GUERRA CIVILE NEL MODENESE
Dicembre 1943 MERCOLEDI
1 DICEMBRE 1943 L'Ufficio
politico della Questura di Modena venne diretto, nel periodo della RSI,
dal capitano Vincenzo Falanga; nel dopoguerra il Falanga venne
processato assieme ad altri esponenti del Fascismo repubblicano
modenese, quali: Armando e Giovanni Tarabini, Goffredo Degidi e Leonildo
Franchetto. In quel processo, il Capo di Gabinetto del questore, Dott.
Vecchione, così si espresse nei confronti del Capitano Falanga: "era
affetto da mania poliziesca, cinico e crudele, circondato da elementi
con pessimi precedenti penali. Godeva della massima fiducia del Federale
Giovanni Tarabini e si serviva di donne di malaffare, come di
provocatrici e delatrici. Falanga era l'anima nera del capo della
Federazione modenese Giovanni Tarabini."(1) Nel
gran polverone sollevato dalla storia resistenziale in tutti questi
anni, sia per portare avanti l'opera disgregatrice del PCI, sia per
tenere legati gli italiani alla falsa visione ideologica
dell'antifascismo, ma anche per mascherare gli orrendi delitti commessi
prima e dopo il 25 Aprile da molti partigiani, è sempre stato messo
sotto accusa tutto il personale della polizia repubblicana attraverso un
vero e proprio linciaggio, fisico e morale. GIOVEDI
2 DICEMBRE 1944 Il
problema del comportamento della polizia fascista e di quella modenese
in particolare è un elemento importante per inquadrare il fenomeno
relativo alla demonizzazione riservata in modo particolare a questi
corpi, in quanto la storiografia resistenziale, che ha accomunato tutte
le strutture politiche, militari, civili e di polizia in un assieme di
persone dedite alle più turpi attività, comprese le sevizie e le
torture, insomma un accozzaglia di gente sadica ed assetata di sangue
non ha mai fatto delle distinzioni di alcun tipo. Uomini perversi ed
uomini d'onore si sono sempre trovati sotto tutte le bandiere, ma,
trattando tale scottante argomento, non bisogna dimenticare le premesse
ed avere anche la capacità di calarsi in quell'arroventato periodo che,
oltre ad una guerra guerreggiata sul nostro territorio da potenti
eserciti, vedeva svolgersi contemporaneamente una spietata guerriglia
fatta di continui agguati, di uccisioni, di ruberie e di esecuzioni
sommarie che molte volte nulla avevano a che vedere con ciò che sino
allora dovevano essere considerati gli "atti di guerra". In
ogni paese del mondo ed in qualsiasi regime, sia che si tratti di far
fronte ad una guerriglia nata per ribellione allo straniero o che si
tratti di uno scontro tra fazioni politiche o d'altro tipo, opposte, i
problemi che devono affrontare le polizie sono della stessa natura. La
guerriglia vive nella clandestinità ed opera fondamentalmente in un
ambiente dove le complicità, le infiltrazioni e il terrore sono il suo
"humus" preferito, sia che si svolga nei centri urbani sia
nelle campagne. Di conseguenza si basa su strutture esili, estremamente
mobili e difficilmente localizzabili. E tutti gli Stati hanno dovuto,
devono e dovranno sempre affrontare, laddove si presentino, tali
situazioni. Si possono citare quelle createsi, dal dopoguerra ad oggi,
sui vari scacchieri mondiali: in Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan,
Polonia ecc. per i russi; in Algeria e in Indocina, poi a casa con l'OAS
ed Action Directe per i francesi; nei vari distretti dei Dominions e del
Commenwalt e in Irlanda del Nord, per gli inglesi; per gli israeliani in
Libano e in Palestina; per non parlare poi di tutti paesi sud americani
e dell'Italia stessa degli ultimi anni, con le varie forme di terrorismo
politico e mafioso.
