- Allora Nina, vuoi sbrigarti? –
Franca la stava chiamando davanti ai cancelli; con quelle parole, quelle
stesse parole che usava suo padre.
- Allora Nina, vuoi sbrigarti?-
Quando doveva andare a fare la legna e quando c’era la camicia da
rammendare; così i suoi quattro fratelli, quando aspettavano di essere
serviti al tavolo e quando chiamavano in cortile per farsi portare qualunque
cosa servisse per i lavori di tutti i giorni.
E Nina si sbrigava sempre; dalle sei del mattino fino alle dieci di sera.
L’unica donna in mezzo a cinque uomini poteva solo alzarsi alle sei
del mattino e coricarsi alle dieci di sera, dopo aver pensato al pranzo,
alla cena, al bucato, alla terra, alla legna e alle bestie. Vita di montagna;
lavoro, lavoro e ancora lavoro. E il portafoglio sempre in mano agli uomini.
Lo sapevi che quel portafoglio era sempre troppo leggero perché in
quelle terre si lavorava davvero per poco; ma quel poco stava nel portafoglio
e il portafoglio stava nelle tasche dei pantaloni, i pantaloni degli uomini.
Quando c’era ancora sua madre era diverso; perché sua madre
sapeva come tenerli tutti in riga e se come ogni moglie anche lei faceva
la serva, il padre però sbraitava meno, i fratelli stavano al loro
posto e il portafoglio, quello usciva dalla tasca del padre qualche volta
in più.
- Allora Nina, vuoi sbrigarti? –
Quando ammazzavano il maiale e toccava a lei correre con il secchiello in
mano, a sistemare la carne, a tenere lontano il cane.
- Allora Nina, vuoi sbrigarti? –
Quando con il rastrello doveva radunare il fieno mentre gli uomini con il
forcone caricavano il carro.
- Allora Nina, vuoi sbrigarti? –
Quando a pranzo doveva portare la pentola, il pintone, i bicchieri e qualunque
altra cosa mancasse; perché gli uomini si sedevano a tavola non si
alzavano per niente al mondo se non alla fine del pranzo. Almeno durante
la giornata quando restava da sola in casa, la fatica c’era lo stesso,
ma nessuno le diceva di sbrigarsi. Come quando andava a fare il bucato al
ruscello. Da una parte quello era il mestiere che odiava di più perché
arrivava a casa con la schiena a pezzi e le braccia che non avevano nemmeno
più la forza di reggere la pentola dall’acqua del cane; però
almeno con le altre donne si facevano volentieri due ciance e si spettegolava
su chi non c’era, ben sapendo che quando non c’eri tu avrebbero
spettegolato su di te. Quella che preferiva era Ginota, l’anziana
del gruppo, ma con più energia di tante giovani; ogni volta Ginota
le si metteva vicino, la prendeva da sola, si faceva seria e le faceva sempre
lo stesso discorso.
- Ti devi trovare un marito e anche in fretta.-
- Ma perché devo prendermi un marito, posso anche stare da maritare;
in paese non sono mica l’unica da maritare. –
- Nina, Nina, ne devi capire di cose. Te l’ho detto mille volte che
c’è una bella differenza tra te e le altre che non si maritano;
primo, tu sei bella e secondo tu vivi da sola in mezzo a cinque uomini.
–
Nina faceva sempre per interrompere il discorso, ma Ginota non la mollava.
- Tu sei la più bella ragazza del paese; non far finta di niente
che sei capace a guardarti allo specchio, con quella faccia liscia e pulita
che sembri una di città e un corpo come quelle fanno il cinema. Una
come te se lo può anche scegliere il marito; ma se non lo scegli
tu, finisce che a forza di vederti passare qualcun altro sceglie te e credimi
è molto peggio. –
- Sono sempre stata capace a difendermi! – le rispondeva quasi urlando.
- Brava, continua a difenderti da tutti; così finisci per restare
tutta la vita a far da serva a cinque uomini e quando i tuoi fratelli si
sposeranno farai da serva anche alle loro mogli. –
Gli diceva così tutte le settimane, finché una volta Nina
aveva perso la pazienza.
