GUERRA CIVILE NEL MODENESE
Otto
Settembre 1943 MERCOLEDI
8 SETTEMBRE 1943 Ore
9,45: la radio italiana trasmette su tutto il territorio nazionale, il
comunicato del Maresciallo Pietro Badoglio, registrato alcune ore prima: "il
Governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari
lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di
risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto
l'armistizio al Generale Eisenhower, Comandante in capo delle forze
anglosassoni. La richiesta è stata accettata. Conseguentemente, ogni
atto di ostilità' contro le forze anglo-americane deve cessare da parte
delle forze italiane, in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali
attacchi da qualsiasi parte provenienti.” In
precedenza, al mattino, il Re Vittorio Emanuele III° in occasione di un
colloquio con l'ambasciatore tedesco a Roma, Rahn, aveva dichiarato: "L'Italia
non capitolerà mai, lotterà fino alla fine accanto alla
Germania". Subito
dopo questa dichiarazione aveva inizio l’ignominiosa fuga verso
Brindisi per andare a mettersi sotto la protezione degli
anglo-americani. Questi,
in sintesi, gli aspetti fondamentali di quella giornata che avrà così
nefaste conseguenze per la storia italica. A
Modena, come nel resto del territorio patrio, si pensava che la guerra
fosse finita e si ebbe un brevissimo momento di euforia; ma subito iniziò
lo sbandamento dei reparti militari e la fuga generale. In un tempo
brevissimo le nostre Forze Armate si sfasciarono. Tutta la popolazione
ebbe immediatamente il sentore che si sarebbe andati incontro ad
avvenimenti ancor più gravi e che la fine della guerra rimaneva una
pura illusione. Hanno
così inizio i giorni dell'odio. L'Italia si era trasformata in tempo
brevissimo nella classica terra di nessuno; le truppe straniere
occupavano a Nord e a Sud l'intero territorio. Chi doveva dunque
assumersi le responsabilità di salvaguardare la vita e gli interessi
delle inermi popolazioni, delle nostre fabbriche e delle nostre opere
d'arte? Repubblica
Sociale Italiana, Governo del Sud, Comitati di Liberazione nazionale,
cercarono, ciascuno con i propri ideali e ovviamente per i propri
interessi, di arginare, laddove era possibile, la prepotenza dello
straniero americano, inglese o tedesco. Purtroppo,
per vari motivi, anche i più abbietti e avremo modo di documentarlo
durante lo svolgimento di questa ricerca in territorio modenese, fu uno
scontro interno tra fratelli; gli orrori della guerra civile raggiunsero
in quei tremendi seicento giorni, ed ancor più al termine della guerra
stessa, aspetti tali da far cancellare i ricordi della Rivoluzione
Francese e della guerra civile spagnola. Quella
di Modena fu una delle Provincie Italiane che più ebbe a subire la
tragedia. Compito di questa ricerca è il tentativo di colmare una
lacuna; vorremmo ricordare tutti i caduti, o almeno di coloro i quali se
n’è avuta conoscenza, attraverso documenti e testimonianze, della
loro morte violenta, dato che immolarono la loro esistenza solamente per
il motivo di essersi schierati con la parte soccombente e che sono stati
sino ad oggi quasi totalmente dimenticati, se non criminalizzati. E'
stato fatto credere, attraverso un vero e proprio bombardamento
psicologico delle masse e purtroppo continua in Italia ancora oggi
nonostante il crollo definitivo del comunismo, il maggior responsabile
dei massacri, che coloro i quali affrontarono il rischio di una
battaglia, in parte - o quasi totalmente - compromessa, fossero tutti
dei delinquenti e dei criminali. La
storiografia antifascista si è sempre lasciata prendere la mano dal
celebrazionismo manicheista, trascurando la vera ricerca storica, con
valutazioni apologetiche di questo tipo: Nel
modenese la resistenza all'invasore tedesco ed al Fascismo è stato
spontaneo e generoso impulso di popolo, che si sviluppò in movimento
organizzato armato di liberazione con la mobilitazione progressiva di
strati sempre più vasti della popolazione. (1) Quanto
corrispondono al vero simili affermazioni? Al momento ci sembra
sufficiente rilevare, seppure a tanta distanza di tempo e a denti
stretti, ciò che la stessa componente antifascista è costretta ad
ammettere, anche se, gattopardescamente, come nelle ultime vicende
scoperte dagli stessi "rossi" a Reggio Emilia o come certi
episodi delle fosse di Prignano o di San Possidonio, nella nostra
Provincia, non tutto è messo in luce, oppure si continua ad insabbiare,
dietro l'ipocrisia del troppo tempo trascorso da quei tremendi giorni. L'eccessiva
demagogia con cui si è voluto far credere che subito dopo la caduta del
