Meditazioni


Fine di un anno

Monastero

Oggi un altro anno finisce. Si ha un bel dire che è un giorno come un altro, che tutti gli anni finiscono ed il tempo passa, ma non c'è dubbio, che un giorno come questo è pur sempre un giorno che nel nostro cuore ha una risonanza speciale.

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Fine anno

Oggi un altro anno finisce. Si ha un bel dire che è un giorno come un altro, che tutti gli anni finiscono ed il tempo passa, ma non c'è dubbio, che un giorno come questo è pur sempre un giorno che nel nostro cuore ha una risonanza speciale.
Come se fossimo toccati per un momento da qualche cosa di più profondo e di più segreto, di più eterno e di più misterioso; di quel genere di cose alle quali non pensiamo tutti i giorni, ma che ogni tanto si affacciano e ci pongono davanti a problemi che ci paiono più grandi di noi.

In un giorno come oggi, si pensa al passato, si pensa al tempo che corre e non torna, ma ancor più, si pensa al futuro. É ancora e sempre il futuro che ci affascina, è ancora sempre la vita che non abbiamo ancora vissuto.
Ebbene, nella prospettiva di Gesù che cammina dinanzi noi già risorto, noi credenti dobbiamo fare un pensiero sul futuro, ma un pensiero diverso da quello che tutti fanno, un pensiero nuovo, radicato nella fede che noi abbiamo.

Io credo che tutti, in qualche maniera, pensino, nessuno può farne a meno, e ciascuno pensa al futuro secondo una certa prospettiva. Potremmo dire che una parte degli uomini pensa al futuro semplicemente come un'incognita, qualche cosa che non si conosce. Un'altra parte pensa al futuro quasi come ad una minaccia, a qualche cosa da cui possono venire molti mali, e che può distruggere un certo bene che si possiede nel presente. Un'altra parte può pensare al futuro come ad una speranza, una vaga speranza non meglio definita, sufficiente forse a consolare il cuore e, nel medesimo tempo inafferrabile, imponderabile, che forse non si realizzerà mai.

C'è qualche cosa di vero in tutti questi pensieri sul futuro, ma certamente, il futuro di un cristiano non si esaurisce qui. È vero che anche per noi, il futuro è una incognita, non ne sappiamo nulla, possiamo prevedere pochissime cose ed anche queste con un basso grado di certezza. Non sapremo se e quanto vivremo, non sapremo che cosa i fatti e gli eventi porteranno... Eppure, non possiamo essere gente che guarda al futuro come se fosse solo un mistero, solo un segreto.
Allo stesso modo, non possiamo escludere che il futuro possa celare qualche minaccia, od almeno possa nascondere in sé dei rischi, dei pericoli, dei cambiamenti sfavorevoli della vita: non saremmo realisti se non ammettessimo questo. Tuttavia, non si può accettare che il cristiano viva la sua esistenza sotto l'impulso della paura del suo futuro, ancor più se attaccato con egoismo al suo presente, se teme soltanto che il futuro gli rubi qualcuno dei suoi idoli.
Neanche la vaga speranza si adatta ad un cristiano. Certo, sperare è la cosa più bella della vita, ma non a quella vaga speranza che non si appoggia a nulla, se non ad un desiderio dello spirito, ad un'ipotesi o ad un'idea.

Per noi cristiani, il futuro è qualche cosa di molto più costruttivo: il futuro è un bene che si può veramente fare. Non ci convinceremo mai abbastanza che il futuro, pur essendo incognita, minaccia e speranza umana, dà a tutti la possibilità di viverlo da protagonisti, poiché, se si vuole, ognuno di noi ha la possibilità di fare del bene divenendo così, artefici del proprio futuro. Perché il bene è concreto, il bene si può pensare, programmare, realizzare.
Con l'aiuto di Dio nessuno ce lo può impedire. Di molte cose dunque, noi non siamo certi, ma del bene che vorremmo fare possiamo essere del tutto certi. Inventare il bene è il grande lavoro dei cristiani. Fare il bene che non c'è ancora, quello che non abbiamo fatto, ma che possiamo ancora fare.

