GUERRA CIVILE NEL MODENESE
La "liberazione" di
Modena Siamo
alla fine! La lunga pressione delle forze armate anglo-americane sui
fronti europei è alla sua conclusione. Lo strapotere dell'industria
americana con l'immissione sui vari teatri di guerra di un potenziale
bellico mai visto prima, riesce a vincere la strenua resistenza delle
truppe tedesche e dei loro alleati, anche in seguito al collasso totale
dell'industria nazista. Sul
fronte italiano, sin dai primi giorni d’Aprile, erano avvenuti vasti
movimenti di truppe, preceduti da forti cannoneggiamenti delle retrovie
della linea gotica e dai massicci bombardamenti aerei sui centri più
importanti di tutto il Nord Italia. Tutta
la zona Appenninica e pedemontana del modenese subì pesantemente questa
pressione. Moltissimi furono i piccoli paesi dell'alto Frignano
totalmente distrutti dai consistenti lanci di proiettili da cannone a
lunga gittata; i centri più grossi come Vignola, Pavullo e Formigine
subirono violentissimi attacchi e lo stesso capoluogo subì l'ultimo
bombardamento aereo il giorno 19, poche ore prima dell'ingresso delle
truppe americane in città. Il
crollo della linea gotica porta in un tempo brevissimo le truppe
anglo-americane dentro la pianura padana e di conseguenza, alla
conclusione delle operazioni belliche in Italia. Contemporaneamente
allo sfondamento del fronte italiano, le truppe alleate sul fronte
occidentale e quelle russe sul fronte orientale in Germania, danno
l'ultima e definitiva spallata alla sconfitta del fascismo e del
nazismo. I
vari movimenti della resistenza europea si apprestano, al seguito dei
"vincitori", a prendere possesso dei paesi e delle città
abbandonate; in Italia il CLN, dopo aver proclamato l'insurrezione,
nomina i primi amministratori democratici; Modena avrà come primo
Sindaco, un uomo del Partito Comunista, Alfeo Corassori. Ma
in quale percentuale ha contribuito il movimento partigiano alla
sconfitta dell’odiato nemico nazifascista"? Cercheremo di
valutare, il più possibile obbiettivamente, l'importanza di tale
partecipazione ai fini della risoluzione finale. Non bisogna scordare,
però, ciò che disse il capo delle forze armate anglo-americane in
Italia, Generale Alexander, in proposito: "Vi
fu, beninteso, l'insurrezione del 25 Aprile; ma ciò avvenne dopo che
gli eserciti tedeschi erano stati distrutti in battaglia a sud del
Po’, dopo che essi avevano intavolato trattative per la resa e appena
una settimana prima della loro formale capitolazione finale" La
mattina del 20 Aprile le divisioni "alleate" iniziano lo
sfondamento della linea gotica ed entrano in Provincia di Modena da due
direttrici: in montagna, provenienti dal bolognese, conquistano Zocca e
Monteombraro, mentre dal pistoiese, ma il giorno dopo, sulla Via
Giardini, arrivano a Pievepelago; più a Nord, penetrano nella nostra
Provincia tra Castelfranco, Nonantola e Ravarino dove entrano il mattino
successivo 21 Aprile. Intanto
le truppe tedesche e i comandi fascisti procedevano al ripiegamento
disturbati in minima parte dalle formazioni partigiane che, avvisate
dell'avvenuto attacco in forze degli "alleati", iniziavano a
prepararsi per entrare da padroni, nei paesi e nelle città. La
maggior parte delle truppe tedesche e fasciste si erano concentrate a
Modena da dove continuarono il ripiegamento verso il Po’ e la
Lombardia, attraverso le strade di comunicazione più importanti e cioè
la Statale del Brennero e da Carpi, la Romana-Moglia; non tutti i
distaccamenti, in modo particolare quelli sparsi nei piccoli centri
riuscirono a sganciarsi e a raggiungere i propri Comandi, rimanendo
pertanto invischiati dagli attacchi partigiani che, sicuri
dell'allontanamento del grosso delle truppe tedesche e fasciste,
cominciavano a farsi sempre più audaci e allo scoperto. Modena
e Carpi furono conquistate dagli anglo-americani il 22 Aprile, mentre
centri quali: Sassuolo, Vignola, Concordia e Finale videro l'entrata
delle truppe americane il giorno successivo; praticamente dalla mattina