- Ascoltami bene Ginota. Se devo scegliere tra fare la serva a un marito
oppure farla a un padre, quattro fratelli e altrettanto cognate, allora
scelgo il padre, i fratelli e le cognate; dovrò lavare, cucinare,
pulire e rammendare, ma almeno mi evito di avere uno con il fiato che puzza
di vino che si corica nel letto, per qualche minuto respira il suo piacere
vicino al mio orecchio, poi si gira dall’altra parte e si addormenta
fino al mattino dopo. –
Ginota era rimasta in silenzio ad ascoltare, poi aveva fatto su il bucato
e non si era più voltata neanche quando Nina le aveva chiesto scusa
dicendole che non le voleva mancare di rispetto; da allora però trovarsi
un marito Ginota non glielo aveva più detto.
E dire che aveva ragione perché in paese erano in tanti a metterle
gli occhi addosso. Per gli uomini in cerca di moglie, Nina era quanto di
meglio potessero volere; bella, in salute, gran lavoratrice di casa e di
campagna. I mezzani le avevano provate tutte, attraverso il padre e i fratelli,
ma Nina non ne voleva sapere; agli uomini della sua famiglia ubbidiva e
si piegava in tutto, meno che nel trovarsi un marito.
Una domenica mattina dopo messa l’aveva fermata addirittura il parroco.
- Vedi Nina, una brava donna e una brava cristiana si trova un marito, mette
al mondo dei figli, fa quello che fanno tutte le brave donne e le brave
cristiane dei nostri paesi. –
- Non voglio mancarvi di rispetto Don Luigi, ma lei sa bene che non ho nessuna
intenzione di trovarmi un marito. –
Don Luigi si era guardato intorno, l’aveva presa sotto braccio e l’aveva
portata all’ombra delle piante che stavano intorno al sagrato.
- Ascoltami bene Nina. So bene perché non vuoi un marito; ma siccome
il mio dovere di prete è di far nascere famiglie nella mia parrocchia,
io credo di aver trovato il marito giusto per te. Tu conosci Piero del Bricco;
sono passati quindici anni da quando è andato via dal paese, i suoi
genitori sono già morti e lui qui non ha più parenti. Diceva
che sarebbe andato a valle, in città, a cercare fortuna e credo proprio
che l’abbia trovata. Ieri è passato da me e mi ha raccontato
cos’ha fatto in questi anni; ha lavorato in una fabbrica, dove facevano
gli elettrodomestici. Sai cosa sono Nina gli elettrodomestici? Sono macchine
strane che fanno fare meno fatica alle donne come te. Mi ha spiegato che
è diventato bravo a fare gli elettrodomestici, giù nella valle
verso la città. –
- Scusatemi Don Luigi, non vi seguo. –
- Invece mi devi seguire, Nina. Piero è venuto fin quassù
per dirmi che ha l’età giusta per sposarsi, che vuole una donna
della sua terra, che si fida solo delle donne della sua terra; è
il marito giusto per te. Come padrone della sua fabbrica fa gli elettrodomestici
per far star bene le donne, come marito farà stare bene anche te.
–
Nina era rimasta a fissare Don Luigi che non le aveva levato il braccio
da sotto il suo.
- Va bene Don Luigi. Per il rispetto che vi porto non vi dirò di
no; ma a due condizioni. La prima che voglio vedere questo Piero del Bricco
io da sola, prima che lui veda me; la seconda che né mio padre né
i miei fratelli devono saperlo. –
- Possiamo fare così. Io dirò a tuo padre che ho bisogno di
mandarti in città dalle suore per una commissione urgente; tu parti
con il pulman del mattino presto e avrai tutta la giornata per riuscire
a trovare il modo di vedere Piero e la sua fabbrica. Quando arrivi con il
pulman delle cinque devi venire subito da me a riferire. –
Nina era partita alle sette del mattino e aveva fatto tutto quello che doveva
fare, in tempo per il pulman delle cinque del pomeriggio e per passare da
Don Luigi in sacrestia subito dopo il vespro.
