GUERRA CIVILE NEL MODENESE
La Storia di Modena dal 1919 ad oggi la trovi sul sito: http://xoomer.virgilio.it/modenatua/index.htm
Introduzione Per
oltre quindici anni le pagine di questo libro, pensate e scritte con lo
scopo di far conoscere all’opinione pubblica un quadro,
accettabilmente esauriente, del periodo della guerra civile in
territorio modenese e fuori dei luoghi comuni del più vieto conformismo
“resistenziale”, sono rimasti chiuse in un cassetto per le enormi
difficoltà, sempre incontrate, a trovare editori disposti ad assumersi
la responsabilità nell’affrontare argomenti inerenti un periodo
storico visto, da sempre, in chiave manichea ed unilaterale e
strumentalizzato ai fini politici da una sola parte. Si
aveva intenzione, sin da allora, affrontando questo tema e rivisitando
la vasta messe di pubblicazioni della storiografia antifascista relativa
al microcosmo storico della Provincia modenese, di dare un contributo a
superare il discorso della guerra civile, affrontandolo anche dal punto
di vista della parte soccombente onde controbilanciare l’enorme
pubblicistica proposta a piene mani da coloro che, aggregandosi allo
strapotere delle forze armate anglo americane, i veri vincitori della
seconda guerra mondiale, si sono trovati a beneficiare di un risultato
ottenuto scatenando all’interno della nostra Patria una lacerante e
sanguinosa lotta tra fratelli. Per
poterlo impostare, tale problema, era ed è ancor oggi opportuno, che
anche dalla parte dei perdenti si potesse, quantomeno, mettere sul piano
della discussione storiografica, una visione obiettiva e anch’essa
sfoltita di tutti gli aspetti agiografici della storiografia di parte
fascista. Nel
nostro territorio pochissime ricerche sono state fatte da questa
componente e quel poco in forma ridotta e non completamente documentata
oltre che limitata, nella sua divulgazione, ad un ristretto settore
dell’opinione pubblica che in realtà, quel periodo storico lo conosce
per averlo vissuto sulla propria pelle. Il
nostro è un tentativo di divulgare la storia di quegli anni, da un
punto di vista il più possibile obiettivo, essendoci basati
fondamentalmente su notizie di cronaca, onde contrastare l’imperante
storiografia “resistenziale” sovvenzionata e manipolata, in
grandissima parte, dal Partito Comunista. Il
crollo del comunismo in Europa e nel mondo, ma non ancora del tutto
digerito in Italia, che solitamente arriva con anni di ritardo ai grandi
appuntamenti della storia, ha portato molti storiografi ed
ex-intellettuali della sinistra, sempre opportunisti in verità, alla
ricerca del superamento e della discussione critica del periodo storico
della Repubblica Sociale Italiana e di converso della resistenza. La
strumentalizzazione portata avanti per cinquanta anni dal gruppo di
partiti politici facenti parte del cosiddetto “arco costituzionale”
oltre che dagli incensatori acritici della resistenza, ha mostrato la
corda. Della “fede”, nella quale si sono riconosciuti, crogiolati e
ben pasciuti i seguaci dell’imperialismo russo e del capitalismo
americano, è rimasto ben poco. E’
anche vero che in brevissimo tempo si sono rivoltate interpretazioni
storiche che sino ad ieri sembravano dogmi assoluti; oggi si possono
leggere analisi e giudizi sulla resistenza, da parte d’ex partigiani o
d’antifascisti che, sino ad ieri, sarebbero stati considerati come
farneticazioni o eresie dei soliti “nostalgici fascisti”. La
rivisitazione di tanti aspetti e di tanti personaggi del fascismo, anche
del periodo della RSI, attuata da autori che non hanno mai avuto
simpatie per quel movimento e che ovviamente continuano a prenderne le
distanze è sintomatico di una volontà di ripercorrere con nuove, per
loro, e più obiettive valutazioni la storia di quegli anni tormentati. Gli
storici che prendono in esame gli anni del fascismo, in modo particolare
la sua ultima appendice della RSI, e che sono chiamati, con un termine
non corretto a nostro parere, “revisionisti”, stanno svolgendo un
lavoro di notevole interesse e d’enorme portata storica. Scrollatisi
di dosso le logore impostazioni di una certa cultura della sinistra,
che, attenzione, allora sembrava quella vincente, molti autori, tra i
quali citiamo, Renzo De Felice, Domenico Settembrini, Franco Bandini,
Giordano Bruno Guerri, Romolo Gobbi ed altri, hanno iniziato a
“studiare” il Fascismo con maggior approfondimento, scoprendo che,
in realtà, non fu poi quel “fenomeno demoniaco “ che per
lunghissimo tempo si è voluto fare apparire e che moltissimi uomini di
quel tempo furono degli statisti d’alto livello e dei politici
