Capitolo quinto 1927 1928

MODENESI IN CAMICIA NERA

Gli anni dal 1919 al 1943

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Capitolo Quinto  1927 - 1928

1927
Uno degli argomenti che maggiormente appassionava la classe dirigente fascista in quegli anni, era quello sindacale. Già i primi provvedimenti presi in materia incontravano difficoltà nell’attuazione pratica e pertanto si dovette intervenire, anche in considerazione di una grave crisi economica che andava facendosi sempre più pesante. La prima azione di un certo rilievo fu presa, dal Gran Consiglio del Fascismo, il 6 Gennaio 1927 con l’impostazione dei punti programmatici che sfociarono nella “Carta del Lavoro”, promulgata il 21 Aprile, in occasione del Natale di Roma.
Nasce così, con ardite innovazioni, un’interpretazione di come si dovevano affrontare le tematiche relative al mondo del lavoro, tanto da essere considerata, quella “Carta”, come una delle massime e più riuscite creazioni del fascismo. Una delle grandi novità di quell’operazione, fu di aver messo attorno allo stesso tavolo, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, raggiungendo, per la prima volta, l’attuazione normativa del principio di solidarietà e della collaborazione delle categorie sociali.
Nei trenta paragrafi di cui era composta la carta del lavoro, si definiva come dovere sociale e per questo doveva essere protetto e tutelato dallo Stato, vi era inoltre il riconoscimento della Corporazione come organizzazione unitaria delle forze di produzione, e si considerava l’iniziativa privata come il miglior strumento per l’interesse della nazione, mettendo pur sempre il privato a dover rispondere dei risultati, davanti allo Stato.
Insomma, una serie di normative che diedero la possibilità, al Governo Fascista, di sviluppare un vero e proprio programma innovativo, per il miglioramento dell’economia italiana e di tutto il mondo del lavoro.
A Modena, il 6 Febbraio, fu inaugurata la Casa del Fascio dedicata a Mario Ruini e, in quell’occasione, fu insediato il nuovo Direttorio Federale dove troviamo, nei vari incarichi, uomini dei passati direttivi tra i quali: Luigi Pivetti che aveva l’incarico delle organizzazioni giovanili, Vincenzo Ghibellini, Sindaco di Pavullo, che aveva la responsabilità degli Enti locali, Azeglio Bulgarelli curava i rapporti con la MVSN, Carlo Zanni rimaneva fiduciario della sezione cittadina e Emilio Pucci resta nella carica di Segretario amministrativo.
In quei giorni vi fu anche la fondazione, dopo che era stato istituito a livello Nazionale nel 1925, l’”Istituto Nazionale di Cultura Fascista”. Il promotore, nella nostra città, fu il Deputato modenese, Fausto Bianchi che era stato Sindaco di Modena dal 1922 al 1925. Questo Istituto, una vera Università popolare, aveva il compito di migliorare la cultura generale della popolazione, non solo attraverso l’indottrinamento di quella fascista, bensì voleva stimolare le conoscenze, storiche, letterarie e scientifiche, sino a quel momento retaggio esclusivo dei “chiusi Atenei. Erano previste lezioni e conferenze tenute sia da personaggi della cultura nazionale, sia da docenti dell’ateneo modenese. La lezione inaugurale fu tenuta dall’Onorevole Arrigo Solmi, che intrattenne gli intervenuti sul tema: “Caratteri originali della Storia Italiana”.
In seguito alla normativa che sostituiva, nella conduzione dei Comuni italiani, il Podestà al Sindaco, gradualmente si procedette nei vari comuni del modenese a tali sostituzioni, in particolare in quell’anno 1927, dopo che nel capoluogo si era insediato, come abbiamo visto, il Podesta Sandonnino.
A Carpi diventò Podestà, il 13 Febbraio, come da elenco sottostante, Clodo Feltri che rimase in quella carica sino al 26 Aprile 1933, anche a Sassuolo, dove entrò in Comune, il 2 Giugno 1927, il nuovo Podestà, Pivetti Luigi che misase in carica sino al 18 Luglio 1930, anche a Vignola entrò in quella nuova carica, iol 24 Marzo, Cavallini Primo e vi rimase sino al 3 Luglio 1930, mentre a Finale Emilia entrava nella carica di Podestà il 4 Settembre, Banzi Renzo, e vi rimase sino al 3 Aprile 1933.
Vediamo come cronologicamente si sono insediati i vari Podesta nei Comuni della nostra Provincia.


