HICQUE VADIMONIS NOSCITUR ESSE LACUS

(E’ noto che sta qui il lago Vadimone)

di

DINO CALICCIA

Ci accingiamo, non senza qualche esitazione, a scrivere le pagine che seguono, precisando comunque, che non scriviamo quanto appresso, per dimostrare capacità letterarie o estese conoscenze storiche, che sappiamo di non avere, sapendo che quanto scriveremo ovviamente non in ‘punta di penna’, potrà anche non corrispondere alle esigenze del critico o del dotto.

Questo non ci preoccupa più di tanto, e non per presunzione o per supponenza, ma perché sappiamo, da esperienze avute, che chi   scrive  (o parla) e riesce pur sempre a farsi capire, anche non rispettando appieno l’ortodossia storico-letteraria degli “addetti ai lavori”, raggiunge pur sempre lo scopo prefissosi.

Il nostro scopo, è solamente quello di dare una risposta,  ragionata ed informata, su quanto di discutibile è stato pubblicato circa la collocazione sul territorio del lago Vadimone, che qualcuno vorrebbe fosse situato a Bassanello (oggi Vasanello) e non nella ridente piana di Lucignano, in territorio di Orte.

Il lago Vadimone si trova nella Valle Ortana, ai piedi del colle di Bassano in Teverina ed ha sempre fatto parte del territorio ortano.

Tanto è stato definitivamente stabilito, oltre che dalle secolari tradizioni, anche da documenti  antichi e recenti, e soprattutto da una celebre causa che fu intentata, per dirimere la questione a suo tempo sorta, tra Orte e Bassano in Teverina; detta causa ha dato ragione agli ortani che l’avevano promossa.

Vero è, che i non informati (tanti ce ne sono stati, altri se ne presentano), sono portati a     chiamare   quel  lago,   “di Bassano”,    perché quello specchio d’acqua è al disotto del colle, in cima al quale quel paese è situato.

Vero è  anche,  che  il  lago  Vadimone  è   più vicino a Bassano che ad Orte, ma piaccia o non piaccia, tutta la piana del Tevere dove è quel lago, lo ripetiamo ancora, è senza alcun dubbio nella piana di Lucignano in territorio di Orte.

Precisato quanto sopra, ci sembra inutile e pretestuoso, voler tirare a forza il lago in altro luogo, come vorrebbe fare Ardelio Loppi da Vasanello, che ha pubblicato non molto tempo fa un opuscolo a cui ha dato questo titolo - “Lo storico romano Tito Livio vi ubicò la cruenta battaglia che decise le sorti del popolo etrusco - IL LAGO VADIMONE SI TROVAVA A VASANELLO”.

Come intende farlo lo si intravede già dalla premessa al titolo vero e proprio: con una frase cioè, appositamente costruita e veramente ingannevole:- “Lo storico romano Tito Livio vi ubicò la cruenta battaglia che decise le sorti del popolo etrusco…….”.

Tito Livio, tutti lo sanno, non ubicò la battaglia del lago Vadimone e quindi il lago stesso a Vasanello, perciò il tentativo del Loppi, di voler trasferire il lago nelle sue parti, lascerà, come vedremo, il tempo che ha trovato.

Parlare di storia è cosa seria, pareri contrari su località o su avvenimenti  è  certamente lecito, non lo è, se, di sana pianta, i fatti si inventano o si stravolgono.

Era opportuno quindi dimostrare con la necessaria chiarezza, l’infondatezza di ciò che il Loppi ha scritto sull’argomento, con precisi riferimenti a storici antichi e moderni ed anche dal suo assunto, che niente dimostra e niente può dimostrare.

 Sia chiaro comunque che non è certo nostra intenzione voler innescare “Lizze storico-letterarie” con il Loppi, ci mancherebbe altro! Oltretutto non saprei, non sapremmo farlo, se non oltre certi limiti, probabilmente questi vi si avventurerebbe, a noi invece basta riportare i fatti così come sono.

Del resto rimane facile farlo, perché a confutare quello che oggi lui vuol far credere, hanno già   provveduto per una buona parte in tempi lontani,  diversi   storici  ortani ai quali tutti dobbiamo, per forza di cose, far riferimento, se vogliamo parlare di storia ortana.

 Primo fra questi fu Lando Leoncini ne “LA FABRICA D’HORTA”, opera scritta in quattro libri - mille quattrocento novantadue carte – un’opera in cui egli ha diffusamente parlato anche del lago Vadimone, a proposito delle battaglie che lì si sono svolte. Altri storici ortani dobbiamo citare: Giovanni Vitali e Simon Feo, lo stesso Fontanini, che pur non essendo ortano ha scritto di questa città e del suo territorio e  recentemente Mons. Don Delfo Gioacchini, che di storia ha pubblicato diversi libri, ma altri potremmo citare.   

Osserviamo intanto, che a prima vista (a parte il già detto) si ha l’impressione, che l’autore sunnominato, ha scritto l’opuscolo citato pur non avendo opportuna conoscenza, né del documento di cui sopra si è parlato, né di altri che porremo all’attenzione sua e di chi vorrà leggere (o ascoltare nel nostro caso) quanto appresso.

Riguardo al lago in questione, quasi all’inizio del suo scritto, egli dice: “Un lago che fonti autorevoli quali Polibio, Tito Livio, Seneca, Plinio il Vecchio, suo nipote Plinio il Giovane e Dione Cassio, ubicano a Bassano in Teverina Tra questi, tuttavia l’unico che sembra fornirci un dato geografico preciso è Plinio Cecilio Secondo ‘il Giovane’ (61-114 d.C.)  che,  nella  “Lettera  all’amico  Gallo” parrebbe collocare il lago, nell’odierno territorio di Bassano in Teverina nelle vicinanze del Tevere”.

