Una idea buona  

San Pedro Poveda è il fondatore dell'Istituzione Teresiana, Associazione di laici approvata da Pio XI nell'anno 1924, attualmente presente in 30 Paesi

        

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L'Opera è un'idea buona

L'Opera è un'idea buona. Perché? Perché è gradita a Dio. Perché è gradita a Dio? Perché lui la ispirò, l'aiutò, la segnò con il suo sigillo, la difese e, infine, l'approvò per mezzo della Chiesa e del Sommo Pontefice.

 

È opera della grazia di Dio

L'Opera è buona; Dio la ispirò. Qui non si tratta di un'ispirazione straordinaria, ma di un'ispirazione che non può essere chiamata umana, giacché ciò che si progetta per il bene delle anime è sempre un qualcosa più che umano. È opera della grazia di Dio; ciò non significa che la persona che l'ha concepita sia buona, poiché ben conoscete quanto Dio ha ispirato a molti che non erano buoni. Lodare l'Opera non è lodare me.

Costantemente udiamo dire: l'Opera è buona. Lo dice la gente, lo dicono tutti. Come la favorisce Dio! Umanamente non si spiega: senza risorse economiche, senza personale, senza prestigio scientifico, una novità, una cosa strana [...]. Vedete, dunque, in così pochi anni, dove ci troviamo.

 

La segnò con la persecuzione

Non solo l'aiutò con risorse e mezzi di ogni tipo tra quanti erano necessari secondo i piani della provvidenza, ma la segnò con le persecuzioni dei cattivi e dei buoni, che è ciò che fa più soffrire. [...]

Nella Chiesa è tradizione che si siano andate facendo cristallizzazioni di zelo apostolico secondo le epoche; sembra che questa sia la cristallizzazione di oggi. Quale meravigliosa finalità: salvare le anime, ampliare il regno di Dio fino agli estremi confini del mondo attraverso l'insegnamento!

L'Opera è buona perché costa molto. [...]

Ha un fine alto

Ciò che costa a noi, che siamo i maggiormente coinvolti in essa, lo sa solo Dio. Non solo a quelli che siamo bersaglio, ma [...] quale sacrificio è costato anche a ciascun [membro] nell'ambito della famiglia, delle conoscenze, nel perfezionare se stesso!

L'Opera ispirata da Dio, con un fine così elevato, con un prezzo così alto, è un'idea buona, degna di prestigio. Ne consegue che è un atto grave togliere prestigio all'Opera!

 

È degna di prestigio

Come si toglie prestigio all'Opera? Ci sono molti modi. [...] Si toglie prestigio a un'idea [...] quando la si conosce e non la si presenta per rispetto umano.

Quando non la si conosce come si deve. Quando la si accetta e non ci si comporta in modo conforme alla stessa accettazione; quando non sì opera bene come dovrebbe chi sostiene quell'idea.

Quando la si rappresenta indegnamente. Quando la si rende troppo umana, togliendole quel quid divino, il suo aspetto soprannaturale. Si toglie pure prestigio quando non si collabora secondo i propri doveri; quando si riceve e non si dà, sia nello spirituale sia nell'intellettuale e materiale; quando si pospone ai propri interessi particolari, e, infine, con l'invidia, che più di ogni altra cosa toglie prestigio alle idee. Quale responsabilità quella di chi ha una missione, in cui deve dare gloria a Dio ed edificare il prossimo, e diventa pietra di scandalo!

 

Questa è l'Opera e non un'altra cosa.

[. . .] Voglio ricordare a tutti che desidero vivamente che si mantenga e progredisca nella nostra Opera lo spirito di semplicità, interiore ed esteriore, che sogno costantemente che le nostre case siano come le famiglie cristiane dei primi tempi del cristianesimo. Questa è l'Opera e non un'altra cosa.

 

L'Istituzione che io ho fondato.

L'Opera, associazione di laici

Prima di tutto dico che l'Istituzione teresiana, quella che ho fondato io, come strumento e nulla più che strumento della provvidenza, è arrivata ad essere nell'ordine canonico, tutto quello che doveva essere; che come è stata approvata dalla benevolenza di Sua Santità Pio XI, felicemente regnante, così deve rimanere sempre, e che se un giorno cesserà di essere quello che è ora, non sarà l'Opera di ora né quella che io ho fondato, ma un'altra Opera, sicuramente migliore, ma diversa.

Desidero vivamente, e chiedo a Dio di desiderarlo sempre, il perfezionamento dell'Opera, la più grande santità dei membri, [...] ma sempre all'interno della cornice delle costituzioni, dei regolamenti, ordinamenti e norme approvate dal breve Inter frugiferas.

