L'Opera
è un'idea buona
L'Opera
è un'idea buona. Perché? Perché è gradita a Dio. Perché è gradita a
Dio? Perché lui la ispirò, l'aiutò, la segnò con il suo sigillo, la
difese e, infine, l'approvò per mezzo della Chiesa e del Sommo Pontefice.
È
opera della grazia di Dio
L'Opera
è buona; Dio la ispirò. Qui non si tratta di un'ispirazione
straordinaria, ma di un'ispirazione che non può essere chiamata umana,
giacché ciò che si progetta per il bene delle anime è sempre un
qualcosa più che umano. È opera della grazia di Dio; ciò non significa
che la persona che l'ha concepita sia buona, poiché ben conoscete quanto
Dio ha ispirato a molti che non erano buoni. Lodare l'Opera non è lodare
me.
Costantemente
udiamo dire: l'Opera è buona. Lo dice la gente, lo dicono tutti. Come la
favorisce Dio! Umanamente non si spiega: senza risorse economiche, senza
personale, senza prestigio scientifico, una novità, una cosa strana
[...]. Vedete, dunque, in così pochi anni, dove ci troviamo.
La
segnò con la persecuzione
Non
solo l'aiutò con risorse e mezzi di ogni tipo tra quanti erano necessari
secondo i piani della provvidenza, ma la segnò con le persecuzioni dei
cattivi e dei buoni, che è ciò che fa più soffrire. [...]
Nella
Chiesa è tradizione che si siano andate facendo cristallizzazioni di zelo
apostolico secondo le epoche; sembra che questa sia la cristallizzazione
di oggi. Quale meravigliosa finalità: salvare le anime, ampliare il regno
di Dio fino agli estremi confini del mondo attraverso l'insegnamento!
L'Opera
è buona perché costa molto. [...]
Ha
un fine alto
Ciò
che costa a noi, che siamo i maggiormente coinvolti in essa, lo sa solo
Dio. Non solo a quelli che siamo bersaglio, ma [...] quale sacrificio è
costato anche a ciascun [membro] nell'ambito della famiglia, delle
conoscenze, nel perfezionare se stesso!
L'Opera
ispirata da Dio, con un fine così elevato, con un prezzo così alto, è
un'idea buona, degna di prestigio. Ne consegue che è un atto grave
togliere prestigio all'Opera!
È
degna di prestigio
Come
si toglie prestigio all'Opera? Ci sono molti modi. [...] Si toglie
prestigio a un'idea [...] quando la si conosce e non la si presenta per
rispetto umano.
Quando
non la si conosce come si deve. Quando la si accetta e non ci si comporta
in modo conforme alla stessa accettazione; quando non sì opera bene come
dovrebbe chi sostiene quell'idea.
Quando
la si rappresenta indegnamente. Quando la si rende troppo umana,
togliendole quel quid divino, il suo aspetto soprannaturale. Si
toglie pure prestigio quando non si collabora secondo i propri doveri;
quando si riceve e non si dà, sia nello spirituale sia nell'intellettuale
e materiale; quando si pospone ai propri interessi particolari, e, infine,
con l'invidia, che più di ogni altra cosa toglie prestigio alle idee.
Quale responsabilità quella di chi ha una missione, in cui deve dare
gloria a Dio ed edificare il prossimo, e diventa pietra di scandalo!
Questa
è l'Opera e non un'altra cosa.
[.
. .] Voglio ricordare a tutti che desidero vivamente che si mantenga e
progredisca nella nostra Opera lo spirito di semplicità, interiore ed
esteriore, che sogno costantemente che le nostre case siano come le
famiglie cristiane dei primi tempi del cristianesimo. Questa è l'Opera e
non un'altra cosa.
L'Istituzione
che io ho fondato.
L'Opera,
associazione di laici
Prima
di tutto dico che l'Istituzione teresiana, quella che ho fondato io, come
strumento e nulla più che strumento della provvidenza, è arrivata ad
essere nell'ordine canonico, tutto quello che doveva essere; che come è
stata approvata dalla benevolenza di Sua Santità Pio XI, felicemente
regnante, così deve rimanere sempre, e che se un giorno cesserà di
essere quello che è ora, non sarà l'Opera di ora né quella che io ho
fondato, ma un'altra Opera, sicuramente migliore, ma diversa.
Desidero
vivamente, e chiedo a Dio di desiderarlo sempre, il perfezionamento
dell'Opera, la più grande santità dei membri, [...] ma sempre
all'interno della cornice delle costituzioni, dei regolamenti, ordinamenti
e norme approvate dal breve Inter frugiferas.
Il
crocifisso nell'Istituzione.
Al
crocifisso si deve l'Istituzione
[.
. .] Voglio che la devozione al crocifisso sia la devozione fondamentale
dell'Istituzione; questa è la mia espressa volontà, che non vi impongo,
ma vi manifesto come un padre ai propri figli, affinché l'accogliate
quale preziosissima eredità, o come l'autore di un'idea, di essa
innamorato, che vuole esista sempre un'intima relazione con la stessa
realtà che ha incarnato l'idea. L'Istituzione si deve al crocifisso,
giacché nacque quando dagli edifici pubblici, dai centri docenti, dalla
scuola elementare lo si voleva togliere, perché oggetto di disprezzo in
alcuni e strappato con odio da altri. Sebbene siano passati quei tempi di
violenza, non è ancora morta l'intenzione.