estremamente validi sul piano nazionale ed internazionale e che la vita
italiana ebbe in quegli anni un formidabile sviluppo sul piano sociale e
culturale. E’
bene pertanto che sul versante opposto si cominci a superare il concetto
d’anticomunismo fine a se stesso; concetto che, con il crollo
dell’impero sovietico, sebbene abbisogni ancora di studi maggiormente
approfonditi per capirne meglio il fallimento, va notevolmente
ridimensionato dato che sarebbe estremamente riduttivo considerare il
fascismo solamente in funzione di un anticomunismo viscerale, poiché,
non bisogna dimenticarsi, che esso nacque come espressione ideologica da
contrapporre, principalmente, al liberal-capitalismo, onde superare poi
i due aspetti conflittualmente negativi dello scontro tra questa
concezione e quella marxista della lotta di classe. Ma
per far questo è necessario che si possa conoscere la storia in modo
corretto e ricominciare a leggerne, nei suoi giusti termini, tanti
aspetti compreso il “mito della resistenza”. Queste
pagine sono dedicate alla rivisitazione storico-cronologica del periodo
43-45 in Provincia di Modena ed è bene sottolineare che la ricerca è
stata condotta consultando, quasi esclusivamente, ovviamente in forma
critica e di aggiustamento dei fatti, la vasta storiografia
resistenziale ed in minima parte, anche perché pochissimo esiste, la
ridotta storiografia locale di parte fascista. Un
altro dato che vorremmo mettere in evidenza è la persecuzione dei
fascisti, iniziata da tutte le componenti del CLN in periodo di guerra
civile, portata avanti poi, dai nipotini di questa “partitocrazia”
dell’arco costituzionale, sino ai giorni nostri. Coloro
che, negli ultimi cinquanta anni e in particolare nelle nostre zone,
hanno espresso idee, opinioni e prese di posizione contrastanti il
potere demo-comunista costituitosi e radicatosi sino alle manifestazioni
più perverse di ruberie e collusioni mafiose, ha subito in
continuazione l’ostracismo e la messa al bando in un modo così
subdolo e persecutorio da far scomparire le forme di censura messe in
atto durante il ventennio contro gli antifascisti, in poche parole,
terminate le condanne a morte dell’immediato dopoguerra erano
comminate condanne tacite di morte civile a coloro che si trovavano
fuori dal coro incensatorio del regime partitocratico. E’
giunto il tempo di uscire da quel tunnel di menzogne nel qual è stato
tenuto il popolo italiano in questi ultimi decenni e fare in modo che le
nuove generazioni abbiano la possibilità di valutare correttamente,
facendo i dovuti confronti, le interpretazioni storiche delle due parti
in lotta e rendersi conto di come si comportarono gli italiani, non solo
quella piccola minoranza che si accodò poi al carro del vincitore, ma
anche di coloro che ebbero l’onestà ed il coraggio di restare sulla
barricata più difficile e comprendere pertanto cosa fu realmente la
guerra civile e come fu trasformata in guerra di liberazione più con le
parole del dopoguerra che con la realtà dei fatti; anche per vedere
finalmente chiuso quel capitolo di storia italica, ma in modo
possibilmente corretto ed obiettivo e non nella forma manicheista con la
quale sino ad oggi sono state educate tante generazioni. E’
altresì interessante oggi, leggendo tanti storici con chiara matrice di
sinistra che nei lunghi anni del conformismo “resistenziale”
imperante contribuirono a creare quel mito, vedere come questi cerchino
di adattarsi ai tempi nuovi, rivisitando in un ottica che sino a
l’altro giorno poteva essere definita “fascista”, quel tragico
periodo della guerra civile. Nella
vasta messe di testi, che però rimangono ai margini e non sono
pubblicizzati in modo quanto meno paritetico a quelli incensatori della
resistenza, troviamo dei passaggi significativi, alcuni dei quali
andremo a citare, come questo ad esempio, riportato nella presentazione
del libro di Romolo Gobbi, “Il mito della resistenza”. “Nel
dopoguerra l’Italia ufficiale ha dato corpo al mito della resistenza
per ricostruire una identità nazionale e per assolvere i suoi cittadini
dalla colpa di essere stati in larghissima maggioranza fascisti e di
essere scesi in guerra a fianco della Germania hitleriana” Ancor
più interessante è l’opinione di un ex partigiano combattente, certo
Francesco Montanari, che in questo modo si esprime nei confronti dei
suoi compagni di viaggio del periodo della guerra civile: “Questa
Repubblica nata dalla resistenza è marcia, come lo fu anche la
resistenza, infatti, la maggioranza dei partigiani era costituita non da