Cosa voglia dire con quel “ fornirci un dato geografico preciso è Plinio” per poi dire, che lo stesso Plinio,  “parrebbe  collocare  il  lago nell’odierno territorio di Bassano in Teverina non è facile capirlo.

A lui non sembra che, i termini “preciso” e “parrebbe”, in quella frase, non vanno tra loro d’accordo?

Esaminiamo la lettera di “Plinio all’amico Gallo”, che lui ha citato, lettera che ci interessa particolarmente e che egli così la riporta:…“mio suocero avermi concesso d’ispezionare i suoi poderi. Mentre io m’andavo per quelli aggirando mi caddero gli occhi sul lago sottostante che ha nome Vadimone.* Il lago è a somiglianza di una ruota giacente; da ogni parte è piano non ha seni, non frastagliamenti, tutto è misurato, eguale e quasi scavato e tagliato da mano di artefice; il colore è alquanto più bianco del ceruleo e più carico dello zolfo; l’odore e il sapore sanno di medicinale; possiede proprietà per cui gli oggetti rotti si risaldano; è di breve spazio, non così per altro che non ondeggi all’infuriare dei venti, niuna nave mai lo solca perché è sacro, ma vi galleggiano erbose isole coperte di canne e di giunchi…”-.

Leggiamo ora la lettera, così come è scritta nella sua effettiva forma, fino al punto in cui il Loppi l’ha citata, prima in latino, e poi, nella attuale nostra lingua… “Exegerat prosocer meus, ut Amerina praedia sua inspicerem. Haec  perambulanti mihi ostentibus subiacens lacus nomine Vadimonis*: simul quaedam incredibilia narrantur.  Perveni ad ipsum.  Lacus est in similitudinem iacentis rotae cincumscriptus et undique aequalis ; nullus sinus, obliquitas nulla, omniadimensa,   paria,  et   quasi   artificis  manu  cavata,  et  excisa.

Color   caeruleo    albidior,     viridior, et pressior : Sulfuris odor, saporque medicatus: vis, qua fracta solidantur. Spacium modicum, quod tamen sentiat ventos, et fluctibus intumescat.

Nulla  in  hoc  navis*  (sacer enim est)   sed innatant insule herbidae,  omnes arundine,

et iunco tectae, quaeque alia  foecundior palus, ipsaque illa axtremitas lacu effert ….» .

La corretta traduzione è: “l’avo di mia moglie aveva voluto che io mi recassi a vedere i poderi presso Amelia. Mentre li percorrevo, mi si presentò allo sguardo, il sottostante lago chiamato Vadimone*: di    cui si  raccontano  cose  straordinarie.       Giunsi  presso di esso.

Il lago è circoscritto a guisa di una ruota distesa orizzontalmente, ed è uguale da ogni parte; nessuna insenatura, nessuna obliquità, ma tutto misurato, uguagliato, e scavato e tagliato come da mano di artefice. Il colore è più chiaro del turchino, e più cupo del verde: l’odore è di zolfo, il sapore medicinale: (ha) la proprietà di saldare le fratture. L’estensione del lago è modesta, ma  è abbastanza ampia da sentire i venti, e gonfiare i flutti. Non è solcato da alcuna barca*, perché sacro, ma vi galleggiano isolette erbose, tutte ricoperte di canne e di giunchi……”.

Letta la parte in latino e la relativa traduzione, si può costatare, che il Loppi dopo “sul lago sottostante che ha nome Vadimone*, ha tralasciato le parole, (di cui si raccontano cose straordinarie). e soprattutto ha omesso la frase “Giunsi presso di esso” (Perveni ad ipsum).

Quella piccola frase “Giunsi presso di esso”, volutamente, omessa, fa subito cadere il castello di carta, costruito con l’intento di voler dimostrare, che il lago Vadimone non è nei pressi di Orte, o nei pressi di Bassano, ma era a Vasanello.

Omettendo quella frase, il Loppi poteva dire, come in effetti ha detto: Plinio, rimasto a rimirare il paesaggio sottostante, aveva visto dai colli di Amelia il lago Vadimone, non avendo però passato il Tevere, e quindi non essendosi portato di persona sulle sponde del lago, aveva  preso una cantonata.

Detto questo credeva di poter alzare la bandiera del vincitore e dichiararsi: salvatore della patria.

A questo punto è lecito chiedersi: Come poteva pensare che la frase da lui nascosta, potesse ingannare chi conosce quella lettera, od anche, come poteva pensare, che ad un lettore attento, sarebbe sfuggita quella esplicativa frase da lui volutamente nascosta?

E così il Loppi, come si suol dire, si è fatto pescare con le “mani nella marmellata”.

Ovvio è pensare ad una voluta mistificazione, tra l’altro non abilmente condotta, tanto importante e risolutiva è quella frase intenzionalmente omessa: “Giunsi presso di esso”.

Sempre riguardo la lettera di Plinio, altro è opportuno far notare: il latino navis è stato tradotto dal Loppi nave, noi lo abbiamo in precedenza evidenziato, perché la traduzione esatta è (non fosse altro che per accezione): barca.

Ne vuole un esempio? Il W.Keller, storico moderno, a proposito del termine navis ha scritto, nel libro che citeremo:... “le cui acque non videro mai una barca…”. E non poteva tradurre quel termine in modo diverso, conoscendo direttamente il lago, come si potrà costatare quando citeremo la  parte del libro che lo storico ha scritto, sulle battaglie del 309 e poi del 283 a.C.-

Circa la traduzione della lettera di Plinio un altro errore ha fatto il Loppi quando ha tradotto: - vis, qua fracta solidantur - possiede proprietà per cui gli oggetti rotti (sic) si risaldano, mentre l’esatta traduzione è: ha la  proprietà  di  saldare  le  fratture.    Il  che,  ci sembra, sia tutta un’altra cosa!

