Riministoria © Antonio Montanari Nozzoli
SOMMARIO DI QUESTO NUMERO
La lezione di Parigi, di Salvatore d'Agata
Ettore Masina.
      Appello a Romano Prodi per la Palestina (2 aprile 2002)

Marco Biagi: l'art. 18, un errore del governo,
      articolo di Stefano Zamagni

Dialogo o guerra, le opinioni
Primo piano
Scritti di Ettore Masina:
Non basta la parola
 
Tam Tama
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Tam Tama

E' nata l'era berlusconiana...

Il testo si legge ne il Rimino.


La lezione francese
di Salvatore D'Agata

Il segnale, o meglio ancora la lezione, che ci arriva dalla Francia deve indurre l'opposizione italiana a una riflessione seria e finalmente collettiva. Non basterebbe certo barricarsi dietro l'alibi di un'onda lunga di destra dalla Francia alla Germania, perché non c'è alcuna affinità fra le opulente regioni d'Oltralpe che hanno snobbato Jospin e i poveri land della Repubblica Federale che hanno punito Schroeder. L'assenteismo (non ha votato un elettore su tre) e la frantumazione (sedici candidati in campo) sono i due elementi che hanno determinato la débâcle del primo ministro socialista.

A questi fenomeni la risposta non può che essere la partecipazione e l'unità.

L'Italia ha già avvertito i primi sintomi appariscenti di una caduta di interesse e di una frantumazione nel centrosinistra che il 13 maggio hanno certamente dato un contributo determinante alla vittoria della coalizione costruita da Berlusconi tra forze ben più divergenti di quelle che oggi rappresentano l'opposizione. E partecipazione e unità da noi hanno un solo nome: Ulivo.

Salvatore D'Agata
direttore
de la pagina.it
www.lapagina.it

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A Montefiore un Dante massonico
Che cosa si nasconde dietro le «tre cene»

L’esoterismo è pagano, al pari della mitologia (che giustamente Manzoni rifiutava in quanto tale). E l’esoterismo è propagandato sotto subdole forme anche a casa nostra: si mescola il profano al sacro, profittando di espressioni innocenti della vita culturale locale. Così s’inganna chi non può distinguere il veleno dell’errore dal miele della Verità.

Ad esempio le «tre cene» programmate per aprile a Montefiore con nomi suggestivi (Mystica, Silentiosa e Gaudiosa), altro non appaiono se non un’occasione di propaganda di temi esoterici, massoni e, quindi, pagani sotto le mentite spoglie di una commemorazione dantesca.
Abbiamo appreso dai giornali che la «lectura Dantis» da svolgere nella seconda serata o cena, quella Silentiosa, avrà per tema «per Crucem et Aquilam ad Rosam».

prosegue ne il Rimino

L'articolo (apparso anche sul settimanale «Il Ponte») della nostra collaboratrice Lena Vanzi, ha provocato questa reazione ufficiale che riproduciamo integralmente.

«IN RIFERIMENTO all'articolo apparso su "Il Ponte" sotto il titolo "Dante in zuppa massonica" esprimiamo vivo rammarico per le gravi inesattezze che contiene e per il tono con cui tratta le iniziative del Mese Dantesco Montefiorese.

Inoltre, precisiamo quanto segue:

1) Il Mese Dantesco Montefiorese, organizzato in collaborazione con il Centro Dantesco "S. Gregorio in Conca", il Lions Club di Cattolica e l'Istituto di Istruzione Secondaria di Morciano, non nasconde altro che una precisa e decisa intenzione di diffondere cultura e di evidenziare i legami dell'Alighieri con le nostre Terre e la Romagna.

b) Le serate del programma, presentano ufficialmente attraverso una conferenza stampa in Comune, sono due e non tre, come incredibilmente riferisce "Il Ponte" parlando anche dello svolgimento di una cena mistica (faccia fede il cartoncino d'invito che avete ricevuto).

c) La Lectura Dantis tenuta dal prof. Angelo Chiaretti, Presidente del Centro Dantesco, ha evidenziato i percorsi mistico-ideologici danteschi della formula "Per Crucem et Aquilam ad Rosam", senza alcun riferimento ai significati attribuibili nel XVIII secolo, prima, da Luigi Valli, poi da Rene Guenon e dal "Ponte" infine.