VENERDI
3 DICEMBRE 1943 Sempre
a proposito dei problemi di polizia sarebbe opportuno, nello stesso
contesto, esaminare le motivazioni e gli aspetti comportamentali della
"polizia partigiana" sia durante il periodo della RSI che al
termine della guerra civile. Quando leggiamo nelle ricostruzioni di
parte antifascista, del periodo della RSI, d’eliminazioni di
"spie fasciste", in molti casi abbiamo a che vedere con
operazioni di polizia partigiana che interveniva con torture e
sevizie(2) o con l'eliminazione fisica dell'avversario, che poteva
essere un "infiltrato" o un delatore, a volte ispirato da
posizioni ideologiche, a volte da semplici e disprezzabili motivi
d’interesse personale, ma spesso da istintiva rivolta contro gli
stessi partigiani per le vessazioni che questi portavano alla
popolazione civile. Lo stesso discorso si può ribaltare per quegli
uomini della resistenza che si "infiltravano nelle file
fasciste", con gli stessi metodi, vedi ad esempio il caso degli
"infiltrati nella GNR nell’operazione di Pavullo del 8 Gennaio
1944, ed alla quale inviamo il lettore. Con
quale sistema hanno operato i reparti partigiani quando hanno catturato
militi repubblicani o civili fascisti? Basta citare l'esecuzione dei
fascisti a Montefiorino durante il periodo della cosiddetta
"repubblica" oppure l'eliminazione dei fascisti catturati a
Fanano, nel Maggio del 44, e poi sbrigativamente sepolti a Capanna
Tassoni. La
polizia partigiana, nelle giornate successive al termine della guerra,
ha svolto un vero e proprio meticoloso lavoro di
"eliminazione" che non ha precedenti nella storia italiana. SABATO
4 DICEMBRE 1943 Altro
elemento di fondamentale importanza, e da tener presente in questo
quadro, è la massiccia presenza tedesca. I reparti dei servizi di
sicurezza dell'Esercito tedesco operavano autonomamente ed erano
comandati da gente dura che aveva svolto tali compiti già in altre
situazioni nei vari fronti europei e che si valeva sino
all'esasperazione delle precise leggi di guerra nella Convenzione di
Ginevra; dal loro punto di vista e a prescindere dall'operato della RSI,
dovevano ad ogni costo mantenere l'ordine nei territori dove si
trovavano a combattere per avere una certa tranquillità nelle retrovie
del fronte. E non va’ dimenticato che questi erano calati in Italia,
dopo lo sbarco anglo-americano in Sicilia, per difendere il nostro
territorio e collaborare con l'esercito italiano; e se si sono trovati
al 25 Luglio ed all'8 Settembre di fronte ad una situazione così
delicata quale era diventata quell’italiana non dipendeva dalla loro
volontà. I
tedeschi si servirono, indubbiamente, di un certo numero di
collaboratori italiani, i quali, chi in divisa tedesca, chi in borghese
si misero a disposizione di quella polizia. E come sopraddetto, alcuni
motivati da affinità ideologica, altri invece spinti da sentimenti meno
nobili, aiutarono i reparti di polizia germanica anche in azioni di
rastrellamento e di repressione contro fratelli italiani. Ma questa
gente, nella maggioranza dei casi nulla aveva a che fare con le
strutture della RSI. Anzi si crearono spesso enormi divergenze e grossi
antagonismi tra il modo di procedere della polizia italiana e quella
tedesca. Nella quasi totalità delle rappresaglie tedesche effettuate
sulle popolazioni italiane innocenti per la ritorsione nei confronti
d’attentati e d’uccisioni di militari teutonici, quasi mai
intervennero soldati della RSI. E raramente le forze repubblicane si
lasciarono andare, ad imitazione o per scelta propria, a feroci
rappresaglie quando erano i fascisti ad essere uccisi in imboscate dal
piombo partigiano. Certo ci furono degli eccessi, uomini di qualche
reparto si macchiarono di veri e propri delitti, ma questi non possono
essere attribuiti a tutti i reparti della polizia repubblicana che non
può essere tacciata di brutalità istituzionale, o di crudeltà
sistematica, o di sadismo ideologico. DOMENICA
5 DICEMBRE 1943 L’Arcivescovo
di Modena, Mons. Cesare Boccoleri, invia una lettera a tutto il clero
della Provincia, per dare consigli circa il comportamento da tenere in
quel delicato periodo, nei confronti dei parrocchiani e dell'opinione
pubblica in generale: "Mi
rivolgo a Voi, carissimi cooperatori, per ricordarvi ciò che tante
volte già vi ho scritto e detto, e per raccomandarvi di continuare ad
essere prudenti nei vostri discorsi, di non fare dell'altare una
tribuna, di non avventare giudizi, di non compromettere con
atteggiamenti ed atti inconsiderati voi e i vostri confratelli. Inculcate
a tutti l'osservanza dei comandamenti di Dio, che proibiscono di
attentare all'ordine sociale, di usare violenza contro le persone,
provocando dolorose rappresaglie, di commettere ingiustizie nei commerci
ed in tutte le relazioni con il prossimo, di darsi all'immoralità, che
infrange le migliori energie fisiche e morali dei popoli."(3) LUNEDI
6 DICEMBRE 1943 La
posizione della stampa repubblicana modenese ed in modo particolare
