Riministoria © Antonio Montanari
il Rimino, n. 68, anno III, giugno 2001
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"L'impresa ritrovata".

Lo stemma dipinto di Alessandro Gambalunga

Lo stemma dipinto di Alessandro Gambalunga, ritrovato nei ricchi magazzini del Museo Civico della città, è tornato dopo il restauro nella sua sede originaria, il palazzo che lo stesso Gambalunga aveva fatto edificare all'inizio del XVII secolo, e che ora ospita la Biblioteca civica che ha preso il suo nome.

Per l'occasione, venerdì 29 giugno nell'angusta sala della Cineteca, stracolma e soffocante, le vicende dello stemma e del suo 'proprietario' sono state narrate da vari interventi che nel complesso sono risultati piuttosto deludenti.

C'è chi (un non storico di professione, a quanto pare) ha detto apertis verbis che nulla sappiamo di Alessandro Gambalunga, e che bisognerebbe trovare qualche documento, magari un'autobiografia, per avere delle notizie. C'è chi ha compiuto divertenti ma inconcludenti divagazioni, arrivando sino a Napoli ed al buon don Benedetto Croce, per dire qualcosa sulla mestizia di Alessandro Gambalunga nel suo ritratto che campeggia nei corridoi della 'sua' Biblioteca.

Nessuno che abbia ricordato le vicende della famiglia che, a quanto risulta, per il '700 sono ben documentate anche da studi pubblicati. Ma a Rimini si parla, si parla e (ancora a quanto risulta) si legge poco. Lo ammette lo stesso illustratore delle caratteristiche dello stemma dipinto di Alessandro Gambalunga, quando lo attribuisce forse ad un pesarese, aggiungendo che bisognerebbe conoscere meglio quei pittori, ma le riviste marchigiane non arrivano in Romagna, e quelle romagnole non vanno nelle Marche.

Dichiarazione questa è che stata la ciliegina sulla torta di questa festa del più schietto, ma non per questo più sano, provincialismo, in cui trionfa il fatto che il restauro non è stato fatto dal Comune ma da un Club privato. Possibile che questo Comune che trova miliardi per le feste televisive di Capodanno, non sappia scovare una piccola somma per un piccolissimo restauro?

Benedetta provincia, non vantarti troppo delle tue eccelse qualità, tra gli applausi di un pubblico molto elegante (le amicizie del Club restauratore), senza un assessore al ramo presente, e con una bella gaffe storica: quando è stato detto che Alessandro Gambalunga essendo laureato in utroque iure poteva essere considerato (o considerarsi) un togato, e quindi un nobile (togato). Ma la noblesse de robe, la nobiltà di toga è tutt'altra cosa, riguarda quelle cariche di funzionari o magistrati che esistevano in quel secolo nel regno di Francia.

Per l'occasione è stato edito un opuscolo ("L'impresa ritrovata") in cui non sono presenti tutti i lavori annunciati, e dove è esaminato il testamento di Alessandro Gambalunga.

L'iniziativa è stata presentata da un settimanale locale con un articolo in cui leggiamo, a proposito del palazzo sede attuale della Biblioteca: "L'inizio dei lavori avvenne nel 1610 su diretta commissione del Gambalunga. Di egli sappiamo…". Pardon, "Di lui sappiamo…", se l'estensore della nota "ci consente".


"… e nessuno tenti di muovere obbiezioni a questo discorso perché io lo rivolgo a chi vuole e rispetta la verità,
non ai falsari."
Indro Montanelli, Corriere della sera, 15 febbraio 2001


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