fascismo, al 25 Luglio, tutti diventarono antifascisti è un ritornello
ormai desueto che ha stancato l'opinione pubblica e la verità anche se
molto lentamente comincia a farsi strada; anche nelle pubblicazioni
dichiaratamente comuniste qualche concetto più obiettivo riesce ad
emergere:
..Ci
lascia fortemente dubbiosi l'oleografia, allettante e suggestiva se si
vuole, che improvvisamente dopo l’8 Settembre di colpo e quasi per
folgorazione divina, tutti o la grande maggioranza degli italiani
avessero aperto gli occhi e fossero accorsi ad impugnare le armi per
battersi contro lo straniero e i fascisti (come dice P. Secchia ne
"il Partito Comunista Italiano"); come è suggestiva l'ipotesi
che i maggiori promotori o spontanei esecutori delle azioni di recupero
delle armi fossero proprio quei dirigenti cattolici, fra i quali, ancora
nell'inverno 1943 era prevalente l'opinione dell’inopportunità della
lotta armata e del dovere di dedicarsi esclusivamente all'attività
assistenziale in favore delle vittime della lotta". (2) Ma
oltre che di suggestione, possiamo ben parlare di deformazione della
realtà storica. Emergono, inoltre, i contrasti a volte violentissimi
per accaparrarsi i diritti di primogenitura della guerra civile, che si
tenta di conquistare attraverso memorie ormai obsolete ed attraverso
elaborazioni di alchimia letteraria. I
giovani hanno sete di verità, i miti si sono ormai logorati e si sente
il bisogno di chiarezza e di obbiettività; si tratta di rivisitare
tutto il periodo 43-45, senza apologie di parte, con realismo e
attraverso l'analisi dei fatti e non delle ideologie, siano esse
fasciste o comuniste, in modo da spezzare, e sarebbe ora, quella spirale
dell'odio che ancora oggi aleggia nelle celebrazioni resistenziali e che
non dimentichi le qualità dei vinti. A
Modena subito dopo l'8 Settembre, da parte antifascista non si riuscì
ad organizzare la benché minima resistenza, ne di tipo popolare né
limitata a poche squadre di uomini decisi, come avverrà invece in tempi
successivi, quando i fuoriusciti al servizio delle potenze
capital-marxiste rientrarono in Italia ed arrivarono i quattrini per
fomentare, con questi personaggi, tutti i meccanismi necessari a portare
il Paese alla guerra civile. (3) Nel
marasma che seguì quel drammatico giorno si ebbero, in tutta la
Provincia modenese, una serie di violenze dettate più dalla paura delle
masse di restare senza cibo, che delle sommosse vere e proprie contro
"l'invasore tedesco"; si verificarono assalti a negozi,
magazzini di generi alimentari, ammassi del grano, furti di vario genere
ed alcuni scontri e vendette personali. (4) Gli
incidenti più gravi a Carpi e a Sassuolo; in quest'ultima località vi
fu un tentativo di resistenza ai tedeschi da parte di un gruppo di
militari che si trovavano nel Palazzo Ducale. (5) In
questo primo periodo di completo sbando delle istituzioni e di caos
incontrollato spiccano nel modenese due episodi; il primo è la fuga dei
prigionieri angloamericani e italiani rinchiusi nel campo di
concentramento della Cittadella ed il secondo è quello dell'abbandono
delle armi da parte degli allievi dell'Accademia Militare sull'Appennino
modenese. Come
si è visto, le truppe naziste avevano occupato Modena e la sua
Provincia in un tempo brevissimo senza trovare difese degne di nota, a
parte lo sporadico caso di Sassuolo: Molti
prigionieri italiani furono pertanto concentrati nel campo di raccolta
assieme ad altri prigionieri angloamericani; due giovani modenesi, tali
Lella Malavolti e Luciano Bonacini, a conoscenza di passaggi attraverso
le fognature, riuscirono ad indicare la strada della fuga a molti
militari che poterono così sfuggire dalle mani tedesche e darsi alla
macchia e moltissimi riuscirono a raggiungere le loro case. (6) Molti
militari stranieri saranno poi man mano ripresi e in seguito, con
l'emanazione di leggi speciali circa l'aiuto prestato a militari nemici,
molti modenesi saranno perseguiti dai tedeschi e dai fascisti. (7) Il
secondo episodio fu lo sbandamento dei 1200 uomini dell'Accademia
Militare che si trovavano in quei giorni al campo estivo delle Piane di
Mocogno. La sera del 9 Settembre il Comandante, Colonnello Giovanni
Duca, nei pressi di Montespino di Monchio, rese liberi gli allievi
ufficiali che, dopo aver nascosto frettolosamente armi e munizioni, si
sparsero nelle varie direzioni per cercare di raggiungere i propri
luoghi di provenienza. Certamente, in un tempo immediatamente successivo
e appena la notizia si sparse, quelle armi fecero gola a molti e chi per
primo se ne impossessò e in quali quantitativi non è ben chiaro.
