Dr. Mario L. COCO

 

LA FRANA DEL VAJONT

 

Il 9 Ottobre 1963 alle ore 22,39 nella valle del torrente Vajont cadde un'immensa frana (con un fronte di quasi due chilometri) nel bacino artificiale formato da una diga che aveva sbarrato una forra posta poco a monte della confluenza con il fiume Piave.
L'effetto fu una ondata di circa 30 milioni di mc di acqua e in quasi 5 minuti di apocalisse vennero rasi al suolo o subirono gravissimi danni il paese di Longarone e le borgate poste lungo la valle e a monte della frana.

Le Vittime furono oltre 2.000; fu un tragico bilancio; .... e non fu un fato!

La frana piombò giù dal versante settentrionale del monte Toc, in sinistra del torrente Vajont, in un blocco unico, con una massa di circa 250 milioni di mc e con una velocità compresa tra i 60 e i quasi 100 Km/ora, senza scompaginarsi.
Raggiunto il fondovalle, la frana risalì la sponda opposta (destra) sormontando di quasi 140 metri la diga stessa.



 

 

Veduta della valle del Vajont (tratto dal Museo del Parco delle Alpi Friulane nel Comune di Erto e Casso. Opera: arch. Luciano Di Sopra).



 LA DIGA

La diga ad arco a doppia curvatura in calcestruzzo venne iniziata nel 1957 dal Gruppo S.A.D.E. - Società Adriatica di Elettricità di Venezia e venne portata a termine nel 1959. 

Dati principali:

Capacità di invaso:

CAUSE PREPARATORIE

LA GEOLOGIA

Litologia:

La sequenza degli strati coinvolti nel vasto franamento è visibile quasi per intero nell'area del comune di Casso in destra della valle e presso la forra del Vajont, ove insiste la diga. La successione, in accordo con B. Martinis e V. Francani, è la seguente:

Giurassico:

Cretaceo:


Osservazione:

Da un attento studio della litologia, della dislocazione e della serie stratigrafica in posto si evince che gli strati G 3a e C1/2 sono i livelli che possono aver esercitato una azione lubrificante che ha favorito il distacco del corpo della frana.


Tettonica :

Al seguito dell'orogenesi alpina, nell'Oligocene, circa 30 milioni di anni fa, le formazioni calcareo marnose e argillose vennero piegate, fratturate e sollevate; queste, verso la base, presentano una superficie inclinata di tensione che poi è stata coinvolta nell'enorme franamento del Monte Toc.



Sezione tratta da un lavoro dell'Università di Portsouth

Sismica : 

La valle del disastro insiste su di una area a moderata sismicità ed è circondata da aree ad elevata sismicità.


Morfologia :


La valle del Vajont è di origine glaciale. Nel Pleistocene il ghiacciaio si ritirò ed ivi s'impose una erosione torrentizia.
Questa incise tanto profondamente la valle da mettere in vista i terreni del Cretaceo sino ad intaccare i sottostanti terreni giurassici.
Infine (ed inserisco questo argomento nella morfologia solo per facilitare una omogeneità di lettura) il ghiacciaio aveva esercitato oltre ad una azione sul fondo e sui fianchi della vallata, anche, verosimilmente, una tensione nelle rocce via via decrescente dal basso verso l'alto .
Con il ritiro del ghiacciaio würmiano, le rocce interessate, liberate dalla massa glaciale, hanno accusato un rilassamento dovuto alla mancata tensione preesistente. Le conseguenze di questo rilassamento furono uno squilibrio tensionale interno delle rocce in oggetto e vari fenomeni di franamento nell'area (come le antiche frane di Casso e del Monte Borgà ). Risulta probabile che dette tensioni siano tuttora in atto.

 

IL CLIMA

La diga del torrente Vajont insiste su di una area ad elevata piovosità con massimi in primavera ed in autunno e con minimi in inverno . Nei 2 mesi precedenti il crollo della frana le piog piogge ebbero una eccezionale intensità.
L'azione del gelo-disgelo insiste sul versante meridionale della valle. Inoltre, data l'esposizione della stessa verso Est-Ovest , essa è sottoposta ad una scarsa insolazione.

 

CENNI SUGLI STUDI COMPIUTI

Sin dal 1957 il versante sovrastante la diga fu sotto controllo. Tre anni dopo avvennero dei movimenti franosi che in seguito si amplificarono e si intensificarono e lasciarono per testimonianza, una frattura a forma di M che fu quella destinata a precipitare in seguito.
Dagli studi eseguiti furono segnalate anche delle fratture parallele alla valle, ma l'errore dei tecnici fu di pensare che l'enorme massa rocciosa sarebbe venuta giù un po' alla volta, cadendo nella valle sino a formare un contropiede che sarebbe servito a sostenere le fette successive e fino ad esaurimento della massa franosa in movimento.