Preso però da ironico impeto, lo scrittore di Vasanello vuol strafare, va imperterrito avanti e  scrive: “la polla di Bassano in Teverina  ha un diametro di una sessantina di metri e allora come  può  porsi la questione del veleggiarci…” –

Veleggiarci? Nella lettera di Plinio questo termine non esiste proprio! Con quel “veleggiarci”, voleva forse riferirsi ad un veliero, magari a tre alberi, che solcava le acque del fantomatico lago Vadimone di Bassanello?

Anche questo inventato termine, dà assoluta prova ché il Loppi, ha, intenzionalmente voluto, come si suol dire, “ciurlare nel manico”.

Ma c’è di più: egli ci  fornisce un’altra straordinaria “chicca”, infatti dopo quel (veleggiarci) dice: “magari si è rimpicciolita nel tempo? Impossibile: la polla (di Bassano) si trova praticamente al livello del Tevere da cui è alimentata…”e cosi sappiamo pure (ce lo dice l’autore!), che il lago Vadimone è alimentato dal Tevere, contrariamente al fatto, che il lago stesso è, guarda caso, una sorgente di acque sulfuree…“Sulphuris odor, saporque medicatus dice Plinio…ma il Loppi, quella lettera, l’ha letta o glie la  hanno ( e male)  raccontata!?

Proseguendo il discorso egli dice: “e un innalzamento significativo delle sue acque darebbe vita ad uno dei bacini idrici più grandi d’Italia poiché sottintenderebbe l’allagamento dell’intera Valle del Tevere”.

(Chissà se, sulle onde di quel grande “bacino idrico”, si poteva anche,veleggiare!)

Leggiamo ancora quanto scrive riguardo alla lettera di Plinio:“E così via con una dovizia di particolari, primo fra tutti, quello legato alle acque sulfuree, da non lasciare troppi dubbi, circa il fatto che il celebre naturalista (Plinio) si riferisca proprio alla polla di Bassano in Teverina: considerando però che non poteva

conoscere la zona, sembra ragionevole supporre che a fornirgli le informazioni “storiche” fu qualcuno del luogo”.

Dopo aver citato nomi e nomi di “grandi storici”, tra cui quello che appresso nomina, prosegue dicendo: “ecco, approfondendo questi autori, e il fondamentale, ‘Atti del martirio del glorioso S. Lanno’ del canonico vasanellese Don Ermenegildo Costanzi, il dubbio che forse il buon Plinio abbia preso una cantonata non sembra poi così campato in aria. Ma si resta nel campo delle congetture: in fondo, come per Plinio, nulla di probante supporta gli altri autori. Servono prove, quantomeno indiziarie”.  

Quindi: Tito Livio, Polibio, Plinio e tutti gli altri storici, dando per certo dove fosse il lago, hanno inventato tutto! - “nulla di probante supporta gli altri autori”.

Depositario della verità è solamente il canonico vasanellese Don Ermenegildo Costanzi, che ovviamente, come vedremo, voleva, anche lui, trasferire il lago Vadimone a Vasanello!

Il Loppi va avanti e dice, di avere prove che il lago in questione era a Bassanello, lo fa presentando dipinti, carte geografiche, affreschi etc., aggiungendo a queste - “ergo la polla di Bassano non è mai stata molto più grande di come è adesso, mentre il lago di Vasanello come si deduce dalle tre carte geografiche, dalla prospettiva del paesaggio alle spalle della Madonna dell’affresco e del suo antico alvèo (sic) a Poggio del lago, era certamente navigabile (quante navi vi  veleggiavano?) si trattava di un vero lago, insomma non, come semmai nel caso della pozzanghera di Bassano di una semplice estensione acquitrinosa del Tevere che nessuno avrebbe chiamato lago. Probabilmente Plinio l’ha fatto soltanto perché la vide da molto, molto lontano”. 

Possono costituire prove, i quadri, gli affreschi e le carte geografiche etc, presentate nel suo opuscolo?

Forse pretende un po’ troppo, da chi legge quanto ha scritto, poiché  tutti  o  quasi sanno, che il pittore dipingendo un quadro, un affresco etc. è portato ad abbellire, a modo suo, il panorama che vede, dipingerci un prato verde, un’immagine somigliante ad un verde-azzurro lago, esteso, piccolo, con rive alberate, monti lontani od altro, nella pittura è cosa normalissima: il pittore non fa una fotografia dei luoghi, crea un’immagine, nella stessa  pone, anche ciò,  che  può  conferire al quadro stesso artistica bellezza.

E poi: chi con certezza, può dire, che quelle macchie azzurre, blu o grigie, che si intravedono appena nei quadri o negli affreschi, rappresentino effettivamente un lago?

È un lago? Noi non lo crediamo. Comunque, se il lago ci fosse veramente stato, le cose non cambierebbero di certo, poiché, come si è già detto, basterebbe la lettera di Plinio e quel che hanno detto storici antichi e moderni, per ulteriormente dimostrare, che il lago Vadimone è in territorio di Orte, non è sicuramente in territorio di Bassano in Teverina, e nemmeno, guarda caso, nel territorio di Vasanello.