 

Il crocifisso nell'Istituzione.

Al crocifisso si deve l'Istituzione

[. . .] Voglio che la devozione al crocifisso sia la devozione fondamentale dell'Istituzione; questa è la mia espressa volontà, che non vi impongo, ma vi manifesto come un padre ai propri figli, affinché l'accogliate quale preziosissima eredità, o come l'autore di un'idea, di essa innamorato, che vuole esista sempre un'intima relazione con la stessa realtà che ha incarnato l'idea. L'Istituzione si deve al crocifisso, giacché nacque quando dagli edifici pubblici, dai centri docenti, dalla scuola elementare lo si voleva togliere, perché oggetto di disprezzo in alcuni e strappato con odio da altri. Sebbene siano passati quei tempi di violenza, non è ancora morta l'intenzione.

[...] Voglio e chiedo costantemente al cielo che tutti siate un crocifisso vivente. Non desidero sentire altro elogio di voi che questo, anche se avete molte buone qualità.

Indovinate, con quali parole, sulla croce, Cristo sintetizzò il suo immenso amore per gli uomini? «Padre, perdonali, poiché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34). Quale sublime preghiera! Prega per i suoi aguzzini, per quelli che lo crocifiggono, scusandoli. A ciò dovete essere disposti voi se vorrete essere crocifissi viventi. Mai, in ambito della carità, entrate in disquisizioni se ciò che provate è un'antipatia naturale, esente da colpa; se questo o quello non arriva al peccato; se non mi si esige tanto, se non lo devo neanche per giustizia, ecc. In nessun punto come in questo della carità è definitivo e categorico il Vangelo:

Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi perseguita, e pregate per coloro che vi perseguitano e calunniano (Mt 5, 44).

Non cercate l'appoggio umano, rafforzatevi ogni giorno più nell'amore al crocifisso ed esclamate come l'apostolo: «Tutto posso in Colui che mi conforta» (Fil 4, 13) perché Cristo crocifisso è fonte perenne di pace, di luce e di fortezza, per quelli che lo amano.

I tre amori dell'lstituzione

I tre amori: alla santa eucaristia, alla Madonna e al Papa, crescono visibilmente nell'Istituzione e ci garantiscono che è opera di Dio quella in cui lavoriamo.

 

La Madre di Gesù nell'Opera

 

Vorrei che la devozione alla Madre di Dio fosse una delle note distintive dell'apostolato dei [membri dell'Istituzione] e che questa devozione avesse tale modalità da essere inconfondibile. Siate apostoli di Maria e propagandate la sua devozione con tanta divina arte, da attirare la gente e far sì che i popoli l'acclamino Regina e Signora dell'universo. Per fare ciò, per prima cosa riempitevi di questo amore e di questa devozione, poi non lasciate occasione, per insignificante che sembri, per fare questo apostolato. Non siate del numero di coloro che hanno bisogno di una ribalta speciale per agire e disdegnano di farlo con i bambini, con i poveri, con la famiglia, ecc. Voi, con la vostra condotta, con le vostre preghiere, con le vostre parole, con i vostri scritti, con tutto, proclamate sempre l'amore alla Madonna. Portatele anime, che è la più grande opera di carità che potete fare per il prossimo, e cominciate con il portare coloro con i quali siete più obbligati o che hanno più bisogno della sua protezione.

 

Amore insostituibile alla Madre di Gesù

[...] Quanto dobbiamo a Maria dalla fondazione dell'Opera e quanto specialmente in quest'anno! Dalle mie meditazioni su questo tema prendo la seguente confortante conseguenza: l'Istituzione è al sicuro, ormai non c'è da temere. Perché, in verità, se i santi e i teologi assicurano che è segno di predestinazione la devozione alla Regina del cielo, la nostra Opera teresiana porta il sigillo della predestinazione, perché in essa, in tutte le sue case, in tutti i cuori di quanti le abitano, [...] la Madre di Dio ha un altare e riceve un culto devotissimo. Questo amore tenero, semplice, profondo, forte alla Madonna è qualcosa di tanto fondamentale, fecondo, visibile, che salta all'occhio di tutti. [...]

Mi sembra che questo sigillo sia così divino che preferisco, ve lo confesso sinceramente, vedere scomparire l'Opera che diminuire la devozione mariana.

Oltre i numerosi propositi, le suppliche, i ringraziamenti, ecc., che dovete fare in questi ultimi giorni del corso, vorrei che ciascuno in particolare e tutti in generale prendeste una decisione irremovibile: ogni anno, ogni mese, ogni giorno, ogni ora, l'amore e la venerazione alla Madonna cresca nei vostri cuori e si traduca in opere, e voi vi impegniate a dare l'allarme [...] quando non si compie questo impegno.

