Dicembre 1943

GUERRA CIVILE NEL MODENESE

 

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Dicembre 1943

 MERCOLEDI 1 DICEMBRE 1943

 L'Ufficio politico della Questura di Modena venne diretto, nel periodo della RSI, dal capitano Vincenzo Falanga; nel dopoguerra il Falanga venne processato assieme ad altri esponenti del Fascismo repubblicano modenese, quali: Armando e Giovanni Tarabini, Goffredo Degidi e Leonildo Franchetto. In quel processo, il Capo di Gabinetto del questore, Dott. Vecchione, così si espresse nei confronti del Capitano Falanga:

 "era affetto da mania poliziesca, cinico e crudele, circondato da elementi con pessimi precedenti penali. Godeva della massima fiducia del Federale Giovanni Tarabini e si serviva di donne di malaffare, come di provocatrici e delatrici. Falanga era l'anima nera del capo della Federazione modenese Giovanni Tarabini."(1)

 Nel gran polverone sollevato dalla storia resistenziale in tutti questi anni, sia per portare avanti l'opera disgregatrice del PCI, sia per tenere legati gli italiani alla falsa visione ideologica dell'antifascismo, ma anche per mascherare gli orrendi delitti commessi prima e dopo il 25 Aprile da molti partigiani, è sempre stato messo sotto accusa tutto il personale della polizia repubblicana attraverso un vero e proprio linciaggio, fisico e morale.

 GIOVEDI 2 DICEMBRE 1944

 Il problema del comportamento della polizia fascista e di quella modenese in particolare è un elemento importante per inquadrare il fenomeno relativo alla demonizzazione riservata in modo particolare a questi corpi, in quanto la storiografia resistenziale, che ha accomunato tutte le strutture politiche, militari, civili e di polizia in un assieme di persone dedite alle più turpi attività, comprese le sevizie e le torture, insomma un accozzaglia di gente sadica ed assetata di sangue non ha mai fatto delle distinzioni di alcun tipo. Uomini perversi ed uomini d'onore si sono sempre trovati sotto tutte le bandiere, ma, trattando tale scottante argomento, non bisogna dimenticare le premesse ed avere anche la capacità di calarsi in quell'arroventato periodo che, oltre ad una guerra guerreggiata sul nostro territorio da potenti eserciti, vedeva svolgersi contemporaneamente una spietata guerriglia fatta di continui agguati, di uccisioni, di ruberie e di esecuzioni sommarie che molte volte nulla avevano a che vedere con ciò che sino allora dovevano essere considerati gli "atti di guerra".

In ogni paese del mondo ed in qualsiasi regime, sia che si tratti di far fronte ad una guerriglia nata per ribellione allo straniero o che si tratti di uno scontro tra fazioni politiche o d'altro tipo, opposte, i problemi che devono affrontare le polizie sono della stessa natura.

La guerriglia vive nella clandestinità ed opera fondamentalmente in un ambiente dove le complicità, le infiltrazioni e il terrore sono il suo "humus" preferito, sia che si svolga nei centri urbani sia nelle campagne. Di conseguenza si basa su strutture esili, estremamente mobili e difficilmente localizzabili. E tutti gli Stati hanno dovuto, devono e dovranno sempre affrontare, laddove si presentino, tali situazioni. Si possono citare quelle createsi, dal dopoguerra ad oggi, sui vari scacchieri mondiali: in Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan, Polonia ecc. per i russi; in Algeria e in Indocina, poi a casa con l'OAS ed Action Directe per i francesi; nei vari distretti dei Dominions e del Commenwalt e in Irlanda del Nord, per gli inglesi; per gli israeliani in Libano e in Palestina; per non parlare poi di tutti paesi sud americani e dell'Italia stessa degli ultimi anni, con le varie forme di terrorismo politico e mafioso.     

 VENERDI 3 DICEMBRE 1943

 Sempre a proposito dei problemi di polizia sarebbe opportuno, nello stesso contesto, esaminare le motivazioni e gli aspetti comportamentali della "polizia partigiana" sia durante il periodo della RSI che al termine della guerra civile. Quando leggiamo nelle ricostruzioni di parte antifascista, del periodo della RSI, d’eliminazioni di "spie fasciste", in molti casi abbiamo a che vedere con operazioni di polizia partigiana che interveniva con torture e sevizie(2) o con l'eliminazione fisica dell'avversario, che poteva essere un "infiltrato" o un delatore, a volte ispirato da posizioni ideologiche, a volte da semplici e disprezzabili motivi d’interesse personale, ma spesso da istintiva rivolta contro gli stessi partigiani per le vessazioni che questi portavano alla popolazione civile. Lo stesso discorso si può ribaltare per quegli uomini della resistenza che si "infiltravano nelle file fasciste", con gli stessi metodi, vedi ad esempio il caso degli "infiltrati nella GNR nell’operazione di Pavullo del 8 Gennaio 1944, ed alla quale inviamo il lettore.