Indubbiamente i primi gruppi armati di partigiani si attestarono proprio
in quelle zone, proprio in funzione della possibilità di reperire con
molta facilità armi e munizioni, e poi anche tedeschi e fascisti si
misero alla ricerca di quello che poteva essere rimasto della cospicua
dotazione di materiale bellico che si era sparsa per mille rivoli; è
indubbio che quel fatto fu una delle prime cause, se non la causa
principale, a creare la tragica spirale di uccisioni e di rappresaglie ,
poiché oltre a quei pochi partigiani ideologicamente convinti e che
presero le armi per combattere i tedeschi, vi furono moltissime bande di
delinquenti comuni che poterono così ben armarsi ed approfittare della
situazione di caos, mescolandosi spesso alle azioni di
approvvigionamento mascherandosi da partigiani e difatti fu quella la
zona che per prima ebbe a subire le violenze delle formazioni partigiane
o di coloro che si facevano passare per tali e le ritorsioni dei
tedeschi e dei fascisti con azioni di guerriglia e di rappresaglia che
culminò nel feroce rastrellamento di Monchio, Susano e Costrignano dove
si ebbero oltre 130 caduti tra la popolazione civile. (8) Molte
versioni sono state date, dalla letteratura resistenziale, sullo
sbandamento degli allievi accademisti e su quello che successe in
seguito; secondo una versione di parte fascista (9), il Comandante
dell'Accademia Militare fu il primo, tra i militari, che cercò di
creare dei gruppi omogenei da contrapporre ai tedeschi, organizzando,
dopo il "tutti a casa", un gruppo di ufficiali rimasti fedeli
al Re, riuscendo a mettersi in contatto con le truppe angloamericane. In
seguito però, questa formazione dichiaratamente anticomunista venne
invisa da quella parte del CLN che stava preparando la lotta
terroristica e di conseguenza dava fastidio a tale strategia; pertanto
finì che ai primi di Febbraio del "44, una delazione rimasta
anonima, svelò ai tedeschi l'attività del Colonnello Duca e gli
spostamenti che faceva per trasmettere notizie agli angloamericani per
mezzo di una radio installata a bordo di un automobile. Il Colonnello fu
catturato ed il suo gruppo completamente annientato; il Colonnello Duca,
in seguito, morì in un campo di concentramento tedesco. (10) Diverse
sono le interpretazioni di parte comunista ed antifascista in genere
che, ovviamente, non ammettono la possibilità della delazione
rifiutando anche la tesi della costituzione di gruppuscoli del
Colonnello, che avrebbe partecipato sì alla lotta partigiana, ma non in
quella forma (11) Disorganizzazione
dunque da parte antifascista, ma altrettanto possiamo dire per quei
primissimi giorni, delle file fasciste. Sia per gli uni sia per gli
altri il trovarsi di fronte a fatti così imprevisti e drammatici lasciò
poco tempo alla riflessione ed alla possibilità di intraprendere vie
logiche e ragionate. Per
i fascisti la situazione era oltremodo difficile; Mussolini prigioniero
al Gran Sasso, moltissimi gerarchi arrestati ed ancora in carcere,
Ettore Muti assassinato dai sicari di Badoglio e le stesse Federazioni
occupate dalle truppe badogliane. Esistevano,
al momento della capitolazione, ancora perfettamente organizzati i
reparti della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (diventò
poi, durante il periodo della RSI, Guardia Nazionale Repubblicana - GNR),
che malgrado il crollo del Regime e lo scioglimento del Partito
Fascista, non furono toccati dal Governo Badoglio per non creare
situazioni spiacevoli. Erano all'incirca centotrentamila uomini,
compresi 45 battaglioni d'assalto dislocati nelle zone d'occupazione e
su svariati fronti quali, il russo, il francese, nei Balcani, e
nell'Egeo; oltre a quelli mobilitati nei reparti delle Milizie speciali
quali, la stradale, forestale, confinaria, portuale ecc. Nei
riguardi di questa consistente forza, il Maresciallo Badoglio aveva
attuato una politica di riconoscimento formale e il richiamo al senso
del dovere e particolarmente la dichiarazione che la guerra sarebbe
continuata al fianco della Germania, ebbero indubbiamente il potere di
non creare allarmismi e ribellioni all'interno del Corpo. All'8
Settembre questi uomini non ebbero esitazioni e malgrado il proclama
dell'armistizio si schierarono a fianco dei tedeschi, così come molti
altri reparti non accettarono la resa firmata dal Re Vittorio Emanuele. I
fascisti iniziarono immediatamente, dopo quel giorno, a reagire alla
nuova situazione ancor prima della liberazione di Mussolini, aprendo
nuovamente le sedi di Partito che erano state chiuse il 25 Luglio. La
prima fu quella di Bologna; il giorno 9 Settembre furono liberati dalle
carceri, dove erano stati rinchiusi per il periodo badogliano, molti
fascisti tra i quali il modenese Franz Pagliani e alle 10,30 la
Federazione Bolognese era di nuovo in mano alla "Decima Legio"
(12) Ma
nell'esercito lo sbandamento fu pressoché totale; a prescindere da
pochi casi isolati, la maggioranza dei reparti italiani si sciolse come
neve al sole e la parola d'ordine fu, in quel drammatico giorno :
"Tutti a casa". Del
come siamo stati trattati, in seguito, dagli "alleati" è
ormai risaputo; poco prima della diffusione del discorso del Maresciallo
Badoglio, dalle stazioni radio angloamericane, veniva trasmessa una
dichiarazione letta dal Generale Eisenhower, del seguente tenore: "L'esercito
italiano ha capitolato senza condizioni. Ho concesso un armistizio le
cui condizioni sono state approvate dalla Gran Bretagna, dagli Stati
Uniti e dalla Unione Sovietica: ho pertanto agito nell'interesse delle
Nazioni Unite. Il Governo Italiano ha dichiarato di sottomettersi a
queste condizioni senza riserve. L'armistizio entra subito in vigore.