Un'Opera mariana per eccellenza!!

La Pia unione delle figlie di santa Teresa è un'associazione eminentemente mariana per le origini, per la storia e per propria scelta.

Nacque in Covadonga.

Il primo segno che usarono [i membri dell'Istituzione] fu la croce di Pelayo con l'immagine della santissima Vergine.

La prima casa ha il nome della Santina.

La maggior parte dei collegi è dedicata alla Madonna invocata con vari titoli [...].

La maternità spirituale nel mondo ha bisogno di un, esempio di dolore, di carità, di fermezza, di coraggio che solo la madre di Gesù Cristo può dare.

 

La protezione di Maria per la missione

La missione [dei membri dell'Opera] ha bisogno di un rifugio sicuro e potente come quello di Maria.

Maria nei suoi dolori dà tutte le lezioni che abbisognano per compiere la loro missione [...].

L'apostolato della donna è riassunto nei Dolori di Maria.

Nei Dolori della Madonna c'è tutta la scienza necessaria per essere un perfetto apostolo.

 

Teresa di Gesù fin dall'inizio dell'Opera

Fin dall'inizio dell'Opera fu mio proposito che [i membri dell'Istituzione] studiassero e conoscessero, apprendessero e riflettessero nella vita il vero e genuino spirito della nostra santa madre Teresa di Gesù, perché mai ritenni che questo fosse incompatibile con l'attuazione che [...] avrebbero dovuto avere nel mondo. Ma poiché in ciò che riguarda lo spirito di solito si hanno interpretazioni contorte e volgarizzazioni erronee, cominciai, intorno al giugno dell'anno 1912, a scrivere alcune annotazioni, che riportano la dottrina della santa, parola per parola, così come uscì dalla sua penna.

Come pensavo allora, con più fermezza ancora, continuo a pensare oggi, e giudico di imprescindibile necessità lo studio e la pratica di così saggia dottrina, per cui si fece una nuova ristampa dell'opuscolo Avisos espirituales de santa Teresa de Jesus, e raccomando con la maggiore insistenza la loro lettura. Perché è una sofferenza grande udire le spiegazioni che la gente dà per dire ciò che è, e in che consiste lo spirito teresiano.

 

La gioia perfeziona l'Opera

«Gaudium tibi sit semper» (Tb 5, 11).

Dio ti dia sempre molta gioia e allegria. E questo per te, per l'Opera, per le anime. Per te, affinché tu possa correre per le strade del Signore, per le quali si corre quando il cuore si dilata per la gioia, come disse il Profeta regale. «Viam mandatorum tuorum cucurri cum dilatasti cor meum» (Sal 119, 32). Per l'Opera; diceva Aristotele che la gioia perfeziona l'opera e la tristezza la distrugge. Quindi, se sei allegro, farai tutto in maniera perfetta, con gusto, con soddisfazione, senza stanchezza né cedimenti; quanto è importante questo per la nostra Opera!

 

«Vox exultationis et salutis in tabernaculis justorum». Nella dimora dei giusti sempre si odano voci di gioia e di salvezza (Sal 118, 15). [...] Abbi per certo che dove regna quella santa gioia, odi voci allegre, parole di salvezza e conversazioni sante, lì vi sono anime rette.

Questo è il segnale inconfondibile e bisogna inculcare ai membri dell'Opera queste verità proprie dello Spirito Santo, affinché imparino l'autentico concetto di gioia spirituale, di cui parla il profeta Davide, che ben si coniuga, come accadde a lui, con la penitenza, il pentimento, il dolore [...] Forma una legione [di membri] allegra, che conservi l'autentico spirito dell'Opera e lo spirito della nostra santa madre [Teresa] e dei primi [membri], il teresianesimo [vero].

 

"Dedisti laetitiam in corde meo".

 

"Hai posto la gioia nel mio cuore» (Sal 4, 7). Sant'Agostino commenta queste parole dicendo che il profeta Davide ci indica dove dobbiamo cercare la gioia, che abita in noi: nel cuore. Mi viene in mente questa riflessione perché, vivendo in mezzo alla gente, sempre tanto indaffarata, tanto bombardata da impressioni diverse, risulta difficile rimanere nella gioia e astrarci da tutto ciò che può toglierci questa gioia, che invece dobbiamo procurare non venga turbata da nulla. Il rimedio è efficace, perché se la gioia si fonda su ciò che è fuori di noi andrà e verrà sull'onda degli avvenimenti; ma se è radicata nel cuore, e questo sarà ben protetto, non correremo alcun pericolo. Quando le circostanze ci arrecano tristezza, diamo uno sguardo dentro di noi e troveremo gioia. È uno stratagemma al quale dovrai ricorrere con frequenza. Lì troverai sempre un motivo per gioire, anche se fossi nella più triste delle situazioni. Inoltre, il tuo cuore è così dentro di te che ben può essere il deposito dei più delicati motivi di gioia, che non potranno mai scomparire.