Con quale sistema hanno operato i reparti partigiani quando hanno catturato militi repubblicani o civili fascisti? Basta citare l'esecuzione dei fascisti a Montefiorino durante il periodo della cosiddetta "repubblica" oppure l'eliminazione dei fascisti catturati a Fanano, nel Maggio del 44, e poi sbrigativamente sepolti a Capanna Tassoni.

La polizia partigiana, nelle giornate successive al termine della guerra, ha svolto un vero e proprio meticoloso lavoro di "eliminazione" che non ha precedenti nella storia italiana.

 SABATO 4 DICEMBRE 1943

 Altro elemento di fondamentale importanza, e da tener presente in questo quadro, è la massiccia presenza tedesca. I reparti dei servizi di sicurezza dell'Esercito tedesco operavano autonomamente ed erano comandati da gente dura che aveva svolto tali compiti già in altre situazioni nei vari fronti europei e che si valeva sino all'esasperazione delle precise leggi di guerra nella Convenzione di Ginevra; dal loro punto di vista e a prescindere dall'operato della RSI, dovevano ad ogni costo mantenere l'ordine nei territori dove si trovavano a combattere per avere una certa tranquillità nelle retrovie del fronte. E non va’ dimenticato che questi erano calati in Italia, dopo lo sbarco anglo-americano in Sicilia, per difendere il nostro territorio e collaborare con l'esercito italiano; e se si sono trovati al 25 Luglio ed all'8 Settembre di fronte ad una situazione così delicata quale era diventata quell’italiana non dipendeva dalla loro volontà.

I tedeschi si servirono, indubbiamente, di un certo numero di collaboratori italiani, i quali, chi in divisa tedesca, chi in borghese si misero a disposizione di quella polizia. E come sopraddetto, alcuni motivati da affinità ideologica, altri invece spinti da sentimenti meno nobili, aiutarono i reparti di polizia germanica anche in azioni di rastrellamento e di repressione contro fratelli italiani. Ma questa gente, nella maggioranza dei casi nulla aveva a che fare con le strutture della RSI. Anzi si crearono spesso enormi divergenze e grossi antagonismi tra il modo di procedere della polizia italiana e quella tedesca. Nella quasi totalità delle rappresaglie tedesche effettuate sulle popolazioni italiane innocenti per la ritorsione nei confronti d’attentati e d’uccisioni di militari teutonici, quasi mai intervennero soldati della RSI. E raramente le forze repubblicane si lasciarono andare, ad imitazione o per scelta propria, a feroci rappresaglie quando erano i fascisti ad essere uccisi in imboscate dal piombo partigiano. Certo ci furono degli eccessi, uomini di qualche reparto si macchiarono di veri e propri delitti, ma questi non possono essere attribuiti a tutti i reparti della polizia repubblicana che non può essere tacciata di brutalità istituzionale, o di crudeltà sistematica, o di sadismo ideologico.

 DOMENICA 5 DICEMBRE 1943

 L’Arcivescovo di Modena, Mons. Cesare Boccoleri, invia una lettera a tutto il clero della Provincia, per dare consigli circa il comportamento da tenere in quel delicato periodo, nei confronti dei parrocchiani e dell'opinione pubblica in generale:

 "Mi rivolgo a Voi, carissimi cooperatori, per ricordarvi ciò che tante volte già vi ho scritto e detto, e per raccomandarvi di continuare ad essere prudenti nei vostri discorsi, di non fare dell'altare una tribuna, di non avventare giudizi, di non compromettere con atteggiamenti ed atti inconsiderati voi e i vostri confratelli.

Inculcate a tutti l'osservanza dei comandamenti di Dio, che proibiscono di attentare all'ordine sociale, di usare violenza contro le persone, provocando dolorose rappresaglie, di commettere ingiustizie nei commerci ed in tutte le relazioni con il prossimo, di darsi all'immoralità, che infrange le migliori energie fisiche e morali dei popoli."(3)

 LUNEDI 6 DICEMBRE 1943

 La posizione della stampa repubblicana modenese ed in modo particolare quella del quotidiano locale "Gazzetta dell'Emilia", risulta, in certo qual modo, anomala rispetto a ciò che accadde nelle direzioni di tanti altri quotidiani nazionali.