[...]
Voglio e chiedo costantemente al cielo che tutti siate un crocifisso
vivente. Non desidero sentire altro elogio di voi che questo, anche se
avete molte buone qualità.
Indovinate,
con quali parole, sulla croce, Cristo sintetizzò il suo immenso amore per
gli uomini? «Padre, perdonali, poiché non sanno quello che fanno» (Lc
23, 34). Quale sublime preghiera! Prega per i suoi aguzzini, per quelli
che lo crocifiggono, scusandoli. A ciò dovete essere disposti voi se
vorrete essere crocifissi viventi. Mai, in ambito della carità, entrate
in disquisizioni se ciò che provate è un'antipatia naturale, esente da
colpa; se questo o quello non arriva al peccato; se non mi si esige tanto,
se non lo devo neanche per giustizia, ecc. In nessun punto come in questo
della carità è definitivo e categorico il Vangelo:
Amate
i vostri nemici, fate del bene a chi vi perseguita, e pregate per coloro
che vi perseguitano e calunniano (Mt 5, 44).
Non
cercate l'appoggio umano, rafforzatevi ogni giorno più nell'amore al
crocifisso ed esclamate come l'apostolo: «Tutto posso in Colui che mi
conforta» (Fil 4, 13) perché Cristo crocifisso è fonte perenne di pace,
di luce e di fortezza, per quelli che lo amano.
I
tre amori dell'lstituzione
I
tre amori: alla santa eucaristia, alla Madonna e al Papa, crescono
visibilmente nell'Istituzione e ci garantiscono che è opera di Dio quella
in cui lavoriamo.
La
Madre di Gesù nell'Opera
Vorrei
che la devozione alla Madre di Dio fosse una delle note distintive
dell'apostolato dei [membri dell'Istituzione] e che questa devozione
avesse tale modalità da essere inconfondibile. Siate apostoli di Maria e
propagandate la sua devozione con tanta divina arte, da attirare la gente
e far sì che i popoli l'acclamino Regina e Signora dell'universo. Per
fare ciò, per prima cosa riempitevi di questo amore e di questa
devozione, poi non lasciate occasione, per insignificante che sembri, per
fare questo apostolato. Non siate del numero di coloro che hanno bisogno
di una ribalta speciale per agire e disdegnano di farlo con i bambini, con
i poveri, con la famiglia, ecc. Voi, con la vostra condotta, con le vostre
preghiere, con le vostre parole, con i vostri scritti, con tutto,
proclamate sempre l'amore alla Madonna. Portatele anime, che è la più
grande opera di carità che potete fare per il prossimo, e cominciate con
il portare coloro con i quali siete più obbligati o che hanno più
bisogno della sua protezione.
Amore
insostituibile alla Madre di Gesù
[...]
Quanto dobbiamo a Maria dalla fondazione dell'Opera e quanto specialmente
in quest'anno! Dalle mie meditazioni su questo tema prendo la seguente
confortante conseguenza: l'Istituzione è al sicuro, ormai non c'è da
temere. Perché, in verità, se i santi e i teologi assicurano che è
segno di predestinazione la devozione alla Regina del cielo, la nostra
Opera teresiana porta il sigillo della predestinazione, perché in essa,
in tutte le sue case, in tutti i cuori di quanti le abitano, [...] la
Madre di Dio ha un altare e riceve un culto devotissimo. Questo amore
tenero, semplice, profondo, forte alla Madonna è qualcosa di tanto
fondamentale, fecondo, visibile, che salta all'occhio di tutti. [...]
Mi
sembra che questo sigillo sia così divino che preferisco, ve lo confesso
sinceramente, vedere scomparire l'Opera che diminuire la devozione
mariana.
Oltre
i numerosi propositi, le suppliche, i ringraziamenti, ecc., che dovete
fare in questi ultimi giorni del corso, vorrei che ciascuno in particolare
e tutti in generale prendeste una decisione irremovibile: ogni anno, ogni
mese, ogni giorno, ogni ora, l'amore e la venerazione alla Madonna cresca
nei vostri cuori e si traduca in opere, e voi vi impegniate a dare
l'allarme [...] quando non si compie questo impegno.
Un'Opera
mariana per eccellenza!!
La
Pia unione delle figlie di santa Teresa è un'associazione eminentemente
mariana per le origini, per la storia e per propria scelta.
Nacque
in Covadonga.
Il
primo segno che usarono [i membri dell'Istituzione] fu la croce di Pelayo
con l'immagine della santissima Vergine.
La
prima casa ha il nome della Santina.
La
maggior parte dei collegi è dedicata alla Madonna invocata con vari
titoli [...].
La
maternità spirituale nel mondo ha bisogno di un, esempio di dolore, di
carità, di fermezza, di coraggio che solo la madre di Gesù Cristo può
dare.
