LA PITTURA

 

Sincrono allo sviluppo dell’architettura e della scultura fu quello della pittura che, tra le arti figurative, è quella che piú compiutamente d'ogni altra ritrae la spiritualità degl'Italiani. Appena l'uomo, uscendo dal chiuso delle astrazioni medievali, ebbe ripreso contatto con la vita e in essa ebbe concentrati il suo interesse e la sua ammirazione, dovette comprendere che nessun'arte era adatta a rispecchiare la realtà più che la pittura; la quale non rende soltanto la figura e il movimento, ma trova nel colore un aiuto potente per la rappresentazione degli affetti e dei contrasti.

Il primo decisivo impulso per il rinnovamento della pittura era venuto da Giotto, il quale alle figure che Cimabue aveva ritratte senza sfondo, quasi a portarle fuori della vita contingente nel mondo dell'assoluto, sostituì le figure iscritte nello spazio con sfondi architettonici o naturali, dapprima appena accennati, poi a grado a grado sviluppati con sempre maggior compiacenza: a quell'ambiente, che riconduceva alla terra, dovevano adeguarsi sempre più le figure chiamate a popolarlo. Così Giotto indicava, per due secoli, le vie alla pittura italiana. La quale era destinata a salire ad un grado di maggiore perfezione, per rendere sempre più pienamente la complessità della vita del Rinascimento. E ciò le riuscì perché le mirabili conquiste della tecnica furono poste al servizio di un felicissimo intùito estetico da pare di una pleiade di artisti, non pochi dei quali eccezionalmente dotati. Agli albori del secolo vide la luce un titano della pittura: Masaccio, che morì giovanissimo a soli 28 anni, ma pur lasciò dietro di sé una scia luminosa destinata a guidare nel difficile sentiero dell'arte anche i più grandi fra i suoi successori. Leonardo, Raffaello e Michelangelo studieranno ammirati gli affreschi della cappella Brancacci nella chiesa del Carmine a Firenze; ove Masaccio seppe ritrarre con la stessa consumata perizia l'uomo e lo sfondo su cui esso si muove, quasi in gara con la natura presa a modello dall'insigne artefice; il quale pose somma cura anche negli "scorci" e nello studio della prospettiva.

Accanto a lui e dopo di lui quanti altri maestri del colore; e ciascuno con una sua distinta personalità! Dal Beato Angelico, dipintore di scene paradisiache, ad artisti quali il Lippi, il Gòzzoli o il Ghirlandaio, che si piacciono di "narrare" col pennello intere storie tratte dal Nuovo o dal Vecchio Testamento, oppure ispirate alle leggende agiografiche: dal Botticelli, che nella grazia malinconica delle sue figure sembra interpretare le sottili contraddizioni di quell'età, a Piero della Francesca, così potente nel ritratto, e al Signorelli che precorre, nella potenza del rilievo, la grandezza di Michelangelo.

Firenze, superata la metà del Quattrocento, cessa di essere l’unico centro artistico rilevante in Italia, ma, non per questo, di essere uno dei più importanti centri culturali d’Europa, principalmente per merito di Lorenzo il Magnifico, che ne regge le sorti dal 1469 al 1492; è in questo periodo che si sviluppa l’arte del Pollaiolo, del Verrocchio, di Piero di Cosimo,e come detto precedentemente di Signorelli e del Botticelli.

A Venezia invece troviamo lo splendido "ritardo" goticheggiante e bizantineggiante dei Vivarini e dei Bellini, finché lo stesso Giovanni Bellini, intorno al 1470, non imprimerà all’arte veneziana una svolta definitiva e rivoluzionaria, accentuata dall’arrivo di Antonello da Messina che farà sentire ancora più "limitato" il sia pur straordinario talento decorativo e narrativo del Carpaccio.

Ma nella regione veneta si leva eminente, e sta a sé, il vicentino Andrea Mantegna. La Camera degli Sposi, affrescata da lui nella reggia di Mantova, è, colla cappella Brancacci di Firenze, uno dei santuari della pittura italiana. Accanto agli affreschi ora ricordati, dà intera la misura del genio di Andrea il Trionfo di Cesare, una superba serie ciclica di nove tele dipinte in cui si sente lo spirito stesso di Roma, rifatto, per magia d'arte, tutto vivo e presente in mezzo a una società ansiosamente protesa ad evocarlo.

Nell’Italia centrale ancora ,sarà Urbino a produrre uno dei momenti più alti del Rinascimento alla metà del secolo, con il gruppo di architetti e di artisti che circondano Federico da Montefeltro; tra questi il solitario, inimitabile, Piero dalla Francesca.

Nell’Italia meridionale, infine, solo Napoli e Palermo, per merito di Alfonso di Aragona, respirano un’aria internazionale, tanto che, paradossalmente, proprio qui la conoscenza dell’arte fiamminga avverrà notevolmente prima che in altre parti di Italia; è in questo clima che sorgerà la grande figura di Antonello da Messina, la cui lezione sarà decisiva per condizionare, come abbiamo visto, la pittura di Giovanni Bellini a Venezia.