Come abbiamo visto, il primo direttore del giornale, quell'Enrico Cacciari che ancora in questi giorni è il responsabile del quotidiano modenese, dal mese di Gennaio del 1944, esattamente dal giorno 17, è esautorato dalla sua posizione e sostituito da Vittore Querel. Va’ sottolineato che sin dal sorgere della RSI, e per tutti i seicento giorni, convissero tra i fascisti repubblicani due tendenze: quella estremista e quella moderata, sia sul piano delle realizzazioni sociali che su quello, ben più pressante e contingente per la ricerca della formula più adatta per contrastare la graduale, ma sempre più prepotente presenza delle forze "ribelli". In molte città italiane, ed anche nel modenese, vi furono contatti tra fascisti e componenti del CLN, comunisti compresi. In alcune assemblee fasciste presero la parola rappresentanti dei partiti politici e lo scopo era, da entrambe le parti, di frenare, in quei delicati frangenti, le tensioni e le prospettive di quella che appariva già, come una guerra civile di grandi proporzioni.

Si intravedevano, nelle varie testate dei giornali italiani, le linee di tendenza e le divergenti prese di posizione dei direttori che, negli articoli di fondo, esponevano i loro punti di vista circa le problematiche più assillanti del momento.

Nei primi periodi, la linea di condotta emergente era senz'altro indirizzata alla ricerca della pacificazione nazionale e la maggioranza degli articolisti, se si esclude qualche scritto violento nei confronti dei traditori fascisti del 25 Luglio e degli approffittatori di regime, aveva portato avanti un discorso di distensione e di ricerca dell'unità nazionale. Ma poi, con lo scatenarsi della guerriglia comunista e con lo stillicidio quotidiano d’uccisioni di fascisti in agguati e imboscate, questo atteggiamento si tramutò in una feroce e spietata accusa contro i "ribelli". A Modena la linea dura fu invece instaurata dal Cacciari nel primo periodo, ma trovò notevole ostracismo tra le file dello stesso PFR modenese tanto che si addivenne alla sostituzione con il moderato Vittore Querel che, in molti suoi articoli, evitando i toni duri del primo direttore, cercò addirittura il colloquio con i partigiani.

In molte altre città, al contrario, ad un periodo impostato sulla ricerca della pacificazione, subentrò quello dei duri; ne sono esempio gli articoli di Concetto Pettinato su la "Stampa" di Torino e quelli della medaglia d'oro Carlo Borsani, direttore di "Repubblica Fascista", che venne esautorato dalla carica di Direttore di una delle più prestigiose testate di quel periodo poiché, in una serie d’articoli, prospettò tendenze possibiliste. Fu lo stesso Ministro della Cultura Popolare, Ferdinando Mezzasoma, a stigmatizzare gli scritti a suo dire troppo condiscendenti nei confronti dei "ribelli", del decorato al valore, che venne bestialmente assassinato, alla fine del mese d’Aprile del 1945, dai partigiani rossi e gettato, a Milano, in un bidone della spazzatura.

 MARTEDI 7 DICEMBRE 1943

 Nel modenese, le due linee di tendenza del fascismo repubblicano si possono identificare, in questo primo periodo, nella linea moderata dei Solmi, Tarabini e Pansera, mentre la linea intransigente, che era seguita da molti membri del Direttorio, aveva come maggior esponente appunto il direttore della Gazzetta, Enrico Cacciari. Successivamente, e dal momento in cui, all'interno del CLN, la componente comunista prese il sopravvento e venne portata avanti la lotta "dura e spietata", le cose cambieranno e i fascisti null'altro poterono fare se non la ricerca di una difesa disperata ed un ribattere colpo su colpo ad ogni attentato e ad ogni uccisione effettuata dai partigiani.

 MERCOLEDI 8 DICEMBRE 1943

 Rientrano dalla Germania, dove erano stati internati dopo l'8 Settembre, diecimila soldati italiani per riprendere le armi contro gli invasori angloamericani.

