Il viaggio


Beh, ci incontrammo un fine settimana
tu giurato, io poeta in uno stesso
premio di poesia. In verità
noi ci conoscevamo da tanti anni:
per me eri uno squallido avversario
che aveva preferenze strapaesane.
Ma scoprimmo gli amori che avevamo
covato dentro: la Boheme, Puccini,
Modiglioni, l’amore per Livorno,
città operaia e creativa. E quindi
il lungo viaggio tra Massa Carrara
e Roma si profuse in un rosario
di immagini sfumate, in un emporio
di misteriose foto del passato
scattate da diverse angolazioni
e con tempi diversi e che in un lampo
si poterono fondere in un solo
non vero, ma auspicato in quel calore,
quadro di somiglianze. E in questo modo
quando giungemmo a Termini eravamo
vecchi amici con tante care cose
da ricordare nello stesso squarcio
di strada assieme: un attimo. Tre ore.
Un Orazio e un Curiazio finalmente
avevano trovato misteriose
complicità desiderate. Mentre
viaggiamo provvisori in questo mare
noi ci imbattiamo arrabattati, vinti
in un’umanità che non esiste,
che ha scelto di non vivere mutuando
da immagini di carta, fotocopie
di invenzioni nulliste i propri ruoli.
E con tutte le nostre provvisorie
cose importanti ci sentiamo soli.
In prima linea contro gli infedeli.
Ma in fondo nulla è veramente vero
e lo sappiamo : ci piace inventarci
la Verità, il Nemico, la Prigione.
Cercare amici su cui confidare
le morti amiche sulla barricata.
E tutto è un gioco che gettiamo dentro.
Il calendario di una vita. E non
ci sono vincitori e non ci sono
vinti, né giustizieri, né maestri.
C’è il gioco e la sua febbre ingannatrice
che ci illude di esistere.
E una sera
tutto ritorna calmo. Senza noi.