DATA COMUNE PODESTA’
13 Febbraio 1927 Carpi Feltri rag. Clodio
13 Marzo 1927 Castelfranco Emilia Veronesi comm. Sante
24 Marzo 1927 Bomporto Paltrinieri dott. Giorgio
24 Marzo 1927 Castelvetro Gibellini Renato
24 Marzo 1927 Cavezzo Ascari dott. Carlo
24 Marzo 1927 Frassinoro Palandri Enrico
24 Marzo 1927 Monfestino Castelli avv. Onorio
24 Marzo 1927 Pavullo nel Frignano Ghibellini avv. Vincenzo
24 Marzo 1927 San Prospero Barani Ruggero
24 Marzo 1927 Soliera Franciosi Dario
24 Marzo 1927 Spilamberto Cavazzoni Pederzini
10 Aprile 1927 Zocca Mascagni dott. Natale
19 Maggio 1927 Medolla Tosatti avv. Anselmo
24 Agosto 1927 Campogalliano Sala cav. Pio
6 Settembre 1927 Finale Emilia Bazzi ing. Renzo
10 Maggio 1928 Montese Ricci Giorgio
11 Maggio 1928 Camposanto Paltrinieri Colli cav. Angelo
31 Gennaio 1929 Montefiorino Tonelli avv. Antonio
6 Giugno 1929 San Felice sul Panaro Setti cav. Ignazio
19 Settembre 1929 Mirandola Tabacchi cav. Enrico
8 Giugno 1930 Bastiglia Riva Francesco
26 Giugno 1930 San Cesario sul Panaro Pini Iginio
1 Maggio 1930 Savignano sul Panaro Zanantoni ing. Bruno
3 Luglio 1930 Vignola Pirandelli Martuzzi Paolo
10 Luglio 1930 Lama Mocogno Caselli Medardo
18 Luglio 1930 Nonantola Zanni avv. Carlo
18 Luglio 1930 Prignano sul Secchia Berti dott. Roberto
28 Luglio 1930 Sassuolo Vicini avv. Antonio
19 Dicembre 1930 Formigine De Niederhausern cav Riccardo
14 Marzo 1931 Novi di Modena Neri Giuseppe
21 Marzo 1931 Fanano Monari dott. Mario
6 Aprile 1931 Montecreto Cappellini Giovanni
15 Aprile 1931 San Possidonio Bellini rag. Vico
15 Aprile 1931 Fiumalbo Silvestri dott. Attilio
9 Luglio 1931 Pievepelago Giacobbi Vincenzo

Prendevano sempre maggior sviluppo, nella nostra Provincia, le varie Feederazioni Fasciste, come quelle degli agricoltori, degli industriali, dei commercianti, degli artigiani e, 19 Giugno 1927 si aggiunse anche la Federazione Fascista del pubblico impiego che fu guidata inizialmente da Angelo Rampini, e alla quale avevano aderito oltre 2.000 dipendent6i pubblici.
Un altro dei pilastri mussoliniani fu quello del discorso pronunciato alla Camera il 26 Maggio 1927, che fu chiamato il “Discorso dell’Ascensione”, il Capo del Governo ricordò, in quell’occasione agli avversari, che la forma di collaborazione alla quale tanto teneva, non era stata accolta, e oltretutto, disprezzata, pertanto Mussolini impostò il regime, sulla necessità totalitaria, dicendo:

“Non si deve pensare che la rivoluzione fascista possa convivere con la controrivoluzione….Abbiamo creato lo Stato Corporativo. Questo stato corporativo ci pone dinanzi il problema costituzionale del Parlamento. Che cosa succede in questa Camera? Intanto, questa Camera, che ha egregiamente, nobilmente e costantemente, servito la causa del Regime, durerà per tutta l’intera legislatura. Ma è evidente che la Camera di domani non può rassomigliare a quella d’oggi. Oggi, 26 Maggio 1927, noi seppelliamo solennemente la menzogna del suffragio universale democratico. La prossima Camera sarà eletta attraverso le organizzazioni corporative dello Stato; verso la fine di quest’anno stabiliremo le forme in cui verrà eletta, ma intanto il punto essenziale del mio discorso è questo: abbiamo creato lo Stato unitario italiano; la nostra dottrina è: tutto nello Stato, niente contro lo Stato, nulla al di fuori dello Stato.”