Tutti gli italiani che coopereranno ad allontanare l'aggressore tedesco
dal territorio italiano otterranno l'aiuto delle Nazioni Unite."
(13) Così
venne gettato il seme della guerra civile che doveva dare a breve
rigogliosi frutti; con cinica determinazione, per il raggiungimento dei
loro fini, le nazioni "alleate" fecero tutto il possibile
affinché la lotta fratricida si scatenasse con tutta la virulenza
possibile. A
tradimento consumato non era assolutamente pensabile che le forze
tedesche, così numerose sul territorio italiano, si ritirassero in
tutta tranquillità al di là del confine alpino, anche se da un punto
di vista militare ed alla luce degli avvenimenti successivi sarebbe
forse stata una mossa strategicamente più utile per l'esercito
germanico. Difatti
la prima dichiarazione dell’ambasciatore tedesco in Italia, Rahn, alle
ore 19 dopo che il Ministro degli Esteri, Guariglia (14) gli aveva
comunicato che il Maresciallo Badoglio aveva chiesto l'armistizio, fa
presagire cosa succederà: "Io
non accuso il popolo italiano, ma coloro che hanno tradito il suo onore
e dico a voi che il tradimento resterà come un carico pesante sulla
storia d'Italia. Il vostro Re mi ha detto ancora stamane che l'Italia
continuerebbe la lotta, fedele alla parola data a fianco alla Germania.
Ora si vede cosa vale la parola del Re e del Maresciallo Badoglio."
(15) Che
si sia trattato di vero e proprio tradimento non vi è ormai alcun
dubbio. Molti storici frettolosi e troppo interessati ad incensare i
nuovi padroni, hanno cercato di trarre in inganno l'opinione pubblica
cercando di dare attestati di benemerenza all'operato di Badoglio ed
alla Monarchia; ma con il passare degli anni, alla luce di studi più
accurati e sereni, tutti gli storici successivi , anche di parte
antifascista, sono concordi nel valutare l'armistizio di Cassibile come
uno dei tradimenti più infami della storia dei popoli. (16) A
Modena, la situazione precipitò immediatamente. Gli edifici più
importanti vennero subito occupati dalle truppe tedesche; carri armati
vennero messi a presidiare le caserme da dove uscivano incolonnati i
nostri soldati che non avevano ancora preso l'iniziativa della fuga e
portati in campo di concentramento. La
popolazione tutta, laddove poteva intervenire, ha aiutato i militari
sbandati o prigionieri, con cibo, generi di abbigliamento e con tutta la
solidarietà possibile , attraverso atti umanitari dei quali la storia
resistenziale non può assolutamente appropriarsene i meriti poiché fu
uno slancio collettivo di tutti gli italiani e per primi i fascisti, che
capirono immediatamente quale immenso dramma si stava svolgendo sotto i
loro occhi. Tanto meno va’ visto, questo slancio umanitario (17), come
un sentimento di avversione nei confronti dei tedeschi che, in verità,
sino al giorno prima erano nostri alleati. Anzi furono moltissimi i
militari che al primo accenno di ricostruzione dello Stato sotto le
bandiere della RSI, corsero ad arruolarsi per combattere ancora a fianco
dei tedeschi con i quali avevano lottato su tanti fronti e non potevano
accettare che da un giorno all'altro l'alleato potesse trasformarsi in
nemico e viceversa; avremo modo di vedere come e in quali percentuali
questi uomini non accettarono il tradimento monarchico e badogliano. A
parte l'oleografia del tempo, che faceva vedere il combattente italiano
e tedesco accomunati in un unico sforzo o le canzoni propagandistiche
dove il camerata tedesco era considerato come un fratello è pur vero
che sulle trincee di Libia, Grecia e Russia, si crearono vincoli di
amicizia e solidarietà che, malgrado tutto, rimasero nel tempo al di
sopra di ogni valutazione ideologica o politica, come dei veri e propri
rapporti tra uomini. (18) La
maggioranza dei giovani sentiva, a prescindere dall'indottrinamento
precedentemente avuto dal Regime Fascista, che quel tradimento non
sarebbe stato cancellato dalla storia se non a prezzo di grossi
sacrifici. Tutta la Nazione subiva quell'onta infamante e, sdegno,
rabbia, impotenza si accavallavano in una ridda di sentimenti e di