d) La II parte della Lettura è stata tenuta da don Piergiorgio Terenzi, sacerdote di Montefiore, il quale ha meravigliosamente e magistralmente commentato i versi del canto XXXIII del Paradiso, incentrando il discorso sulla figura di Maria, madre di Cristo. I versi sono stati letti dalla dott.ssa Chiara Russo.

e) La serata mirava, per un verso, a recuperare la capacità delle persone di meditare in silenzio sul valore della vita del cibo (sono stati serviti orzo, formaggio, uova benedette da don Piergiorgio e Vin Santo!) e dell'insegnamento cristiano di Dante Alighieri, e per l'altro ad attirare l'attenzione sulla necessità di restaurare gli affreschi dell'Oratorio dell'Hospitale in cui si svolgeva la cena silenziosa.

f) Alla serata hanno preso parte circa 40 persone, ma altrettante sono rimaste escluse per mancanza di posto. Fra i presenti, oltre a semplici cittadini, studiosi, componenti di associazioni, operatori turistici, industriali e culturali, spiccavano il dott. Umberto Calandrella, prefetto della provincia di Rimini, e gentile signora Beatrice, una rappresentanza delle Maestre Pie dell'Addolorata, il Sindaco e l'Assessore alla Cultura del Comune di Montefiore, il Maresciallo Comandante della locale Stazione dei Carabinieri, il celebre pittore fiorentino Raffaello Mori, giunto appositamente da Firenze, studenti delle Scuole Superiori ed Universitari di Rimini ed Urbino.

g) La serata si è svolta in un'atmosfera di grande serenità e pace, che tutte le persone di buona volontà dovrebbero impegnarsi a costruire, senza cadere, come ha fatto "Il Ponte", in tentazioni inquisitorie di triste memoria.

Nell'augurio che la presente venga pubblica da "Il Ponte", quale smentita e precisazione de suddetto articolo, siamo certi che non si ripeteranno infortuni simili, poiché certamente non contribuiscono a costruire ma piuttosto distruggere il quieto vivere civile ed il progresso culturale.

L'Assessore alla Cultura del Comune di Montefiore Conca (dott. Pietro Cipriani)
Il Presidente del Centro Dantesco (Chiaretti prof. Angelo)»

«Il Ponte» ha così risposto:

«Le «gravi inesattezze» di cui ci si accusa, non sono altro che un attento, documentato esame, sotto il profilo storico-letterario, di un tema («Per Crucem et Aquilam ad Rosam») che era stato annunciato per la "cena" di Montefiore. (L'oratore ha parlato successivamente al nostro articolo.) Quel tema, ribadiamo, è ancor oggi proposto in ambito massonico per dare un'interpretazione esoterica dell'opera di Dante. Esistono sull'argomento centinaia di libri. (Ignorarli, non significa cancellarli.)

I firmatari della lettera non possono quindi smentire né l'esame dell'argomento, da noi condotto con citazioni incontrovertibili (e ben conosciute proprio da chi, anche a Rimini e Circondario, segue quelle "teorie"), né il contenuto teorico del nostro articolo che ne derivava come logica conseguenze. Hanno soltanto reagito in maniera scomposta: prima inventandosi le citate «gravi inesattezze», e poi accusandoci di «tentazioni inquisitorie di triste memoria». Ci siamo semplicemente comportati come la nostra coscienza ci ha suggerito, illustrando un argomento che tutti possono esaminare ricorrendo alle fonti ricordate nel nostro scritto.»

Da parte nostra, precisiamo: in una ben nota «Biblioteca massonica» pubblicata a Foggia da Bastogi editore, c'è un libro («Dante templare e alchimista», 1998) di Primo Contro. Sullo stesso tema, Angelo Chiaretti ha presentato nel 1999 (Mediamed, Milano) un testo intitolato «Dante medico, mago e alchimista. Profili ed immagini di un Alighieri sconosciuto».

Per una semplice proprietà transitiva, si vede che l'argomento di Chiaretti è lo stesso della «Biblioteca massonica».