- Dovete credermi, Don Luigi; nemmeno Piero del Bricco è il marito
che voglio avere. Però voi non sapete quanto vi sono grata per l’interessamento.
–
E se ne era tornata a casa fermando sul nascere qualunque tentativo del
prete di convincerla a più miti ragioni.
- Allora Nina, vuoi sbrigarti?-
Suo padre reclamava già la cena.
- Allora Nina, vuoi sbrigarti?-
Un fratello le chiedeva il pintone di vino
- Allora Nina vuoi sbrigarti? –
Un altro fratello aspettava di farsi cucire un bottone prima di andare all’osteria.
Nina aveva servito la cena, portato il pintone, sparecchiato la tavola,
cucito il bottone e sciacquato i piatti; poi si era lavata ben bene le mani
e mentre le asciugava con il grembiule aveva parlato a tutti e cinque con
voce esile ma decisa.
- Da domani vado a lavorare in una fabbrica giù in valle; la prima
volta che riesco torno su a dirvi dove ho trovato da abitare. –
E da quel momento nessun uomo della sua famiglia aveva più potuto
dirle di sbrigarsi.
- Allora Nina, vuoi sbrigarti?-
Franca era davanti ai cancelli che stava preparando i volantini.
- Dai che a minuti arrivano tutti; oggi in fabbrica non deve entrare nessuna
di noi. Prima di chiudere qui e spostare tutto in Cina, noi gliela inchiodiamo
questa fabbrica; lo voglio vedere in ginocchio a implorarci di tornare al
lavoro, di finire le commesse, di trovare un accordo. Vuoi un accordo? Hai
solo da restare qui e non portare tutto in Cina, eccolo l’accordo.
–
Nina guardò Franca, il banchetto, i volantini e le colleghe con il
camice blu che facevano capannello intorno. Era davvero una tragedia per
tutte che la fabbrica dovesse chiudere; e perché poi, per aprire
in Cina, dopo tanti anni di lavoro impiegato a far crescere quella fabbrica.
Proprio in Cina, dove lo sapevano tutti che fanno lavorare i bambini, che
gli orari sono da bestie, che non ci sono tutele, che inquinano senza regole,
che gli elettrodomestici fatti laggiù funzionano molto peggio dei
loro; proprio in Cina dove la gente delle campagne fa a gara per avere uno
straccio di lavoro mal pagato in fabbrica. Questa era la Cina che fregava
il lavoro a lei e alle sue colleghe, tutte con un marito, dei figli e un
mutuo da pagare. Questo dovevano impedire lei, Franca, tutte le colleghe;
distribuire volantini, stare ai cancelli, aspettare il padrone che venisse
a implorarle in ginocchio di tornare a lavorare.
Poi guardò il cancello, il tetto della fabbrica uguale a quando l’aveva
visto vent’anni prima; quando era partita per una commissione dalle
suore e aveva finito per andare a chiedere a un certo Piero del Bricco se
avesse bisogno di una nuova operaia che facesse elettrodomestici per levare
fatica alle donne. E in quel preciso momento tutto le divenne chiaro; in
quel momento pensò che se in Cina ci fosse stata una donna, anche
solo una donna, che avesse trovato lavoro in una fabbrica di elettrodomestici,
avesse lasciato la campagna, smesso di far la serva a padri, fratelli e
mariti e costruito come aveva fatto lei una famiglia vera senza servi e
senza padroni, allora sì, anche per questa sola donna valeva la pena
di chiudere la fabbrica, aprirne una in Cina e lasciare che gli eventi facessero
il loro corso.
Nina si staccò da Franca e andò oltre il cancello.
- Dove vai Nina? Oggi non si entra, oggi si fa sciopero. –
Nina andò verso la timbratrice, bollò la cartolina e non si
voltò indietro. E anche Franca non poté più dirle di
sbrigarsi.