 GIOVEDI 9 DICEMBRE 1943

 Come abbiamo visto, il direttore della Gazzetta dell'Emilia, Dott. Enrico Cacciari, che per molti ambienti del Fascismo Repubblicano, a quel momento, esasperava nei suoi articoli le forme di vendetta che richiedeva a getto continuo, ebbe un primo richiamo da parte del Ministero degli Interni.

 VENERDI 10 DICEMBRE 1943

 Nelle cronache di un resocontista modenese di quel periodo, si parla di un arresto, che sarebbe avvenuto in questo giorno, del sopracitato Direttore del quotidiano locale.(4)

SABATO 11 DICEMBRE 1943

 In occasione del terzo anniversario del Patto tripartito tra Italia, Germania e Giappone, Mussolini conferma ai capi di Stato e ai popoli delle Nazioni alleate, l'allineamento della Repubblica Sociale Italiana e dei suoi soldati.

 DOMENICA 12 DICEMBRE 1943

 Viene nominato Capo della Provincia di Modena, in sostituzione del Dott. Giancarlo Luzi, il Dott. Pier Luigi Pansera. Un altro modenese, che ebbe molta parte in tanti episodi del tormentato periodo della RSI, il Dott. Enrico Vezzalini, diventava Prefetto della Provincia di Ferrara.

 LUNEDI 13 DICEMBRE 1943

 Vittorio Mussolini viene eletto, in Germania, segretario dei Fasci italiani all'estero, nella prima assemblea di questa istituzione.

 MARTEDI 14 DICEMBRE 1943

 Nelle prime formazioni partigiane della nostra Provincia, non regna l'accordo e la situazione all'interno delle stesse diventa particolarmente tesa. La formazione dei sassolesi, guidata da Giovanni Rossi non è ben gradita nelle zone dove si era rifugiata e i giudizi che vengono espressi su questo partigiano, dagli stessi suoi colleghi, sono ben poco lusinghieri.(5) Non vuole il commissario politico nella sua formazione, si scontra con il parroco di Monchio, Don Braglia, minacciando di ucciderlo e inoltre:

 "i rapporti con la popolazione locale non erano certo buoni ma Rossi trovò modo di urtarsi anche con gli abitanti di Lago e Palagano."(6)

 MERCOLEDI 15 DICEMBRE 1943

 La storiografia partigiana, relativamente a questo periodo e con particolare riferimento alla zona della bassa modenese, è infarcita d’episodi falsi o inventati o tutt'al più retrodatati. Chi parla in questi termini, accusando di falso o d’invenzioni la storia partigiana non è, come potrebbe sembrare, di parte fascista; queste considerazioni, accompagnate da citazioni e date, oltre che da commenti ben poco lusinghieri, si trovano in una pubblicazione di chiara matrice antifascista.(7)

 GIOVEDI 16 DICEMBRE 1943

 In questa data un ispettore del PCI inviava, al centro del suo partito, un rapporto sulle impressioni avute nel corso di una serie di visite effettuate nelle Provincie Emiliane compresa quella modenese, dove si rilevava che:

"pur essendo nelle quattro Provincie l'organizzazione ancora in via di sviluppo, ne risultava comunque un partito "poco legato alle masse", nei confronti delle quali a volte vi era "debole fiducia"."(8)

 VENERDI 17 DICEMBRE 1943

 In una delle prime azioni partigiane della "banda Rossi", viene catturato, secondo la storiografia partigiana, a Frassinoro, un certo Ragionier P. Condannato a morte dai partigiani, venne salvato dall'intervento di Don Costantino Bortolotti; rimase per un pò di tempo loro prigioniero, poi scappò, per essere di nuovo ripreso ed ucciso durante i 40 giorni della "Repubblica di Montefiorino".(9)

 SABATO 18 DICEMBRE 1943

 Il Capitano Gino Greco, che verrà massacrato dai partigiani al termine del conflitto, si trovava in questo periodo, come Comandante del Battaglione Fanteria istruzione delle reclute del nuovo esercito Republicano, in quel di Sassuolo e in una sua relazione al Capo della Provincia, dichiarava la sua insoddisfazione per come andavano le cose, sia per le reclute non completamente adeguate al nuovo spirito dei reparti repubblicani sia per quanto riguardava la situazione alimentare degli stessi reparti.(10)

 DOMENICA 19 DICEMBRE 1943

 In tutto il Nord Italia si comincia a vivere pesantemente il clima drammatico della guerra civile. Già molti fascisti erano stati uccisi dai comunisti in varie località. In questi giorni l'opinione pubblica venne particolarmente colpita per lo spietato assassinio del Commissario federale del PFR di Milano, Aldo Resega.

