Porto di luce, di vento e mare
Non avresti nemmeno meritato,
estraniata città che mi hai nutrito,
una poesia d’amore,
un canto, un’elegia,
se non fosse per quei vicoli ombrosi,
tumescenti di vita che ribolle,
d’orgogliosa miseria variopinta,
di splendori incrostati nella calce,
per le schive e possenti architetture,
o per quegli archi d’acqua spumeggiante,
danza barocca di lucenti gocce,
che dalle tue fontane, inascoltati,
gridano ai quattro venti
la ribelle energia, il dolore
pudico che tu senti,
ed è, non poco, anche anima mia