quella del quotidiano locale "Gazzetta dell'Emilia", risulta,
in certo qual modo, anomala rispetto a ciò che accadde nelle direzioni
di tanti altri quotidiani nazionali. Come
abbiamo visto, il primo direttore del giornale, quell'Enrico Cacciari
che ancora in questi giorni è il responsabile del quotidiano modenese,
dal mese di Gennaio del 1944, esattamente dal giorno 17, è esautorato
dalla sua posizione e sostituito da Vittore Querel. Va’ sottolineato
che sin dal sorgere della RSI, e per tutti i seicento giorni, convissero
tra i fascisti repubblicani due tendenze: quella estremista e quella
moderata, sia sul piano delle realizzazioni sociali che su quello, ben
più pressante e contingente per la ricerca della formula più adatta
per contrastare la graduale, ma sempre più prepotente presenza delle
forze "ribelli". In molte città italiane, ed anche nel
modenese, vi furono contatti tra fascisti e componenti del CLN,
comunisti compresi. In alcune assemblee fasciste presero la parola
rappresentanti dei partiti politici e lo scopo era, da entrambe le
parti, di frenare, in quei delicati frangenti, le tensioni e le
prospettive di quella che appariva già, come una guerra civile di
grandi proporzioni. Si
intravedevano, nelle varie testate dei giornali italiani, le linee di
tendenza e le divergenti prese di posizione dei direttori che, negli
articoli di fondo, esponevano i loro punti di vista circa le
problematiche più assillanti del momento. Nei
primi periodi, la linea di condotta emergente era senz'altro indirizzata
alla ricerca della pacificazione nazionale e la maggioranza degli
articolisti, se si esclude qualche scritto violento nei confronti dei
traditori fascisti del 25 Luglio e degli approffittatori di regime,
aveva portato avanti un discorso di distensione e di ricerca dell'unità
nazionale. Ma poi, con lo scatenarsi della guerriglia comunista e con lo
stillicidio quotidiano d’uccisioni di fascisti in agguati e imboscate,
questo atteggiamento si tramutò in una feroce e spietata accusa contro
i "ribelli". A Modena la linea dura fu invece instaurata dal
Cacciari nel primo periodo, ma trovò notevole ostracismo tra le file
dello stesso PFR modenese tanto che si addivenne alla sostituzione con
il moderato Vittore Querel che, in molti suoi articoli, evitando i toni
duri del primo direttore, cercò addirittura il colloquio con i
partigiani. In
molte altre città, al contrario, ad un periodo impostato sulla ricerca
della pacificazione, subentrò quello dei duri; ne sono esempio gli
articoli di Concetto Pettinato su la "Stampa" di Torino e
quelli della medaglia d'oro Carlo Borsani, direttore di "Repubblica
Fascista", che venne esautorato dalla carica di Direttore di una
delle più prestigiose testate di quel periodo poiché, in una serie
d’articoli, prospettò tendenze possibiliste. Fu lo stesso Ministro
della Cultura Popolare, Ferdinando Mezzasoma, a stigmatizzare gli
scritti a suo dire troppo condiscendenti nei confronti dei
"ribelli", del decorato al valore, che venne bestialmente
assassinato, alla fine del mese d’Aprile del 1945, dai partigiani
rossi e gettato, a Milano, in un bidone della spazzatura. MARTEDI
7 DICEMBRE 1943 Nel
modenese, le due linee di tendenza del fascismo repubblicano si possono
identificare, in questo primo periodo, nella linea moderata dei Solmi,
Tarabini e Pansera, mentre la linea intransigente, che era seguita da
molti membri del Direttorio, aveva come maggior esponente appunto il
direttore della Gazzetta, Enrico Cacciari. Successivamente, e dal
momento in cui, all'interno del CLN, la componente comunista prese il
sopravvento e venne portata avanti la lotta "dura e spietata",
le cose cambieranno e i fascisti null'altro poterono fare se non la
ricerca di una difesa disperata ed un ribattere colpo su colpo ad ogni
attentato e ad ogni uccisione effettuata dai partigiani. MERCOLEDI
8 DICEMBRE 1943 Rientrano
dalla Germania, dove erano stati internati dopo l'8 Settembre, diecimila
soldati italiani per riprendere le armi contro gli invasori
angloamericani. GIOVEDI
9 DICEMBRE 1943 Come
abbiamo visto, il direttore della Gazzetta dell'Emilia, Dott. Enrico
Cacciari, che per molti ambienti del Fascismo Repubblicano, a quel
momento, esasperava nei suoi articoli le forme di vendetta che
richiedeva a getto continuo, ebbe un primo richiamo da parte del
Ministero degli Interni. VENERDI
10 DICEMBRE 1943 Nelle
cronache di un resocontista modenese di quel periodo, si parla di un
arresto, che sarebbe avvenuto in questo giorno, del sopracitato
Direttore del quotidiano locale.(4) SABATO
11 DICEMBRE 1943 In
occasione del terzo anniversario del Patto tripartito tra Italia,
Germania e Giappone, Mussolini conferma ai capi di Stato e ai popoli
delle Nazioni alleate, l'allineamento della Repubblica Sociale Italiana
e dei suoi soldati. DOMENICA
12 DICEMBRE 1943 Viene
nominato Capo della Provincia di Modena, in sostituzione del Dott.
