Legge n. 22 – Sappiatevi arrendere: trasformate la debolezza in un punto di forza.

Sentenza:

Nel momento in cui si è deboli, mai battersi solo per amor di firma, ma adottare la tecnica della resa. Arrendersi significa disporre del tempo necessario per un recupero. Tempo che disturba e impensierisce chi sta vincendo, tempo utile in attesa del declino del suo potere. Non bisogna mai dare al vincente la soddisfazione di lottare e di causare una disfatta definitiva: prima di tutto arrendetevi. Perciò porgete l’altra guancia, cosa che lo farà infuriare e lo sconvolgerà: questo significa rendere la resa uno strumento di potere.
 
 

Chi è debole non ha nulla da guadagnare nel lottare in una guerra persa in partenza, nessuno corre ad aiutare il debole, si tratta di un rischio inutile, dunque il debole deve sottomettersi, combattere dà solo la gloria del martirio: la debolezza non è peccato e può persino diventare un punto di forza se si sanno giocare bene le carte.

Arrendersi può permettere di cullare il nemico nel suo compiacimento e avere il tempo di riprendere le forze, di sabotare i piani del nemico agendo d’astuzia, di avere il tempo di indebolire e per una rivalsa.

Mai sacrificare il tempo nel misurarsi sul campo dell’onore se la battaglia è persa in partenza.

Chi tenta di far mostra della sua autorità è facilmente sconfitto dall’arrendevolezza: i segni esteriori di sottomissione li fanno sentire importanti, soddisfano il loro amor proprio e diventano facili bersagli da colpire nel momento del contrattacco o quando vengono ridicolizzati: mai sacrificare la libertà di manovra a lungo termine per cogliere la poco duratura gloria del martirio.
 

Le chiavi del potere

Ciò che può provocare turbamento nel regno del potere è un’eccessiva reazione alle mosse di nemici e rivali: questo atteggiamento può creare problemi che avrebbero minori probabilità di emergere se ci si dimostrasse più ragionevoli.

Non solo, ma reagire in modo eccessivo crea ripercussioni che vanno oltre il fatto in sé, entrando in una spirale di violenza crescente.

Se qualcuno ci aggredisce dovremmo sforzarci di non opporre resistenza, ripiegare offrendo l’altra guancia.

Questo tipo di risposta neutralizza le aspettative dell’altro anche quando si attende una contrapposizione e lo fa scoprire, lo disorienta a causa della mancata resistenza.

Ciò ci consente di tenere la situazione sotto controllo in quanto la tattica della resa è solo una parte di un piano che lusinga l’avversario e lo porta a credere di aver raggiunto una vittoria piena: la giusta tattica della resa è mantenere dentro di sé saldi convincimenti ma esteriormente ritirarsi.

I nostri rivali, privati di un motivo di irritazione, si troveranno intimamente sconcertati e mancherà loro l’occasione di reagire con maggior violenza perché non ne avremo offerto il destro.

Invece noi avremo il tempo e l’occasione per programmare le nostre contromosse, in modo da riuscire a sconfiggerli.

Nella battaglia dell’intelligenza contro la forza bruta, la tattica dell’arretramento è un’arma vincente, anche se impone un forte autocontrollo, evitando di incorrere nel rischio di coloro che capitolano, cedendo le rimanenti libertà e aggiungendo l’umiliazione alla disfatta.

L’importante è apparire come uno che si arrende, come fanno alcuni animali che si fingono morti.

La logica della sopravvivenza consiste nel raggirare il nemico facendosene beffe e ritorcendo contro di lui la sua stessa forza.

Una cieca resistenza coinvolge tutti in una spirale di violenza, un’obbedienza formalmente assoluta evita di fornire pretesti per la ritorsione.

Il potere ha una natura fluida, come un gioco, e nell’arena dove ci si batte chi lo detiene deve spesso confrontarsi con chi cerca di accaparrarsene una parte.
Nei momenti di debolezza questa è la soluzione: scappare o reagire non porta alla vittoria.
 
 

Immagine: la quercia

La quercia resiste al vento, lasciando fluttuare i suoi singoli rami senza proteggerli uno per uno, mentre il tronco rimane stabile.
La quercia che oscilla vive a lungo, il suo tronco rimane consolidato, le sue radici affondano più tenacemente nel terreno.
 
 

L'opposto

La sopravvivenza consiste nel celare la propria forza interiore, riservandosi di utilizzarla per tempi migliori, esistono però momenti in cui il nemico è invincibile e il martirio può essere necessario, per essere di sprone ad altri.

Tuttavia questa scelta può non essere adatta e mantiene lo stesso grado di aggressività dell’avversario che si combatte e il martire comunque non potrà cogliere i frutti del martirio, oltre al fatto che i martiri vengono visti come arroganti e individualisti.

Quando il potere ci abbandona è meglio osservare la legge, aspettando che il pendolo del potere oscilli verso di noi: in quel momento saremo vivi per approfittarne.