Delle carte geografiche presentate come prova a margine dello scritto da lui prodotto citiamo una nota pervenutaci da persona che studia propriamente la materia (Letizia Tessicini):  “Si tratta di un equivoco - ci dice - dovuto al fatto che nella Galleria delle Carte geografiche dei Palazzi Vaticani, eseguiti tra il 1580 e il 1585, l’autore ha deciso di mettere in evidenza il caratteristico lago Vadimone, il quale viene spesso citato nella storia di Roma e che presenta caratteristiche peculiari. Nel  farlo  il  lago  viene raffigurato, con dimensioni ben maggiori del reale, fatto che nella  Galleria   accade   spesso    quando     si  intende   evidenziare  delle   caratteristiche ambientali.

È per questo  che  il lago, sovradimensionato, appare accanto a Bassanellum, ‘Bassanello’  appunto, il nome della cittadina viene riportato ed evidenziato perché faceva parte dei feudi Farnese ed era un luogo fortificato, da tutto questo l’equivoco”.

Se il Loppi vuol parlare di carte geografiche faccia pure, ma parli anche di altre, tanto per citarne qualcuna: della Map of Etruria del Dennis (1848) oppure della Ager Hortanus in Tuscia Suburbicaria od anche della Carta di Ortelio (1584), carte queste, ma altre ce ne sono nelle quali è esattamente riportato il lago Vadimone nella Valle Ortana.

Ma lo scrittore vasanellese continua tirando fuori ossa e cose varie; cita ancora l’Abate Ermenegildo Costanzi e svariati altri “storici”,…cita Bagnolo, località del territorio di Orte, dove c’era in altri tempi un laghetto (pure quello era a Vasanello?), per non concludere niente, infine dice a seguito di quanto ha scritto:

E’da ritenere la prova definitiva che il lago Vadimone si trovava a Vasanello?” Questo non possiamo sostenerlo con assoluta certezza. Possiamo però asserire che a Vasanello, perlomeno fino al Rinascimento, un lago piuttosto grande c’era e come”.

Probabilmente c’erano a veleggiare anche, i “famosi” velieri a tre alberi!

Continua poi a parlare di Plinio aggiungendo al già detto - “In ogni caso la lettera di Plinio si è trasformata in una sorta di dogma incontrovertibile e da allora tutti o quasi, tendono invece ad ubicarlo nella piana bassanese, tanto che oggi, fuori della stazione ferroviaria di Orte capeggia (sic) un cartello che indirizza i turisti verso il lago Vadimone”.

Anche qui, come si usa dire oggi, ha “toppato”, infatti se quel cartello dice, che il lago  Vadimone è nella  piana  bassanese, non dice  mica che era a Vasanello!

Anche questa sarebbe una prova? Certamente no, è solamente, lasciatecelo dire, un’altra piccola malignità.

Un  discorso   a  parte  si  potrebbe  fare,  caso mai, a chi ha scritto quel cartello.

Giovanni Vitali  Parroco  della  Cattedrale  di Orte, nel suo ‘Compendio Istorico’  (1845) scrisse: “Allorché io devisava di esporre con tutta la possibile  brevità  la  Storia  della mia   patria,  preparavami già a dover,  con plausibili ragioni, le mie assertive certo di trovar contraddittori ai tanti punti che a questa istoria  si  riferiscono, e fra gli altri mi si manifestò sostenere il punto più scabroso quello del lago Vadimone, non perché non mi assistessero, le più convincenti ragioni, ma perché le assertive di tanti semidotti erano state ciecamente abbracciate dai dotti.

Ben sapeva che una massa sterminata di competitori se lo stiravano ognuno alla sua volta, e dopo aver scritto più pagine a sostegno delle loro opinioni, come spesso avviene a chi scrive fuor di causa, dichiaransi vincitori”

Il Loppi non conosce i suoi scritti? Se li conosce perché non ne ha parlato? O non vorrà far sapere, che anche il suo Abate Costanzi ebbe “Lizze letterarie” con Giovanni Vitali (Storico, non tra virgolette), circa il lago di cui stiamo parlando?

Eppure il Vitali scrisse, del suo Abate Ermenegildo Costanzi, nel già citato “Compendio Istorico”: “Siccome l’Abate Costanzi che lo vuole a Bassanello si fonda su quanto dice Fra Leonardo Alberti nella sua descrizione   dell’Italia, e con questa autorità conclude che il lago Vadimone stava nel suo Bassanello, voglio porre sotto l’occhio del lettore le parole stesse dell’Alberti con questa sola avvertenza che quell’auttore per Bassanello intende Bassano.

Ecco le sue parole:  essendo  nella  pianura non molto    dal   Tevere   discosto    avendo a mezzogiorno Bassanello,  Castel   d’Horta,  a settentrione oltre il Tevere Castel Giove sopra il colle e più oltre Amelia. È questa pianura  senz’albero  alcuno,  molto adagiata  per armeggiare. Ed essendo così scoperta che si può vedere questo lago da Armeria (Amelia).     Siccome  Fra  Leonardo  apprese questa  notizia  dalla  relazione   che  glie   ne dette il suo amico Fra Reggiani, il  quale dice Bassanello invece di Bassano, indotto da   quest’equivoco a prendere qui pro quo, segue a dire che passato Bassanello si vede Gallese. Se si fosse portato sulla faccia del lago come aveva fatto il suo amico Fra Vincenzo, non saria caduto in quell’errore”. …

Le stesse parole si potrebbero usare oggi, dato che c’è ancora qualche “scrittore”, che, probabilmente, non ha visto il lago Vadimone dai colli di Amelia; così ricorriamo al Vitali per dirgli: “se si fosse portato sulla faccia del luogo non saria caduto (anch’egli) in quell’errore!”.