Giancarlo Luzi, il Dott. Pier Luigi Pansera. Un altro modenese, che ebbe
molta parte in tanti episodi del tormentato periodo della RSI, il Dott.
Enrico Vezzalini, diventava Prefetto della Provincia di Ferrara. LUNEDI
13 DICEMBRE 1943 Vittorio
Mussolini viene eletto, in Germania, segretario dei Fasci italiani
all'estero, nella prima assemblea di questa istituzione. MARTEDI
14 DICEMBRE 1943 Nelle
prime formazioni partigiane della nostra Provincia, non regna l'accordo
e la situazione all'interno delle stesse diventa particolarmente tesa.
La formazione dei sassolesi, guidata da Giovanni Rossi non è ben
gradita nelle zone dove si era rifugiata e i giudizi che vengono
espressi su questo partigiano, dagli stessi suoi colleghi, sono ben poco
lusinghieri.(5) Non vuole il commissario politico nella sua formazione,
si scontra con il parroco di Monchio, Don Braglia, minacciando di
ucciderlo e inoltre: "i
rapporti con la popolazione locale non erano certo buoni ma Rossi trovò
modo di urtarsi anche con gli abitanti di Lago e Palagano."(6) MERCOLEDI
15 DICEMBRE 1943 La
storiografia partigiana, relativamente a questo periodo e con
particolare riferimento alla zona della bassa modenese, è infarcita
d’episodi falsi o inventati o tutt'al più retrodatati. Chi parla in
questi termini, accusando di falso o d’invenzioni la storia partigiana
non è, come potrebbe sembrare, di parte fascista; queste
considerazioni, accompagnate da citazioni e date, oltre che da commenti
ben poco lusinghieri, si trovano in una pubblicazione di chiara matrice
antifascista.(7) GIOVEDI
16 DICEMBRE 1943 In
questa data un ispettore del PCI inviava, al centro del suo partito, un
rapporto sulle impressioni avute nel corso di una serie di visite
effettuate nelle Provincie Emiliane compresa quella modenese, dove si
rilevava che: "pur
essendo nelle quattro Provincie l'organizzazione ancora in via di
sviluppo, ne risultava comunque un partito "poco legato alle
masse", nei confronti delle quali a volte vi era "debole
fiducia"."(8) VENERDI
17 DICEMBRE 1943 In
una delle prime azioni partigiane della "banda Rossi", viene
catturato, secondo la storiografia partigiana, a Frassinoro, un certo
Ragionier P. Condannato a morte dai partigiani, venne salvato
dall'intervento di Don Costantino Bortolotti; rimase per un pò di tempo
loro prigioniero, poi scappò, per essere di nuovo ripreso ed ucciso
durante i 40 giorni della "Repubblica di Montefiorino".(9) SABATO
18 DICEMBRE 1943 Il
Capitano Gino Greco, che verrà massacrato dai partigiani al termine del
conflitto, si trovava in questo periodo, come Comandante del Battaglione
Fanteria istruzione delle reclute del nuovo esercito Republicano, in
quel di Sassuolo e in una sua relazione al Capo della Provincia,
dichiarava la sua insoddisfazione per come andavano le cose, sia per le
reclute non completamente adeguate al nuovo spirito dei reparti
repubblicani sia per quanto riguardava la situazione alimentare degli
stessi reparti.(10) DOMENICA
19 DICEMBRE 1943 In
tutto il Nord Italia si comincia a vivere pesantemente il clima
drammatico della guerra civile. Già molti fascisti erano stati uccisi
dai comunisti in varie località. In questi giorni l'opinione pubblica
venne particolarmente colpita per lo spietato assassinio del Commissario
federale del PFR di Milano, Aldo Resega. LUNEDI
20 DICEMBRE 1943 In
data odierna, e in seguito allo sviluppo della riforma dello Stato
voluta dall'Assemblea, al Congresso di Verona, vengono socializzate, nel
modenese, le prime aziende agricole. A Piumazzo, l'azienda che era stata
di proprietà del Conte Dino Grandi, uno dei principali responsabili del
colpo di stato del 25 Luglio, viene gestita dal commissario, nella
persona dell'Ing. Cesare Franco; a Nonantola altre otto aziende, di
svariati proprietari, verranno gestite dall'Avv. Carlo Zanni.(11) MARTEDI
21 DICEMBRE 1943 Continuano
ad essere socializzate altre aziende che, in molti casi, sono di