A conferma di questo indirizzo di studi, si può leggere su Internet: «Dante, come i neoplatonici suoi precursori e contemporanei, era un iniziato alle alte verità della magia divina, un occultista, come si direbbe oggi, ma di quelli che potevano essere salutati poeti alla maniera antica, quando l'iniziazione orfica aveva perpetuato nel mondo occidentale il secreto di cantare pel volgo sotto sembianze allegoriche e forme piane, le verità più secrete del santuario iniziatico. Il volgo, cioè l'uomo intellettualmente bambino, si ferma al significato letterale delle parole scritte o cantate; tal quale come il fanciullo che, contento della apparenza delle cose, non ne scruta il contenuto o la ragione di esse. L'uomo progredito, padrone della filosofia umana, la quale è relativa e non assoluta, cerca penetrarvi il valore allegorico, il quale è sempre in relazione alle conoscenze umane ed ai fatti noti. Ma l'iniziato ai secreti del verbo divino, cioè alle verità che vengono da un mondo dove non si accede che evolvendo naturalmente ed intellettualmente, nei classici poeti antichi e filosofi vi legge anagogicamente gli arcani celesti e naturali più ascosi» (http://www.armatadimiriam.it, Angeli e demoni dell'amore).

Infine va osservato che queste interpretazioni esoteriche di Dante hanno un seguito particolare sui giornali di Destra. Dietro la questione culturale si cela una più complessa e sorprendente faccenda politica. Il fatto strano è che molti di questi intellettuali di Destra sono utilizzati, anche a Rimini, dalle autorità religiose, che sembrano ignorare il retroterra culturale ed i progetti politici che questi loro collaboratori coltivano.

il Rimino

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«Scritte dal dito di Dio»
Bibbie dal Medioevo al 1600
in mostra a Cesena

Bibbie manoscritte e miniate del Medioevo, ed altri esemplari della Sacra Scrittura pubblicati fra XV e XVII secolo, sono esposti a Cesena alla Biblioteca Malatestiana dal 13 aprile al 2 giugno, in una mostra intitolata «Scritte dal dito di Dio».

Si tratta di 19 codici che fanno parte del patrimonio dei 340 conservati nella stessa Biblioteca, creata da Malatesta Novello, e di 54 edizioni a stampa. Una sezione della mostra presenta infine una raccolta di dipinti ispirati al Vecchio ed al Nuovo Testamento, provenienti dalla Pinacoteca cesenate e dalla Galleria della locale Fondazione Cassa di Risparmio.

Tra i codici presentati al pubblico, si segnalano un Evangelario greco (XI sec.), la «Bibbia parigina» (metà del 1300), una «Bibbia ebraica» (fine XIV sec.) ed i quattro volumi della «Bibbia francescana» (1265-70), proveniente dalla biblioteca annessa al convento francescano di Cesena, dove poi è sorta la stessa Malatestiana. Dalla Biblioteca Vaticana arriva il «Manoscritto Vaticano Latino 22», che è stato scelto per l'affinità che, nelle decorazioni, presenta con i codici malatestiani.

Tra le edizioni a stampa, sono esposte le prime uscite a Venezia (i cosiddetti incunaboli, primi esempi dell'arte tipografica «in culla»), assieme a Bibbie greche, ebraiche e latine. C'è anche quella poliglotta stampata a Londra alla metà del Seicento, in sei volumi, dove sono riportate le versioni in ebraico, greco, vulgare latino, aramaico, caldaico ed etiopico. Per gli studiosi di esegesi, essa rappresenta un grande strumento di lavoro.

L'esposizione fa parte del calendario di eventi preparato per i 550 anni della Malatestiana. E' stata curata da Fabrizio Lollini che, assieme a Paola Errani, ha preparato il catalogo che ospita una presentazione di mons. Gianfranco Ravasi, noto biblista e Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano.

La Biblioteca Malatestiana, creata nel 1452, ha un impianto basilicare a tre navate, con due file di colonne e 58 banchi di lettura (plutei) disposti in due file e divisi da un ampio corridoio. Ai plutei, anche oggi, è assicurata con catenelle, gran parte dei 340 codici della Biblioteca.