del 24 Aprile tutta la Provincia modenese era in mano ai
"liberatori". Il
giorno 20 tedeschi e fascisti iniziarono ad abbandonare i centri più
importanti e la città stessa, dove in un’atmosfera estremamente tesa,
si tenevano i funerali delle vittime del bombardamento aereo del giorno
precedente; la fuga non fu precipitosa, anche perché la maggioranza era
convinta che ci si dovesse ritirare sulla nuova linea difensiva sulla
riva destra del Po’.(1) L'attacco
principale alla Provincia di Modena arriva dunque dalla Pianura, dato
che la 5° Armata avanzava inarrestabile continuando l'offensiva
scattata il 4 Aprile, mentre l'8° Armata alleata procedeva in direzione
di Ferrara; si minacciava pertanto l'accerchiamento delle truppe
tedesche schierate sulla linea della Garfagnana, dato che nessun attacco
in forze, si verificò in questa zona.(2) Vi
fu solamente qualche attività di pattuglie partigiane a disturbare la
ritirata tedesca, ma senza scontri di rilievo. La zona della montagna
non vide pertanto, all’opera, in vere azioni di guerra le forze
partigiane che in pratica non fecero nulla per la
"liberazione" decantata in tanti libri e in celebrazioni
apologetiche, come d'altra parte è confermato da parte della stessa
storiografia antifascista: "Vicende
in gran parte indipendenti dalla loro volontà avevano dunque tagliato
fuori dalla lotta conclusiva (fuorché nel settore sud ) i protagonisti
della Resistenza modenese, cioè i partigiani della montagna."(3) E
ancora: "Ma
anche nelle zone di pianura non vi furono grossi combattimenti, vicino a
Modena i partigiani si limitavano a veder sfilare "una lunga fila
di soldati della Wermacht in ritirata, colonne interminabili ci
passarono sotto gli occhi."(4) Le
molte colonne tedesche in ritirata, che erano ancora forti e ben armate
subirono danni dagli attacchi aerei , ma: "nulla
poterono contro di esse i partigiani, i quali, troppo inferiori per
numero ed armamento non tentarono nemmeno di attaccarle."(5)
Piccoli
reparti, alcuni di retroguardia ed altri che avevano incarichi di
effettuare azioni di sabotaggio, ebbero scontri armati con i partigiani: "Parlare
quindi di liberazione della Provincia di Modena ad opera dei partigiani
non è tutto esatto."(6) Modena,
il giorno 21 Aprile, era praticamente terra di nessuno, dato che la
maggioranza di tedeschi e fascisti aveva lasciato la città abbandonando
tutti gli edifici e i centri più importanti, anche se, ancora la notte
tra il 21 e il 22 colonne tedesche passavano per le strade modenesi.
Solamente all'alba del giorno 22 si affacciano in città i primi nuclei
di "ribelli" ed uno di questi era comandato da un piccolo
prete che, "
con una banda di partigiani tenuti nascosti nella Chiesa di
Sant'Agostino, con un arma automatica sottobraccio si dirige con loro
verso l'Accademia Militare."(7) Un
altro testimone oculare, nota che i partigiani entrano in città non
silenziosi e guardinghi ma, tra un gran baccano di scoppi di qualsiasi
arma e di: "urla
festose e da spari di gioia."(8)
Si
verificarono scaramucce alla periferia della città, alla Crocetta, nel
rione Sant' Agnese e nelle zone del centro dove, tra Piazza Impero
(attuale Piazza Matteotti), e Via Carteria, avvennero gli scontri di
maggiore intensità tra partigiani e gruppi di tedeschi con morti e
feriti da entrambe le parti.(9) I
primi carri armati americani si presentarono alla periferia di Modena
verso le ore 14; dopo parecchie ore di trattative con i tedeschi rimasti
e rinchiusi dentro l'Accademia Militare si arrivò a definire la resa,
dimodochè le truppe alleate entrarono in città nelle primissime ore
della serata.(10) Dalle
molte testimonianze
coeve, ma in particolare da quelle espresse in tempi successivi, in
tanta pubblicistica antifascista, l'episodio della resa tedesca e del
loro Comandante Col. Foster, asserragliati dentro Palazzo Ducale, appare
molto discutibile in quanto è interpretata nei modi i più svariati
possibile. Si passa dalle vicende epiche ed eroiche della più sfacciata