 

Acclamate Dio con gioia

«Si rallegri il cuore di quanti cercano il Signore» (Sal 104, 3). Nel salmo 99, versetto 2: «Acclamate Dio con gioia; servite il Signore in allegria». Devono rallegrarsi coloro che cercano il Signore; acclamare lui con gioia, dopo averlo cercato, perché lo hanno trovato e, dopo averi o trovato, servirlo con gioia. Insomma, per cercarlo, trovarlo e servirlo, lo Spirito Santo, per bocca di Davide, raccomanda gioia, gioia e ancora gioia. Motivi di questa gioia?

Quelli che lo cercano, perché hanno la fortuna di cercarlo. Quanti non lo cercano! Che grande grazia è cercare Dio!

Quelli che lo trovano, perché hanno trovato il tesoro. Gioia ancora più grande.

Quelli che lo servono, perché hanno consacrato la loro vita a quanto vi è di più grande ed eccellente: servire Dio.

Devi insegnare queste verità con la parola e con l'esempio, spiegandolo bene e mettendolo in pratica come lo insegni

 

Chi è triste è perché vuole esserlo.

Quando lo Spirito Santo ci mostra il rimedio per curare i nostri dolori, questo è infallibile. Quale arma ci dà contro la tristezza, o affinché essa non si impadronisca di noi, o affinché rinasca in noi la gioia? Vediamolo, seppure in due sole testimonianze dello Spirito Santo, una contenuta nell' Antico l'altra nel Nuovo Testamento.

 

Dio fonte di gioia

Nell' Antico Testamento Davide si esprime così:

La mia anima rifiutò ogni conforto; mi ricordai di Dio e mi sentii colmo di gioia

Rimedio? Rifiutare ogni umana consolazione e ricordarsi di Dio. Nel Nuovo Testamento dice l'apostolo Giacomo: «Se qualcuno è triste, preghi» (Gc 5, 3). Cioè, metta da parte le riflessioni umane, respinga tutto ciò che non è Dio e parli con il Signore.

È facile mettere in pratica questi rimedi? Facilissimo. Sono nelle nostre mani, quindi, se non riusciamo a essere nella gioia, è per colpa nostra. Agiamo così e il risultato sarà infallibile, come lo è la parola dello Spirito Santo.

Queste verità così fondamentali, così chiare e necessarie, devono essere la nostra guida, la nostra dottrina, la nostra norma.

Chi è triste è perché vuole esserlo. Dopo questa riflessione, non c'è appello. La tristezza non si cura parlando con la gente, ma con Dio.

 

La gioia è inseparabile dalla rettitudine.

Dice l'apostolo: «Fructus autem spiritus est gaudium» (Gal 5, 22). Quindi, quando vi è questa gioia, vi è buono spirito, dal momento che il suo frutto è la gioia. Quale consolazione! Avere un così chiaro segno di buono spirito.

San Bonaventura aggiunge: «La gioia spirituale è segno che Dio dimora nell'anima». Davide diceva nel salmo 97, versetto II: «Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore».

La gioia è sempre inseparabile dalla rettitudine, dalla giustizia, dal buono spirito, dal possesso di Dio. Ciò anche se abbondano le pene e le amarezze. Quali pene più grandi delle terribili sofferenze dei martiri, eppure essi andavano contenti e felici a dare la vita per Cristo!

 

Importanza dell’umiltà

Dio mi conceda che [i membri dell'Opera] siano sempre molto umili. Allora sì che gli daranno gloria. Oggi, quando meditavo davanti al tabernacolo, mi è venuto da pensare alla quantità di grazie e di benedizioni che Gesù nell'eucaristia avrà effuso da tutti i tabernacoli del mondo. In verità, Gesù non appare mai così umiliato come nell'eucaristia, poiché se nell'Incarnazione annientò se stesso assumendo la forma di servo, nel sacramento dell'altare non prende neppure questa apparenza, ma quella di un pezzo di pane. Sembra che a maggior annientamento, maggior fecondità.

Questo deve essere il segreto dei vostri successi; se, riflettendo seriamente, vi convinceste che tutta la vostra grandezza, la vostra influenza, il vostro potere, la vostra gloria devono fondarsi sull'umiltà, mettereste un vero impegno nel coltivare questa virtù.