La
protezione di Maria per la missione
La
missione [dei membri dell'Opera] ha bisogno di un rifugio sicuro e potente
come quello di Maria.
Maria
nei suoi dolori dà tutte le lezioni che abbisognano per compiere la loro
missione [...].
L'apostolato
della donna è riassunto nei Dolori di Maria.
Nei
Dolori della Madonna c'è tutta la scienza necessaria per essere un
perfetto apostolo.
Teresa
di Gesù fin dall'inizio dell'Opera
Fin
dall'inizio dell'Opera fu mio proposito che [i membri dell'Istituzione]
studiassero e conoscessero, apprendessero e riflettessero nella vita il
vero e genuino spirito della nostra santa madre Teresa di Gesù, perché
mai ritenni che questo fosse incompatibile con l'attuazione che [...]
avrebbero dovuto avere nel mondo. Ma poiché in ciò che riguarda lo
spirito di solito si hanno interpretazioni contorte e volgarizzazioni
erronee, cominciai, intorno al giugno dell'anno 1912, a scrivere alcune
annotazioni, che riportano la dottrina della santa, parola per parola,
così come uscì dalla sua penna.
Come
pensavo allora, con più fermezza ancora, continuo a pensare oggi, e
giudico di imprescindibile necessità lo studio e la pratica di così
saggia dottrina, per cui si fece una nuova ristampa dell'opuscolo Avisos
espirituales de santa Teresa de Jesus, e raccomando con la maggiore
insistenza la loro lettura. Perché è una sofferenza grande udire le
spiegazioni che la gente dà per dire ciò che è, e in che consiste lo
spirito teresiano.
La
gioia perfeziona l'Opera
«Gaudium
tibi sit semper» (Tb
5, 11).
Dio
ti dia sempre molta gioia e allegria. E questo per te, per l'Opera, per le
anime. Per te, affinché tu possa correre per le strade del Signore, per
le quali si corre quando il cuore si dilata per la gioia, come disse il
Profeta regale. «Viam mandatorum tuorum cucurri cum dilatasti cor meum»
(Sal 119, 32). Per l'Opera; diceva Aristotele che la gioia perfeziona
l'opera e la tristezza la distrugge. Quindi, se sei allegro, farai tutto
in maniera perfetta, con gusto, con soddisfazione, senza stanchezza né
cedimenti; quanto è importante questo per la nostra Opera!
«Vox
exultationis et salutis in tabernaculis justorum». Nella
dimora dei giusti sempre si odano voci di gioia e di salvezza (Sal 118,
15). [...] Abbi per certo che dove regna quella santa gioia, odi voci
allegre, parole di salvezza e conversazioni sante, lì vi sono anime
rette.
Questo
è il segnale inconfondibile e bisogna inculcare ai membri dell'Opera
queste verità proprie dello Spirito Santo, affinché imparino l'autentico
concetto di gioia spirituale, di cui parla il profeta Davide, che ben si
coniuga, come accadde a lui, con la penitenza, il pentimento, il dolore
[...] Forma una legione [di membri] allegra, che conservi l'autentico
spirito dell'Opera e lo spirito della nostra santa madre [Teresa] e dei
primi [membri], il teresianesimo [vero].
"Dedisti
laetitiam in corde meo".
"Hai
posto la gioia nel mio cuore» (Sal 4, 7). Sant'Agostino commenta queste
parole dicendo che il profeta Davide ci indica dove dobbiamo cercare la
gioia, che abita in noi: nel cuore. Mi viene in mente questa riflessione
perché, vivendo in mezzo alla gente, sempre tanto indaffarata, tanto
bombardata da impressioni diverse, risulta difficile rimanere nella gioia
e astrarci da tutto ciò che può toglierci questa gioia, che invece
dobbiamo procurare non venga turbata da nulla. Il rimedio è efficace,
perché se la gioia si fonda su ciò che è fuori di noi andrà e verrà
sull'onda degli avvenimenti; ma se è radicata nel cuore, e questo sarà
ben protetto, non correremo alcun pericolo. Quando le circostanze ci
arrecano tristezza, diamo uno sguardo dentro di noi e troveremo gioia. È
uno stratagemma al quale dovrai ricorrere con frequenza. Lì troverai
sempre un motivo per gioire, anche se fossi nella più triste delle
situazioni. Inoltre, il tuo cuore è così dentro di te che ben può
essere il deposito dei più delicati motivi di gioia, che non potranno mai
scomparire.
Acclamate
Dio con gioia
«Si
rallegri il cuore di quanti cercano il Signore» (Sal 104, 3). Nel salmo
99, versetto 2: «Acclamate Dio con gioia; servite il Signore in
allegria». Devono rallegrarsi coloro che cercano il Signore; acclamare
lui con gioia, dopo averlo cercato, perché lo hanno trovato e, dopo averi
o trovato, servirlo con gioia. Insomma, per cercarlo, trovarlo e servirlo,
lo Spirito Santo, per bocca di Davide, raccomanda gioia, gioia e ancora
gioia. Motivi di questa gioia?
Quelli
che lo cercano, perché hanno la fortuna di cercarlo. Quanti non lo
cercano! Che grande grazia è cercare Dio!