Ai primi giorni del novembre 1960, come accennato, accadde un fatto di straordinaria importanza: sotto il piano della Pozza (nel versante nord del M.te Toc) si staccò una frana di circa 700.000 mc con un fronte lungo quasi 300 m; il movimento fu abbastanza lento e aveva provocato modeste ondate dell'acqua del bacino del Vajont.

Questo fatto venne interpretato come una prova generale di quanto sarebbe potuto avvenire se fosse realmente accaduto (come paventato) che franasse quella enorme massa rocciosa in movimento.
Venne allora costruito un by-pass in modo da collegare con una galleria i settori a monte e a valle, interrotti dalla massa franata, all'interno del bacino della diga del Vajont.
Furono a più riprese compiuti studi di carattere geologico (con l'ausilio di cunicoli e di perforazioni), geosismico e venne perfino costruito un modello idraulico per osservare il comportamento dei terreni coinvolti nel franamento.

CAUSE PREPARATORIE

 Le cause preparatorie o predisponenti per il disastro del Vajont sono state varie, e cioè:

 

CAUSE DETERMINANTI E SCATENANTI

Tra le cause determinanti o scatenanti l'immenso franamento si deve annoverare:

Le precipitazioni provocarono: l'appesantimento della falda rocciosa, l'imbibizione del suo letto ed un'azione lubrificante della superficie di scorrimento della futura frana. Inoltre, nel tratto più elevato del Monte Toc, soggetto a forme di erosione carsica, l'acqua si era infiltrata nel sottosuolo minandone la solidità delle masse rocciose.

Le operazioni di invaso e svaso, effettuate durante il collaudo della diga, determinarono delle fessure nelle rocce, un effetto di lavaggio e di asportazione del materiale più fine, peggiorandone la coesione ed alterandone la permeabilità. Inoltre l'acqua ha esercitato una sottotensione tra i grani interstiziali della roccia fino a permetterne il "galleggiamento". Questo spiegherebbe come la massa franante sia precipitata tutta in blocco ed in tempi rapidissimi.

Tanti altri effetti si sono potuti esercitare nella massa interessata dal fenomeno franoso; non è tuttavia possibile stabilire una qualche particolare influenza definitiva nel dissesto franoso e neppure è possibile stabilire i tempi ed i modi con cui ciascun fattore può aver influito sul crollo. Tuttavia nessuno di essi poteva risultare determinante.

 

CONCLUSIONI

É indubbio che il fenomeno franoso in oggetto è stato un avvenimento eccezionale. Con maggiore umiltà intellettuale sarebbe stato forse possibile prevedere il tragico evento. Le conoscenze scientifiche e i mezzi tecnici allora disponibili sarebbero stati probabilmente sufficienti per individuare il fenomeno franoso:

Tutti gli studi compiuti concordano che le variazioni di livello dell'acqua nel bacino sono state la causa con il maggior peso relativo che ha scatenato lo scivolamento.

Certamente anche l'azione delle acque meteoriche, eccezionalmente intense nei due mesi precedenti, è stata indispensabile per vincere le forze di coesione della roccia lungo la superficie di movimento e, la massa intera ,"quasi sospesa", ha potuto piombare precipitosamente nel lago artificiale del Vajont.

L'eccezionale intensità delle acque meteoriche hanno potuto anche marcatamente appesantire la falda franosa, ed hanno potuto accrescere le sottotensioni interne delle acque carsiche (presenti nella zona in oggetto) fungendo da lubrificante per lo scivolamento, tanto più che sia i giunti di stratificazione che il letto della frana erano stati imbevuti di acqua.

Tutte queste concause sono state sufficienti a provocare dapprima lo sradicamento della falda di frana e in un secondo momento, appena successivo, lo scivolamento con accrescimento rapido della velocità di accelerazione dell'immensa massa franante che senza più freni è piombata, nella valle del bacino del Vajont, tutta in un blocco unico e senza alcun scompaginamento.

Questo lavoro non è stato volutamente rivolto alla ricerca delle responsabilità penali o civili che l'evento ha comportato.
Non vuole nemmeno rappresentare una critica del lavoro di quanti si sono cimentati nello studio e nelle previsioni del fenomeno franoso.


Dopo la Tragedia - ottobre 1963

Queste pagine, invece, vogliono essere un modesto contributo per la comprensione dei fenomeni avvenuti e nel contempo essere anche di monito affinchè questa tipologia di opere, che può arrecare gravi tragedie alle comunità locali, debba essere concepito come umile servizio offerto alla popolazione e alla economia della zona.