proprietà di famiglie ebree. In questo giorno, tre aziende a
Campogalliano ed una a Soliera vengono socializzate e passate alla
gestione di tale, Romeo Prampolini. MERCOLEDI
22 DICEMBRE 1943 La
situazione alimentare, sebbene non drammatica, è particolarmente
difficile nel capoluogo della nostra Provincia. In questo giorno, con
disposizione Prefettizia, viene diramato un decreto indirizzato ai
raccoglitori ed ai produttori delle nostre zone, affinché si
provvedesse al rifornimento della città, dei generi maggiormente
richiesti.(12) GIOVEDI
23 DICEMBRE 1943 In
pianura, altre aziende di Finale Emilia, Bomporto e Bastiglia vengono
socializzate, passando sotto la gestione dei commissari nominati dal PFR
modenese, in questo caso nelle persone di Achille Marazzi e Fioravante
Azzali. Uno
scontro armato, tra militi della GNR ed un gruppo di
"sbandati", si verifica sul nostro Appennino a Gusciola in
località Rio di Porcinago. I militi fascisti si scontrano con uno di
questi gruppi ed intimano loro di arrestarsi e di farsi riconoscere, ma
questi rispondono con una fittissima sparatoria nella quale resta ucciso
il milite della GNR: PIFFERI
LINO.(13) VENERDI
24 DICEMBRE 1943 Così
il quotidiano locale pubblicava la notizia del fatto d'armi avvenuto a
Gusciola: "Ieri
mattina, circa alle ore 11 è stato ucciso presso Gusciola di
Montefiorino il carabiniere Lino Pifferi. Il carabiniere Pifferi si
recava insieme ad un brigadiere a Gusciola per motivi di servizio. I
carabinieri sono caduti in una imboscata, accolti da fucilate e lancio
di bombe a mano. I carabinieri si sono difesi, ma il Pifferi è rimasto
vittima del dovere."(14) L'agguato
venne teso dalla pattuglia partigiana guidato da Teofilo Fontana che
venne poi eletto Sindaco della cosiddetta "Repubblica di
Montefiorino", nel Luglio 1944.(15) Un
reparto della GNR, comandato dal Cap. Mori, effettua immediatamente un
rastrellamento nella zona e parecchi giovani vennero catturati tra i
quali Carlo Tincani che verrà poi fucilato, assieme a Ultimo Martelli,
al poligono di tiro della Sacca a Modena, il 1° Gennaio 1944. SABATO
25 DICEMBRE 1943 Primo
Natale di guerra tra fratelli! In questa giornata vi è un breve momento
di riflessione su quanto di tragico sta avvenendo in buona parte del
suolo italiano. Agguati, attentati, uccisioni di militari e civili
fascisti e ritorsioni con l'esecuzione di antifascisti; la lotta non è
ancora dura e spietata, anche se tutto lasciava prevedere che il futuro
sarebbe stato sempre più portatore di lutti e di rovine. Nel
modenese, oltre all'uccisione del Segretario fascista di Zocca, Minelli
e dei due carabinieri uccisi a Montefiorino, non vi furono in questi
primi mesi di vita della RSI, altri gravi episodi. DOMENICA
26 DICEMBRE 1943 Riportiamo,
dalla storiografia resistenziale una delle prime azioni dei
"ribelli" in territorio modenese. Il racconto viene fatto da
un partigiano del cosiddetto gruppo dei "sassolesi" : "Portatisi
nelle prime ore della notte del 26 Dicembre 1943 nell'abitato di
Campodolio, i partigiani prendevano di mira la casa del fascio che
vuotata di tutto il suo contenuto, distribuito alla popolazione, venne
incendiata. Anche alcune case di fascisti furono invase e devastate,
quindi inscenarono una manifestazione alla quale partecipò la
maggioranza della popolazione protrattasi, tra canti e balli fino a
notte inoltrata. Presa a sè, quella operazione non presentò nulla di
particolarmente eccezionale e tanto meno "audace" dato che il
paese non era presidiato da alcuna forza armata fascista; ma considerato
nel quadro generale dell'attività partigiana, appena alla sua origine
assunse un significato, perchè suonava come aperta sfida al nemico e
sprone ad allargare quella battaglia che a Campodolio aveva visto il suo
primo pallido episodio."(16) Di
questo episodio, emblematico del modo di agire delle formazioni
partigiane, non sono state trovate altre citazioni o altre testimonianze