Quelli
che lo trovano, perché hanno trovato il tesoro. Gioia ancora più grande.
Quelli
che lo servono, perché hanno consacrato la loro vita a quanto vi è di
più grande ed eccellente: servire Dio.
Devi
insegnare queste verità con la parola e con l'esempio, spiegandolo bene e
mettendolo in pratica come lo insegni
Chi
è triste è perché vuole esserlo.
Quando
lo Spirito Santo ci mostra il rimedio per curare i nostri dolori, questo
è infallibile. Quale arma ci dà contro la tristezza, o affinché essa
non si impadronisca di noi, o affinché rinasca in noi la gioia?
Vediamolo, seppure in due sole testimonianze dello Spirito Santo, una
contenuta nell' Antico l'altra nel Nuovo Testamento.
Dio
fonte di gioia
Nell'
Antico Testamento Davide si esprime così:
La
mia anima rifiutò ogni conforto; mi ricordai di Dio e mi sentii colmo di
gioia
Rimedio?
Rifiutare ogni umana consolazione e ricordarsi di Dio. Nel Nuovo
Testamento dice l'apostolo Giacomo: «Se qualcuno è triste, preghi» (Gc
5, 3). Cioè, metta da parte le riflessioni umane, respinga tutto ciò che
non è Dio e parli con il Signore.
È
facile mettere in pratica questi rimedi? Facilissimo. Sono nelle nostre
mani, quindi, se non riusciamo a essere nella gioia, è per colpa nostra.
Agiamo così e il risultato sarà infallibile, come lo è la parola dello
Spirito Santo.
Queste
verità così fondamentali, così chiare e necessarie, devono essere la
nostra guida, la nostra dottrina, la nostra norma.
Chi
è triste è perché vuole esserlo. Dopo questa riflessione, non c'è
appello. La tristezza non si cura parlando con la gente, ma con Dio.
La
gioia è inseparabile dalla rettitudine.
Dice
l'apostolo: «Fructus autem spiritus est gaudium» (Gal 5, 22).
Quindi, quando vi è questa gioia, vi è buono spirito, dal momento che il
suo frutto è la gioia. Quale consolazione! Avere un così chiaro segno di
buono spirito.
San
Bonaventura aggiunge: «La gioia spirituale è segno che Dio dimora
nell'anima». Davide diceva nel salmo 97, versetto II: «Una luce si è
levata per il giusto, gioia per i retti di cuore».
La
gioia è sempre inseparabile dalla rettitudine, dalla giustizia, dal buono
spirito, dal possesso di Dio. Ciò anche se abbondano le pene e le
amarezze. Quali pene più grandi delle terribili sofferenze dei martiri,
eppure essi andavano contenti e felici a dare la vita per Cristo!
Importanza
dell’umiltà
Dio
mi conceda che [i membri dell'Opera] siano sempre molto umili. Allora sì
che gli daranno gloria. Oggi, quando meditavo davanti al tabernacolo, mi
è venuto da pensare alla quantità di grazie e di benedizioni che Gesù
nell'eucaristia avrà effuso da tutti i tabernacoli del mondo. In verità,
Gesù non appare mai così umiliato come nell'eucaristia, poiché se
nell'Incarnazione annientò se stesso assumendo la forma di servo, nel
sacramento dell'altare non prende neppure questa apparenza, ma quella di
un pezzo di pane. Sembra che a maggior annientamento, maggior fecondità.
Questo
deve essere il segreto dei vostri successi; se, riflettendo seriamente, vi
convinceste che tutta la vostra grandezza, la vostra influenza, il vostro
potere, la vostra gloria devono fondarsi sull'umiltà, mettereste un vero
impegno nel coltivare questa virtù.
Ciò
che non ha ottenuto il talento, l'autorità, il potere né alcuna
grandezza umana, lo otterrà l'umiltà. Se Gesù stesse nel tabernacolo in
tutta la maestà della sua gloria, chi gli si avvicinerebbe? Ma quanti
andiamo a lui, vedendo lo così umiliato e annientato!
Se
amate Dio, attirate a lui
Dice
il santo: Se amate Dio attirate a lui, perché, tutti quelli che si
uniscono a voi e tutti quelli che vivono in casa vostra, lo amino (sant'Agostino).
Forse
mi direte che in queste righe non si fa cenno alla vocazione ed io vi
risponderò: se attirerete verso Dio quelli che vivono con voi e che si
uniscono a voi, otterrete di fatto che amino nostro Signore, avrete posto
una solida base alle vocazioni, perché, chi ama Dio e non nutre zelo per
la sua gloria?
Chi
può amare nostro Signore e non sentirsi apostolo? Chi può amare Dio e
non cercare operai, «dato che la messe è molta e gli operai sono
pochi?» (Mt 9,27). E se l'amore di Dio è la misura, potremo dire che se
non possediamo lo zelo è perché ci manca l'amore; se non siamo apostoli
è per mancanza di amore, se non chiediamo operai sarà per la stessa
ragione. A più amore, più zelo, più apostolato, più richiesta di
vocazioni.