Ciò che non ha ottenuto il talento, l'autorità, il potere né alcuna grandezza umana, lo otterrà l'umiltà. Se Gesù stesse nel tabernacolo in tutta la maestà della sua gloria, chi gli si avvicinerebbe? Ma quanti andiamo a lui, vedendo lo così umiliato e annientato!

 

Se amate Dio, attirate a lui

Dice il santo: Se amate Dio attirate a lui, perché, tutti quelli che si uniscono a voi e tutti quelli che vivono in casa vostra, lo amino (sant'Agostino).

Forse mi direte che in queste righe non si fa cenno alla vocazione ed io vi risponderò: se attirerete verso Dio quelli che vivono con voi e che si uniscono a voi, otterrete di fatto che amino nostro Signore, avrete posto una solida base alle vocazioni, perché, chi ama Dio e non nutre zelo per la sua gloria?

Chi può amare nostro Signore e non sentirsi apostolo? Chi può amare Dio e non cercare operai, «dato che la messe è molta e gli operai sono pochi?» (Mt 9,27). E se l'amore di Dio è la misura, potremo dire che se non possediamo lo zelo è perché ci manca l'amore; se non siamo apostoli è per mancanza di amore, se non chiediamo operai sarà per la stessa ragione. A più amore, più zelo, più apostolato, più richiesta di vocazioni.

 

Conservare lo spirito

Lo spirito è qualcosa di inconfondibile. Non è il talento né la scienza o la cultura. Lo spirito non è sentimentalismo: è qualcosa di rigoroso, forte, vivificante.

Le opere muoiono per mancanza di spirito. Bisogna conservare lo spirito originario. Attraverso di voi verrà giudicato lo spirito dell'Opera.

Lo spirito non è bigottismo, ipocrisia, buone maniere. È la partecipazione di Dio: è il risultato dell'infusione della grazia.

Quando c'è spirito? Quando vi è zelo per la salvezza delle anime; [...] quando il tabernacolo non rimane solo; quando regna la pace nella comunità; quando non ci sono offese; quando vi è sincerità; quando ognuno sta al proprio posto; quando uno dimentica se stesso; quando i sacrifici non costano; quando c'è ansia di conoscere e amare nostro Signore; quando c'è affanno di perfezione; quando si gioisce nel vedere la santità degli altri; quando vi è mitezza; quando edifichiamo con il buon esempio; quando si ama la croce; quando si sostengono le fatiche e le pene con gioia; quando vi è purezza di intenzione.

Quindi, l'essenziale è conservare lo spirito [...]. Come ci accorgeremo che si conserva lo spirito di preghiera e l'amore all'umiltà?

Ci sono dei segni inconfondibili: la pace, l'equanimità, l'ordine e persino la fisionomia esteriore denotano la persona che prega; il distacco, l'abnegazione, l'obbedienza, l'attenzione alle piccole cose, la diffidenza verso se stessi rivelano umiltà d'animo. Non fidiamoci di altri segni, perché solitamente possono ingannare.

 

C'è umiltà?

L'umiltà è il mezzo per conservare la pace, senza l'umiltà non possederemo mai la pace.

Se non diventerete come bambini non potrete entrare in cielo. Tristezza e malinconia non sono patologia, ma attacco di superbia. Se vi è pace sulla terra, l'umile di cuore la possiede.

L'umiltà supplisce quanto ci manca in virtù e perfezione.

Quanto vi manca in buona coscienza, sostituitelo con la vergogna; quanto vi manca in zelo e perfezione sostituitelo con la compunzione (san Bernardo).

Non si chiedono grandi cose: soltanto essere umili. Dio resiste ai superbi: agli umili dona la sua grazia.

Anche voi vi protendete verso gli umili, mentre respingete i superbi. Che farà Dio?

 

Perché sono così amico dell'umiltà?

Per me è stata un'ossessione fin dal principio. L'umiltà dovrebbe disarmare il braccio della giustizia di nostro Signore a giudicare da quanto ci accade. [. . .]

Che cos'è? È il fondamento di tutte le virtù: è necessaria a chi si occupa di opere di apostolato, è ciò che più attrae ed edifica [...]. Non so.

Nell'Opera è necessaria; donne e donne sufficientemente istruite, maestre, professoresse, circondate da adulazioni cui facilmente si presta orecchio: formano una società colta, danno conferenze, scrivono [.. .].

L'Opera non potrà essere ciò che deve essere se non ha persone umili.

 

Amici forti di Dio

Pietà solida: è ciò di cui abbiamo bisogno. Questa non si confonde con niente. Concetti chiari, principi certi, volontà ferma, carattere, insomma.

