I° class. - Timur Lenk – Il testamento del tempo – L’Aja – Olanda
IL TESTAMENTO DEL TEMPO
Ho scandito.
Gli uomini hanno sempre collegato il mio scandire allo scroscio dell’acqua,
al soffio sussurrato della sabbia nella clessidra, ai rintocchi e al ticchettio
dell’orologio.
Ma per me era diverso. Ho scandito per ere così lunghe e remote che
il mio scandire era diventato il mio silenzio.
Un silenzio assoluto, totale. Come quello dei pianeti roteanti intorno al
sole o di una stella che si spegne implodendo.
E tutto ciò da quando, con la luce e le tenebre, l’Eterno creò
questo stato dell’essere, vale a dire un prima e un dopo, un avanti
e un indietro, un ora e un allora.
Ho scandito le vite di tutte le galassie e di tutti i granelli di polvere,
e di ciascun atomo che li componeva. Ho scandito il ritmo della creazione
dell’Universo, che continua anche in questo istante.
Ma ora l’Eterno, nella sua immensa saggezza e onnipotenza, ha stabilito
che nulla debba più esistere all’infuori di lui, quindi io non
ho più ragione di essere. La mia missione è conclusa, anche
il ciclo del Tempo è terminato.
Non provo rimpianto nè rammarico per questo. Ciò che invece
più mi addolora è che gli uomini, da quando sono stati creati,
vale a dire in quest’ultima minuscola parte della mia indefinita esistenza,
mi hanno sempre creduto del tutto privo di sentimenti, e mai errore fu più
grande.
Non mi hanno mai compreso. Mi hanno soltanto ritenuto freddo, implacabile,
inesorabile. Milioni, miliardi di esseri avrebbero voluto fermarmi, almeno
rallentarmi o al contrario accelerarmi. Ciò non è mai avvenuto.
Anche chi, rarissimo, è riuscito a viaggiare verso il prima o verso
il dopo, nel passato o nel futuro, si è sempre sottomesso al mio immutabile
scandire.
Ma nulla mi ha mai impedito di provare sentimenti, tutti tranne l’odio,
perché il Tempo non può odiare ciò per cui scandisce.
Che gli uomini sappiano quindi, prima di congiungersi all’Eterno, che
nel mio stato dell’essere ho pienamente provato il dolore e l’orrore,
lo sdegno e il rimpianto, la pietà e l’orgoglio, la gioia e l’amore
per tutto, assolutamente tutto quello che ho scandito.
Nel corso della mia esistenza per la quale le ere, i cicli cosmici e gli eoni
non sono stati che una serie di minuti in termini umani, questi sentimenti
sono tutto ciò che ho avuto, tutto ciò che mi appartiene ed
ora li lascio, affidandogli all’Eterno perché li accolga in sè
.
Lascio il dolore di aver scandito il tempo della disperazione di chi ha perso
ogni speranza, di chi è stato vittima ed ha visto vittime i suoi figli,
di chi mi ha implorato di abbreviargli la vita, tormentato dai dolori più
atroci e dalle malattie più degradanti e devastanti. Ed io a scandire
senza poter fare nulla per loro, senza nemmeno poter versare le mie lacrime,
perché l’Eterno mi ha consentito di vedere ogni cosa, ma non
di avere gli occhi per piangere.
Lascio l’orrore del mostro annidato nell’uomo, il tempo dell’Apocalisse
scandito per la Peste, la Fame, la Guerra, la Morte. L’orrore per aver
scandito i tempi di genocidi, stermini, stragi e violenze, i tempi di cavie
umane innocenti e del traffico della loro carne. Ed io a scandire, senza poter
fare nulla per loro perché l’Eterno non mi ha consentito di avere
delle mani per aiutare.
Lascio lo sdegno per aver scandito l’onta dell’oppressione e della
libertà perduta, della prigionia dietro confini e dentro mura. Lo sdegno
per chi ha tolto una speranza, ha spento un sorriso, per chi ha creato infelicità,
avvelenato delle vite continuando a pretendere di farsi chiamare saggio e
giusto. Ed io a scandire, senza poter alleviare l’infelicità
di quelle povere vite perché l’Eterno non mi ha consentito di
avere una voce per consolare.
Lascio il rimpianto per le occasioni perdute, per tutti i momenti mancati
e soprattutto per tutti coloro che ho visto incapaci di usarmi, che mi hanno
sprecato per inseguire miraggi, per raggiungere falsi traguardi o, ancor peggio,
per ignavia.
Il rimpianto per aver scandito fiumi, oceani di parole inutili, sterili, stupide
e vuote, immensi monumenti di nulla che mi hanno sottratto a tanti uomini
assieme alla loro serenità.
Lascio l’orgoglio di aver contemplato il nascere della vita e delle
vite, lo sbocciare dei fiori colorati e di quelli velenosi, coltivati dall’uomo
e da tutte le creature dell’Universo. L’orgoglio di aver cadenzato
la Natura, il ritmo di innumerevoli stagioni, maree, eclissi, del leone in
caccia e delle migrazioni degli uccelli.
Lascio la gioia di aver scandito gli istanti della creazione delle opere dell’uomo,
nate dalle pietre squadrate, i mattoni e lo scalpello, il pennello e la penna,
gli ideogrammi e gli alfabeti, le parole e le note musicali. La gioia di aver
scandito le Piramidi e la Grande Muraglia, la Pietà e il Pensatore,
la Gioconda e i Girasoli, la Divina Commedia e il Piccolo Principe, la Nona
Sinfonia e i Quadri di una Esposizione.
Lascio l’amore per l’amore che ho scandito, quello che fonde due
esseri e li rende uno, che unisce la madre al figlio che le esce dal grembo.
L’amore per la devozione, le dolci parole degli innamorati e la passione
travolgente degli amanti, il loro desiderio, il loro prendersi e riprendersi
nell’atto d’amore perpetuo, da me scandito per un numero di volte
superiore a quello dei granelli della sabbia del mare. Quell’amore che
purifica, che travalica la morte e le sopravvive, così alto da congiungersi
all’Eterno.
L’Eterno...
Quando mi congiungerò a Lui il mio scandire si stempererà ...
qualcuno ha detto: come lacrime nella pioggia.
Io preferisco dire: come gocce iridescenti che scendono veloci nello scroscio
di una cascata, rimbalzano e si librano brillando alla luce di un sole che
non c’è più, e divengono tutt’uno con l’Eterno.
Ora sono giunto al mio termine.
E scandisco questo istante solo mio, l’ultimo che .