 LUNEDI 20 DICEMBRE 1943

 In data odierna, e in seguito allo sviluppo della riforma dello Stato voluta dall'Assemblea, al Congresso di Verona, vengono socializzate, nel modenese, le prime aziende agricole. A Piumazzo, l'azienda che era stata di proprietà del Conte Dino Grandi, uno dei principali responsabili del colpo di stato del 25 Luglio, viene gestita dal commissario, nella persona dell'Ing. Cesare Franco; a Nonantola altre otto aziende, di svariati proprietari, verranno gestite dall'Avv. Carlo Zanni.(11)

 MARTEDI 21 DICEMBRE 1943

Continuano ad essere socializzate altre aziende che, in molti casi, sono di proprietà di famiglie ebree. In questo giorno, tre aziende a Campogalliano ed una a Soliera vengono socializzate e passate alla gestione di tale, Romeo Prampolini.

MERCOLEDI 22 DICEMBRE 1943

 La situazione alimentare, sebbene non drammatica, è particolarmente difficile nel capoluogo della nostra Provincia. In questo giorno, con disposizione Prefettizia, viene diramato un decreto indirizzato ai raccoglitori ed ai produttori delle nostre zone, affinché si provvedesse al rifornimento della città, dei generi maggiormente richiesti.(12)

 GIOVEDI 23 DICEMBRE 1943

 In pianura, altre aziende di Finale Emilia, Bomporto e Bastiglia vengono socializzate, passando sotto la gestione dei commissari nominati dal PFR modenese, in questo caso nelle persone di Achille Marazzi e Fioravante Azzali.

Uno scontro armato, tra militi della GNR ed un gruppo di "sbandati", si verifica sul nostro Appennino a Gusciola in località Rio di Porcinago. I militi fascisti si scontrano con uno di questi gruppi ed intimano loro di arrestarsi e di farsi riconoscere, ma questi rispondono con una fittissima sparatoria nella quale resta ucciso il milite della GNR:

PIFFERI LINO.(13)

 VENERDI 24 DICEMBRE 1943

 Così il quotidiano locale pubblicava la notizia del fatto d'armi avvenuto a Gusciola:

 "Ieri mattina, circa alle ore 11 è stato ucciso presso Gusciola di Montefiorino il carabiniere Lino Pifferi. Il carabiniere Pifferi si recava insieme ad un brigadiere a Gusciola per motivi di servizio. I carabinieri sono caduti in una imboscata, accolti da fucilate e lancio di bombe a mano. I carabinieri si sono difesi, ma il Pifferi è rimasto vittima del dovere."(14)

 L'agguato venne teso dalla pattuglia partigiana guidato da Teofilo Fontana che venne poi eletto Sindaco della cosiddetta "Repubblica di Montefiorino", nel Luglio 1944.(15)

Un reparto della GNR, comandato dal Cap. Mori, effettua immediatamente un rastrellamento nella zona e parecchi giovani vennero catturati tra i quali Carlo Tincani che verrà poi fucilato, assieme a Ultimo Martelli, al poligono di tiro della Sacca a Modena, il 1° Gennaio 1944.

 SABATO 25 DICEMBRE 1943

 Primo Natale di guerra tra fratelli! In questa giornata vi è un breve momento di riflessione su quanto di tragico sta avvenendo in buona parte del suolo italiano. Agguati, attentati, uccisioni di militari e civili fascisti e ritorsioni con l'esecuzione di antifascisti; la lotta non è ancora dura e spietata, anche se tutto lasciava prevedere che il futuro sarebbe stato sempre più portatore di lutti e di rovine.

Nel modenese, oltre all'uccisione del Segretario fascista di Zocca, Minelli e dei due carabinieri uccisi a Montefiorino, non vi furono in questi primi mesi di vita della RSI, altri gravi episodi.