In questi tempi sono necessari amici forti di Dio per sostenere i deboli. Fortunata quella vita che dovesse concludersi in difesa della santa Chiesa.

 

Comportatevi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto.

La stessa supplica che l'apostolo san Paolo rivolgeva agli Efesini io più volte l'ho rivolta a voi [...].

La supplica è questa: Che camminiate come si addice alla vocazione con la quale siete stati chiamati (Ef. 4,1).

Ma, come dovete comportarvi? L'apostolo lo dichiara in alcuni versetti dello stesso quarto capitolo: alla vostra vocazione si addice la chiamata con la quale Dio vi ha privilegiati; procedete ponendo attenzione nel «conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ef 4,3).

Cioè, diligenti per conservare ad ogni costo l'unità dello spirito e per conservarla per amore che è il vincolo della pace, non con mezzi violenti né per propria convenienza né per nessun'altra motivazione umana [...].

Senza spirito che sarebbe l'Opera? Non essendo «un solo spirito», ma tanti, quante fisionomie avremmo? Se questo spirito e non un altro, e, per giunta, identico, non fosse in tutti, se non ci informasse lo stesso spirito, che risultato darebbe questa diversità? Ognuno di noi farebbe un'opera buona, ma avremmo tante opere quanti sono [i membri dell'Istituzione] e non una sola Opera.

Perciò se volete comportarvi come si addice alla vostra vocazione, dovete essere attenti a conservare lo spirito che informa l'Opera alla quale siete stati chiamati.

 

Uniti nella stessa speranza

L'apostolo insiste e collega l'unità del corpo e dello spirito all'unità della speranza con queste parole: Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione (Ef 4, 4).

La speranza della vostra vocazione è una, identica in tutti [...]. Quindi se la speranza è una e il corpo e lo spirito devono essere come la speranza, dovete formare un solo corpo, il cui capo è Cristo.

 

Nella stessa dottrina

Ma l'apostolo vuole rafforzare ancora più l'unità, perciò continua a dire: «Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo». Che vuol dire: ad un solo Signore, a una sola fede, a un solo battesimo, corrisponde unità di speranza, di anima e di corpo. Servite un solo Signore? Allora i suoi precetti, le sue leggi, i suoi ordini sono uguali per tutti. Professate la stessa fede? Allora avete la stessa dottrina, dovete perciò imparare le stesse verità. Avete ricevuto lo stesso battesimo? Allora i mezzi di santificazione, i vostri sacramenti sono gli stessi.

Siate prudenti e impegnatevi per conservare l'unità dello spirito con il vincolo della pace, se non volete assumervi una tremenda responsabilità.

 

Qualunque cosa facciate, fatela di cuore, come per il Signore e non per gli uomini (Col 3, 23).

Dovete intenderlo così: tutto quanto facciamo dobbiamo farlo di cuore.

Il piacevole e lo spiacevole

Se è «tutto», non facciamo il nostro dovere quando facciamo con il cuore solo alcune cose, ma non altre, quando mettiamo tutto il nostro impegno in ciò che più ci piace ed eseguiamo male, senza fede e senza entusiasmo, quello che ci dispiace o che ci piace di meno.

Affinché sia «tutto», devono essere compresi pensieri, parole e opere: si deve mettere questo impegno quando pensiamo ciò che siamo obbligati a pensare per il nostro bene e per quello dell'Opera, quando parliamo di ciò di cui dobbiamo parlare e quando eseguiamo gli atti che dobbiamo. Quando abbiamo fatto tutto con il cuore, come lo abbiamo fatto? E quando non lo abbiamo fatto con il cuore, abbiamo percepito la differenza che c'è tra il fare le cose con il cuore e il farle solo per farle, senza voglia né entusiasmo? L'Opera ha diritto di esigere tutto ciò da noi?

 

Come per il Signore.

Come si fanno le cose quando si eseguono per Dio, esclusivamente per lui? [...] Per Dio non costano i sacrifici, né importano i fastidi né fanno soffrire i fallimenti; per Dio si agisce senza precipitazione, senza angosce, con pace e tranquillità; poiché quando si fa tutto per il Signore, è uguale quello che innalza e quello che umilia, quello che piace e quello che dà fastidio, le cose facili e quelle difficili [...]. Abbiamo sottratto a Dio ciò che era suo, quando non abbiamo fatto per lui tutte le azioni della nostra vita.

 

Lavoro nascosto e difficile

Si lavora per Dio, quando non importa nulla che gli altri vedano, apprezzino e valorizzino il nostro lavoro. Quando cerchiamo di non farci notare e di non apparire. Quando tutti i lavori ci risultano ugualmente graditi.