Conservare
lo spirito
Lo
spirito è qualcosa di inconfondibile. Non è il talento né la scienza o
la cultura. Lo spirito non è sentimentalismo: è qualcosa di rigoroso,
forte, vivificante.
Le
opere muoiono per mancanza di spirito. Bisogna conservare lo spirito
originario. Attraverso di voi verrà giudicato lo spirito dell'Opera.
Lo
spirito non è bigottismo, ipocrisia, buone maniere. È la partecipazione
di Dio: è il risultato dell'infusione della grazia.
Quando
c'è spirito? Quando vi è zelo per la salvezza delle anime; [...] quando
il tabernacolo non rimane solo; quando regna la pace nella comunità;
quando non ci sono offese; quando vi è sincerità; quando ognuno sta al
proprio posto; quando uno dimentica se stesso; quando i sacrifici non
costano; quando c'è ansia di conoscere e amare nostro Signore; quando
c'è affanno di perfezione; quando si gioisce nel vedere la santità degli
altri; quando vi è mitezza; quando edifichiamo con il buon esempio;
quando si ama la croce; quando si sostengono le fatiche e le pene con
gioia; quando vi è purezza di intenzione.
Quindi,
l'essenziale è conservare lo spirito [...]. Come ci accorgeremo che si
conserva lo spirito di preghiera e l'amore all'umiltà?
Ci
sono dei segni inconfondibili: la pace, l'equanimità, l'ordine e persino
la fisionomia esteriore denotano la persona che prega; il distacco,
l'abnegazione, l'obbedienza, l'attenzione alle piccole cose, la diffidenza
verso se stessi rivelano umiltà d'animo. Non fidiamoci di altri segni,
perché solitamente possono ingannare.
C'è
umiltà?
L'umiltà
è il mezzo per conservare la pace, senza l'umiltà non possederemo mai la
pace.
Se
non diventerete come bambini non potrete entrare in cielo. Tristezza e
malinconia non sono patologia, ma attacco di superbia. Se vi è pace sulla
terra, l'umile di cuore la possiede.
L'umiltà
supplisce quanto ci manca in virtù e perfezione.
Quanto
vi manca in buona coscienza, sostituitelo con la vergogna; quanto vi manca
in zelo e perfezione sostituitelo con la compunzione (san Bernardo).
Non
si chiedono grandi cose: soltanto essere umili. Dio resiste ai superbi:
agli umili dona la sua grazia.
Anche
voi vi protendete verso gli umili, mentre respingete i superbi. Che farà
Dio?
Perché
sono così amico dell'umiltà?
Per
me è stata un'ossessione fin dal principio. L'umiltà dovrebbe disarmare
il braccio della giustizia di nostro Signore a giudicare da quanto ci
accade. [. . .]
Che
cos'è? È il fondamento di tutte le virtù: è necessaria a chi si occupa
di opere di apostolato, è ciò che più attrae ed edifica [...]. Non so.
Nell'Opera
è necessaria; donne e donne sufficientemente istruite, maestre,
professoresse, circondate da adulazioni cui facilmente si presta orecchio:
formano una società colta, danno conferenze, scrivono [.. .].
L'Opera
non potrà essere ciò che deve essere se non ha persone umili.
Amici
forti di Dio
Pietà
solida: è ciò di cui abbiamo bisogno. Questa non si confonde con niente.
Concetti chiari, principi certi, volontà ferma, carattere, insomma.
In
questi tempi sono necessari amici forti di Dio per sostenere i deboli.
Fortunata quella vita che dovesse concludersi in difesa della santa
Chiesa.
Comportatevi
in maniera degna della vocazione che avete ricevuto.
La
stessa supplica che l'apostolo san Paolo rivolgeva agli Efesini io più
volte l'ho rivolta a voi [...].
La
supplica è questa: Che camminiate come si addice alla vocazione con la
quale siete stati chiamati (Ef. 4,1).
Ma,
come dovete comportarvi? L'apostolo lo dichiara in alcuni versetti dello
stesso quarto capitolo: alla vostra vocazione si addice la chiamata con la
quale Dio vi ha privilegiati; procedete ponendo attenzione nel
«conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ef
4,3).
Cioè,
diligenti per conservare ad ogni costo l'unità dello spirito e per
conservarla per amore che è il vincolo della pace, non con mezzi violenti
né per propria convenienza né per nessun'altra motivazione umana [...].
Senza
spirito che sarebbe l'Opera? Non essendo «un solo spirito», ma tanti,
quante fisionomie avremmo? Se questo spirito e non un altro, e, per
giunta, identico, non fosse in tutti, se non ci informasse lo stesso
spirito, che risultato darebbe questa diversità? Ognuno di noi farebbe
un'opera buona, ma avremmo tante opere quanti sono [i membri
dell'Istituzione] e non una sola Opera.
Perciò
se volete comportarvi come si addice alla vostra vocazione, dovete essere
attenti a conservare lo spirito che informa l'Opera alla quale siete stati
chiamati.
Uniti
nella stessa speranza
L'apostolo
insiste e collega l'unità del corpo e dello spirito all'unità della
speranza con queste parole: Un solo corpo, un solo spirito, come una sola
è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra
vocazione (Ef 4, 4).