ribellione tali da lasciare molti perplessi ed indecisi, ma anche a far
prendere posizione a tanti altri. L'adesione
dei giovani alla Repubblica Sociale Italiana fu pertanto un fatto
spontaneo e naturale per moltissimi, fu la continuità di una tradizione
e di un’idea, che forse negli ultimi tempi del Fascismo si era
affievolita, ma che la necessità immediata e contingente di una scelta
chiara e definitiva portava rapidamente al raggiungimento di una maturità
politica ed ideologica ancor più evidente e determinata di quella del
periodo precedente. Cioè, e nella misura in cui il Fascismo, prima
della guerra e nei primi tempi delle operazioni vittoriose sui vari
fronti, non creava nelle popolazioni crisi di rigetto o particolari
esami di coscienza, dopo lo choc del 25 Luglio e l'attesa momentanea dei
45 giorni badogliani, (che vanno visti non come una mancanza di volontà
da parte dei fascisti di difendere la propria identità, ma come la
dignitosa partecipazione alla guerra che ancora continuava a fianco
dell'alleato tedesco per il bene supremo della Patria), l'uomo della
strada venne messo improvvisamente di fronte ad un dilemma difficilmente
risolvibile. Qualsiasi
iniziativa presa in quel periodo (i quarantacinque giorni badogliani),
sarebbe stata altrettanto nociva e forse tragica (19); ma , liberato
dalle precedenti remore e dalle presenze , condizionanti nella cultura
dell'epoca, cattoliche, massoniche e capitaliste, ecco che il Fascismo
rinasce, con tutto il suo spirito rivoluzionario, rigenerato e pieno di
promesse. (20) E'
questa presa di coscienza dei giovani ed in parte dei vecchi fascisti
che servirà in larga o minor misura a mettere un freno alla tracotanza
tedesca. (21). Sostenere,
come ha fatto larga parte della storiografia antifascista, che i giovani
non si arruolarono nella RSI, ed in particolare nella Provincia di
Modena, è un grosso falso storico e ne vedremo più avanti i numeri.
Contrariamente a quanto sostengono la maggior parte degli autori
resistenziali (22), in Provincia di Modena, dalla montagna alla bassa,
furono moltissimi i volontari e le classi di leva che entrarono nelle
file dell'esercito repubblicano spinti fondamentalmente da ideali di
amor di Patria. Certo ci furono anche coloro che si rifiutarono; molti
per nascondersi dietro alle persiane ed attendere l'evolversi degli
eventi opportunisticamente, pochi per una presa di coscienza decisamente
antifascista. (23) Se
poi si vuol fare apparire il Governo del Nord come una marionetta in
mano al burattinaio tedesco, si dovrebbe, quanto meno nello stesso modo,
interpretare il Governo del Sud. Quale è stata, in realtà, la
posizione dell'Italia monarchica e badogliana, cioè l'Italia del
tradimento, se non quella di essere a servizio di altre potenze e perciò
guidata da altri burattinai? E quali credibilità ebbe il Governo
fantoccio del Sud presso tutte le Nazioni belligeranti? E non è vero
che la resistenza venne continuamente incoraggiata ed aiutata con
cospicui aiuti di armi, danaro e uomini da parte delle potenze
capital-marxiste? Anzi, quando si pensa alla protervia con la quale la
componente comunista si è appropriata della resistenza e come si voglia
dimostrare che la fine della guerra in Italia sia stata opera di questa
è a dir poco, contraddittorio e decisamente antistorico. Se,
ma in piccolissima parte, la presenza di reparti comunisti è servita
alle truppe americane a conquistare tutto il territorio italiano con
meno fatica, se vi sono stati sacrifici ed eroismi da parte di
partigiani, se il loro successo ha contribuito alla sconfitta del
nazifascismo, lo devono, in larghissima misura, all'aiuto sostanziale e
determinante che hanno avuto da quello che l'ideologia marxista ha
sempre additato, falsamente, come l'odiato nemico, e cioè il
capitalismo. La loro battaglia ed il terrore che hanno scatenato, in
ultima analisi, non è servita ad altro se non a riportare in Italia ed
in Europa quel capitalismo sfruttatore contro il quale, ma solamente a
parole e mai a fatti, hanno sempre dichiarato di voler combattere.