La mostra è aperta tutti i giorni dalle 9 alle 12.30, e dalle 15 alle 18, con la domenica ad orario ridotto (10-12.30). Ingresso libero. Info 0547.610892.

[L. V.]

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Pascoli e Francolini,
amicizia rivoluzionaria

Le vie del socialismo pascoliano passano anche da Rimini, per motivi biografici (soggiorni e frequentazioni). Meraviglia che in un convegno sul tema (6 aprile) non sia stata fatta svolgere, per esempio ad uno studioso da molti lustri ben noto come Liliano Faenza, una comunicazione specifica. Pazienza.

Zvanì giunge a Rimini la prima volta nel 1871, con i sei fratelli restati orfani quattro prima. Mariù, la terribile, gelosa Mariù, ricorderà che la vita condotta nell'alloggio di via Serpieri (al civico 17, credo), era «di una economia che appena consentiva il primo necessario».
Giovanni frequenta la seconda liceo, canzonato per la povertà dai compagni di classe, come scrisse Luigi Ferri (1959).

Nel settembre 1877, per una notte, soggiorna alla locanda dell'Unione di Matteo Barbiani, nella piazzetta delle poveracce. Senza soldi, lascia in pegno tre camicie, un paio di mutande ed un fazzoletto. (Ne scrissi sul «Carlino» nei primi anni '60, ed il figlio di Barbiani si dichiarò offeso.) L'oste per essere pagato bussa a casa di Domenico Francolini, l'amico rivoluzionario del poeta.

L'anno dopo, Pascoli scrive una poesia, «La morte del ricco», che Francolini pubblica sul proprio foglio riminese «Il Nettuno», sperando che la lirica possa «concorrere alla nostra propaganda rivoluzionaria». (La si legge a p. 50 del libro di Faenza «Marxisti e 'riministi"», Guaraldi 1972.)
Sulla locanda dell'Unione nel 1962 fu posta una lapide sbagliata: vi si parla del soggiorno di Zvanì tra 1871 e '72, invece che del '77, come ho detto.

Il convegno sammaurese poteva anche, parlando di Rimini pascoliana, trattare di Domenico Francolini che, come tante altre figure nostrane, è completamente dimenticato dalla città di «Amarcord», ma anche senza memoria storica.

[a. m.]

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Il Segnalibri

Il parroco di Tavoleto, don Roberto Battaglia, ha curato «Tracce della storia di un popolo. Le edicole sacre nel territorio di Tavoleto», piccola ma preziosa pubblicazione che reca una prefazione del nostro vescovo Mariano («La fede religiosa e la pietà si uniscono, nella vita concreta di una comunità, al bisogno di terra e di libertà, per un vivere pacificato e sicuro»).

Il posto centrale del lavoro, è occupato dalla tradizione legata all'immagine della Madonna del Sole. Nel 1876 Umberto Ceccaroli la riassunse così: essa fu rinvenuta in un ceppo di ginestre sul colle chiamato Monte del Sole da un pastorello che pascolava i suoi armenti su quello stesso colle che s'eleva presso il confine con Montefiore. Risalente al XV sec., l'immagine è custodita attualmente presso la chiesa parrocchiale di San Lorenzo a Tavoleto, mentre a Casinella una celletta, eretta nel 1901, indica il punto in cui si vuole che sia stato ritrovato il dipinto. Lo scorso anno nella celletta sono state collocate tre nuove immagini sacre, opera di Enrica Savioli, realizzate in formelle di terracotta.

L'opuscolo di don Battaglia ospita anche un ricordo sulle giornate in cui Tavoleto bruciò per mano francese nel 1797.