Da subito il fascismo diede un grande impulso all’organizzazione giovanile. D’altra parte, il giovanilismo fascista è stato la forza del movimento, difatti si concepiva la militanza come una dedizione totale. questa era fondata sul culto della Patria, sul cameratismo, sull’etica del combattimento e sul principio della gerarchia, valori che rifiutavano un certo tipo di razionalismo e di materialismo da sempre propugnati dalle ideologie marxiste e capitaliste, in modo particolare da quella generazione. Era pertanto un’ideologia, non solamente elaborata in teorie scritte, ma si esprimeva essenzialmente ed esteticamente, in maniera efficace e affascinante per i giovani, attraverso i riti e i simboli di uno stile politico nuovo. Il mito della giovinezza, fu sempre espresso in tutto il periodo fascista e fu tipico, sin dalla sua origine, per arrivare sino all’olocausto di tanti giovanissimi nel periodo della RSI.
Si pensi che questo giovanilismo, espresso simbolicamente in una delle canzoni più note di tutto il ventennio, “Giovinezza”, aveva portato l’età media del Direttorio del PNF, all’età di trentadue anni, cosa mai accaduta negli altri partiti, né prima nè dopo il regime fascista. Vi era, forse in forma esasperata, l’avversione verso certi avversari, considerati portatori d’ideologie sanguinarie che non avevano alcun rispetto verso i valori della tradizione e propugnavano, al contrario, disvalori quali un materialismo dissacratore, così com’erano osteggiati certi borghesi liberaloidi come dei politicanti vecchi e superati, corrotti e degenerati da certe pratiche del compromesso e del clientelismo. Chiedevano, questi giovani fascisti, una società nuova, più equilibrata nella difesa dei valori del mondo del lavoro, del rispetto dell’ordine e della gerarchia dei valori che erano stati conquistati dai giovani, nelle trincee della grande guerra con enormi sacrifici che, sia le sinistre, sia certe classi di potere avevano dissacrato negli anni del dopoguerra. I giovani, studenti e lavoratori, sentivano il bisogno di ritrovare quella luce ideale che potesse permettere loro la rinascita dei valori etici e nazionali, offuscati dalla ventata rinnegatrice che, attraverso la propaganda socialcomunista e popolare, si era abbattuta sull’Italia. Se costoro avessero prevalso, avrebbero reso vano il sacrificio di quelle seicentomila vite cadute nel primo conflitto mondiale.
Effettivamente il fascismo portò la gioventù al potere e l’Opera Nazionale Balilla, chiamata da Mussolini “La Pupilla del Regime”, fu messa in grado di portare quella rivoluzione ad una sistematica operazione che doveva portare ad un’educazione, politica, militare e di attività fisica, tutta la gioventù italiana.
Lo Sport, pertanto, venne ad assumere un ruolo fondamentale, durante tutto il periodo fascista; questo settore della vita sociale, dove l’inganno è impossibile e dove la menzogna è bandita, portò l’Italia a primeggiare nel mondo come mai era stato prima e come non è più stato, dopo quel periodo della nostra storia. L’attività fisica che era entrata timidamente nella scuola già a metà ottocento per volere del Ministro Francesco De Sanctis, era rimasta negletta e relegata negli spazi più angusti come in quelle poche e maleodoranti palestre esistenti sino agli anni venti, dove si tentatava di svolgere l’Educazione Fisica, materia sempre rifiutata, anche per lunghi anni nel secondo dopoguerra, dalla “cultura” ufficiale, sempre rimasta chiusa ad ogni apertura verso i grandi valori che porta lo sport e l’attività motoria in generale. Quest’attività, praticata secondo il metodo sportivo che il De Coubertin, rinnovatore dei Giochi Olimpici dei tempi moderni e che venne definita “pedagogia sportiva”, era già metodicamente praticata nei paesi anglosassoni e nella maggior parte degli Stati del mondo occidentale; veniva in Italia, prima del Ventennio, lasciata languire e solamente l’iniziativa di pochi, diede la possibilità di far conoscere al mondo il valore degli sportivi italiani e di alcuni splendidi atleti, quali il carpigiano Dorando Pietri, il maratoneta delle Olimpiadi di Londra del 1908 e la splendida figura del modenese Alberto Braglia considerato il più grande ginnasta del mondo, almeno sino ai tempi precedenti l’evoluzione tecnica di questa splendida disciplina, per non dimenticare il grande lottatore Giovanni Raicevich, uno dei più grandi lottatori di tutti i tempi e il maratoneta Ugo Frigerio per citarne solo alcuni.
Erano però, imprese individuali, dato che le Federazioni sportive, pur attraverso il loro generoso entusiasmo, inquadravano solamente una piccola parte della gioventù italiana.
Il merito di avere restituito all’Italia, anche nel solco della tradizione classica e risorgimentale, a tutti i giovani del nostro paese, un’educazione integrale che congiungesse la cultura del fisico con quella della mente e del cuore, intesi alla formazione globale dell’uomo e del cittadino, si deve essenzialmente al Fascismo.
Nasceva la convinzione della bellezza e dell’utilità dell’esercizio sportivo, portatore di solidarietà e di avvicinamento tra le classi sociali, oltre che elemento di solidarietà nazionale. Questo rinnovamento integrale della gioventù è forse una delle opere più meritorie del fascismo che, non solo ci portò a raggiungere primati sportivi ineguagliati, ma rimediò, in gran parte, alle tare, che ormai erano diventate ereditarie, delle generazioni giovanili che avevano preceduto quelle che andavano forgiandosi nella ricerca del miglioramento corporeo, oltre che per superare le malattie croniche della crescita degli anni bui, dal punto di vista della corporeità, dell’ottocento e dei primi anni del novecento. Ovviamente, per creare questo “nuovo italiano” al quale pensava il fascismo, non bastavano solamente i programmi, era necessario creare organizzazioni nuove, quali appunto, l’Opera Nazionale Balilla, il Dopolavoro e l’organizzazione per la maternità e l’infanzia, contemporaneamente alla costruzione degli impianti necessari, attraverso l’operazione, gigantesca, della nuova edilizia scolastica in tutti i Comuni italiani, con la creazione di campi sportivi e edifici dotati di modernissime palestre. Tra questi possiamo citare, a Modena, l’edificio della casa della GIL, una delle opere, dell’architettura razionalista del modenese, più belle e funzionali che siano state create in Italia in quegli anni e che era situata nell’attuale Viale Medaglie d’Oro esattamente di fronte alle ferrovie provinciali e che fu demolita, negli anni ’60, dall’amministrazione socialcomunista modenese, per far spazio agli orrendi palazzoni, creati a puro scopo speculativo. Non si potrà mai perdonare, alla classe politica della nostra città di quegli anni e di quelli successivi, la furia iconoclasta che ha privato Modena di una vera e propria opera d’arte di quel periodo storico.