sia nelle fonti antifasciste, sia nelle pubblicazioni coeve. LUNEDI
27 DICEMBRE 1943 Sempre
nella zona di Gusciola, in località Mulino di Porcinago, a poca
distanza da dove avvenne l'attentato del giorno 23, la pattuglia
partigiana, guidata da Teofilo Fontana, si scontra con quattro
carabinieri, in servizio relativo alla ricerca dei giovani renitenti
alla leva. Ne scaturisce un conflitto a fuoco nel quale resta ucciso il
carabiniere: PARI
LAZZARO;(17) Mentre
rimaneva seriamente ferito il carabiniere, Enrico Ursic. MARTEDI
28 DICEMBRE 1943 Dopo
le uccisioni dei due carabinieri della GNR, il clima in quelle contrade
si fa’ sempre più teso. Un ulteriore rastrellamento viene effettuato
dai reparti fascisti guidati dal sassolese Capitano Arturo Mori;
parecchi renitenti alla leva vennero catturati e portati nel carcere
della caserma di Montefiorino per essere interrogati. Due di questi
vennero portati a Modena per essere processati e poi fucilati. La
storiografia resistenziale dà ampio spazio a questa prima rappresaglia
avvenuta in territorio modenese.(18) MERCOLEDI
29 DICEMBRE 1943 Per
circolare in automobile era necessario munirsi di particolari permessi,
che venivano rilasciati dalle autorità repubblicane in comune accordo
con il comando germanico ed erano subordinate alle necessità del
momento ed alla situazione locale. GIOVEDI
30 DICEMBRE 1943 Il
1943, quarto anno di guerra, si chiude a Modena in un clima abbastanza
tranquillo, malgrado alcuni attentati avvenuti in città e in Provincia,
nell'ultimo periodo. I modenesi si apprestano a trascorrere la notte di
San Silvestro con quel poco che il tesseramento poteva loro permettere e
con molte famiglie nell'ansia per la sorte dei loro cari, ancora in armi
sui vari fronti, oppure condizionati da prospettive poco serene dato
l'andamento della situazione sul fronte interno. I
più intransigenti tra i fascisti intravedevano già, sulla base delle
prime indicazioni portate dai primi attacchi partigiani e su quello che
si poteva sapere dai servizi segreti sulla volontà anglo-americana di
sovvenzionare con ogni mezzo le bande armate sul nostro territorio,
approfittando dell'aria di sfacelo creatasi dopo l'8 Settembre, che la
guerra tra fratelli si sarebbe fatta, via via, sempre più violenta e
cattiva. Riportiamo, ad esempio, l'articolo di fondo apparso sulla
Gazzetta di Modena del 30 Dicembre, firmato dal Direttore di quel
periodo, il tanto criticato, anche tra i fascisti: Enrico Cacciari. "STERMINIAMO
LA MARMAGLIA Dalle
colonne di questo giornale noi levammo la nostra voce per chiedere la
repressione spietata o preventiva di tutte quelle manifestazioni che,
comunque motivate, potessero incidere a danno della ripresa della nostra
vita nazionale. Ripetutamente
chiedemmo l'entrata in funzione dei plotoni d'esecuzione e la messa al
muro di quanti per il loro passato atteggiamento, davano certezza della
loro impossibilità morale a collaborare con il nuovo clima di vita
della Nazione. Allora quando noi chiedevamo questo, non si erano ancora
verificati gli innumerevoli agguati che hanno soffocato nella morte gli
ardori e la passione di tanti nostri compagni di fede. Ma
noi, fino da allora, presentivamo che dall'ombra dalla quale sorgevano
le anonime voci minatorie, si preparavano le armi per colpirci alle
spalle e per colpire, traverso i migliori dei nostri, la nuova forza che
voleva rivendicare all'Italia il suo posto nel mondo. Purtroppo
fummo ascoltati soltanto in parte; e ne raccogliamo oggi i frutti,
mediante lo sgranarsi di questo doloroso rosario di agguati e di
attentati vilissimi. E'
giunta l'ora di precisare che la responsabilità della guerra civile che
si vorrebbe - ma non si potrà - fare insorgere dagli sporadici, se pur
frequenti, episodi di sangue ricade non soltanto sugli esecutori
materiali degli assassini, ma principalmente su quanti all'assassinio
hanno preparato il clima morale e la loiolesca giustificazione di un
ideale da affermare. Se
