. La domenica ripresi a partecipare
all'Eucaristia.
L'incontro con Gesù divenne un'esigenza quotidiana. Scoprii la ricchezza immensa
della preghiera.
Gesù stava ormai al centro della mia vita, ma mai mi era balenato per la mente
di farmi suora.
Il giorno della professione perpetua del giovane frate che la Provvidenza aveva messo sul mio cammino avvenne qualcosa d' inatteso. Dopo la celebrazione liturgica me ne stavo con il gruppo dei parenti ed amici a fare festa nel giardino del convento.
A un certo punto mi sento chiamare dal padre maestro.
guardandomi serenamente negli occhi, Lo raggiungo, mi conduce un po' in disparte e, mi dice: "Forse il Signore chiede qualcosa anche a te. Hai mai pensato di donare a Lui tutta la tua vita?" Sorpresa, gli risposi di no in modo deciso.
Tornai frastornata tra gli amici e, prima di lasciare il convento, ecco il frate festeggiato avvicinarsi ed offrirmi un crocifisso chiedendomi se lo volessi. Risposi subito di si.
Quando fui sola, a casa, piansi a lungo stringendo la piccola croce tra le mani, soffocando i singhiozzi nel cuscino perchè nessuno mi sentisse.
Ero come sopraffatta da sentimenti di gioia e di paura inspiegabili.
Il mattino seguente, per tempo, ero di nuovo al convento. Cercai la mia giovane guida.
Gli raccontai quanto mi aveva detto il suo padre maestro, la sera precedente, e mi sentii dire che anche lui pensava la stessa cosa.
Iniziai a riflettere, a cercare di comprendere la volontà del Signore.
Ma dove orientarmi?
La mia guida taceva, mi incoraggiava solo a pregare lo Spirito Santo e 1l insegnava la pazienza nel saper attendere.
Dopo un incontro-schermaglia col mio amato Gesù, in cui Gli chiedevo di donarmi un piccolissimo segno, un amico mi chiama al telefono.
Parlammo, come sempre, del più e del meno e, a un certo punto, mi sento dire:
"Oggi conto di visitare un'amica clarissa, la conosci forse anche tu? Vuoi venire con me?".
Nel pomeriggio passa a prendermi e per la prima volta mi trovai davanti alla grata
di un parlatorio. Fu l'inizio di una serie di incontri che mi portarono a varcare la soglia della clausura.
È stato duro lasciare la casa, la mamma, i fratelli, gli amici e ... un briciolino, anche i miei biondi capelli.
Ma ho trovato l'Amato del mio cuore e alla sequela della Madre S. Chiara spero di essere sempre più sua.