La
speranza della vostra vocazione è una, identica in tutti [...]. Quindi se
la speranza è una e il corpo e lo spirito devono essere come la speranza,
dovete formare un solo corpo, il cui capo è Cristo.
Nella
stessa dottrina
Ma
l'apostolo vuole rafforzare ancora più l'unità, perciò continua a dire:
«Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo». Che vuol dire: ad
un solo Signore, a una sola fede, a un solo battesimo, corrisponde unità
di speranza, di anima e di corpo. Servite un solo Signore? Allora i suoi
precetti, le sue leggi, i suoi ordini sono uguali per tutti. Professate la
stessa fede? Allora avete la stessa dottrina, dovete perciò imparare le
stesse verità. Avete ricevuto lo stesso battesimo? Allora i mezzi di
santificazione, i vostri sacramenti sono gli stessi.
Siate
prudenti e impegnatevi per conservare l'unità dello spirito con il
vincolo della pace, se non volete assumervi una tremenda responsabilità.
Qualunque
cosa facciate, fatela di cuore, come per il Signore e non per gli uomini
(Col 3, 23).
Dovete
intenderlo così: tutto quanto facciamo dobbiamo farlo di cuore.
Il
piacevole e lo spiacevole
Se
è «tutto», non facciamo il nostro dovere quando facciamo con il cuore
solo alcune cose, ma non altre, quando mettiamo tutto il nostro impegno in
ciò che più ci piace ed eseguiamo male, senza fede e senza entusiasmo,
quello che ci dispiace o che ci piace di meno.
Affinché
sia «tutto», devono essere compresi pensieri, parole e opere: si deve
mettere questo impegno quando pensiamo ciò che siamo obbligati a pensare
per il nostro bene e per quello dell'Opera, quando parliamo di ciò di cui
dobbiamo parlare e quando eseguiamo gli atti che dobbiamo. Quando abbiamo
fatto tutto con il cuore, come lo abbiamo fatto? E quando non lo abbiamo
fatto con il cuore, abbiamo percepito la differenza che c'è tra il fare
le cose con il cuore e il farle solo per farle, senza voglia né
entusiasmo? L'Opera ha diritto di esigere tutto ciò da noi?
Come
per il Signore.
Come
si fanno le cose quando si eseguono per Dio, esclusivamente per lui? [...]
Per Dio non costano i sacrifici, né importano i fastidi né fanno
soffrire i fallimenti; per Dio si agisce senza precipitazione, senza
angosce, con pace e tranquillità; poiché quando si fa tutto per il
Signore, è uguale quello che innalza e quello che umilia, quello che
piace e quello che dà fastidio, le cose facili e quelle difficili [...].
Abbiamo sottratto a Dio ciò che era suo, quando non abbiamo fatto per lui
tutte le azioni della nostra vita.
Lavoro
nascosto e difficile
Si
lavora per Dio, quando non importa nulla che gli altri vedano, apprezzino
e valorizzino il nostro lavoro. Quando cerchiamo di non farci notare e di
non apparire. Quando tutti i lavori ci risultano ugualmente graditi.
Quando,
dovendo scegliere, scegliamo i più nascosti e difficili. Quando non
parliamo mai della nostra fatica. Quando ci dispiace che gli altri ci
elogino per il nostro lavoro. Quando pensiamo molto a Dio, purifichiamo
l'intenzione e a lui solo dedichiamo i nostri sforzi.
La
grande impresa in cui lavoriamo
[.
. .] Vedo, ogni giorno con maggiore chiarezza, la grandezza dell'impresa
in cui lavoriamo, la sua origine, la sua necessità, il suo sviluppo, le
benedizioni ricevute, i frutti ottenuti e persino quello che Dio ci
chiede, affinché, come suoi strumenti, realizziamo il grande disegno
della sua provvidenza. Ma, nello stesso tempo, vedo, con non minore
chiarezza, non solo i miei limiti e i miei errori, ma anche la mia
incapacità. Però, poiché Dio conosce i miei sentimenti, non mi ha
permesso di scoraggiarmi, anzi mi concede di desiderare, ogni giorno di
più, di compiere la sua divina volontà, costi quello che costi, e,posto
nelle sue mani divine, sono qui per consacrare tutta la vita al servizio
dell'Opera, nella forma e nel modo a lui graditi.
Aggiungerò
che [i miei propositi] sono solamente due: il primo, spogliarmi ogni
giorno di più di tutto ciò che è terreno e vivere ogni momento in modo
soprannaturale; il secondo, pregare incessantemente, facendo della
preghiera l'elemento indispensabile della mia vita.
Il
futuro della donna
Non
è facile misurare né valutare l'importanza dell'impegno che dovrete
affrontare perché il futuro della donna colta e il suo influsso nella
società moderna sono tanto grandi quanto imprevedibili, oggi. Il mondo
intellettuale è il mondo del futuro. [...] Quanto ha fatto l'Istituzione
teresiana in questo campo e quanto ha evitato e contrastato! Non siamo noi
a doverlo dire, ma non possiamo non riconoscere l'aiuto di Dio, al quale
dobbiamo tutto ciò che abbiamo.