Ritorniamo al “compendio Istorico” del Vitali: “Infatti molti altri sono caduti nella stessa inesatta collocazione del lago o per lo stesso motivo o per altri simili: “il Blando lo pone a Monterosi, il Siconio sui monti Cimini, lo Scioppo in Bevagna e altri ancora come lo Scaligero in Umbria…e non istò a confutare l’opinione del Bussi ‘Istoria di Viterbo’ giacché sono tanto ridicole le sue prove che cadono spontaneamente senza venir confutate”... “Gli etruschi avevano alle spalle il Tevere”dice Seneca nel suo ‘De Natura’.

Lo storico Florio dice che intorno al lago vi sono “residui di ossa di Galli senoni di notevoli dimensioni”,della sconfitta degli etruschi fa notare che “Avvenne presso il lago Vadimone, nei pressi del Tevere anche al dir di Polibio,II.19  Eutropio II e di Florio I. 13-.

 “A chiuder la bocca a chiunque volesse opporsi a quanto ho detto intorno a questo celebre lago, giunge in tempo  opportuno una vantaggiosissima scoperta fatta  dal  non  mai abbastanza lodato Em.mo Cardinale Angelo Mai, nei frammenti di Dionigi di Alicarnasso Coll.Vatic. Tom.II pag. 510.

Ricavandosi  da  quei  frammenti che  fra  gli altri   generali   romani  che   guerreggiavano contro  gli  etruschi, e  li   sconfissero  affatto, vi erano  Quinto Elio  collega  di  Fabrizio, P.Cornelio Dolabella, sotto la dicui condotta fu data battaglia.

Questa sconfitta avvenne presso il lago Vadimone a dir di Polibio, Eutropio e Florio. Ora ricavandosi da queste testimonianze, e da altro testo di Dione Cassio, vedi EXCERPTA

del sullodato Em.mo Mai pag. 356, che il Lago in questione era vicino alle sponde del Tevere, narrando anzi che la pugna incominciò precisamente nel tragitto di esso, per cui i romani poterono conoscere l’esito della battaglia dalla grande quantità dei cadaveri degli etruschi trasportati dalla corrente del fiume rosseggiante pel sangue”-

Il Vitali completa il tutto con il dire: Ora esca fuori l’Abate Costanzi colla sua “Valle del Lago” ed il Bussi colle sue “Amarelle” e diano se possono una smentita a queste inconcusse autorità. In riguardo poi a quelli che asseriscono esistere questo lago nel territorio di Bassano gli si concede benigno perdono dichiarandosi assertiva oriunda dalla ignoranza dei limiti territoriali, sapendo specialmente avere li Bassanesi il diritto di pascere in quella planizie Teverina. Chi bramasse accertarsene meglio, puol vedere la celebre causa sostenuta dagli Ortani contro li Bassanesi”.     

Abbiamo visto così, che lo stesso Vitali nell’opera citata, si riferiva al fatto, che qualcuno dei famosi, Fra e Abati, che il Loppi, ha citato, avevano idee poco chiare, tanto da dire che Plinio non avrebbe potuto attraversare il Tevere, perché in quel luogo non esistevano ponti.

Il Vitali  rispose  per  le rime  dicendo,  che se anche nessun ponte lì esisteva, c’erano comunque “barche  da  pesca,  e  a particolare servizio per tragittare il fiume” aggiungendo poi: “ Io  voglio  concedere  che  Plinio  nella sua relazione abbia a stimarsi veridico storico, ed esatto geografico,  e   che perciò sia sceso dai  campi  Amerini  e  siasi portato  sulle sponde del lago senza passare il Tevere perché o non vi esisteva alcun ponte, o si fossero affondate tutte le barche, o perché non sapeva guadarlo sebbene in tanti punti sia facilissimo, e senza alcun pericolo……ciò supposto, ecco il lago Vadimone sottoposto ai campi Amerini; ecco tolto a Plinio il fastidio di passare il Tevere sopra ponti, o a mezzo barche, o senza pericolo di costiparsi per guadarlo. Chi bramasse meglio persuadersi di questa mia assertiva, si porti in una delle colline che circondano la Valle Ortana, e spero, che converrà con me, come vi hanno convenuto non pochi dottissimi viaggiatori”

C’è anche qualcos’altro da far presente al Loppi, egli dice: “Fintanto che, come da cronologia della storia dell’Urbe, (gli etruschi) furono definitivamente sconfitti nel 309 a.C. nella celebre battaglia del Lago Vadimone”.

Mettiamo in chiaro anche questa questione: intanto “definitivamente” significa “per sempre”: quindi battaglia definitiva può chiamarsi quella che lui pure ha citato, ma in modo diverso, e non fu quella del 309 a.C. ma fu quella combattuta tra romani ed etruschi rinforzati da grossi contingenti di Galli, che si svolse nella piana dove è il lago Vadimone, nel 283 a.C..

Questo sanguinoso scontro, fu veramente quello che generò, se non l’immediata fine dell’Etruria, certamente l’inizio della parabola discendente di quel popolo.

Di questa battaglia, leggiamo quello che ha scritto il Keller, storico illustre, che per più un decennio  nella  seconda  metà  del 1900, fece approfondite  ricerche,  studiò  e  analizzò non olo in  Italia,  ma  in  altri   paesi,  documenti etruschi che in quei luoghi erano conservati. Da questi trasse materiale che usò poi per scrivere, oltre ad altre opere anche, “La civiltà Etrusca”.

Da questo libro (ma potremmo leggere le stesse vicende da tanti altri storici) traiamo, per brevità, solo la parte che riguarda appunto la battaglia combattuta nel 283 a.C. presso il lago Vadimone.

