Riministoria.

Antonio Montanari

I giorni dell'ira.

Settembre 1943 - settembre 1944 a Rimini e a San Marino

Capitolo IX. Le bombe inglesi

Il giorno più tragico della storia di San Marino è il 26 giugno ’44: "Erano le 11 circa. La gente guardava ignara il consueto orrendo spettacolo, quando un susseguirsi di scoppi fragorosi parve scuotere la mole del Titano", ha scritto Balsimelli. Quattro squadroni di bombardieri inglesi sganciano 243 bombe. Muoiono quaranta sammarinesi e ventitré italiani. "Fu il terrore". Balsimelli ricorda che si fece capo alla Radio vaticana per trasmettere una nota di protesta. Venne interessato anche il governo svedese, perché intervenisse presso le potenze alleate in favore di San Marino.

Il 7 agosto gli alleati dichiarano di aver già disposto "da tempo" il rispetto della neutralità sammarinese, "subordinatamente rispetto norme internazionali". Chi non vuole più rispettare la sovranità della piccola Repubblica è adesso la Germania. Il 28 luglio ’44 il Comando di Ferrara comunica che sarà costretto a ciò, "non appena che necessità di carattere militare richiedessero il transito di essa da parte di automezzi o pedestre", senza occupazione o misure coercitive contro la popolazione, e senza requisizioni. Il patto di Rommel dell’ottobre ’43 è così violato dagli stessi tedeschi. Quella dichiarazione, commenta Balsimelli, "significava la guerra in casa". Viene decisa una missione al Nord, da Mussolini. I diplomatici sammarinesi partono il primo agosto.

Perché San Marino è stata colpita dagli aerei inglesi? Matteini parla di "informazioni di dubbia esattezza" in base alle quali agì l’Alto Comando Militare Britannico. Montemaggi aggiunge che agli inglesi "era stato riferito che i tedeschi si erano impadroniti della Repubblica dal febbraio e che dai primi di giugno stavano ammassandovi depositi di munizioni". Tali notizie (precisa Montemaggi), erano state trasmesse, "secondo i documenti" del Public Record office inglese, attraverso "non precisati ’prigionieri di guerra’". "Che tale dizione non intenda coprire le informazioni sballate di qualche agente segreto in vena di errori?", si chiede Montemaggi.

Le segnalazioni agli inglesi possono essere considerate né false né errate in base ad un documento sammarinese dello stesso 26 giugno ’44, indirizzato al maggiore Gunther, comandante germanico della piazza di Forlì, e pubblicato da Bruno Ghigi: "Preghiamo di voler ordinare alle Truppe Germaniche di esimersi dal frequentare a gruppo od isolatamente il nostro territorio per togliere qualsiasi motivo di apprensione alla popolazione e con esso qualsiasi parvenza di motivo di offesa aerea nemica". Questo testo dimostra che i tedeschi a San Marino erano di casa.

I fascisti utilizzarono i nazisti per regolare conti ‘interni’, quasi che i cittadini sammarinesi fossero divenuti improvvisamente italiani, e che la neutralità del Titano non esistesse più quando si trattava di dare la caccia ad antifascisti italiani rifugiati là. Per osservatori più o meno smaliziati, per spie attente alla sostanza delle cose e non a sottili distinguo diplomatici, era facile concludere che San Marino si dimostrava troppo arrendevole nei confronti del nazismo.

 

 

Dunque, le notizie giunte agli inglesi sull’occupazione di San Marino già dal febbraio ’44, più che informazioni sballate di qualche agente segreto in vena di errore, sono il frutto di un ragionamento politico, molto duro com’era nello stile dell’Intelligence (il servizio segreto) inglese, ma con una sua logica ferrea che poggiava su dati di fatto inoppugnabili: la facilità con cui le spedizioni punitive di fascisti e tedeschi avvenivano sul Titano. Inoltre, ai servizi segreti inglesi risultava già da tempo che San Marino era un covo di spie.

Una di loro, Roxane Pitt, ha scritto in un suo libro, La spia timida, Longanesi editore, che nel ’43 "San Marino era piena di gente che per poche lire vendeva informazioni militari sia da parte alleata sia dell’Asse". La Pitt vive a Rimini tra la fine degli anni Trenta ed il tempo della seconda guerra mondiale. Si presenta come la professoressa Albertina Crico. Insegna lettere italiane allo scientifico Serpieri ed al Ginnasio. Nel 1939 il suo nome appare tra i commissari d’esame dei ludi della Gioventù italiana del Littorio della nostra città.