Grave
responsabilità, la nostra, dinanzi a Dio, dinanzi alla Chiesa e alla
società se, proprio nel momento in cui la gloria di Dio, l'onore della
Chiesa e il bene della società ci sollecitano, smentissimo, per mancanza
di sacrificio, la storia del nostro apostolato.
Se
quando eravamo quasi nulla realizzavamo un'impresa tanto difficile quanto
nuova, che umanamente si sarebbe potuta dire temeraria se non fosse stata
fondata su Dio e non fosse stata realizzata se non per la sua gloria,
quanto grandi sarebbero la nostra colpa e la nostra ingratitudine se, nel
momento attuale, disponendo di persone, di mezzi, di esperienza e persino
di fama, abbandonassimo il nostro posto e defraudassimo le altrui
speranze.
Cooperare
con la Chiesa
La
Chiesa ha bisogno della vostra cooperazione, ha detto un venerabile
prelato, vescovo della santa Chiesa. Comprendete e soppesate tutta
l'importanza di questa frase? Dopo che l'avrete meditata sono sicuro di
non aver più bisogno di raccomandarvi l'urgenza del rimedio. [...] Fino
ad ora quali sacrifici avete fatto? Come avete chiesto al Padre celeste
che invii operai? Quale impegno è stato il vostro, di quali mezzi vi
siete serviti? Forse la vocazione di ognuno di voi non è costata
preghiere e sacrifici Non si può dubitare che esistano maestri capaci di
essere quello che voi siete; ed è ugualmente certo che molti non sono
come voi siete perché non conoscono l'Opera. [...]
Quando
gli apostoli gettavano le reti per iniziativa propria non prendevano
niente, ma quando le gettarono in nome del Maestro, ricorderete quanto fu
abbondante la pesca. Fate, quindi, il vostro dovere in nome di Cristo, per
lui e per la sua gloria e otterrete gli stessi risultati.
Umiltà.
Fondamento.
Senza di esso non può elevarsi la costruzione né può rimanere in piedi.
Dio resiste ai superbi.
Umiltà
di intelligenza. Umiltà di affetto. È virtù necessaria al principio,
alla fine, in mezzo, sempre. Ai cattivi, ai mediocri, ai buoni, ai santi.
Che
cosa siamo stati? Niente. Tutto esisteva senza di noi. Che cosa siamo?
Nulla. La mano di Dio ci ha tratti dal nulla. Ci ha dato l'essere e le sue
prerogative.
Siamo
come gli oggetti in rapporto all'artefice. L'artefatto non esiste senza
l'artefice.
Meno
di niente.
Se
mi domandate qual è la virtù fondamentale dell'Istituzione: l'umiltà.
Se nel giorno della mia morte non vi fossero [membri] umili, pur
essendovene saggi, ricchi, simpatici, attraenti, attivi, morirei pensando
che l'Opera perirà.
Per
non dimenticare la nostra missione
Ricordati,
o Signore, del tuo patto, metti le parole sulla mia bocca, fortifica nel
mio cuore il proposito, affinché la tua casa conservi sempre la sua
santità (Gdt 9, 18).
Fino
a che nel cuore [dei membri dell'Opera] si corroborerà il progetto, la
missione e la vocazione e fino a che Dio porrà sulla nostra bocca parole
che corrispondano a questo progetto, la nostra Opera conserverà sempre la
sua santità. Ma se tutto ciò mancherà non ci sarà più un'opera santa,
pur essendo ci un'opera umana. Ancora, siccome questo patto lo ha proposto
lui e lui deve portarlo a compimento, dobbiamo pregare con fervore,
muovere la sua misericordia ricordandogli il suo patto [...].
Restare
fedeli al patto
È
stato Dio a chiamarci, lui ci sostiene; se il patto stabilito con lui si
rompe è per colpa nostra; per non venir meno alla nostra impresa, per non
dimenticare la nostra missione, e per impetrare la misericordia di Dio
dobbiamo ripetere frequentemente, sia nelle difficoltà, sia nei momenti
favorevoli, queste parole: ricordati, o Signore, del tuo patto, affinché
tutti noi possiamo rimanere nel tuo spirito e nella tua casa continui a
regnare la santità.
La
battaglia che conduciamo è molto più pericolosa, se dobbiamo uscirne
illesi e con il grido di vittoria, se dobbiamo rinnovare il mondo senza
essere limitati o corrotti dal mondo, dobbiamo chiedere notte e giorno al
Signore che irrobustisca nei nostri cuori il progetto; che faccia di
ciascuno di noi una fortezza inespugnabile; che renda in noi così saldo
il progetto da percepirlo costantemente presente; che dentro di noi, nei
nostri cuori, susciti i sentimenti che si addicono alla nostra vocazione,
perché questa sia ogni giorno più solida, più pura, più vigorosa.
Che
siano tutti una cosa sola.
Come
tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola,
perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv
17,21).