ed impudente propaganda,(11) ai toni meno enfatici ma molto più
veritieri di tanti altri,(12) a situazioni quanto meno paradossali, come
quella di un testimone oculare che cita la scalata al balcone di Palazzo
Ducale da parte di un tizio isolato che va’ ad aprire il portone
principale chiuso dall'interno e riappare con in mano i biglietti da
mille bruciati, dato che, il capitano della GNR, prima della fuga
aveva distrutto, "secondo il costume delle ritirate più
importanti", denaro e documenti(13), contraddicendo così buona
parte degli storiografi antifascisti che hanno sempre accusato i comandi
fascisti di essere fuggiti portandosi dietro le casse ben fornite di
denaro; non trascura poi, questo testimone, di sottolineare, in modo
emblematico, l'assedio e l'uccisione di un gatto sui tetti di una casa
vicina alla Chiesa di San Francesco, gatto scambiato, dai bellicosi
partigiani, per un cecchino fascista.(14) Ma
a prescindere dall'epicità della lotta per la "liberazione"
di Modena, "prima
città italiana al di quà della linea gotica, a liberarsi da
sola"(15) gli
storiografi antifascisti dovrebbero, a questo punto, mettersi d'accordo
una volte per sempre. Le vere e reali operazioni di lotta armata dei
partigiani, avvennero contro quei "disperati" fascisti che, o
perché non riuscirono ad agganciarsi alle colonne tedesche e della RSI
che cercavano di trasferirsi oltre il Po’, o che, ingenuamente
valutavano la loro posizione non pericolosa, per non aver mai commesso
soprusi e tanto meno azioni a mano armata, in fondo per non essere
responsabili di nulla se non, e neanche per tutti, aver semplicemente
aderito alla Repubblica Sociale, pensando di conseguenza di poter
rimanere nelle loro case, vicini alle loro famiglie. Questi,
furono i primi ad essere coinvolti dall'ondata dei prelevamenti,
esecuzioni ed uccisioni arbitrarie che insanguinarono quei primi giorni
della "liberazione" le strade e le campagne del modenese.(16) Pochissimi
ebbero la possibilità di difendersi e di vendere cara la pelle, molti
credettero alle false promesse partigiane che assicuravano ai fascisti
salva la vita, se avessero depositato le armi. Si
è anche sentito parlare di cecchini e franchi tiratori asserragliati
sui tetti e sulle altane delle case modenesi del centro storico, ma in
verità non furono molti e anche in questo caso si è dato corpo ed
enfatizzata, da parte fascista, una resistenza, pur di breve durata, da
parte degli irriducibili, che in realtà è stata assai modesta, ed
espressione solamente di qualche elemento isolato, niente a che vedere
perciò con quello che successe a Firenze, dove i famosi "franchi
tiratori" resistettero sulle case per moltissimi giorni. Vero
è che moltissimi dovettero trovare rifugi sicuri presso conoscenti od
amici, in molti casi anche presso antifascisti, oppure fuggire in altre
provincie; ma tanti, troppi, furono travolti dal furore omicida, dalle
vendette personali, dalle ritorsioni, insomma da quel terrore che
tormentò le nostre zone e che la storiografia antifascista tende a
minimizzare, se non a nascondere, dato che: "nessun
disordine, nessun fattaccio, nessuna azione criminosa ebbe a lamentarsi
nel territorio della prima città liberatasi da sola."(17) Anche
negli altri centri della Provincia modenese l'intervento partigiano è
da considerarsi di modestissima entità o quasi nullo, come a Carpi
dove: "la
situazione partigiana era estremamente debole dato il trasferimento in
montagna di 1500 uomini,"(18) e
nemmeno le brigate vicine poterono intervenire a causa degli ordini che
avevano ricevuto.(19) Combattimenti
di una certa entità si verificarono in Provincia a Staggia, Medolla e
Concordia.(20) Così
Vignola che, dopo i cannoneggiamenti americani, viene
"liberata" il 23 Aprile, dopo che i tedeschi si erano
ritirati, "salvo
pochi scontri tra partigiani e retroguardie nemiche."(21) Nel
formiginese, una colonna americana venne fermata tra Magreta e Casinalbo