idealisti, ma da renitenti e poi da malfattori del tipo degli onorevoli
comunisti Moranino e Silvio Ortona o da figure esecrabili come la
medaglia d’oro Bentivegna e “Compagni”...... La
maggior parte delle imprese eroiche dei partigiani comunisti
consistettero nell’uccisione di qualche tedesco isolato per poi darsi
a precipitosa fuga, pur sapendo che, così, la popolazione civile
avrebbe dovuto pagare dolorose conseguenze.....omissis........ I
comunisti, come ebbe a dire Edgardo Sogno, lottarono durante la
resistenza non tanto per liberare l’Italia dal tedesco invasore o dal
fascismo, quanto per poter installare, finita la guerra, la dittatura
comunista.” E’
pertanto opportuno che la componente che rimase sconfitta in quel
tremendo scontro di uomini e di ideologie possa anch’essa, senza voler
rinfocolare odi e vendette, anzi per superare tutti gli steccati,
partecipare al dibattito storiografico e in modo particolare nel
territorio modenese dove, pur sempre, il fascismo, sia originario, che
del regime del consenso, si era fortemente radicato e che poi nel breve
volgere di tempo si cercò di estirpare radicalmente e i modenesi, dopo
essere stati tutti o quasi, fascisti, diventarono tutti o quasi,
comunisti. Vi
è stato in questo ribaltamento storico un aspetto che non deve essere
trascurato e che andrebbe maggiormente approfondito. Gli abitanti della
nostra Provincia aderirono sin dagli anni ‘20, in modo entusiastico,
al fascismo e diedero una grandissima partecipazione popolare anche nel
periodo della RSI. Questa
partecipazione era veramente sentita poiché vi era stata la
convinzione, in modo particolare da parte del popolo e delle classi meno
abbienti, che quel movimento potesse portare, come realmente fece
seppure non compiutamente, le masse operaie e contadine fuori da quello
stato di arretratezza e di miseria nel quale erano rimaste da sempre,
attraverso tutte quelle realizzazioni sociali che portarono il fascismo
all’avanguardia nel mondo. Nel
dopoguerra, dopo la sconfitta del fascismo, queste classi sociali furono
facile preda della falsa ideologia comunista che predicava
l’eguaglianza e la lotta di classe. Però le cose non andarono nella
direzione programmata dalla classe dirigente comunista che aspirava alla
realizzazione di un perfetto regime di tipo sovietico, e pur
trincerandosi dietro alle truculenti formule del più rozzo comunismo di
quei tempi, si adeguarono alle impostazioni delle formule
liberal-capitaliste traendone tutti i vantaggi, in modo particolare nel
nostro territorio, impostando una fittissima ragnatela di interessi
economici da far invidia al più sfrenato capitalismo; nello stesso
tempo restavano legati al comunismo di stampo sovietico che, nel
frattempo, portava danni irreparabili nelle nazioni dove imperava con il
terrore. Sono
poi, ovviamente, rimasti ancorati al mito della resistenza e della
cosiddetta unità antifascista che nella realtà dei fatti è servita a
far entrare in Italia e prepotentemente, quel sistema
liberal-capitalista agganciato e colluso alla mafia siculo americana che
dichiaravano di voler combattere. E’
dai tragici giorni della guerra civile che è scaturito il sistema che
ha retto, nelle forme che andiamo sempre più scoprendo, attraverso il
lavoro della magistratura, il nostro Paese, che finalmente ha iniziato
un processo di revisione, cercando di rovesciare quella prima Repubblica
che non vuole morire, ma che i risultati elettorali del Marzo 1994 hanno
cominciato a sgretolare. E’
stata quella classe politica, forgiatasi con la forzata penetrazione
della mafia in Sicilia con lo sbarco americano del 1943, a portare allo
sfascio completo la società italiana che, malgrado quel potere
disonesto ed irresponsabile, era pur riuscita, con l’operatività dei
suoi uomini migliori, a raggiungere ottimi traguardi. Vogliamo
inoltre sottolineare che, con quest’iniziativa, non intendiamo scavare
ulteriori fossati, bensì vorremmo portare un contributo a quel
dibattito, civile e sereno, che si dovrebbe instaurare per giungere
finalmente alla vera pacificazione nazionale. E’
altresì evidente che, se di rappacificazione si deve parlare, essa
debba essere interpretata pariteticamente; la buona volontà ed il
coraggio per superare questo steccato deve esserci da parte di tutti. Si
tratta solamente di lasciare alla storia gli avvenimenti di quei
laceranti anni di guerra civile, abbandonando tutte le
strumentalizzazioni politiche. La Storia di Modena dal 1919 ad oggi la trovi sul sito: http://xoomer.virgilio.it/modenatua/index.htm
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