Ricordiamo brevemente i fatti. I sediziosi montanari messi in precipitosa fuga»a Santarcangelo dalle truppe francesi dopo «una vicendevole orrida strage», si spargono «per altri luoghi del nostro distretto»: «Il generale Sahuguet nel giorno 29 andò in traccia di loro con 800 fanti e 200 cavalli. Si portò alla Cattolica, a Morciano, a Montescudolo, a Mondaino, a Soliano, ma i montanari sediziosi si ritirano al Castello di Tavoleto ove si fecero forti aspettandoli a pié fermo», scrive il cronista riminese Zanotti: «Giunti i Francesi in prossimità del Castello, attaccano furiosamente gli insorgenti, i quali ferocemente gli rispondono e si battono per qualche tempo più col coraggio che coll'esperimento dell'arte, ma conoscendo di non potersi sostenere ulteriormente, dopo un vicendevole e replicato scarico di fucileria con reciproca perdita, si danno a precipitosa fuga verso la più alta montagna».

Secondo Guglielmo Albini di Saludecio, tutto sarebbe iniziato con il colpo di fucile da caccia sparato da «un solitario» contro un battaglione di fanteria, provocando la morte di un soldato: «La truppa esasperata entrò in paese, gridando "bruson Tavolon" e infatti l'incendiò e distrusse in gran parte». I francesi erano in ottocento fanti e duecento armati a cavallo, cioè il doppio complessivamente di quanto si pensa fossero gli insorti.

Non pago della gloria raggiunta, Sahuguet compie una terribile infamia. Scrive ancora Zanotti: «Entrano allora vittoriosi i francesi nel paese, feriscono ed uccidono diversi di que' miseri abitanti che vi ritrovano, saccheggiano il Castello e lo incendiano, rimanendo estinti fra le fiamme alcuni che non poterono salvarsi con la fuga, fra i quali vi perì miseramente un vecchio Prete paesano chiamato don Gregorio Giannini, che per indisposizione morbosa era giacente in letto da non poco tempo».

Il Parroco di Tavoleto, don Pietro Galluzzi, «che i Francesi ritenevano per seduttore de' malintenzionati del Paese, e che credettero perito anch'esso nell'incendio», se ne era fuggito invece «prudentemente coi montanari». Con loro Galluzzi si mette a scorrere le campagne ed i paesi vicini, ponendoli a contribuzione, per semplici motivi di sussistenza.

***

Nella collana dei «Libri di San Clemente», Maurizio Casadei pubblica due titoli: il primo riguarda i castelli ed i borghi fortificati di Agello, Castelleale e San Clemente; il secondo («Non passava mai!») riscostruisce le vicende del settembre 1944, al tempo del fronte di guerra. Quindi, Casadei spazia con questi suoi lavori dal Medioevo all'età contemporanea. Tempi in apparenza lontani fra loro. In realtà li accomuna il triste destino dell'uomo della lotta e della sopraffazione.

Un esempio antico. A partire dal 1300, scrive Casadei, c'è un'offensiva dei Malatesti anche vero la Valcona «diventata un'area molto turbolenta per la vicinanza con il territorio dominato dalla potente signora rivale di Urbino». Ed è proprio nel 1300 che nasce Castelleale, anzi «la fattoria che Leale Malatesta, vescovo di Rimini, costruisce a proprie spese sul culmine di una collinetta coltivata con buoni campi e buone viti».

San Clemente dalla fine del XIV secolo a metà del XV «assume un nuovo ruolo, diventa Castello dotato di Capitano e guarnizioni di soldati che ricevono ordini da Rimini», ed esercita giurisdizione sul contado che comprende diverse Ville e casali.

Da questi pochi cenni è già possibile comprendere l'interesse che lo scritto di Casadei può suscitare negli appassionati di Storia locale, e l'importanza della sua ricerca.

L'altro volume, quello sul settembre 1944, è diviso in due parti: alla ricostruzione ormai ben nota degli eventi militari, segue una parte di testimonianze, seguendo il criterio di lasciar libero corso alle memorie personali. Il testo ricorda anche tutte le vittime civili e militari del posto.
Infine proponiamo un testo legato alla Romagna: Enio Iezzi presso Walberti di Lugo ha pubblicato «Dove rampa il Cavallino», la storia cioè del Cavallino Rampante della Ferrari dalle sue origini alle macchine da corsa rosse. Origini che addirittura risalgono al 1692 quando si costituisce a Torino il Reggimento di cavalleria «Piemonte Reale». Si arriva poi a Francesco Baracca ed infine ad Enzo Ferrari: due personaggi che rasentano il mito, in campi diversi, ma uniti da quel simbolo del Cavallino Rampante che ancora appassiona tanta gente.