Alla fine di un anno, non sono il pianto, la nostalgia, la tristezza, i sentimenti fondamentali, ma la profondissima confidenza che il futuro esiste ancora e che tutto il bene non ancora compiuto, potrà essere fatto.
È questa la certezza che illumina i credenti in Gesù Signore. Allora, è vero dire che noi cristiani non pensiamo solo al futuro, ma pensiamo il futuro che vorremmo fare, per noi e per gli altri: un futuro di bene, di verità, di pace, di giustizia, di amore, non a livello di grandi parole, ma a livello di piccoli gesti, di cose concrete, fatte una per una, che lasciano dietro a sé, traccia di quel bene nuovo che prima non c'era ed ha incominciato ad esserci perché i cristiani l'hanno fatto.

Questa è una magnifica prospettiva di vita ed è la prospettiva di Dio creatore, che non cessa mai di creare il bene ed affida oggi il bene che vuole creare, al lavoro dei suoi figli, in primo luogo a noi che lo chiamiamo Padre. Dunque, il 31 dicembre non deve essere rimpianto, ma ringraziamento per il bene ricevuto e per tutto ciò che Dio ci ha dato, e progetto che prende lo slancio da questo ringraziamento, per tutto il bene che vorremmo fare ancora: diciamoci chiaramente che ne vorremmo fare molto, di più, che vorremmo raggiungere misure di Dio, nel bene che faremmo.

È questo lo sguardo profondamente chiaro, lieto dell'ottimismo di Gesù e carico di speranza che possediamo nei nostri occhi, che dobbiamo dare, per noi e per molti altri. Guardiamo al futuro così, sorridiamo nel Dio che ci viene incontro, crediamo nel bene che faremo, siamo felici che l'avvenire ci offra di fare ciò che non abbiamo ancora fatto: è questa la grandezza della nostra fede, della nostra speranza, del nostro essere cristiani nell'amore. Iniziamo dunque così, l'anno di domani.

Chiusura dell'anno

Questo incontro con Gesù nella imminenza della chiusura dell'anno vuol essere un momento di pausa che ci prendiamo per dare un'occhiata a quanto stiamo per lasciarci dietro le spalle e, se possibile, stendere un programma per l'anno nuovo.
In questo non sfuggiamo di certo alla consuetudine, per altro molto buona, che un bilancio bisogna pure farlo, e Iddio sembra essere d'accordo se ci offre la possibilità di raccoglierci ai suoi piedi e farci sentire la sua voce.
Ma, se anche oggi, come quasi sempre è stato, ci trova ripiegati su noi stessi intenti a riesumare quanto abbiamo o non abbiamo fatto, a ridirci fino alla nausea le nostre miserie, temo che nemmeno stavolta, riuscirà a fare qualcosa di utile, e, di conseguenza, il bel programma che già abbiamo in testa o che faremo, subirà la stessa sorte dei precedenti.

Sappiamo che non è la vicinanza al sole a giovare alla terra; bensì il suo mettersi a fuoco con lui: i raggi, colpendola direttamente, favoriscono prima, il risveglio della vita e poi, il suo sviluppo.
Non è con lo stare accovacciato accanto alla mia miseria ed alla mia infermità, che io posso migliorare, anche se questo lo faccio nel nome del Signore per favorire in me la compunzione.
La bontà della intenzione non opera miracoli o trasformazioni; può essermi molto pericolosa anzi, se non è un atteggiamento frutto di un persistente contatto con Dio.
È questo contatto che devo curare con tutte le mie forze perché, ad onta di tutta la mia miserabile storia di debolezze, è pur sempre vero che nella mente di Dio continua un'idea per ciascuno di noi alla quale dobbiamo corrispondere.