Burattini dunque nelle mani dei capitalisti? O disegno d'altro tipo che
non ha potuto realizzarsi? Sia
nell'una che nell'altra ipotesi resta evidente che i comunisti devono
difendere a tutti i costi la resistenza, ed il bagno di sangue da loro
voluto, poiché l'hanno programmata e portata avanti in tutta la sua
forza dirompente per un disegno di conquista ben programmato nelle
stanze del Cremlino; aver importato la guerriglia con le sue tremende
leggi fatte di spietatezza che richiamava reazioni sanguinose in una
spirale inarrestabile ed averla perseguita poi con incredibile
determinazione sino ai massacri del dopoguerra è una responsabilità
che si sono sempre accollata deformandola dai veri e sostanziali
contenuti; oggi però si sente la necessità di una risposta che vada al
di là dei luoghi comuni e dei fasti celebrazionistici con cui si è
riempita tutta la storia resistenziale sino ad ora, in modo da evitare
il perseguimento del falso storico e della frattura tra italiani. Tutta
la letteratura resistenziale che si è andata formando in questi anni ha
evidenziato, contrariamente a quanto è stato raggiunto dagli studi
effettuati sul ventennio fascista che vengono affrontati con serenità
ed obbiettività da moltissimi storici, (24) come al contrario, il
periodo ultimo del Fascismo venga ancora esaminato attraverso un
manicheismo precostituito e tendente a demonizzare tutti coloro che
aderirono alla RSI; con una faciloneria storica che ha dell'incredibile,
si sono messi gli oppressori, gli aguzzini, i ladri, i delinquenti, gli
assassini ecc. da una parte, mentre dall'altra troviamo solamente
"gli eroi e i liberatori della Patria". Ovviamente,
come da parte fascista non si deve fare di ogni erba un fascio e
giudicare negativamente tutti coloro che scelsero di combattere con
l'esercito del Sud, o di restare nella parte d'Italia preda bellica
degli angloamericani, oppure di essere entrati nelle forze della
resistenza, ugualmente il giudizio della componente antifascista,
seppure, teniamolo sempre presente, è quello del punto di vista del
vincitore o quanto meno di quelli che hanno saputo approffittarne, non
dovrebbe essere così categorico, nel suo settarismo e cattiveria nei
confronti degli uomini che al Nord si schierarono con la RSI. Se
alla Repubblica di Salò hanno aderito molti per indiscussa fede nel
Fascismo e nel suo capo, è pur vero che molti altri vi arrivarono per
puro caso, per circostanze dovute a necessità familiari o
professionali, o semplicemente per un puro senso del dovere che va’
ben oltre le distinzioni politiche ed ideologiche. Sembra
anche che vi fossero degli antifascisti i quali pensarono di svolgere, e
non in qualità di spie o di infiltrati, un’attività moderatrice o
mediatrice, onde portare un contributo alla successiva ricostruzione del
paese. Anche se una valutazione di questo tipo ci sembra particolarmente
addomesticata, non si può sottovalutare l'interpretazione che tali
uomini di un particolare tipo di antifascismo hanno dato sull'8
Settembre: Quello
che successe dopo la liquidazione di Mussolini - le folle straripate
sulle piazze per inneggiare alla pace mentre la radio annunciava la
continuazione della guerra - mi sembra dimostrare che Badoglio aveva
poca dimestichezza con Macchiavelli e che, se egli non fu certamente il
primo a concepire e attuare un rovesciamento delle alleanze, fù
probabilmente colui che lo eseguì nella maniera peggiore. I Savoia
invece non erano nuovi a tali manovre e Vittorio Emanuele III° doveva
conoscere a fondo certi antecedenti della sua casa, per cui "la
matta bestialidade" dell'8 Settembre mi ha sempre fatto pensare che
il re non fosse più nel pieno delle sue facoltà." (25) Storiografia
antifascista e fascista sono ormai accomunate in una valutazione che
potremmo definire univoca. Si considera realtà storica inconfutabile,
la resa di Cassibile come un tradimento totale o per lo meno uno dei più
grossi errori di tutta la storia contemporanea. Partendo
da questo dato di fatto, resta ancora controverso ed incomprensibile,
poiché assoggettato alle interpretazioni di comodo di tipo solamente
apologetico ad uso dei partiti, il periodo dei seicento giorni di Salò
e di conseguenza una rivisitazione di tutta la resistenza da parte della
maggioranza degli storici. (26) Anche se oggi qualche spiraglio si
intravede, ad esempio il pamphlet dello storico antifascista Romolo
Gobbi "Il mito della resistenza" che val la pena di essere
preso in considerazione. (27) Abbiamo