Queste
parole del Vangelo di san Giovanni sono quelle pronunciate da Cristo nella
notte memorabile e nel momento più solenne. Si rivolge all'Eterno Padre
per supplicarlo per i suoi discepoli e, in loro, per tutti noi. Per prima
cosa chiede che siamo tutti una cosa, cioè che viviamo in perfetta unione
ed il modello di questa unione è quella esistente tra il Padre e il
Figlio. [...] Quando meditiamo questo insegnamento e poi lo mettiamo a
confronto con la nostra vita, se non siamo ciechi, che cosa deduciamo?
Questo
cristianesimo, che è l'unico autentico, ci sembra nuovo tanto è poco
praticato. Ciò nonostante, questo cristianesimo è la nostra regola,
quella che abbiamo scelto e proclamato.
Aggiunge
san Giovanni: «Che siano anch'essi una sola cosa in noi». Infatti la
perfezione non si dà se si è una cosa fuori dal Padre e dal Figlio,
qualcosa di estraneo a loro. Questa compenetrazione, questa unione cosi
perfetta deve essere in Dio perché sia totalmente santa, pura e feconda;
perché sia costante, perpetua, ininterrotta; perché elevi, renda degni e
salvi.
Perché
il mondo creda che Tu mi hai mandato.
Come se dicesse: conservandoli così, vivendo in questo modo, il mondo non
potrà non riconoscere che io sono stato inviato dal Padre. È così
grande quanto chiedo, supera in tal misura le forze umane che, in presenza
di questa realtà, quando la gente si renderà conto di questa unione, di
quello che essa significa, di quanto può, dovrà riconoscere la divinità
del Figlio. Se considerassimo come si deve ciò che questo significa e se
avessimo appena una scintilla di amor di Dio e di zelo per la salvezza del
prossimo, quale impegno saremmo capaci di mettere per conservare e
accrescere la carità reciproca e l'amore fraterno! Sarà possibile che
un'inezia, una stupidaggine, l'amor proprio, la cocciutaggine, una
qualunque altra passione ci separi e ci impedisca di restare uniti?
Carissimi,
se Dio ci ha amati in questo modo, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli
altri (l Gv 4,
Il).
Come
Dio ci ha amati? Se nessuno possiede più carità di colui che dà la vita
per l'amico, quale sarà l'amore di Dio per gli uomini, Dio che dà la
vita del suo Figlio, che è più della propria vita, e la dà per il
nemico? Meditiamo, perché c'è molto da meditare in queste poche parole.
L'amore
del Figlio non è soddisfatto con la morte: Gesù rimane nel sacramento
dell'altare per vivere unito a coloro che ama e il suo desiderio non viene
meno pur conoscendo, egli, in quanto Dio, gli oltraggi, gli affronti, i
sacrilegi che avrebbe subito da parte di coloro che tanto ama. Inoltre,
ciascuno rientri in se stesso per constatare le prove di amore che Dio gli
elargisce [...] potrà dire, con l'imperfezione della creatura umana, come
egli ci ha amati.
Anche
noi dobbiamo amarci gli uni gli altri, se Dio ci ha amati in questo modo.
Chi può dubitarne? Chi può esprimere con parole umane il suo amore? Noi
ci amiamo reciprocamente? Come ci amiamo?
Alla
prima domanda ciascuno risponda dopo essersi esaminato sulla carità
mutua, sull'amore reciproco. Forse la risposta negativa non sarà la
peggiore, perché sarà facile che, rispondendo alla seconda domanda,
dobbiamo confessare dinanzi a Dio, che penetra e scruta i cuori, che il
nostro amore non è stato buono! Se avessimo amato come Dio ci ama! Però
vi è egoismo, soddisfazione, miseria nell'amore reciproco che ci
scambiamo. Dov'è il distacco, l'abnegazione, il sacrificio, l'eroismo?
Esiste
questo amore reciproco? Allora Dio dimora in noi. La spinta ad amare che
ci è data non può essere più efficace, perché non vi è nulla di
paragonabile all'unione con Dio. Dio abita nella creatura, questa è
dimora di Dio: vi è qualcosa di più eccelso in cielo o sulla terra?
...Tante
opere, tanti sacrifici, tanta abnegazione, tanta preghiera; molta verità
negli apprezzamenti, senza che la simpatia umana né qualsiasi altra
considerazione terrena dia impulso al nostro amore. Amore di Dio, per
mezzo di Dio e per Dio; perché la creatura è sua immagine, perché Dio
accetta come fatto a lui tutto il bene che facciamo al prossimo.
La
protezione della Madre di Dio
Come
non c'è ordine religioso che non sia stato fondato sotto la protezione
della Madonna, così non ce n'è alcuno nel quale l'inosservanza non sia
cominciata con l'indebolimento della devozione mariana e la cui riforma
non sia iniziata dal ritorno al fervore antico. [...] Desidero anche che
abbiate presente il fatto riferito da [santa Teresa] nel primo capitolo
della sua Vita, quando alla morte della madre, prostrata davanti ad
una immagine della Madonna, la supplicò con molte lacrime di esserle
madre [...].
Penso
che il nostro momento sarà quello in cui ci consacreremo alla Madre di
Dio; momento di rettificazione, momento di pentimento, di vita nuova, di
maggior fervore e di successi.
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