noi fossimo dei romantici, verrebbe acconcia la considerazione sulla
inutile perversità di chi crede affermare una fede con il sanguinoso
attentato che distrugge vite di innocenti (come se non bastassero le
bombe dei liberatori). Ma noi romantici non vogliamo esserlo più. E'
tempo, anzi, che gli italiani si sbardino di tutto il ciarpame romantico
che ha affievolito la loro personalità di maschi. Sorvoliamo quindi
sulle considerazioni di etica e di morale, per arrivare alla
constatazione della necessità politica di prevenire con energia decisa
e risoluta l'ulteriore possibile ripetersi delle delittuose azioni dei
venduti al nemico. Ciò
sarà possibile soltanto potenziando la nostra azione politica
all'interno e concretizzando l'aspirazione del popolo sano a riprendere
e vittoriosamente concludere, la guerra interrotta dal tradimento. L'una
azione può sembrare subordinata all'altra; ma non lo è. L'una e
l'altra sono anzi, concomitanti e assolutamente necessarie alla nostra
rinascita. A conforto dei morti vigliaccamente assassinati stà la
notizia che quattordicimila italiani sono già sulla linea del fuoco per
contendere il passo all’invasore. Quando
un popolo, dopo le traversie cui ha dovuto, come il nostro, soggiacere,
ha la capacità, nello spazio di poche settimane di ricreare un esercito
e di esaltare la certezza della vittoria, questo popolo non può essere
arrestato nel suo cammino di ascesa dalla vigliacchissima marmaglia dei
dinamitardi. Questo popolo andrà avanti, percorrerà la propria strada,
raggiungerà le mete che si è prefisse. Ma
perché questo più facilmente e più rapidamente accada, occorre che il
Fascismo, superando tutte le piccole (ma tanto dannose) obbiezioni
critiche, decisamente operi con spietata durezza all'interno, onde dare
a coloro che combattono al fronte la sicurezza che dietro, alle loro
spalle, non è più possibile tradire e mercanteggiare con la Patria. Benedetti,
quindi, siano i Caduti negli agguati di questi ultimi giorni che con il
loro corpo hanno fatto schermo ai giovani che combattono e che stanno
per andare a combattere. Ci sia, infine, consentito elevare un ultimo
monito agli operai italiani perché sentano, nel travaglio dell'ora che
volge, tutta la responsabilità che l'ora incombe. Noi
che ieri non esitammo a rivolgere una parola pacificatrice a quella
parte della massa operaia italiana che per dottrina e per sistema
politico ci fu sempre avversa, noi oggi sentiamo la necessità di
dichiarare che, persistendo i comunisti italiani in questo loro
atteggiamento di sicari prezzolati dalle plutocrazie anglosassoni, essi
si rendono responsabili delle tragiche conseguenze che ne potranno
derivare proprio al popolo lavoratore. A
meno che, come noi speriamo non siano appunto gli operai italiani a
sgombrare dal loro terreno tali mestatori che dalle necessità della
classe lavoratrice trassero soltanto argomento per i ludibriosi giochi
elettorali della politica a tutto discapito delle sacrosante
rivendicazioni sociali. Sta,
comunque, di fatto che, con l'attuale atteggiamento assunto, i comunisti
italiani sono indegni di pretendersi rappresentanti delle masse operaie
e indegni del nome di italiani. E,
senza discriminazione alcuna, dovranno essere trattati come si trattano
gli animali immondi: con lo sterminio. Loro
e i loro mandanti coronati."(19) VENERDI
31 DICEMBRE 1943 Siamo
all'ultimo giorno di questo incredibile anno 1943, portatore per la
nostra Italia di avvenimenti sconvolgenti. Vediamo, secondo le notizie
riportate dal quotidiano locale , come termina il 1943 e come viene
affrontato il nuovo anno nella nostra città. Le
notizie riguardanti l'andamento del conflitto riportano a grossi titoli
l'affondamento di sei cacciatorpediniere britanniche nel golfo di
Biscaglia, da parte degli "U-Boote" tedeschi, mentre in Russia
è in pieno svolgimento la battaglia di Scitomv, dove le forze
germaniche tentano un contro attacco all'avanzare delle truppe