pertanto in Italia, all’8 Settembre, la presenza degli eserciti
angloamericani al Sud che procedevano con molta lentezza, in quanto
questo fronte era solamente di disturbo nel vasto piano di operazioni
per l'attacco all'Europa e, dall'altra parte, praticamente tutta la
penisola, la grossa presenza delle divisioni tedesche ancora ben
determinate a portare avanti gli eventi bellici, con il morale ancora
intatto e con molte prospettive che l'andamento della guerra, dopo gli
smacchi subiti in Africa e in Russia, si ribaltasse a loro favore. (28) Elemento
determinante dunque per la situazione italiana, la grossa presenza
dell'esercito tedesco, giunto in un primo tempo per aiutarci a
contrastare l'invasione del nostro suolo e, dopo la resa incondizionata,
pronto a spararci addosso per l'improvviso voltafaccia di alcuni uomini
di potere e non dei combattenti e del popolo tutto. La
visione di una situazione talmente scabrosa, difficile, contorta e piena
di insidie, a posteriori, viene facilmente data per scontata dalla parte
che si è accodata all'esercito vincitore; l'Italia tutta avrebbe dovuto
ribellarsi all'ex alleato tedesco, imbracciare le armi ed aiutare
americani, inglesi e russi a prendere possesso velocemente del nostro
territorio ed instaurare poi, sulle ceneri di quello che sarebbe
rimasto, poiché i tedeschi non se ne sarebbero di certo andati in tutta
tranquillità, la democrazia dei partiti per i non marxisti, oppure un
bel regime di tipo comunista, simile a quelli dei paesi europei
dell'est, per i sostenitori della vittoria dell'internazionale rossa.
Nello stesso tempo la componente fascista, cioè tutti coloro, e non
erano pochi, che per il loro ideale avevano affrontato innumerevoli
battaglie, avrebbero dovuto passivamente subire, di punto in bianco, la
resa incondizionata, il crollo di tutti gli ideali e tutte le vessazioni
possibili da parte delle ristrettissime minoranze che si erano accodate
allo schieramento capital-marxista, per la riconquista di quelle
posizioni perse negli anni "20. Non
fu così; gli uomini si vedono nell'assunzione delle loro responsabilità
e nei momenti più difficili e drammatici; quegli uomini fecero le loro
scelte ponderate e sofferte. Non è dunque corretto e tanto meno onesto,
continuare, a distanza di 50 anni, tenere divisi gli italiani per puri
scopi dei partiti, attraverso un celebrazionismo unilaterale, settoriale
e fazioso. Note 1) cfr. L. Casali : Storia della Resistenza a Modena 2) cfr. L. Casali ibidem pag. 202 3) Subito dopo il 25 Luglio e in maggior misura dopo l'8 Settembre
cominciarono ad affluire in Italia, e al Sud ed al Nord, aiutati dai
servizi segreti delle potenze "alleate", la maggior parte
degli antifascisti che si erano rifugiati, durante il ventennio, sotto
la protezione dei governi, inglese, francese, americano e russo; molti
degli ex combattenti di parte comunista della guerra civile furono tra i
più attivi ed oltremodo esperti, nel modo di condurre la lotta
partigiana, organizzarono le prime bande di "ribelli" e furono
i maestri delle prime azioni, con attentati, imboscate ecc. 4) cfr.: il capitolo successivo: la cronaca dal 9 al 30 Settembre. 5) ibidem. 6) In molta storiografia resistenziale modenese, questo episodio viene
raccontato sin nei minimi particolari assumendo così l'aspetto di primo
episodio della lotta antifascista. 7) L'aver dato ospitalità a prigionieri di guerra creò notevoli
difficoltà a molte persone che avevano operato esclusivamente per fini
umanitari; dopo l'emanazione delle leggi specifiche il fenomeno si
attenuò notevolmente, ma come si vedrà nei mesi successivi, altri
episodi di questo tipo portarono alla fucilazione due noti cittadini
modenesi: Anderlini e Paltrinieri vennero fucilati nel mese di febbraio
1944. 8) cfr. molta parte della storiografia resistenziale che dedica ampio
spazio alla fuga degli allievi dell'Accademia Militare di Modena; in
particolare cfr. E. Gorrieri: "La Repubblica di Montefiorino". 9) cfr. G. Pisanò : "Storia della Guerra Civile" 10) Il 19 Marzo 1959 veniva inaugurata, nel Palazzo Ducale una lapide
alla memoria del Colonnello Duca, così concepita: "L’Accademia Militare addita ai giovani allievi l’eroica figura
del Colonnello Giovanni Duca. Comandante dell'Accademia Militare di
Fanteria e Cavalleria organizzava con due battaglioni e uno squadrone di
allievi le prime resistenze contro l'invasione tedesca nella piana di
Pavullo e di Lama Mocogno e raccoglieva attorno alle sue forze i primi