 DOMENICA 26 DICEMBRE 1943

 Riportiamo, dalla storiografia resistenziale una delle prime azioni dei "ribelli" in territorio modenese. Il racconto viene fatto da un partigiano del cosiddetto gruppo dei "sassolesi" :

 "Portatisi nelle prime ore della notte del 26 Dicembre 1943 nell'abitato di Campodolio, i partigiani prendevano di mira la casa del fascio che vuotata di tutto il suo contenuto, distribuito alla popolazione, venne incendiata. Anche alcune case di fascisti furono invase e devastate, quindi inscenarono una manifestazione alla quale partecipò la maggioranza della popolazione protrattasi, tra canti e balli fino a notte inoltrata. Presa a sè, quella operazione non presentò nulla di particolarmente eccezionale e tanto meno "audace" dato che il paese non era presidiato da alcuna forza armata fascista; ma considerato nel quadro generale dell'attività partigiana, appena alla sua origine assunse un significato, perchè suonava come aperta sfida al nemico e sprone ad allargare quella battaglia che a Campodolio aveva visto il suo primo pallido episodio."(16)

 Di questo episodio, emblematico del modo di agire delle formazioni partigiane, non sono state trovate altre citazioni o altre testimonianze sia nelle fonti antifasciste, sia nelle pubblicazioni coeve.

LUNEDI 27 DICEMBRE 1943

 Sempre nella zona di Gusciola, in località Mulino di Porcinago, a poca distanza da dove avvenne l'attentato del giorno 23, la pattuglia partigiana, guidata da Teofilo Fontana, si scontra con quattro carabinieri, in servizio relativo alla ricerca dei giovani renitenti alla leva. Ne scaturisce un conflitto a fuoco nel quale resta ucciso il carabiniere:

PARI LAZZARO;(17)

Mentre rimaneva seriamente ferito il carabiniere, Enrico Ursic.

 MARTEDI 28 DICEMBRE 1943

 Dopo le uccisioni dei due carabinieri della GNR, il clima in quelle contrade si fa’ sempre più teso. Un ulteriore rastrellamento viene effettuato dai reparti fascisti guidati dal sassolese Capitano Arturo Mori; parecchi renitenti alla leva vennero catturati e portati nel carcere della caserma di Montefiorino per essere interrogati. Due di questi vennero portati a Modena per essere processati e poi fucilati. La storiografia resistenziale dà ampio spazio a questa prima rappresaglia avvenuta in territorio modenese.(18)

 MERCOLEDI 29 DICEMBRE 1943

 Per circolare in automobile era necessario munirsi di particolari permessi, che venivano rilasciati dalle autorità repubblicane in comune accordo con il comando germanico ed erano subordinate alle necessità del momento ed alla situazione locale.

 GIOVEDI 30 DICEMBRE 1943

 Il 1943, quarto anno di guerra, si chiude a Modena in un clima abbastanza tranquillo, malgrado alcuni attentati avvenuti in città e in Provincia, nell'ultimo periodo. I modenesi si apprestano a trascorrere la notte di San Silvestro con quel poco che il tesseramento poteva loro permettere e con molte famiglie nell'ansia per la sorte dei loro cari, ancora in armi sui vari fronti, oppure condizionati da prospettive poco serene dato l'andamento della situazione sul fronte interno.

I più intransigenti tra i fascisti intravedevano già, sulla base delle prime indicazioni portate dai primi attacchi partigiani e su quello che si poteva sapere dai servizi segreti sulla volontà anglo-americana di sovvenzionare con ogni mezzo le bande armate sul nostro territorio, approfittando dell'aria di sfacelo creatasi dopo l'8 Settembre, che la guerra tra fratelli si sarebbe fatta, via via, sempre più violenta e cattiva. Riportiamo, ad esempio, l'articolo di fondo apparso sulla Gazzetta di Modena del 30 Dicembre, firmato dal Direttore di quel periodo, il tanto criticato, anche tra i fascisti: Enrico Cacciari.

 "STERMINIAMO LA MARMAGLIA

Dalle colonne di questo giornale noi levammo la nostra voce per chiedere la repressione spietata o preventiva di tutte quelle manifestazioni che, comunque motivate, potessero incidere a danno della ripresa della nostra vita nazionale.

Ripetutamente chiedemmo l'entrata in funzione dei plotoni d'esecuzione e la messa al muro di quanti per il loro passato atteggiamento, davano certezza della loro impossibilità morale a collaborare con il nuovo clima di vita della Nazione. Allora quando noi chiedevamo questo, non si erano ancora verificati gli innumerevoli agguati che hanno soffocato nella morte gli ardori e la passione di tanti nostri compagni di fede.

Ma noi, fino da allora, presentivamo che dall'ombra dalla quale sorgevano le anonime voci minatorie, si preparavano le armi per colpirci alle spalle e per colpire, traverso i migliori dei nostri, la nuova forza che voleva rivendicare all'Italia il suo posto nel mondo.