Mussolini, da grande sportivo qual era, avendo praticato tanti sport come schermidore, cavaliere oltre che essere audace cultore degli sport motoristici, fu aviatore, motonauta, automobilista, motociclista, diede sempre grandissimo appoggio a tutto ciò che rappresentava il mondo dello sport e dell’avventura. Diede naturalmente, notevole impulso all’aviazione italiana che in quegli anni iniziava a conquistare i cieli di tutto il mondo con le memorabili traversate, come quella compiuta, in questo 1927, dal pilota De Pinedo che, a bordo del suo idrovolante, portò a compimento la “Crociera delle due Americhe”.
Vi fu, sempre in quell’anno, l’avvio della memorabile serie della corsa automobistica “Mille Miglia” che transitò, anche per Modena, il 26 Marzo, mentre, sempre in campo automobistico, fu disputato, al circuito della “Scartazza”, il 1° Gran Premio Automobilistico della città di Modena che vide la vittoria del nostro concittadino, Enzo Ferrari, alla guida di una “Alfa Romeo”.
Nello stesso tempo, un altro grande atleta modenese, Ettore Tavernari conquistava, sulla pista del nuovo stadio “Littoriale”, di Bologna il titolo di campione italiano degli ottocento metri con il tempo di 1’58”, mentre alla stessa data e sullo stesso campo si confermava, anche lui Campione italiano, un altro prestigioso atleta modenese, Armando Poggioli che, nel lancio del martello, raggiunse la misura di 46,43 metri, dopo aver conquistato anche il secondo posto nel lancio del disco; nel frattempo si era costituto a Modena, con il compito di coordinare tutta l’attività sportiva della Provincia, l’”Ente Sportivo Provinciale”.
L’ONB istituì, nel mese di Novembre del 1927, le Accademie per l’Educazione Fisica, a Roma quella maschile e ad Orvieto quella femminile, con lo scopo di formare gli insegnanti per le scuole di ogni ordine e grado onde perfezionare al meglio la cultura, scientifica, tecnica e pedagogica dei vecchi maestri di ginnastica e di coloro che avrebbero dovuto esplicare la loro attività nel campo dell’educazione giovanile. L’importanza di questo insegnamento era apparso evidente al Governo fascista, per una responsabilità, non indifferente, che veniva affidata ai nuovi insegnanti per la preparazione fisica del giovane. Furono, difatti, nella quasi totalità, i diplomati di queste nuove Accademie a costituire i quadri dell’ONB e in seguito della GIL, poiché, nella formazione di questi insegnanti si dava ampio risalto, oltre all’attività fisica in tutti i suoi sviluppi, a materie come la psicologia e la pedagogia, tendenti tutte, all’impostazione di una cultura che doveva farli diventare educatori nel senso più ampio della parola.
Nello stesso tempo fu dato grande incremento all’OND (Opera Nazionale Dopolavoro), dove, tutti i lavoratori, gradualmente, trovarono ogni sorta di ricreazione; lo sport con gare di ogni tipo, regionali e interregionali, rappresentazioni teatrali, concerti, cinema ed altre attività tese a dare loro un sereno svago.
Anche la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN) ebbe, nell’ambito del rinnovamento dell’educazione nazionale, compiti veramente impegnativi per la preparazione dei giovani che si avvicinavano ai compiti relativi alla sicurezza dello Stato, tra i quali, si possono citare quelli che appartenevano alla “Milizia della Strada”, l’attuale Polizia Stradale, dove si prepararono tanti “assi” del motore a due ruote. La Scuola Nazionale per la preparazione dei quadri di quest’importante settore della MVSN aveva sede nella nostra Mirandola.
Ugualmente, per quanto riguardava il settore dello sport agonistico di vertice, si ebbe un sostanziale rinnovamento anche nella Federazione delle Federazioni, il CONI. Già nel 1926, il Presidente del Coni, in seguito a problematiche nella Federazione Calcio, sciolse quel Consiglio direttivo, assumendo la direzione di questa come commissario, rinnovando leggi, regolamenti federali e organizzazione dei campionati, con le così chiamate “Carte di Viareggio”, dal nome della città da dove furono promulgate le nuove disposizioni. Subito dopo, nel 1927, quell’episodio diventò regola: sino allora, il compito di eleggere dal basso, attraverso un vero e proprio “mercato delle vacche”, con deleghe delle società sportive nelle mani di pochi “grandi elettori” era la norma, questo sistema fu drasticamente rivoluzionato e si stabilì per tutti, il principio della nomina dall’alto. E’ la prima riforma “fascista” in campo sportivo. Difatti lo Statuto del Coni, riconosciuto come la Federazione delle Federazioni sportive Nazionali, stabiliva che il Capo del Governo nominasse il Presidente del Coni ed anche quelli delle Federazioni Nazionali. Costoro, appena nominati dovevano a loro volta, scegliere i propri collaboratori sottoponendo le relative nomine alla ratifica del Coni e così per i vari comitati provinciali. A presiedere il Coni Nazionale furono chiamati, Augusto Turati sino al Settembre 1930 e in successione, Giuriati, Leandro Arpinati (gennaio 1932 - maggio 1933) il quale, essendo “caduto in disgrazia” con il partito, malgrado durante la sua presidenza avesse portato la squadra italiana alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932, a raggiungere la seconda posizione nel medagliere olimpico, solamente dietro allo squadrone degli Stati Uniti che era la nazione ospitante dei Giochi, il bolognese lasciò la Presidenza del Coni nelle mani di Achille Starace, Segretario del PNF, che la tenne sino al Novembre 1939.