da una postazione tedesca che mise fuori combattimento tre carri armati.(22) In
questa zona la cronaca di un diario storico partigiano, dichiarata poi,
dalla stessa storiografia antifascista, priva di fondamento, informava
che Casinalbo e Formigine sarebbero state conquistate dai partigiani il
22 Aprile: "snidando
casa per casa la soldataglia germanica."(23) Alcune
scaramucce si verificarono anche a Sassuolo, ma nulla di più. E
così finì la guerra in Provincia di Modena: la popolazione si sentiva
finalmente sgravata dal grosso incubo che l'aveva attanagliata,
specialmente negli ultimi mesi; era veramente finita. Almeno
per i tanti che si riversarono per le strade della città, tra i palazzi
e le case ancora fumanti per le distruzioni provocate dai
"liberatori" che sfilavano osannati ed applauditi dalle stesse
persone che avevano subito la loro terrificante azione terroristica
fatta di bombardamenti e mitragliamenti; si fa presto a dimenticare;
anche l'Arcivescovo, schierato sino al giorno prima con i fascisti, il
giorno 29 Aprile iniziò il programma dei
"festeggiamenti"(24), con un "Te Deum" di
ringraziamento celebrato in Piazza Grande, visto che in Duomo non si
poteva contenere tutta la folla che si era radunata. Alla fine di quella
messa, mentre l'Arcivescovo Boccoleri, l'incensatore del Capo del
Fascismo(25), stava per pronunciare l'"ite missa est", un
colpo di fucile sfuggì ad uno dei partigiani appostati sul tetto del
Comune scatenando una confusione indescrivibile al punto tale che in
pochi istanti la Piazza si svuotò.(26) Il
giorno successivo vi fu la sfilata dei partigiani, autentici ma, nella
maggioranza, dell'ultima ora, e che durò a lungo. Nel
frattempo, in migliaia di case della città e della Provincia, una folla
altrettanto numerosa di quella che si trovava per le strade ad
applaudire i vincitori, viveva nel terrore dei prelevamenti e delle
esecuzioni sommarie; bastava essere segnalati da qualche delatore, come
simpatizzanti o sostenitori del PFR che la vita diventava sospesa ad un
filo che poteva spezzarsi da un momento all'altro, e in tanti casi i
processi dei famigerati "tribunali del popolo" altro servivano
se non mettere ancor più alla "gogna" i malcapitati, prima
dell'immancabile esecuzione. Nella
cronaca si viene ad evidenziare lo spietato massacro compiuto ad opera
delle "squadre della morte" che andavano a prelevare in
qualsiasi ora del giorno e della notte i sospetti ed i loro familiari;
le operazioni della Gestapo nazista o della Ghepeu russa, alla luce dei
fatti successi nel modenese, appaiono come delle modeste operazioni di
polizia. La
storiografia antifascista, anche quella più semplicistica, studiata per
indottrinare i giovani, "glissa" queste vicende con formule
standardizzate o minimizzatrici, e tutti gli omicidi, i prelevamenti,
torture, vengono collocati in una specie di "limbo" che tende
ugualmente a demonizzare tutti coloro che avevano aderito alla RSI. Ciò
che vien detto dei fascisti e del trattamento loro riservato, si riduce
ad analisi di questo tipo: "Si
parlava, in gran segreto di fascisti, di sospetti fascisti e di
innocenti prelevati da casa nottetempo e misteriosamente spariti nel
nulla. Anche si parlava di fucilazioni in campagna."(27) Nulla
di più. Finiva così un epoca storica. Coloro
che non hanno vissuto quel tragico periodo e l'immediato dopoguerra,
pressati dall'ossessiva propaganda clerico-marxista, nei libri di
storia, di saggistica, di narrativa impostata al più smaccato
servilismo, nella cinematografia resistenziale, nella televisione di
stato e nella stampa quotidiana che ancor oggi continua a presentare i
fascisti nella più truce delle immagini, tacendo completamente la verità
dei fatti, oppure per coloro che si sono addentrati nella letteratura
resistenziale a senso unico senza pertanto aver avuto possibilità di
controinformazione, anche semplicemente attraverso qualche limitata
lettura della storiografia della parte dei perdenti, che però è sempre
rimasta esclusa dai grandi canali d'informazione rimanendo ristretta