Lena Vanzi

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Liber@mente


Fede senza Carità

C'è qualcosa che irrita e spaventa nelle presentazioni che Emilio Fede fa nel suo TG4 delle notizie sul delitto di Cogne.
E' il tono di beffa, d'irriverenza verso il dramma di una persona e di una famiglia, di sufficienza che assume con quelle smorfiette infantili sul suo viso taroccato da qualche mago della chirurgia plastica.
E poi quelle strane domande che si pone (quasi retoricamente), come se lui possedesse la risposta, quando dice ad esempio che gli pare strano che un elettricista (il papà della vittima) abbia una così bella casa, in un così bel posto, tra tanta bella gente.
Questa non è informazione. E' taroccamento delle notizie, simile a quello del suo volto.
[A. M.]



Lettera di Assunta Berardinelli
a Repubblica (e per copia a il Rimino)


Egregio dott. Augias, dopo aver ascoltato le parole oscene del cosiddetto presidente, che la gente a Roma è stata portata con biglietto pagato in gita e che eravamo in scarsi 700.000, mi farebbe piacere comunicare al quel cosiddetto presidente che io ci sono andata a causa sua e dei suoi sgherri o bravi (ministri!?), che mi sono pagata il viaggio in treno, che ho mangiato una schifossissima pizza pagata 4 euro e venduta da due asiatici su quei carrettini dove in genere non mi ci servo.

Ma che ne sa lui delle persone!!!! Che ne sanno quelli di un lavoro che oggi c'è e domani no, che ne sanno quelli che sono andati al governo con imbrogli e mistificazioni per scansarsi la galera.
E l'amaro paradosso è che la gente, anche i più bisognosi, l'hanno votati!!!
C'è un'enorme necessità di cultura in questa Italia così miope ed ignorante.

Cultura che da millenni non passa più per le scuole. Pensi un po' che nella scuola dove io lavoro alcune mie colleghe insegnanti hanno dato il voto a questa gente, gente della prima repubblica, ma poi contemporaneamente hanno da ridire sulla Moratti e la sua "riforma" scolastica. Ma questo è un popolo di schizofrenici e/o di ignoranti resi ancor più acriti dalle ingerenze e/o dominio ecclesiastico, unico al mondo!! dell' oltre Tevere.

E' tutto da rifare diceva Bartali, ma delle volte non c'è più tempo per rifare un bel niente. La cultura, la capacità critica del proprio pensiero richiedono libertà, volontà e tempo e necessità di riconoscerli come valori. Altrimenti tutti davanti alla TV a vedere verissimo, carramba e qualche altra bischerata del genere!!

Cordialmente,
Assunta Berardinelli.
Associazione Partenia, Napoli



L'Italia sognata

Al Congresso di Alleanza Nazionale a Bologna, Alessandra Mussolini il 5 aprile ha guidato la rivolta delle donne del partito: vogliono avere più rappresentanza nelle liste.
Come era una volta Alessandra Mussolini? A Bologna, i vecchi compagni di una volta, la ricordano ancora così.

Quanta mutata ab illo...

Silvio Berlusconi non ha guardato a lei, durante la visita al Congresso, ma a Daniela Santaché, a cui dal palco ha rivolto l'apprezzamento reso famoso da Fred Buscaglione: «... Che gambe». Ovvero l'effetto Viagra applicato alla politica.

Lusingata, Daniela Santaché replica e puntualizza: «Chi è bello è buono e bravo, e i brutti sono cattivi». Spiegazione della spiegazione: «Lo dicono gli psicologi americani».

Il «bello» della destra, Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera, è intervenuto al Congresso (fatto «anomalo perché il galateo ostituzionale vorrebbe che un presidente della Camera non partecipi ad un Congresso che non è del suo partito», ha scritto il Corsera). Ed ha criticato Berlusconi: non vanno derise le manifestazioni di piazza, ha detto, bisogna valorizzare il dialogo anche per realizzare il programma di governo. [l. p.]

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