A Modena, alla fine degli anni trenta, il Comitato Provinciale del Coni modenese aveva sede presso l'abitazione o lo studio, del Presidente stesso, dott. Mario San Donnino. In quegli anni ebbero notevole impulso, attraverso le gloriose società sportive modenesi, Fratellanza, Panaro, Modena Football Club (costituitosi nel 1912), Villa d'oro e molte altre, gli sport che hanno portato ai vertici nazionali tantissimi atleti modenesi, in discipline quali la ginnastica, il calcio, l'atletica leggera, l'automobilismo, il motociclismo, la pallacanestro, la pallavolo, ecc.
Il Coni provinciale si diede poi un maggior organico, attraverso i miglioramenti avvenuti nel settore, con la legge 426 del 16/2/42; si venne a creare così quell'organizzazione periferica che darà un grande aiuto allo sport, che è continuato negli anni a seguire, sino ai giorni nostri.
L’organizzazione dell’Opera Nazionale Balilla si andava sempre più sviluppando nel modenese, attraverso il coordinamento di Cosimo Manni che aveva in pratica raddoppiato il numero dei Balilla e degli Avanguardisti della nostra Provincia in soli due anni. Gli insegnanti elementari e delle scuole Medie, che avevano aderito entusiasticamente al fascismo, riuniti nell’ANIF (Associazione Nazionale Insegnanti Fascisti) e guidati dal prof. Italo Maffei, raggiunsero in quel periodo il numero di 1.000 iscritti all’organizzazione. Pure le sezioni dei Fasci femminili fecero un notevole balzo in avanti attraverso l’opera della Direttice provinciale, Maria Cossandi.
Anche l’OND si era oramai consolidata sul territorio, con 25 sezioni e, in quaasi tutte le aziende industriali si erano costituiti i “Circoli dopolavoristici” strutture che portavano a tutti soci notevoli vantaggi, quali, sconti ed agevolazioni, riduzioni consistenti alle varie manifestazioni che si svolgevano nel modenese ed anche sui trasporti pubblici; senza dimenticarci che quando, più avanti, furono istituiti i “Treni popolari”, i dipendenti avevano riduzioni sui viaggi sino al settanta per cento.
A tutela del regime, come abbiamo visto, era stato istituito il Tribunale Speciale: il problema della sicurezza, in particolare dopo l’attentato di Bologna, era diventato pressante ed inderogabile, ci si era resi conto che: “a mali estremi occorressero estremi rimedi”. L’avvio delle attività di questo tribunale avvenne nel mese di Febbraio, con una cerimonia solenne in contemporanea ad un processo di scarsa importanza.
Nella nostra città si mise all’opera alla fine di Novembre del 1927 e il giorno 22, furono emesse le prime condanne a carico di alcuni “sovversivi”, antifascisti resisi colpevoli di aver svolto “attività contraria al regime”. Erano quasi tutti comunisti: ne citiamo alcuni: Alfeo Corassori, che divenne nel dopoguerra Sindaco di Modena, Elio Carrarini di Campogalliano, Luigi Benedetti di Castelnuovo Rangone, Egisto Lugli di Soliera, Livio Zobbi di Modena e alcuni altri.
E’ opportuno sottolineare che, sì queste leggi speciali qualche timore lo incutevano, anche perché era prevista per i reati gravi la pena di morte, ma durante venti anni di “dittatura”, furono comminate, dal Tribunale Speciale, 42 condanne a morte, di cui eseguite 31 e quasi tutte per reati di terrorismo e di sangue compiuti da individui di etnia slava, che comportarono morti e feriti nella popolazione italiana. Per fare un confronto sarebbe necessario leggersi il “Libro nero del comunismo”, per rendersi conto di quante condanne a morte ci furono in venti anni, nell’Urss di Lenin e di Stalin, centinaia di migliaia!
Alla fine del 1927, al di là di questi avvenimenti, si era venuta a creare in Italia una crisi economica che, senza mai degenerare, era pur sempre grave; proviamo a pensare a quello che accade oggi, primi mesi del 2009, data dell’estensione di queste note, in un mondo completamente diverso da quello di allora, rispetto a quei tempi dove si doveva affrontare la crisi legata alla rivalutazione della lira che, nella sua continua ascesa aveva oltrepassato i limiti che si era posto il Governo. Si avvertiva lo spettro della disoccupazione e dei fallimenti, si prevedeva la crisi delle Banche; per l’industria, con l’aumentato costo del danaro e della mano d’opera, si prevedevano anni di “vacche magre”, il commercio era minacciato, non solo dalle speculazioni, ma anche dalla contrazione dei consumi. Il Governo insisteva a parlare di quota 90 per la lira, ma vi erano, pur sempre, all’interno dello stesso, disparità di vedute, c’era chi avrebbe voluto la stabilizzazione a quota 120-125.
Mussolini, preoccupato, più da ragioni d’ordine interno che internazionale e per tutelare al massimo i piccoli risparmiatori. Impose quella che fu chiamata: “Quota 90”. Di conseguenza, il Consiglio dei Ministri del 21 Dicembre 1927, attraverso un ritorno della moneta al “Regime Aureo”, ritenne che tale provvedimento fosse, per quel momento, “utile e ineluttabile”, e fece sì che l’Italia potesse rientrare nella sfera delle Nazioni già tornate al regime della moneta stabile e, sulla base della nuova parità aurea, fu decisa la cessazione del corso forzoso, il ritorno al regime della convertibilità in oro, corrispondente a, lire 92,46 carta per sterlina, a 19 lire carta per dollaro e a lire 3,66 carta, per lira oro. Vi fu un momento di sbandamento anche sul nostro territorio dove, in particolare per il comparto agricolo, si ebbero una serie di contraccolpi che determinarono il crollo dei prodotti, tanto che i nuovi proprietari di terra ebbero difficoltà a mantenere quello che avevano acquisito. La situazione, nel giro di alcuni mesi si ammorbidì, anche se molti ritennero che quell’operazione, pur dovuta a strette ragioni politiche, economiche e finanziarie, fosse stata troppo brusca e repentina.