sovietiche. Sul fronte interno viene messa in evidenza la notizia
dell'ennesimo bombardamento di una città italiana: "I quartieri
popolari di Ferrara devastati dai liberatori". Infatti il giorno 30
alle ore 12,30, la vicina città degli Estensi veniva particolarmente
colpita da un terrificante bombardamento aereo che causava moltissime
vittime e distruggeva interi quartieri popolari senza centrare alcun
bersaglio bellico. Nella
cronaca modenese si riportano alcune notizie circa la restrizione di
alcuni servizi per la popolazione quali la sospensione degli abbonamenti
agli studenti sulle linee cittadine, così come viene razionato il
tabacco a 50 grammi alla settimana per persona; con questi limiti si
potevano avere 20 sigarette A.O.I (Africa), 10 Nazionali, 10 Indigene, e
10 Popolari. Nel clima di difficoltà di tipo alimentare è da rilevare
la notizia del "nobile gesto di un macellaio"; si trattava di
tale Renzo Messerotti con negozio in Via Mondatora che: "Per
celebrare il capodanno, ha voluto offrire a tutti i propri clienti, in
gran parte operai, piccoli impiegati e gente del popolo, la carne della
razione settimanale accontentandosi di ritirare i tagliandi delle carte
annonarie e di gradire gli auguri che ogni cliente, così simpaticamente
beneficiato, gli faceva. Il gesto è così espressivo da invitare ogni
mercante della borsa nera ad imitarlo" Gli
spettacoli in tutti i locali cittadini si svolgevano regolarmente: per
la stagione lirica sarebbe andato in scena, il primo giorno del nuovo
anno, l'opera "Rigoletto", mentre al Teatro Storchi si esibiva
in uno spettacolo di arte varia la compagnia di U. Fronzi e sullo
schermo veniva proiettato il film: "Vicini al peccato". Al
Cinema Centrale, ora Metropol, veniva proiettato il film: "Felicita
Colombo", con Dina Galli e Armando Falconi; al cinema Excelsior,
ora Capitol, Michel Morgan e Charles Vanel interpretavano, "La
legge del Nord"; al cinema Splendor era in programma il film
comico: "Gli ultimi giorni di Pompeo"; al cinema Vittoria il
film: "La squadriglia Luzov"; all'Orientale, ora Embassy, il
film: "Ordine Sigillato" e per finire al cinema Principe si
proiettava un film con il comico Macario: "In due si soffre
meglio".(20) NOTE 1 cfr. Gazzetta di Modena del 27 Settembre 1947 2 cfr.ivi, i fatti di Montefiorino, Giugno e Luglio
1944. 3 cfr. "Bollettino del clero" del
Dicembre 1943. 4 cfr. E. Gorrieri: "La Repubblica di
Montefiorino" pag. 193 5 cfr. L. Casali: "Storia della Resistenza a
Modena" pag. 352. 6 ibidem 7 cfr. F. Gorrieri: "La resistenza nella bassa
modenese", pag. 93 8 cfr. L. Casali: op. cit. pag. 308. 9 cfr. I. Vaccari: "Il tempo di decidere"
pag. 132. 10 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 56. 11 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 21 Dicembre 1943. 12 cfr. ISR "La resistenza nelle campagne
modenesi", pag. 230, come da ordine prefettizio n. 20240 del
22.12.43, Arch. Com. di Modena filza 1805. 13 cfr. Elenco caduti RSI e in L. Casali, op. cit. pag.
355. 14 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 24.12.43. 15 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 110. 16 cfr. O.Tassi: "Le prime azioni di guerriglia sull'appennino
modenese" in: Rassegna ISR anno 1984 pag. 152. 17 cfr. Elenco caduti della RSI e in L. Casali, op. cit.
pag. 357. 18 In un articolo di I. Vaccari sul n.2 dei quaderni della
Resistenza, si sostiene che il Tribunale Militare Straordinario abbia
dato solamente una veste legale ad una sentenza già stabilita in altra
sede. Inoltre il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, in una
sentenza del 30 Novembre 1944, sui fatti di Gusciola emetteva questa
sentenza che è decisamente l'opposto di ciò che venne stabilito il 31
Dicembre 1943 e cioè: "non doversi procedere per essere rimasti
ignoti gli autori del reato". 19 cfr. Gazzetta dell'Emilia del 31 Dicembre 1943 20 ibidem
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