Il Keller scrive tra l’altro: “Un contingente gallo-etrusco si mise in marcia verso Roma, discendendo il Tevere, attraversata  la valle  si  imbattè  nel   che è in territorio di Orte nemico in prossimità del lago Vadimone. L’esercito romano era guidato dal console P.Cornelio Dolabella.

Al sordo rullio dei tamburi cozzano insieme le armi etrusche, galliche e romane. Lo scontro con le legioni porta alla sconfitta: talmente catastrofica che solo pochi scampano alla fuga. Fu un vero bagno di sangue di etrusci e galli, ci informa la tradizione, così terribile, che le acque del Tevere diventarono rosse, e i cittadini romani per il sangue che si vedeva e per i cadaveri che galleggiavano sul fiume, appresero la notizia della battaglia ancor prima dell’arrivo dei messi inviati dal console ad annunciare la vittoria.

Il lago Vadimone era tornato ad essere teatro di una totale sconfitta etrusca. Nel 309 a.C. infatti, sulle sue rive i romani avevano spezzato per la prima volta la loro potenza, ora, solo una generazione più tardi (283 a.C.) l’avevano spezzata per la seconda.

Caduto in oblio, ciò che ne resta è un piccolo stagno ameno. Lo si raggiunge in pochi minuti partendo dalla stazione di Bassano in Teverina nelle cui vicinanze l’autostrada Orvieto-Roma varca, in ampio arco, tre volte successivamente il Tevere; in epoca romana esso costituiva, in mezzo alla piana cinta dai colli, un grande bacino circolare, le cui acque non videro mai una barca. Era sacro e e vi era proibita financo la pesca”.   

Barca quindi, non nave, facciamo ancora notare al Loppi!

Tra gli storici moderni, da cui abbiamo   tratto riferimenti,   giova  citarne   altri,  ad esempio Massimo   Pallottino   ( del  quale  moltissimi conoscono le opere) altri studiosi di storia etrusca, ad esempio:- Romolo Augusto Staccioli, docente  di  Antichità  all’università  “La Sapienza” di  Roma,  autore di numerosi articoli e saggi ha scritto, tra l’altro: Storia e civiltà degli etruschi; Il mistero della lingua etrusca; Roma entro le mura etc. ed anche “Etruschi un popolo tra mito e realtà”.  In quest’ultimo libro dice: “Nel 283 a.C. al lago Vadimone, presso Orte, gli eserciti etruschi, rinforzati per l’occasione da forti contingenti di Galli, combattono l’ultima grande battaglia, che si conclude con l’ultima, definitiva sconfitta”.

Un altro storico moderno, Otto Willelm von Vacano, nel libro ‘Gli etruschi nel mondo antico’ parla tra l’altro, del lago Vadimone: “la posizione del piccolo lago solforico, un’antico cratere che è a nord di Orte e non lontano dalla riva destra del Tevere, lascia comprendere chiaramente che per gli etruschi si trattava di un ultimo tentativo di sbarrare la strada ai romani. In questo modo si voleva impedire loro di proseguire verso l’alto corso del Tevere, fino a Perugia, oppure attraverso la fertile Val di Chiana, oltre Orvieto, fino a Chiusi ed a Cortona. La odierna importanza della stazione ferroviaria di Orte, come punto di coincidenza sulla linea Roma-Firenze, fa comprendere la parte che il lago Vadimone  ebbe nelle lotte per l’Etruria, dopo che ai Romani era riuscito di aggirare lo sbarramento costituito da Sutri, Nepi e Falerii (Civita Castellana)”……“Neanche una generazione più tardi, nel 283 a.C. si ebbe, una volta ancora, nella stessa regione del lago di Bassano un’importante battaglia.

Questa volta contro i romani c’erano etruschi insieme ai galli boi, i quali, come  una volta i senoni, si erano messi in marcia  verso Roma, non un gallo rimase in vita, e del sangue degli etruschi caduti, rosse si fecero, le acque del Tevere”.

 Spiacenti dover disilludere lo storico Loppi: anche questi storici non hanno parlato di un lago Vadimone di Vasanello, (a parte   l’Abate  Ermenegildo Costanzi  e  diversi   altri, disinformati, Fra e Abati).

Oltre agli storici antichi e moderni già citati in precedenza, altri hanno parlato del lago Vadimone, ad esempio, Simon Feo, medico, fisico e uomo di lettere in predicato di essere chiamato a servizio del papa Clemente VII, che con la sua “Elegia AD AMICUM, sec.XVII, della quale Luigi Fraticelli, funzionario dell’Università   degli studi di Viterbo, per i “Quaderni dell’Accademia dei Signori Disuniti della Città di Orte”, ha “tracciato (in) un profilo biografico…e culturalmente approfondito …gli aspetti più significativi dell’Opera”. (edita nel 1991).

Nelle note relative all’opera stessa, pag. 52, scrive: “L’ubicazione di questo lago, controversa fino al secolo scorso (1800), è stata fuori discussione, almeno da H. Nissen in poi (Halische Landesunde,II,1 Berlin 1902, rist Amsterdam 1967, pag 342); vd. oggi Luisa Banti,, Vadimonis lacus in ‘R.E.VII A3(1948), col.2053 e W.V. Harris, Rome in etruria end Umbria, Oxford 1971 pag 56,n.4.

Concordemente questi autorevoli studiosi hanno ritenuto che il lago Vadimone, fosse l’attuale lago nelle vicinanze di Orte, ridotto oggi alle dimensioni di un piccolo stagno; (vd. anche, nel suo commento A.N. Sherwin-White, The letters of Pliny, Oxford 1966 pag 472)

Dal Fraticelli riportiamo della citata ’Elegia, la traduzione in italiano, riguardante la parte scritta in versi latini, circa il lago Vadimone:  

A distanza di un paio di miglia, vedrai Bassano e qui nei paraggi ribolle una fonte di acque sulfuree

Tuttavia è qui nel nostro territorio una rinomatissima sorgente che si dice una volta alimentasse bagni sacri.