solamente a coloro che già sanno queste cose, è difficile, se non
impossibile, poter avere un quadro esatto ed obiettivo di quel brandello
di storia italiana, dopo tale lavaggio del cervello. Sono
passati ormai tanti decenni, la maggioranza non ricorda quei tempi e
molti li hanno dimenticati, la società attuale impostata esclusivamente
sul consumismo e su di un illusorio stato di benessere, ha relegato o
cancellato dalla memoria collettiva quegli anni che, in fondo, sono alla
base di tutta la nostra situazione politico-economico-sociale dei giorni
nostri. Gli
stalinisti italiani che si sono macchiati di tanti delitti, al contrario
di quelli della stessa Russia sovietica, godono ancora, dopo aver goduto
per tanti anni, enormi previlegi, che nemmeno i loro
"compagni" dell'auspicato "Paradiso sovietico",
possono vantare. Anzi in Russia lo stalinismo è stato accusato dei più
turpi delitti e dei più orrendi massacri, dagli stessi compagni di
prima, al punto che è stata costituita una commissione
di indagine per la ricerca di tutti i crimini compiuti dal
comunismo e per la riabilitazione di tutti quegli uomini che tali
crimini hanno subito. In
Italia, chi ha commesso i maggiori delitti, e durante il periodo bellico
e subito dopo la conclusione, proveniva dalla scuola stalinista; a
quando dunque la riabilitazione degli italiani innocenti massacrati da
chi seguiva quell'ideologia? Vi
è più servilismo e più gretto conformismo nell'Italia democratica di
oggi che nell'attuale Russia dei Gorbaciov o Eltsin che siano. Un
altro elemento da non trascurare, sinora poco conosciuto e relativamente
studiato dagli storici è il tradimento tedesco nei confronti della
Repubblica Sociale e del suo capo, tradimento portato avanti dagli alti
comandi germanici, con alla testa il generale Wolff. La
resa delle truppe tedesche in Italia venne negoziata segretamente, senza
che Mussolini e le alte sfere della RSI ne fossero informate e tutto
questo avvenne nel periodo Febbraio-Aprile 1945, quando ancora Mussolini
stava sacrificando le sue ultime forze assieme a suoi fedelissimi in
tutta l'Italia del Nord, per tener fede ad un alleato, che si riteneva
leale e disposto a sacrificarsi sino in fondo, come da sempre
dichiarato. Mussolini ed i suoi seguaci ritenevano che il combattere
sino all'ultima goccia di sangue servisse a rendere più dignitosa la
sconfitta ormai sicura e di conseguenza concludere dignitosamente quel
periodo storico , anche per poter trattare il passaggio dei poteri tra
le nuove autorità italiane e la RSI, in modo tale da poter risparmiare,
il più possibile, vite umane, cosa che non fu permessa per la
prepotente intrusione del Partito Comunista, che cercò a tutti i costi
di proseguire la guerra civile anche al termine del conflitto per
cercare di mettere pesantemente le sue ipoteche in un eventuale scontro
con gli ex "alleati" per una maggior comunistizzazione
dell'intera Europa.(28) Si
può pertanto pensare che i tedeschi abbiano voluto renderci la pariglia
per quello che era successo con il tradimento dell'8 Settembre ; ma non
dobbiamo dimenticare che in realtà i tedeschi, commisero, oltre a
quella del generale Wolff, altre azioni che possono essere annoverate,
da un punto di vista storico, dei veri e propri tradimenti nei confronti
dell'alleato; basta citare il mancato rispetto dell'impegno, in verità
non scritto, ma annunciato chiaramente, di non iniziare atti di
belligeranza prima di tre o cinque anni dal momento della firma del
Patto d'acciaio che avvenne il 22 Maggio 1939; e ancora: il trattato
segreto con l'Unione Sovietica del 23 Agosto 1939, pochi giorni prima
dell'invasione della Polonia, a proposito del quale, lo stesso Mussolini,
nei mesi successivi, ebbe a criticarlo duramente.(29) L'ultimo
atto di questa logica tedesca lo troviamo nell'Aprile 1945 a Milano, al
momento in cui, Benito Mussolini, che tardivamente aveva spostato da
Gardone al capoluogo lombardo la sede del Governo della RSI, si rende