Purtroppo fummo ascoltati soltanto in parte; e ne raccogliamo oggi i frutti, mediante lo sgranarsi di questo doloroso rosario di agguati e di attentati vilissimi.

E' giunta l'ora di precisare che la responsabilità della guerra civile che si vorrebbe - ma non si potrà - fare insorgere dagli sporadici, se pur frequenti, episodi di sangue ricade non soltanto sugli esecutori materiali degli assassini, ma principalmente su quanti all'assassinio hanno preparato il clima morale e la loiolesca giustificazione di un ideale da affermare.

Se noi fossimo dei romantici, verrebbe acconcia la considerazione sulla inutile perversità di chi crede affermare una fede con il sanguinoso attentato che distrugge vite di innocenti (come se non bastassero le bombe dei liberatori). Ma noi romantici non vogliamo esserlo più.

E' tempo, anzi, che gli italiani si sbardino di tutto il ciarpame romantico che ha affievolito la loro personalità di maschi. Sorvoliamo quindi sulle considerazioni di etica e di morale, per arrivare alla constatazione della necessità politica di prevenire con energia decisa e risoluta l'ulteriore possibile ripetersi delle delittuose azioni dei venduti al nemico.

Ciò sarà possibile soltanto potenziando la nostra azione politica all'interno e concretizzando l'aspirazione del popolo sano a riprendere e vittoriosamente concludere, la guerra interrotta dal tradimento.

L'una azione può sembrare subordinata all'altra; ma non lo è. L'una e l'altra sono anzi, concomitanti e assolutamente necessarie alla nostra rinascita. A conforto dei morti vigliaccamente assassinati stà la notizia che quattordicimila italiani sono già sulla linea del fuoco per contendere il passo all’invasore.

Quando un popolo, dopo le traversie cui ha dovuto, come il nostro, soggiacere, ha la capacità, nello spazio di poche settimane di ricreare un esercito e di esaltare la certezza della vittoria, questo popolo non può essere arrestato nel suo cammino di ascesa dalla vigliacchissima marmaglia dei dinamitardi. Questo popolo andrà avanti, percorrerà la propria strada, raggiungerà le mete che si è prefisse.

Ma perché questo più facilmente e più rapidamente accada, occorre che il Fascismo, superando tutte le piccole (ma tanto dannose) obbiezioni critiche, decisamente operi con spietata durezza all'interno, onde dare a coloro che combattono al fronte la sicurezza che dietro, alle loro spalle, non è più possibile tradire e mercanteggiare con la Patria.

Benedetti, quindi, siano i Caduti negli agguati di questi ultimi giorni che con il loro corpo hanno fatto schermo ai giovani che combattono e che stanno per andare a combattere. Ci sia, infine, consentito elevare un ultimo monito agli operai italiani perché sentano, nel travaglio dell'ora che volge, tutta la responsabilità che l'ora incombe.

Noi che ieri non esitammo a rivolgere una parola pacificatrice a quella parte della massa operaia italiana che per dottrina e per sistema politico ci fu sempre avversa, noi oggi sentiamo la necessità di dichiarare che, persistendo i comunisti italiani in questo loro atteggiamento di sicari prezzolati dalle plutocrazie anglosassoni, essi si rendono responsabili delle tragiche conseguenze che ne potranno derivare proprio al popolo lavoratore.

A meno che, come noi speriamo non siano appunto gli operai italiani a sgombrare dal loro terreno tali mestatori che dalle necessità della classe lavoratrice trassero soltanto argomento per i ludibriosi giochi elettorali della politica a tutto discapito delle sacrosante rivendicazioni sociali.

Sta, comunque, di fatto che, con l'attuale atteggiamento assunto, i comunisti italiani sono indegni di pretendersi rappresentanti delle masse operaie e indegni del nome di italiani.

E, senza discriminazione alcuna, dovranno essere trattati come si trattano gli animali immondi: con lo sterminio.

Loro e i loro mandanti coronati."(19)

 VENERDI 31 DICEMBRE 1943

 Siamo all'ultimo giorno di questo incredibile anno 1943, portatore per la nostra Italia di avvenimenti sconvolgenti. Vediamo, secondo le notizie riportate dal quotidiano locale , come termina il 1943 e come viene affrontato il nuovo anno nella nostra città.