Sorge nel mezzo alle ampie vallate, non lontano dalle acque del Tevere,un ampio lago tagliato tutt’intorno.

Appare una ruota, sempre in ebollizione, infatti la roccia fu scavata dalla natura e tuttavia non in maniera simile a quella artificiale.

Quest’acqua ondeggia e non genera pesci, né barca alcuna la solca: una piccola isola si muove al soffio dei venti.

Si vede un cunicolo nascosto che inghiotte le sacre acque, né tuttavia sarà il solo.

Questo ti chiarisce quanto Plinio aveva scritto a Gallo:ed è noto che sta qui il lago Vadimone

che né il Biondo né Barbaro il dotto videro mai.

Di qui l’imperdonabile errore che fuorviò sempre l’uno e l’altro.

Qui Quinto Fabio sbaragliò le schiere etrusche dopo aver valicato le cime del monte Cimino

Qui venne sconfitto Elvio Etrusco e gli Umbri quando mossero le armi contro i duci romani.

Qui Dolabella vince i feroci Senoni, che portavano i vessilli dei Romulidi e ne distrugge i resti.

Qui ora vengono profanati dai ricurvi aratri i resti degli eroi; qui il contadino urta contro le spade e giavellotti sepolti.

Forse tutti gli storici citati, hanno preso, “un abbaglio” oppure “nulla di probante supporta gli storici citati” come ha detto e direbbe il Loppi, quello non era il lago che è nella Valle Ortana, era invece il lago Vadimone di “Prata del lago” di Vasanello.

Continuando infatti, dice di aver letto, dall’Abate Ermenegildo Costanzi  “Atti del martirio del glorioso S.Lanno” (1794) nel quale è scritto che “Bassanello (oggi Vasanello) è vicino al lago Vadimone, nel sito

ove venerasi la cappella del suo martirio, e dice anche che il Costanzi ha probabilmente attinto dall’erudito padre Filippo Ferrari”.

Non  solo,  ma  l’Abate  Costanzi,  spiega persino, dove fosse  collocato,  il “celebre”  lago Vadimone di Vasanello, cioè in un luogo  che oggi viene chiamato, “Prata del lago”, lì si trovano “cunicoli che tuttora rimangono dai quali fuoriuscivano le acque…

Della battaglia del lago Vadimone, dice  poi: “è opportuno sottolineare una leggenda, (e meno male che almeno qui, parla di leggenda) riportata sempre dal Costanzi “esiste in detta terra (di Vasanello) un antichissimo mausoleo in forma di torre riquadrata,  composta  in un misto di pietre bianche e scure, co’ i suoi cordoni di adattati a mattoni…evvi costante tradizione, che detta torre sia un antico sepolcro eretto ad illustre personaggio morto ivi, nell’ultima guerra e battaglia che dai romani fu data agli etruschi, presso il lago Vadimone, che come mostrerò  appresso  non dista da detta torre che un mezzo miglio all’incirca…Elvio, re degli etruschi, fu ucciso in  quella   battaglia   morendo  in  Palazzolo distante non più di un buon miglio dal lago di Bassanello

Il fatto che Elvio, re degli etruschi, fu ucciso in  “Palazzolo”, che è nei pressi di Bassano in Teverina, niente nega e niente conferma,     non si può pretendere, che dire “venne ritrovato un sarcofago di basalto la qualcosa dimostra, perlomeno, che un personaggio importante fu davvero inumato lì, durante i lavori di restauro del campanile” basti  a chiarire qualcosa in proposito. Anzi, non si capisce proprio, cosa possa provare e che  significato può avere il descrivere quel sarcofago, se non si sa nemmeno, chi in quel sarcofago ci fosse?

Mica vorrà sostenere, che in quel sarcofago Elvio, fu seppellito più tardi? 

Potrebbe pure essere, ma nessuno lo ha mai detto o ha fornito prove che ci fosse.

Non poteva esserci Elvio o Elbio Volturreno di cui parla anche Il Mercurio - Geografia cap.II, Tuscia Suburbicaria:“Palazzolo diruto, qui  fu ucciso Elvio, ultimo re  toscano (etrusco)”…“fu sepolto in Palazzolo sotto un enorme cumulo di pietre.”

Tornando a parlare del lago, il Fontanini, che pure è stato da lui nominato, stando almeno a quanto né sappiamo, disse che i pareri erano discordi: “Plinio poteva trovarsi a Giove o a Bassano, ma poiché dice di giungere allo stesso lago senza far menzione del Tevere, senza il cui attraversamento non avrebbe potuto giungere al lago, si può dedurre che quei poderi amerini di suo suocero non fossero nel territorio di Amelia, ma in quello di Bassano, dove appunto soggiace il lago”. Anche il Fontanini quindi, non dice che il lago era a Bassanello, contrariamente a quanto il Loppi vorrebbe farci credere.

Antonio  Massa da Gallese (1500-1568) Giurista insigne e letterato nel suo “De origine et rebus Faliscorum” (ci fa notare Vladimiro Marcoccio) dopo aver riportato la lettera di Plinio e averla commentata, riferendosi a quanti potevano pensare che il lago fosse in chissà quali luoghi, scrisse: “Ma affinché una cosa sia chiara e non tenga più oltre sospeso l’anima dei lettori dico, che sia fuor di ogni dubbio che il lago Vadimone è quello che nell’agro di Bassano giace sotto le colline Amerine e trovasi non lungi dal Tevere”.   