conto del tradimento dell'alleato. Vittorio
Mussolini, il figlio del Capo del fascismo è stato testimone degli
ultimi tragici momenti e, alla famosa riunione nella Curia milanese tra
il padre ed i componenti il governo del CLN, attendeva con ansia gli
esiti della riunione, organizzata dal Cardinale Schuster e dove si
doveva trattare la resa; il Maresciallo Graziani, capo delle Forze
Armate della RSI, osservava che non si poteva trattare senza prima
mettere a conoscenza dei fatti il Comando tedesco: ma venne fuori la
sbalorditiva notizia, annunciata dal Prefetto Bassi: "Qui,
dopo di noi, verranno i delegati tedeschi per firmare la resa già
concordata con gli angloamericani e il CLN. Sembra ci sia anche un
impegno che riguarda l'ordine pubblico, che contempla, arrivati al caso,
il disarmo delle forze fasciste da parte delle truppe tedesche."(30) Mussolini
rimase allibito. Il Cardinale Schuster confermò, precisando che era
stato svelato un segreto, questo piano. Vi è da dire che la resa
tedesca sarebbe avvenuta nelle mani del Cardinale e non in quelle del
Generale Cadorna, capo del CLN, al quale i nazisti non riconoscevano
alcuna autorità, e che le truppe germaniche sarebbero state consegnate
agli anglo-americani e non ai russi. "Si
dice, non essere possibile che il Duce non fosse a conoscenza di questa
lunga trattativa di resa dei tedeschi. Supporre che qualcosa di losco
bolliva in pentola, era logica, la scomparsa degli alti papaveri
tedeschi, dagli ambienti italiani che erano soliti frequentare, era
sospetta. Si poteva anche giustificare che qualcuno stesse trattando nel
"caso che", ma certamente nessuno immaginava che questo
qualcuno fosse lo stesso generale delle SS Wolff, cioè colui che ci
aveva impartito continue lezioni di onore e dignità facendoci pesare il
10 Giugno, il 25 Luglio, l'8 Settembre e quante altre date stimate utili
per abbattere ancor di più il nostro morale.....C'è anche chi insinua
che, l'aver rivelato in Curia l'avvenuta resa delle truppe di Hitler,
facesse parte di un piano del Cardinale per convincere i capi fascisti
che non c'era più nulla da fare, che ormai era tutto finito: e che
persino i tedeschi si arrendevano."(31) I
fascisti in quei momenti, quando appresero del tradimento, ebbero un
moto di ribellione e nello stesso tempo si liberarono dall'incubo del
peso che aveva ipotecato la loro posizione per tanto tempo; l'accusa
tedesca nei confronti degli italiani era sempre stata pesante, anche se
nessuno tra i fascisti si sentiva "badogliano" o
"traditore"; a quel momento si resero conto che nemmeno i
"super-eroi" tedeschi erano indenni dalle umane meschinità;
tutto questo avvenne però troppo tardi, non era più possibile
risolvere al meglio i problemi immediati, lo si poteva solamente
ritenere un fatto morale, la realtà era troppo incalzante ed il
succedersi degli avvenimenti non permetteva minimamente alcuna
possibilità di organizzazione, tanto meno si poteva portare avanti il
programma del cosiddetto, "ridotto della Valtellina". Era
veramente la fine di tutto e, se di fine ingloriosa si è trattato,
bisogna darne una grossa responsabilità alla resa improvvisa e non
prevista dell"alleato" tedesco.(32) Vi
è un altra considerazione da fare: nel dopoguerra nessun fascista venne
processato per i cosiddetti "crimini di guerra": seppur in un
contesto di giustizia discutibile, intrapreso dai vincitori sui vinti e
considerando la volontà perversa di "criminalizzare a tutti i
costi la parte sconfitta" in un modo che non si era mai verificato
nella storia, è pur vero che i fascisti italiani non subirono da parte
degli angloamericani nessun procedimento similare. Gli
unici processi e le relative condanne avvennero in Italia, condanne
proposte ed eseguite da italiani su altri italiani. Questa è stata la
logica inumana della guerra civile! Con
questa pubblicazione non abbiamo nessun intendimento di rinfocolare odi
e rancori della parte sconfitta; è giusto però che le nuove