Le notizie riguardanti l'andamento del conflitto riportano a grossi titoli l'affondamento di sei cacciatorpediniere britanniche nel golfo di Biscaglia, da parte degli "U-Boote" tedeschi, mentre in Russia è in pieno svolgimento la battaglia di Scitomv, dove le forze germaniche tentano un contro attacco all'avanzare delle truppe sovietiche. Sul fronte interno viene messa in evidenza la notizia dell'ennesimo bombardamento di una città italiana: "I quartieri popolari di Ferrara devastati dai liberatori". Infatti il giorno 30 alle ore 12,30, la vicina città degli Estensi veniva particolarmente colpita da un terrificante bombardamento aereo che causava moltissime vittime e distruggeva interi quartieri popolari senza centrare alcun bersaglio bellico.

Nella cronaca modenese si riportano alcune notizie circa la restrizione di alcuni servizi per la popolazione quali la sospensione degli abbonamenti agli studenti sulle linee cittadine, così come viene razionato il tabacco a 50 grammi alla settimana per persona; con questi limiti si potevano avere 20 sigarette A.O.I (Africa), 10 Nazionali, 10 Indigene, e 10 Popolari. Nel clima di difficoltà di tipo alimentare è da rilevare la notizia del "nobile gesto di un macellaio"; si trattava di tale Renzo Messerotti con negozio in Via Mondatora che:

 "Per celebrare il capodanno, ha voluto offrire a tutti i propri clienti, in gran parte operai, piccoli impiegati e gente del popolo, la carne della razione settimanale accontentandosi di ritirare i tagliandi delle carte annonarie e di gradire gli auguri che ogni cliente, così simpaticamente beneficiato, gli faceva. Il gesto è così espressivo da invitare ogni mercante della borsa nera ad imitarlo"

 Gli spettacoli in tutti i locali cittadini si svolgevano regolarmente: per la stagione lirica sarebbe andato in scena, il primo giorno del nuovo anno, l'opera "Rigoletto", mentre al Teatro Storchi si esibiva in uno spettacolo di arte varia la compagnia di U. Fronzi e sullo schermo veniva proiettato il film: "Vicini al peccato".

Al Cinema Centrale, ora Metropol, veniva proiettato il film: "Felicita Colombo", con Dina Galli e Armando Falconi; al cinema Excelsior, ora Capitol, Michel Morgan e Charles Vanel interpretavano, "La legge del Nord"; al cinema Splendor era in programma il film comico: "Gli ultimi giorni di Pompeo"; al cinema Vittoria il film: "La squadriglia Luzov"; all'Orientale, ora Embassy, il film: "Ordine Sigillato" e per finire al cinema Principe si proiettava un film con il comico Macario: "In due si soffre meglio".(20)

 NOTE

 1    cfr. Gazzetta di Modena del 27 Settembre 1947

2    cfr.ivi, i fatti di Montefiorino, Giugno e Luglio 1944.

3    cfr. "Bollettino del clero" del Dicembre 1943.

4    cfr. E. Gorrieri: "La Repubblica di Montefiorino" pag. 193

5    cfr. L. Casali: "Storia della Resistenza a Modena" pag. 352.

6    ibidem

7    cfr. F. Gorrieri: "La resistenza nella bassa modenese", pag. 93

8    cfr. L. Casali: op. cit. pag. 308.

9    cfr. I. Vaccari: "Il tempo di decidere" pag. 132.

10   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 56.

11   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 21 Dicembre 1943.

12   cfr. ISR "La resistenza nelle campagne modenesi", pag. 230, come da ordine prefettizio n. 20240 del 22.12.43, Arch. Com. di Modena filza 1805.

13   cfr. Elenco caduti RSI e in L. Casali, op. cit. pag. 355.

14   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 24.12.43.

15   cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 110.

16   cfr. O.Tassi: "Le prime azioni di guerriglia sull'appennino modenese" in: Rassegna ISR anno 1984 pag. 152.

17   cfr. Elenco caduti della RSI e in L. Casali, op. cit. pag. 357.

18   In un articolo di I. Vaccari sul n.2 dei quaderni della Resistenza, si sostiene che il Tribunale Militare Straordinario abbia dato solamente una veste legale ad una sentenza già stabilita in altra sede. Inoltre il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, in una sentenza del 30 Novembre 1944, sui fatti di Gusciola emetteva questa sentenza che è decisamente l'opposto di ciò che venne stabilito il 31 Dicembre 1943 e cioè: "non doversi procedere per essere rimasti ignoti gli autori del reato".

19   cfr. Gazzetta dell'Emilia del 31 Dicembre 1943

20   ibidem

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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