“Gli etruschi avevano alle spalle il Tevere”, dice Seneca nel suo “De Natura”. Lo storico Florio dice che intorno al lago, vi sono “residui di ossa di Galli-Senoni di notevoli dimensioni” della sconfitta degli etruschi dice anche che “avvenne presso il lago Vadimone: lo stesso dicono Polibio,II. 19 Eutropio II e di Floro.I  . 13; questi storici e  anche Dionigi di Alicarnasso ha preso un “abbaglio”?

Le  battaglie  del lago Vadimone, tutti dicono,  si sono svolte  “vicino alle sponde del Tevere, precisamente    nel    tragitto   di   esso”  non   dicono mica: vicino alle sponde del Rio Mincio nei pressi del lago  Vadimone   di Vasanello!

In quanto alle strategie, il Loppi parla della battaglia tra romani e etruschi e boi, svoltasi presso il lago - “proviamo anzitutto - dice - a fare una considerazione strategica: mai accettare    lo    scontro    in    campo   aperto con un nemico più numeroso e organizzato…Roma era una formidabile macchina da guerra, poi aggiunge: “Ad esempio nulla toglie che la battaglia iniziata in una zone impervia che più si prestava a tattiche di guerriglia, e che abbia avuto soltanto il suo epilogo, con i resti dell’esercito  etrusco  in rotta, in riva al  Tevere”. Ovvio che con ciò non fa una considerazione, ma vuol porre due cose in contraddizione, il che è ben altra cosa.

Poi dice: “A questo punto non resta che azzardare lo scenario che potrebbe aver indotto in errore chi, secoli dopo, riportò l’evento. Dopo alcuni giorni di guerriglia tra i boschi  e  i  dirupi  della  zona  intorno al lago  Vadimone  (quello  oggi  prosciugato  di Vasanello beninteso) gli etruschi si ritrovarono stretti dalla manovra a tenaglia che da ovest a sud li spingeva inesorabilmente verso il cul dé sac rappresentato dal Tevere.

E poi che dopo la guerriglia tra ‘boschi e dirupi’ della zona intorno al lago, gli etruschi vennero stretti dai romani, con la cavalleria spinti “verso il Tevere e qui finì la cruenta contesa che fece migliaia di morti”…e aggiunge  “gli etruschi furono ridotti a poche centinaia…e si schierarono in posizione di combattimento, dove era il laghetto di Bassano in Teverina.

In simili casi era consuetudine dei romani, anche ad evitare ulteriori perdite proporre la resa al nemico…evidentemente gli, etruschi rifiutarono, e morirono in riva al fiume”(?).

Ma lui dicendo “i romani erano una formidabile macchina  da   guerra” si pensava  volesse dire che i romani, non erano degli sprovveduti, e se non lo erano come può pensare, che si sarebbero lasciati intrappolare in una zona impervia?

Così infatti non è stato, poiché la battaglia si è svolta effettivamente nella piana del Tevere come del resto, i fatti hanno dimostrato?

È possibile, nel caso della battaglia del lago Vadimone del 283 a.C., che scontri ci siano stati tra avanguardie o truppe avanzate, prima della battaglia vera e propria.

Sappiamo da Dione Cassio: “I romani seguendo l’esempio di Q. Fabio Rulliano, discesi velocemente dal Cimino, si spinsero verso la pianura venuti a contatto con le prime schiere degli etruschi li spinsero sulla via Amerina fino al lago Vadimone, costringendoli ad accettare battaglia in condizioni svantaggiose, per gli etruschi stessi,  i quali avevano alle spalle il Tevere che sbarrava loro la strada della ritirata, avendo di fronte le agguerrite legioni romane”.

Tanto per completare il discorso e dar valore a quanto detto: sappiamo dai testi, in quanto alle strategie e all’assetto di combattimento dei romani:  “verso la fine del secolo IV, per opera molto probabilmente di Furio Camillo la legione da falangistica si trasformò in manipolare: durante le lotte sostenute contro Galli e Sanniti si era infatti  sperimentato,  che  la  falange doveva spesso dividersi in piccole frazioni per poter manovrare e adattarsi al terreno. La formazione manipolare fu quindi una soluzione geniale che consentì ampia possibilità di manovra e di scaglionamento in profondità.  Inoltre, mentre nella Legione falangistica   i   migliori   combattenti erano dislocati nelle prime linee poiché lo scontro era prevalentemente lineare e frontale, nella legione manipolare la   fanteria  con armamento pesante  fu  disposta  su tre linee: nella prima figuravano i giovani (astati); nella seconda i più maturi (principi); nella terza i veterani (triari). In tal modo si aveva una dosatura degli sforzi nel tempo e nello spazio i migliori entravano in azione nel momento decisivo, così come la cavalleria tenuta solitamente di riserva.  

Tanto basta a dimostrare che la battaglia vera e propria, non iniziò “in zone impervie o nei boschi”, poiché i romani proprio per il loro consolidato modo di combattere, dicevamo, non si sarebbero mai fatti attrarre in quei luoghi, non avendo spazi di manovra.

  Chiudiamo qui il nostro modesto scritto, ci eravamo ripromessi fin dall’inizio, di seguire un semplice e preciso percorso storico, semplice non è stato per ovvi  motivi,  preciso quanto ci è stato possibile, le linee fondamentali della ricerca storica crediamo di averle rispettate; siamo scesi brevemente nel particolare, rimanendo però entro certi limiti, così come era nelle nostre intenzioni. 

Abbiamo comunque dimostrato ancora una volta, a sufficienza crediamo, che il tentativo di Ardelio Loppi di portare il lago Vadimone altrove, è miseramente naufragato nel “Fantomatico” lago di Vasanello.