Quando, dovendo scegliere, scegliamo i più nascosti e difficili. Quando non parliamo mai della nostra fatica. Quando ci dispiace che gli altri ci elogino per il nostro lavoro. Quando pensiamo molto a Dio, purifichiamo l'intenzione e a lui solo dedichiamo i nostri sforzi.

 

La grande impresa in cui lavoriamo

[. . .] Vedo, ogni giorno con maggiore chiarezza, la grandezza dell'impresa in cui lavoriamo, la sua origine, la sua necessità, il suo sviluppo, le benedizioni ricevute, i frutti ottenuti e persino quello che Dio ci chiede, affinché, come suoi strumenti, realizziamo il grande disegno della sua provvidenza. Ma, nello stesso tempo, vedo, con non minore chiarezza, non solo i miei limiti e i miei errori, ma anche la mia incapacità. Però, poiché Dio conosce i miei sentimenti, non mi ha permesso di scoraggiarmi, anzi mi concede di desiderare, ogni giorno di più, di compiere la sua divina volontà, costi quello che costi, e,posto nelle sue mani divine, sono qui per consacrare tutta la vita al servizio dell'Opera, nella forma e nel modo a lui graditi.

Aggiungerò che [i miei propositi] sono solamente due: il primo, spogliarmi ogni giorno di più di tutto ciò che è terreno e vivere ogni momento in modo soprannaturale; il secondo, pregare incessantemente, facendo della preghiera l'elemento indispensabile della mia vita.

 

Il futuro della donna

 

Non è facile misurare né valutare l'importanza dell'impegno che dovrete affrontare perché il futuro della donna colta e il suo influsso nella società moderna sono tanto grandi quanto imprevedibili, oggi. Il mondo intellettuale è il mondo del futuro. [...] Quanto ha fatto l'Istituzione teresiana in questo campo e quanto ha evitato e contrastato! Non siamo noi a doverlo dire, ma non possiamo non riconoscere l'aiuto di Dio, al quale dobbiamo tutto ciò che abbiamo.

Grave responsabilità, la nostra, dinanzi a Dio, dinanzi alla Chiesa e alla società se, proprio nel momento in cui la gloria di Dio, l'onore della Chiesa e il bene della società ci sollecitano, smentissimo, per mancanza di sacrificio, la storia del nostro apostolato.

Se quando eravamo quasi nulla realizzavamo un'impresa tanto difficile quanto nuova, che umanamente si sarebbe potuta dire temeraria se non fosse stata fondata su Dio e non fosse stata realizzata se non per la sua gloria, quanto grandi sarebbero la nostra colpa e la nostra ingratitudine se, nel momento attuale, disponendo di persone, di mezzi, di esperienza e persino di fama, abbandonassimo il nostro posto e defraudassimo le altrui speranze.

 

Cooperare con la Chiesa

La Chiesa ha bisogno della vostra cooperazione, ha detto un venerabile prelato, vescovo della santa Chiesa. Comprendete e soppesate tutta l'importanza di questa frase? Dopo che l'avrete meditata sono sicuro di non aver più bisogno di raccomandarvi l'urgenza del rimedio. [...] Fino ad ora quali sacrifici avete fatto? Come avete chiesto al Padre celeste che invii operai? Quale impegno è stato il vostro, di quali mezzi vi siete serviti? Forse la vocazione di ognuno di voi non è costata preghiere e sacrifici Non si può dubitare che esistano maestri capaci di essere quello che voi siete; ed è ugualmente certo che molti non sono come voi siete perché non conoscono l'Opera. [...]

Quando gli apostoli gettavano le reti per iniziativa propria non prendevano niente, ma quando le gettarono in nome del Maestro, ricorderete quanto fu abbondante la pesca. Fate, quindi, il vostro dovere in nome di Cristo, per lui e per la sua gloria e otterrete gli stessi risultati.

 

Umiltà.

Fondamento. Senza di esso non può elevarsi la costruzione né può rimanere in piedi. Dio resiste ai superbi.

Umiltà di intelligenza. Umiltà di affetto. È virtù necessaria al principio, alla fine, in mezzo, sempre. Ai cattivi, ai mediocri, ai buoni, ai santi.

Che cosa siamo stati? Niente. Tutto esisteva senza di noi. Che cosa siamo? Nulla. La mano di Dio ci ha tratti dal nulla. Ci ha dato l'essere e le sue prerogative.

Siamo come gli oggetti in rapporto all'artefice. L'artefatto non esiste senza l'artefice.

Meno di niente.