generazioni conoscano le tradizioni, il passato la storia, attraverso
fatti, avvenimenti e comportamenti degli uomini , ma in modo non
unilaterale e manicheistico. Non
è possibile che possano essere stati tutti dei delinquenti gli uomini
che a quell'epoca si schierarono con la parte sconfitta. Erano i nostri
fratelli e padri, i nostri nonni o bisnonni, facevano parte della nostra
terra, credevano in una società diversa, in tempi in cui le parole
dignità, onore e fedeltà avevano una grande importanza, contrariamente
a quelli che invece sono i valori o "non valori" dei nostri
tempi. Modena
è una città, nonostante gli avvenimenti di quell' epoca, civile ed
aperta al dialogo; la civiltà di una comunità si dimostra anche in
questo contesto. Che Modena sia stata "liberata" dai
partigiani o conquistata dalle truppe angloamericane, alla luce dei
tempi attuali, non assume più una grande importanza, ma è importante
per tutti noi e per le generazioni future che la storia non venga
strumentalizzata dal potere politico, in modo falso e bugiardo. I
fatti che seguono nella cronaca di questo volume, non possono e non
devono essere totalmente cancellati; gli uomini che hanno vissuto,
combattuto, lottato e che sono morti per un ideale di società, che
ancor oggi viene proposto come modello perverso, hanno tutti i diritti
per essere riammessi nella memoria storica degli italiani, a pari
condizione degli altri che combatterono per il loro ideale e che sono
continuamente ricordati e citati nella storia a senso unico che sino ad
oggi è stata propinata ai modenesi ed agli italiani tutti. NOTE 1 cfr. articolo del giornalista Antonio De Carlo -
Giornale nuovo - 26 Aprile 1985, dal titolo: "Una rievocazione
controcorrente dei giorni della liberazione: Tra tedeschi e
repubblichini in fuga e l'avanguardia dei carri alleati c'era chi
abbatteva gatti sui tetti." 2 cfr. E. Gorrieri: "La repubblica di
Montefiorino" pag. 667 3 ibidem pag. 674 4 Dal Diario storico della Brigata partigiana Mauro
che operava tra Saliceta, Cognento e Madonnina in E. Gorrieri, op. cit.
pag. 675 n.22 5 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 676 6 ibidem 7 cfr. R. Barazzoni : "Liberazione dell'Emilia
Romagna" pag. 122 8 cfr. A. Pedrazzi in "Liberazione di
Modena" in: "Rassegna di Storia dell'ISR , Nuova serie anno V°
Aprile 1985, pag. 145 9 ibidem pag. 148 10 E. Gorrieri, op. cit. pag. 680 11 ad esempio molti articoli, nella serie delle Riviste
dell'ISR riportano avvenimenti ed episodi di quei giorni visti tutti
esclusivamente in una formula celebrativa ed apologetica e che lasciano
molti dubbi, anche per molti
storici della resistenza, sulla loro autenticità. 12 Si possono citare alcuni brani tratti dalla monumentale
"Cronaca dell'occupazione nazifascista
di Modena" e pubblicati in minima parte dall'ISR, di Adamo
Pedrazzi. Oltre al molto citato E. Gorrieri, che almeno, pur nell'ottica
antifascista, riporta fatti ed episodi con molta obbiettività e non si
indulge alle formule incensatorie e celebrazionistiche della maggior
parte della storiografia resistenziale. 13 cfr. articolo di A. Del Carlo, cit. 14 ibidem 15 cfr. articolo di I. Vaccari: "Modena Domenica 22
aprile 1945" in ISR n. 1 1960, pag. 76. 16 cfr. le cronache di questi giorni, nelle pagg.
seguenti. 17 cfr. I. Vaccari op. cit. pag. 84 18 cfr. E. Gorrieri op. cit. pag. 681 19 ibidem 20 ibidem pag. 686 21 ibidem pag. 687 22 ibidem pag. 689 23 ibidem pag. 690 n.51 24 cfr. G. Silingardi, "I giorni del fascismo e
dell'antifascismo" pag. 250 25 cfr. ivi, cap. "Clero e resistenza" 26 cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 250 27 ibidem pag. 252 28 cfr. A. Giovannini, "I giorni dell'odio - Italia
1945", monografia , nel cap. a firma Vittorio Mussolini: "25
Aprile" a pag. 111. 29 cfr. E. Kuby: "Il tradimento tedesco" Ed.
Rizzoli 1983. 30 cfr. V. Mussolini, op. cit. pag. 133 31 ibidem 32 ibidem.
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Manifestino partigiano
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