ANNO 1928

Anno di grandi riforme può essere considerato il 1928, che inizia il 28 Gennaio, quando il Consiglio dei Ministri approva un disegno di legge per il rinnovamento della Camera dei Deputati e che trasformerà quell’istituzione in un’assemblea totalmente fascista, anche se, per quel tempo, con l’annullamento di tutti i partiti politici avversi al regime e con il riconoscimento giuridico delle organizzazioni economiche e produttive della Nazione, che erano alla base sindacale e corporativa dello Stato, si riteneva che questo primo passo fosse provvisorio. Fu stabilito che il numero dei deputati da cinquecentosessanta, quanti erano, dovesse essere ridotto al numero di quattrocento e i candidati al Parlamento sarebbero stati proposti dal Gran Consiglio attraverso una lista dove erano indicati i nominativi dei rappresentanti delle organizzazioni dei datori del lavoro e dei lavoratori. In tutta Italia si sarebbe poi formato un collegio unico nazionale, attraverso la presentazione di un numero doppio dei concorrenti ai 400 posti della Camera, il Gran Consiglio avrebbe poi scelto, dall’elenco, ma anche fuori di quello, per scegliere delle persone illustri nelle scienze, nelle lettere, nelle arti e nella politica.
Il voto si sarebbe espresso con un sì o con un nò. Conclusa la votazione si sarebbe fatta la somma dei voti: se la metà più uno fosse stato favorevole, la lista sarebbe stata approvata; nel caso contrario si sarebbero dovute indire nuove elezioni. Naturalmente questa nuova legge non dava ancora la possibilità di intravedere lo Stato Corporativo, al quale si auspicava, poiché le Corporazioni fino allora non esistevano e si sarebbe dovuto attendere del tempo per la loro elaborazione da parte dei Sindacati. Era un compromesso, anche se, nel legislatore fascista vi era la convinzione che la nuova Camera sarebbe stata una sintesi organica a beneficio del Paese. Erano le basi di quel Plebiscito che sarebbe stato indetto nel mese di Marzo dell’anno successivo. La Legge fu varata alla Camera il 16 Marzo 1928, e il solo Giolitti diede il voto contrario. Al Senato si mantenne più o meno la situazione precedente, in quanto era, da poco tempo, stato approvato uno schema di legge per la trasformazione dell’alto consesso, dato che una parte dei Senatori avrebbe continuato ad essere nominata dal Re su proposta del Capo del Governo e l’altra sarebbe stata eletta a rappresentare quegli interessi della produzione e del lavoro che in quel momento passavano alla nuova Camera.
Altra riforma di grande importanza per quei tempi fu quella della trasformazione del Gran Consiglio del Fascismo in organo costituzionale con funzioni puramente consultive. Esso doveva esprimere pareri sulle questioni istituzionali, quali proposte di legge relative alla successione al Trono, l’ordinamento sindacale e corporativo, la composizione e il funzionamento del Gran Consiglio, oltre a tante altre funzioni. In un primo tempo, i membri del Consiglio, erano in numero di cinquantasei che furono ridotti della metà, dallo stesso Mussolini che s’accorse del numero eccessivo per un’istituzione che doveva deliberare in segreto. Istituzione che, paradossalmente, il 25 Luglio 1943, affossò lo stesso Fascismo.
Durante il mese d’Aprile del 1928 fu emanato un decreto legge che proibiva a qualsiasi organizzazione, che non fosse l’Opera Nazionale Balilla, di operare per l’educazione della gioventù. Non si ammetteva alcun’ingerenza, nemmeno dalla Chiesa, in quel delicato settore, pur riconoscendo alla stessa il diritto di impartire l’educazione religiosa attraverso il solo insegnamento della dottrina cattolica, ma non si doveva andare oltre, fuori del campo religioso l’educazione dei giovani era affidata allo Stato.
In quel periodo si stavano svolgendo trattative segrete tra il Vaticano e il Governo italiano per la preparazione del Concordato tra Stato e Chiesa, che verrà stipulato nel Febbraio 1929, ma in quel momento quel progetto di legge andò ad incrinare i rapporti e lo stesso Pontefice ebbe una reazione decisa, ma Mussolini rimase irremovibile nel suo principio di non lasciare nelle mani di altri l’educazione dei giovani italiani.
Il Consiglio dei Ministri, nel mese di Luglio, annunciò che si stava preparando un disegno di legge, presentato poi alla Camera nel mese d’Ottobre, per l’impostazione di una delle più imponenti opere del Regime Fascista, la bonifica integrale delle zone paludose e malsane del territorio italiano. Si trattava di un piano che avrebbe dovuto, come in realtà avvenne, trasformare delle vastissime zone che erano, sino a quei giorni, il regno del fango, della malaria e della più nera miseria, in borgate e centri operosi e fiorenti. La bonifica delle Paludi Pontine e di altre zone d’Italia, con la costruzione di nuove città e di nuovi borghi rurali, era un piano gigantesco, ciclopico, che si realizzò nell’arco di tempo di pochissimi anni. Dalla valle del Po’, con le bonifiche di Cremona, della Parmigiana-Moglia, della Burana, di Bassano, del Friuli, di Ferrara e di Ravenna, dalla zona di Lentini in Sicilia a quella di Torralba in Sardegna e ancora in altre zone era tutta un operazione di, canali d’irrigazione, di strade, sistemazione dei terreni, di opere di edilizia con quella nuovissima architettura razionalista o fascista, per decenni vituperata, dopo la fine del fascismo, ma in questi ultimi tempi riscoperta e osannata come una delle forme d’arte più significative di tutto il ventesimo secolo. Anche le zone della bassa modenese, con la Parmigiana Moglia e la bonifica di Burana, ebbero a beneficiare di quel ciclopico progetto che proiettò l’opera del lavoro italiano in tutto il modo come uno dei più proficui e sistematici che si potesse programmare, in quei tempi, a beneficio del proprio paese.
Queste grandi opere riuscirono a dare un lavoro quotidiano a migliaia e migliaia di operai, e in seguito a centinaia di migliaia di lavoratori della terra. Contemporaneamente veniva dato un grandissimo incremento all’edilizia scolastica, con la creazione di numerosissime nuove scuole in tutti i comuni italiani, sempre impostate con il nuovo stile architettonico, che andava a sostituire il vecchio stile napoleonico dell’ottocento con cui, sino ad allora, si costruivano gli edifici scolastici. In tutti i Comuni del modenese si crearono queste nuove strutture, scuole, case del fascio, edifici comunali, nuovi ospedali, case popolari, edifici e spazi per lo sport, insomma l’Italia tutta era diventata un enorme cantiere.
Alle Piane di Mocogno, fu inaugurata la nuova caserma Mussolini e inoltre si creò un centro per gli sport invernali con i primi campi di sci che già cominciavano a riempirsi dei primi appassionati del “telemark”, la tecnica di allora per scendere dai pendii innevati.