Il volume, che ha come titolo originale Il coraggio della paura, racconta l’avventura di Roxane Pitt a Rimini ed a San Marino: lei si era sostituita ad una sorella, sposatasi con un ufficiale italiano poi disperso in Russia, e scomparsa a sua volta in un campo di concentramento nazista. Un suo ex alunno mi ha testimoniato: "Era giovane, bella, disinvolta, elegante e sempre ben pettinata. Alloggiava all’albergo Aquila d’oro, il più grande e lussuoso in centro, a quell’epoca. È stata mia insegnate dell’anno scolastico 1938-39. Era preparata, disponibile con gli alunni, non eccessivamente esigente. Ci affascinava per quel suo apparire molto moderna: anche oggi, una donna come lei, si noterebbe. Non mi pare che ci parlasse del fascismo con molta convinzione: né poteva essere diversamente, pensando alla sua storia. Ho il ricordo di qualche insegnante fascista convinto, ma non certo la Crico era tale".

A San Marino (ha scritto la Pitt) giungevano profughi jugoslavi, ribelli albanesi, "o che so io", tutte persone che "in realtà erano per la maggior parte spie pagate dalla Germania e persino, per quanto allora mi sembrasse incredibile, dalla Russia. Chiacchieravano tutti senza ritegno...", e lei stessa poteva così raccogliere sul Titano le notizie che passava poi all’Intelligence Service.

Agli occhi inglesi San Marino appariva come un centro di per sé importante, non solo per posizione strategica, ma anche per quel suo ondeggiare tra neutralità richiesta agli anglo-americani, e passività dimostrata nei fatti verso nazisti e fascisti di Salò. Il bombardamento del 26 giugno, più che frutto di un errore, fu la conseguenza di un disegno politico e militare ben preciso: tagliare i ponti tra San Marino e quei confinanti dimostratisi così invadenti.

 

 

Prima che parta la missione diplomatica sammarinese che il primo agosto si recherà al Nord per trattare con Mussolini e con l’ambasciatore tedesco, sul Titano arrivano ufficiali della Sanità germanica. Vogliono impiantare un ospedale. Se ciò accadesse, per la Repubblica significherebbe trovarsi coinvolta in pieno nella guerra. Dai primi di luglio, l’aviazione inglese ha ricevuto l’ordine di non bombardare la Repubblica. Ma dal 28 dello stesso mese di luglio, come si è visto, i tedeschi non garantiscono più la neutralità sammarinese. In caso di "necessità di carattere militare", le truppe naziste varcheranno i confini, per farvi transitare uomini e mezzi. San Marino è tra due fuochi: il pericolo alleato e le minacce tedesche. "Si navigava tra Scilla e Cariddi", disse il Reggente Balsimelli il 23 settembre ’44, a liberazione avvenuta.

La delegazione diplomatica è composta, oltre che dallo stesso Reggente Francesco Balsimelli, da Giuliano Gozi (capo dei repubblichini sammarinesi), da Ezio Balducci (attivissimo plenipotenziario che, dopo il bombardamento del 26 giugno, aveva iniziato a far la spola tra San Marino ed il Nord, in viaggi sempre più rischiosi), e dai professori Marino Belluzzi e Leonida Suzzi Valli. La delegazione si reca nel pomeriggio dello stesso primo agosto a Salò, dove ottiene un appuntamento con Mussolini per la mattina seguente; e poi va a Fasano, dove alle 19.30 è ricevuta prima dal segretario dell’ambasciata tedesca, dottor Gherard Gumpert ("buon amico della Repubblica e del dottor Balducci", scrive Balsimelli), e poi dall’ambasciatore stesso, Rudolf Rahn.

La conversazione con quest’ultimo avviene in francese. Alla fine i diplomatici vanno a dormire, ospitati nell’ex treno reale di Vittorio Emanuele III. Rahn, come ambasciatore del Terzo Reich in Italia, ebbe di fatto "la funzione di un viceré, dell'eminenza grigia che tendeva i fili che il governo di Mussolini poteva poi ulteriormente elaborare" [L. Klinkhammer].

La mattina del 2 agosto Mussolini accoglie con saluto romano i delegati sammarinesi, "due dei quali, Balducci e Gozi, gli erano ben noti", scrive ancora Balsimelli. "Sarete avvolti dalle fiamme, ma non sarete incendiati", profetizza Mussolini. Il capo della Repubblica di Salò garantisce un suo intervento presso i tedeschi perché non installino a San Marino l’ospedale ’minacciato’. Dopo l’incontro con Mussolini, la delegazione "riceve la visita di alcuni militi ed ufficiali sammarinesi delle ‘Brigate Nere’ di stanza a Salò, alcuni dei quali saranno poi fucilati durante i tragici avvenimenti dell’aprile-maggio 1945", prosegue Balsimelli nella sua ricostruzione di quei contatti diplomatici. Tra quei fucilati, ci sarà Marino Fattori, ucciso il 6 maggio ’45 a Buglio in Monte. Suo figlio Federico fu invece ucciso il 6 settembre ’44 in Valtellina.

Il 3 agosto, giungono dai tedeschi le assicurazioni attese. Niente ospedale, niente occupazione: "Passaggio di truppe attraverso determinate strade marginali solo in caso di estrema necessità". "Purtroppo la guerra passò nell’inerme Repubblica seminando altre stragi, altre rovine", annota Balsimelli.