partigiani iniziando con essi l'accanita battaglia tra le giogaie
dell’Appennino Emiliano dopo aver messo in salvo la gloriosa bandiera
dell'Accademia si portava per ordine ricevuto dal Comando Supremo
nell'Italia Settentrionale assolvendo con capacità e sprezzo del
pericolo compiti organizzativi. Catturato dalle SS unitamente al giovane
figlio che gli era compagno in una pericolosa missione manteneva il più
fiero silenzio non ostante il bruciante dolore per le torture
inflittegli e la disperata agonia per l'avvenuto arresto della moglie e
della figlia. Con il corpo fiaccato per il martirio con l'animo sorretto
dal senso dell'onore che fu luce della sua vita dopo cinque mesi di
agonia in una buia e stretta cella che era la tomba dei vivi veniva
barbaramente soppresso nella stanza delle torture riunendosi nel cielo
degli eroi all'amato figlio contemporaneamente deceduto nel campo di
Mathausen dove era stato deportato. Fulgida figura di soldato tutta
dedicata al dovere ed alla Patria che ha preferito la morte al
disonore." 11) cfr. P: Alberghi: "Attila sull'Appennino" pag. 23 12) cfr. G. Pisanò op. cit. 13) cfr. AA.VV ;"Repubblica Sociale Italiana - Storia" 14) ibidem 15) ibidem 16) Citiamo, ad esempio la dichiarazione del giornalista e storico
antifascista Giorgio Bocca, il quale, in un dibattito seguito alla
proiezione del film girato da Vittorio Mussolini dal titolo: "Mussolini,
mio padre", su Rete 4, ha, senza mezzi termini, chiamato
"tradimento" la resa del Governo Badoglio. 17) cfr. E. Gorrieri: op. cit. pag. 32. 18) La storiografia antifascista ha sempre proposto la visione opposta,
cioè il disprezzo del soldato tedesco per quello italiano; e il
racconto dei soldati italiani, cacciati dai camion tedeschi durante le
ritirate d'Africa e di Russia è stato portato ad esempio della
incompatibilità tra i due alleati. Mai però si è andati alla ricerca
di quegli episodi che hanno visto i sacrifici degli uni e degli altri
accomunati in un unico sforzo. 19) Se, dopo il 25 Luglio, i fascisti avessero opposto resistenza si
sarebbe scatenata sicuramente la lotta fratricida con maggior virulenza
e con notevole anticipo; ma nessuno pensò ad organizzare reparti armati
clandestini per contrastare i cosiddetti traditori, tanto meno, , anche
nel 1944 quando vi era chi prospettava a Mussolini di portare la lotta
partigiana fascista al Sud, condotta da uomini fedeli al Fascismo, ma
non si volle assolutamente prendere in considerazione tale irrazionale
possibilità. 20) cfr. "Storia Illustrata" - Salò perchè -
Rivista n: 278 del Gennaio 1981 dibattito tra : Giorgio
Almirante, Giorgio Bocca, Oreste del Buono e Indro Montanelli. Così l'on.
Almirante parla nel contesto del dibattito della
"Socializzazione": "Quella socializzazione che Bocca non prende molto sul serio nel
suo libro, pur essendo costretto a un certo punto, a osservare con
rammarico che sul serio la presero gli operai comunisti i quali caddero
" a piè pari nella trappola", scrive Bocca riferendosi ad una
frase storica dello storico Raimondo Luraghi. E' chiaro che la
socializzazione era soprattutto per Mussolini e per il suo governo un
dato propagandistico. E i tedeschi ci erano contro e non ne volevano
sapere, e fecero di tutto perché quelle proposte non andassero avanti:
Questa Repubblica Sociale ci insegnò che la dottrina corporativa non
doveva risolversi nella collaborazione fra capitale e lavoro - che è un
non senso, perché il lavoro è spirito e il capitale materia -, ma nel
lavoro esaltato attraverso la strumentazione di capitale e della
proprietà in funzione sociale." 21) ibidem 22) cfr. Pacor-Casali : "Lotte sociali nella bassa" pag.: 77 23) cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 60 24) Basta citare ad esempio la grandiosa opera dello storico Renzo De
Felice, su Mussolini ed il Fascismo. 25) cfr. Luigi Bolla: "Perché a Salò" pag. 38. 26) Per superare definitivamente questo dualismo interpretativo sarebbe
sufficiente arrivare a stabilire se quella combattuta sul fronte interno
fu' una "guerra di liberazione" o una "guerra
civile". 27) cfr.: Romolo Gobbi: "Il mito della resistenza" Ed. Rizzoli
- 1992 pag. 110 28) Effettivamente la macchina bellica tedesca aveva subito una serie di
rovesci da lasciare grossi dubbi sul risultato finale, ma lo spirito dei
combattenti tedeschi e la forza dell'industria germanica erano ancora a
quei tempi ad altissimi livelli.
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