In città proseguirono i lavori per la definitiva sistemazione del Parco delle Rimembranze, furono ripuliti e risestimati i canali alla periferia di Modena, vi fu l’ampliamento del cimitero monumentale di San Cataldo, oltre alla costruzione della nuova scuola elementare ai Mulini Nuovi e del nuovo macello comunale.
Ad incrinare quel 1928, così ricco di novità e di attività positive, furono, in particolare, due episodi. Il primo fu l’attentato al Re Vittorio Emanuele a Milano il 12 Aprile. All’ingresso della Fiera di Milano, che doveva essere visitata dal monarca, fu posta, alla base di un fanale elettrico, una bomba ad alto potenziale che esplose provocando una strage tra il pubblico presente e i soldati schierati in attesa del passaggio del Sovrano che si salvò in seguito allo spostamento d’orario della cerimonia e, nonostante le intense ricerche della polizia, sia nell’immediato sia in seguito, non furono mai scoperti gli autori di quel gesto criminale.
L’altro episodio che scosse notevolmente l’opinione pubblica italiana e mondiale fu quello del volo al Polo Nord del dirigibile “Italia”, guidato dal generale Nobile, che suscitò, anche nei tempi successivi, enormi polemiche. Il 24 Maggio il dirigibile italiano, compiendo una memorabile traversata, giunse al Polo Nord lasciandovi cadere sopra la bandiera tricolore, quando la notizia arrivò in Italia vi fù un primo momento di grande giubilo che svanì poco dopo dato che il dirigibile, al ritorno, fu investito da una violentissima bufera e dalla tempesta polare che lo fece precipitare. Vi fu una mobilitazione internazionale per i soccorsi e per il recupero dei sette uomini dell’equipaggio, con la morte anche di alcuni tra i soccorritori stranieri. Il fatto destò enorme scalpore in tutto il mondo. Mussolini nominò una commissione d’inchiesta che rilevò gravi difetti nel dirigibile, inoltre il Nobile fu accusato, e la cosa colpì notevolmente l’opinione pubblica, di essere riuscito a salvarsi per primo. Una legge, non scritta, ma sacra in tutto il mondo ha sempre sostenuto che il capitano dovesse essere sempre l’ultimo a lasciare la nave che affonda, o affondare con lei.
La politica coloniale italiana fu continuata dal Governo fascista, pur attraverso mille difficoltà, in quelle terre d’oltremare come la Libia, la Somalia e l’Eritrea, che negli anni, del fine ottocento e primi del novecento, i governi liberali avevano conquistato, creando così il colonialismo italiano, su queste terre rappresentavano lo Stato Italiano, i “Governatori”.
A Governare la Somalia fu chiamato, nel mese di Giugno del 1928, il modenese Guido Corni, che era stato Federale del Fascio locale dal 1923 al 1927, ed era figlio del noto industriale Fermo Corni. Lasciò, in quelle terre, durante gli anni del suo potere un buonissimo ricordo avendo egli grandi capacità organizzative e imprenditoriali, abbandonò quella carica nel 1931.
Assieme alle grandi opere di bonifica fu lanciata, in quel periodo, la “Battaglia del Grano”; fu questa, una delle prime campagne di massa del fascismo che coinvolse e mobilitò ampie fasce del mondo rurale che sino allora erano rimaste nel guscio di un’economia chiusa ad uso familiare. L’operazione fu condotta anche per cercare di frenare l’abbandonao delle terre da parte dei contadini che, con l’industrializzazione, iniziavano la loro corsa di avvicinamento alle città. Furono create nuove strutture anche in questo settore con l’incremento di case rurali, appoderamenti, strade e con tutte quelle operazioni tendenti al miglioramento del tenore di vita dei lavoratori dei campi da sempre, prima dell’avvento del fascismo, supersfruttati e malpagati.
Lo sport nella nostra città era sempre molto seguito e l’allora pilota Enzo Ferrari vinse anche il secondo Gran Premio cittadino alla media di 121,42 chilometri orari alla guida di un Alfa Romeo, mentre la squadra del Modena F.C. ebbe la soddisfazione di battere la sua grande rivale, la più blasonata squadra di calcio del Bologna. Il Giro d’Italia fece tappa a Modena, dove vinse la frazione Pistoia-Modena, in volata su Alfredo Binda, Piemontesi, mentre il capigiano Allegro Grandi vinse il campionato mondiale per ciclisti dilettanti.
Il tema sindacale fu, fin dagli inizi, un argomento molto sentito dagli uomini del Fascismo modenese. Già nelle prime riunioni di quel movimento, come in quella del 26 Marzo 1921, il problema della classe operaia fu ampiamente dibattuto. Il fascismo avrebbe dovuto cercare, come in realtà fece, di portare alle masse lavoratrici tutte le motivazioni possibili, onde dar loro migliori condizioni di vita e maggiori retribuzioni, attraverso una collaborazione stretta tra, “il lavoro del braccio, il lavoro della mente e il capitale”; tra gli uomini più attivi, in quel periodo d’inizio del sindacalismo fascista, troviamo il modenese Renato Bussatori, che guidava i sindacati economici locali.
La nascita ufficiale dei Sindacati Fascisti in Italia avvenne il 24 e 25 Gennaio 1922 a Bologna, dove vi fu l’accorpamento nella Confederazione Nazionale delle Corporazioni. A Modena, il 9 Marzo 1922, si tenne un Congresso con la nomina, a Segretario provinciale, del ferrarese Livio Livi, che si trovò come suoi collaboratori, Ugo Righi e Ferruccio Favini.; nella successiva riunione furono nominati gli altri membri del Consiglio.
Immediatamente dopo la Marcia su Roma fu convocato, a Carpi presso il Teatro Comunale, il primo Congresso Provinciale dei Sindacati Nazionali., al quale intervenne anche il Segretario Generale, Edmondo Rossoni, mentre nel modenese la segreteria del sindacato era tenuta da Ugo Barni che, in quella circostanza tenne una lunga relazione.
Negli anni successivi la carica di Segretario Provinciale dei Sindacati Nazionali passò nelle mani di Vincenzo Lai, di origine sarda, ex combattente, ex legionario fiumano e figura di notevole spessore del fascismo modenese, che si scontrò, spesso e volentieri, con le classi padronali, in particolare con molti agrari e industriali. Il Sindacalismo fascista ebbe, obiettivamente, qualche difficoltà iniziale a sfondare in alcuni Comuni del modenese, ma, già nel 1925 moltissimi erano i lavoratori iscritti e in molte località, come nel mirandolese, vi fu una partecipazione massiccia ai sindacati nazionali.
Il terzo Congresso provinciale fu tenuto a Modena l’11 Aprile 1926, presso il Teatro Comunale, presente il Segretario Generale Edmondo Rossoni e, nel pomeriggio, presso la sede della Società “Panaro”, nella vicina Via Fonteraso, proseguirono i lavori con la presenza totale dei rappresentanti di tutti Comuni della Provincia. Nell’intervento del mattino, Rossoni ricordò ai presenti di volere:

“La fascistizzazione vera degli agricoltori e non delle mezze coscienze che accettavano Mussolini restauratore dell’ordine, ma non volevano Mussolini”

Vi fu, spesso stato di conflitto, specialmente tra il sindacato degli agricoltori e i proprietari terrieri che erano restii a cedere su qualsiasi punto di conflitto, non volendo capire che i tempi erano notevolmente cambiati rispetto alle posizioni preminenti ed arroganti, solamente di qualche anno addietro; frequentemente ci furono scontri accesi tra i sindacalisti e il Presidente della Federazione degli agricoltori, Claudio Bruini. Questi arrivò a dimettersi dall’incarico e l’assemblea della Federazione agricoltori, nominò un commissario straordinario nella figura di un altro grosso proprietario terriero, l’avvocato Guido Sandonnino. In seguito, il 27 Febbraio 1923, dopo che l’avvocato diventò Podestà di Modena, quella carica fu rilevata, da un altro proprietario terriero, l’avv. Salesio Schiavi, nativo di Cortile di Carpi, notevole personaggio del fascismo modenese, fu anche Sindaco di Carpi sino a poco tempo prima di quella data.
Meno conflittuali, se così ci possiamo esprimere, furono i rapporti tra i sindacati fascisti e la Federazione degli Industriali, merito anche del Patto firmato a Palazzo Vidoni, il 2 Ottobre 1925, tra le due parti, poiché si riconosceva ai sindacati fascisti

“la rappresentanza esclusiva delle maestranze locali”.

L’Unione degli industriali o Federazione Fascista degli industriali, si formalizzò il 13 Gennaio 1926, con la presenza del Segretario Generale Gino Olivetti e del Presidente locale, Luigi Ferrari.
Anche tra la Federazione dei commercianti e i sindacati fascisti, sono sorte spesso diatribe di un certo peso, ma in minor misura rispetto alle altre confederazioni padronali; provvedimenti furono presi, in accordo con le altre istituzioni, nel mese di Maggio del 1927, per cercare di abbassare il costo della vita, anche in seguito all’operazione “quota 90”. Va rilevato che in quei giorni si trovavano iscritti alla Federazione commercianti, ben 6.840 esercizi, che aumenteranno notevolmente negli anni successivi. Si porta anche un esempio del com’era effettuata l’assistenza, da parte dei sindacati fascisti nei casi di conflittualità tra proprietari e inquilini: in un’udienza del 30 Luglio di quell’anno, l’affittuario di un appartamento di Rua Pioppa, composto da tre camere e cucina e dove versava un affitto annuo di 1.800 lire, se lo vide ridurre attraverso quell’intervento, a lire 850.
Vincenzo Lai mantenne la carica di Segretario Generale dei Sindacati Nazionali modenesi sino al 1932, al momento in cui fu nominato Federale della Federazione provinciale; gli successe Ampelio Pattini, un ex sindacalista rivoluzionario, originario della Provincia di Parma.

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IMMAGINI

Casa del Fascio Duilio Sinigaglia - Via Emilia Est Gruppo rionale G.Gallini in Via Piave
Il Gruppo rionale Gallini in una cartolina del tempo Gerarchi Fascisti a Modena
caserma Mussolini in Viale Tassoni Balilla sul Monte Cimone
Classe seconda elementare Cortile per esercitazioni dell'Accademia Militare
   
   
   
   
   
   
   
   

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