S. Stefano - Bizzozero - Monumento nazionale

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Chiesa di Santo Stefano, Bizzozero, Varese

A Bizzozero la chiesa di Santo Stefano - monumento nazionale - un autentico gioiello architettonico, ricco di testimonianze dell'arte pittorica romanica, dei secoli XV e XVI, è stata oggetto di restauri da parte di un apposito Civico Comitato; direttore dei lavori l'architetto Bruno Ravasi.

Le origini sono documentate fin dall'VIII secolo, dopo gli scavi archeologici effettuati negli anni settanta, che evidenziano le piante di due edifici antecedenti, realizzati e poi abbattuti, all'interno dell'attuale perimetro. La chiesa è il monumento più antico del rione varesino; nata come oratorio, ricevette nel 1347 la dotazione di una Cappellania tramite l'Arcivescovo di Milano Giovanni Visconti, con la previsione della officiatura di culti e messe quotidiane ed anche il sostentamento di clero dedicato. Questo fatto testimonia l'importanza della chiesa per la vita religiosa di Bizzozero. Da sempre dipendente dalla pieve matrice di Varese ebbe una sua emancipazione nel 1490, divenendo una rettoria (una parrocchia ante litteram).

L'edificio è ad unica navata, nello stile romanico, con due entrate: la più antica è sulla parete sud. L'esterno è caratterizzato da un'abside di grandi dimensioni con decorazioni ad archetti pensili. Le pareti sono state realizzate mediante l'utilizzo di sassi da fiume (forse recuperati da un vicino torrente). La torre campanaria, forse più antica dell'attuale tempio, è pure romanica, ed ha la cella campanaria rifatta nel 1347, in stile rinascimentale; si noti la pendenza della costruzione, attenuata dalla foratura nel muro delle monofore, prima singole poi accoppiate. Il campanile ha l'accesso interno ed è uno dei più antichi dell'intero Varesotto; possiede una campana, funzionante, risalente al 1741. Santo Stefano, che presenta molte somiglianze con la Chiesa di San Pietro a Gemonio, possiede, all'interno, affreschi dal 1000 al 1500 ed ospita il più importante ciclo pittorico dell'artista Galdino da Varese.

Questi nel 1498 dipinse il ciborio, cappella devozionale eretta nel XV secolo, dedicata alla Madonna; il tempietto è di impostazione rinascimentale, quadrato, ed è retto da due colonne gotiche di molera, poste su di un piedistallo, sormontate da capitelli corinzi decorate con foglie ispirate alla antichità classica. La Madonna è dipinta in un mirabile affresco, sotto il ciborio, risalente al secolo XIV, nell'atto di donare il latte al Bambin Gesù. Proprio questo dipinto (Galaktotrophusa) fu salvato in extremis dalla sua totale rovina grazie all'intervento nel 1970 del Comitato pro restauro. Galdino da Varese appartiene alla Bottega dei Campanigo, maestri pittorici varesini del tardo '400, cui fa parte anche il famoso pittore Martino Spanzotti (parente stretto di Magister Galdinus) operante in territorio piemontese, autore dello spettacolare ciclo di affreschi, che si trova nella chiesa di San Bernardino ad Ivrea. Galdino, insieme a Iob de Prioris firmò il polittico già nella chiesa di San Gottardo a Carmine Superiore, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, ora nella Collegiata di San Vittore a Cannobio. L'opera del tandem dei pittori varesini in Santo Stefano risulta da un riquadro firmato da Galdino ancora leggibile e da un altro riferito a Ihoes, non più rilevabile.

Notevole è l'intera decorazione dell'abside (1536): le raffigurazioni in due ordini, più una fascia bassa, riproducono Dio Padre e i Dottori della Chiesa nella parte superiore, la Crocifissione e i Santi Apostoli in quella inferiore. Al centro dell'abside trovasi un eccezionale altare con affreschi romanici dei Santi Ambrogio e Stefano, XI secolo. Gli affreschi originali del lato frontale si perdettero dopo che, nel '400, quel lato fu ricoperto da un Cristo con gli Strumenti della Passione, tra cui la Croce. L'affresco, strappato, si trova presso i Musei Civici di Varese. Come in San Pietro di Gemonio i dipinti della navata (parete nord) sono devozionali, commissionati da privati o da famiglie, che secondo l'uso dei tempi, ponevano lungo le pareti altari, anche in legno per la celebrazione di messe. Sopra questi altari si facevano dipingere Santi o Madonne; secondo tali finalità devozionali esistono così due cicli di affreschi. Da sinistra Cristo benedicente nella mandorla, tra San Giacomo ed un altro Santo; ai piedi trovasi la figura del committente, inginocchiato. L'affresco, realizzato con la tecnica dell'incisione a ricalco, appartiene al XIV secolo. Alla destra di questo gruppo seguono tre Madonne, due del XV secolo ed una più recente. La prima a destra del Cristo mostra un libro con un motto latino e fu realizzata nello stesso periodo dei dipinti di Galdino. Il Bambino tiene tra le mani un piccolo uccello che simboleggia l'"anima".

Proprio l'importanza del monumento e la sua singolare, isolata, affascinante presenza alla periferia del popoloso rione varesino ha condotto numerosi studiosi in questi ultimi anni a dirigere le loro attenzioni sui fatti storici e le valenze artistiche del tempio.

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