Siamo chiamati all'imitazione del Suo Figlio, imitazione da riprodurre certamente, in modo limitato, in innumerevoli forme diverse ma, che, tutte assieme, devono prolungare sulla terra la presenza di Lui.
Per questo viene a noi nella Santa Comunione e fa di noi una cosa sola con se stesso!
Per questo Lui diventa mio...
Stando così le cose, cosa vogliamo ancora?
Perché perdere ancora un solo momento a pensare alle nostre deficienze?
Perché voler rimanere con il muso piantato nella nostra bassezza, quando sopra di noi sta Lui nel sincero sforzo di elevarmi a Se?
Perché essere scoraggiati anche se la nostra vita è stata un susseguirsi di miseria?
Lui mi è vicino, vuole essere Mio e vuole che io sia suo!

Oh! Paolo come aveva capito bene tutto questo: "Volentieri mi glorierò delle mie infermità affinché il potere di Cristo abiti in me. Non mi manca nessun carisma. II Signore tuo Dio ha abitato con tè e niente ti è mancato".
Come è vero che un solo incontro eucaristico può fare un santo!
Ma, se santi non siamo, non incolpiamo le colpe, quasi fossero una barriera insuperabile; Dio se ne ride di queste, la vera causa è la pochezza di fede e su questo Dio non può più sorridere!
È l'unico, vero, ostacolo!
Siamo sinceramente addolorati per averLo offeso, ed il nostro dolore crescerà a misura che scopriremo l'Amore che nutre per noi, ma la nostra speranza e la nostra fiducia cresceranno anch'esse, quando comprenderemo che questo Amore non vuole altro che servirsi del suo infinito potere per riedificarci in Lui.
È questo il compito che Egli mi lascia, lo studio che devo portare avanti con ogni diligenza!
Guai alle divagazioni, anche se certe volte potrebbero sembrare giustificate!
Cosa diceva a Santa Josefa?
"Io ho solo bisogno che il cuore si apra e mi dica che vuol essere buono... al resto ci penso io".
Dimostra così, che nulla Gli è impossibile, e non c'è nulla che Egli non voglia fare, per modellarci secondo i desideri del Suo cuore.
È a nostra completa disposizione.
Anche Lui dinanzi al Padre, si sente impegnato e vuole a tutti i costi portare a termine buono, si intende, la sua missione su ciascuno di noi.
Questo spiega quella quasi devozione che Egli ha per le nostre necessità e per la nostra felicità, che non è cosa momentanea; è durata trentatrè anni e, tuttora, Egli intercede per noi in cielo.
A quest'idea viene meno ogni descrizione ed il fatto sembra incredibile. Solo la grazia di Dio può farci comprendere l'amore che Egli ha per noi in questo Sacramento.
E questa grazia ci viene incontro ogni giorno, in completo abbandono.
Si dà a noi totalmente, mettendosi a nostra disposizione, per creare una completa unione con Lui... La sentiamo fino in fondo al nostro essere questa verità?
Stiamo attenti: siamo davanti a Lui; non diamoci una risposta basta che sia...
Andiamo a fondo... e, non abbiamo paura di dirci schiettamente "non l'ho voluta questa unione... perché non mi sono mai messo d'impegno a vivere più vicino a Lui per sentire personalmente quali sono i palpiti per me... e sentire con le mie orecchie quanto pensi di me...!"

E pensare che anche nella più disperata situazione, io posso trovare sempre in Lui tutto, tutto dico.
I Santi ne sono la prova più chiara: vicini a Dio sono stati illuminati da Lui ed a Lui si sono portati in completa povertà di spirito.
Non per supplire alle loro deficienze, per completare la loro personalità, ma per rimpiazzare il loro nulla con la pienezza di Gesù.
La loro vita passata, buona o cattiva, i loro peccati ed i loro meriti, non contano nulla ai loro occhi; trovano tutta la loro speranza, tutti i loro desideri, tutto il loro io in Gesù.