Se mi domandate qual è la virtù fondamentale dell'Istituzione: l'umiltà. Se nel giorno della mia morte non vi fossero [membri] umili, pur essendovene saggi, ricchi, simpatici, attraenti, attivi, morirei pensando che l'Opera perirà.

 

Per non dimenticare la nostra missione

Ricordati, o Signore, del tuo patto, metti le parole sulla mia bocca, fortifica nel mio cuore il proposito, affinché la tua casa conservi sempre la sua santità (Gdt 9, 18).

Fino a che nel cuore [dei membri dell'Opera] si corroborerà il progetto, la missione e la vocazione e fino a che Dio porrà sulla nostra bocca parole che corrispondano a questo progetto, la nostra Opera conserverà sempre la sua santità. Ma se tutto ciò mancherà non ci sarà più un'opera santa, pur essendo ci un'opera umana. Ancora, siccome questo patto lo ha proposto lui e lui deve portarlo a compimento, dobbiamo pregare con fervore, muovere la sua misericordia ricordandogli il suo patto [...].

 

Restare fedeli al patto

È stato Dio a chiamarci, lui ci sostiene; se il patto stabilito con lui si rompe è per colpa nostra; per non venir meno alla nostra impresa, per non dimenticare la nostra missione, e per impetrare la misericordia di Dio dobbiamo ripetere frequentemente, sia nelle difficoltà, sia nei momenti favorevoli, queste parole: ricordati, o Signore, del tuo patto, affinché tutti noi possiamo rimanere nel tuo spirito e nella tua casa continui a regnare la santità.

La battaglia che conduciamo è molto più pericolosa, se dobbiamo uscirne illesi e con il grido di vittoria, se dobbiamo rinnovare il mondo senza essere limitati o corrotti dal mondo, dobbiamo chiedere notte e giorno al Signore che irrobustisca nei nostri cuori il progetto; che faccia di ciascuno di noi una fortezza inespugnabile; che renda in noi così saldo il progetto da percepirlo costantemente presente; che dentro di noi, nei nostri cuori, susciti i sentimenti che si addicono alla nostra vocazione, perché questa sia ogni giorno più solida, più pura, più vigorosa.

 

Che siano tutti una cosa sola.

Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,21).

Queste parole del Vangelo di san Giovanni sono quelle pronunciate da Cristo nella notte memorabile e nel momento più solenne. Si rivolge all'Eterno Padre per supplicarlo per i suoi discepoli e, in loro, per tutti noi. Per prima cosa chiede che siamo tutti una cosa, cioè che viviamo in perfetta unione ed il modello di questa unione è quella esistente tra il Padre e il Figlio. [...] Quando meditiamo questo insegnamento e poi lo mettiamo a confronto con la nostra vita, se non siamo ciechi, che cosa deduciamo?

Questo cristianesimo, che è l'unico autentico, ci sembra nuovo tanto è poco praticato. Ciò nonostante, questo cristianesimo è la nostra regola, quella che abbiamo scelto e proclamato.

Aggiunge san Giovanni: «Che siano anch'essi una sola cosa in noi». Infatti la perfezione non si dà se si è una cosa fuori dal Padre e dal Figlio, qualcosa di estraneo a loro. Questa compenetrazione, questa unione cosi perfetta deve essere in Dio perché sia totalmente santa, pura e feconda; perché sia costante, perpetua, ininterrotta; perché elevi, renda degni e salvi.

Perché il mondo creda che Tu mi hai mandato. Come se dicesse: conservandoli così, vivendo in questo modo, il mondo non potrà non riconoscere che io sono stato inviato dal Padre. È così grande quanto chiedo, supera in tal misura le forze umane che, in presenza di questa realtà, quando la gente si renderà conto di questa unione, di quello che essa significa, di quanto può, dovrà riconoscere la divinità del Figlio. Se considerassimo come si deve ciò che questo significa e se avessimo appena una scintilla di amor di Dio e di zelo per la salvezza del prossimo, quale impegno saremmo capaci di mettere per conservare e accrescere la carità reciproca e l'amore fraterno! Sarà possibile che un'inezia, una stupidaggine, l'amor proprio, la cocciutaggine, una qualunque altra passione ci separi e ci impedisca di restare uniti?

Carissimi, se Dio ci ha amati in questo modo, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri (l Gv 4, Il).

Come Dio ci ha amati? Se nessuno possiede più carità di colui che dà la vita per l'amico, quale sarà l'amore di Dio per gli uomini, Dio che dà la vita del suo Figlio, che è più della propria vita, e la dà per il nemico? Meditiamo, perché c'è molto da meditare in queste poche parole.

L'amore del Figlio non è soddisfatto con la morte: Gesù rimane nel sacramento dell'altare per vivere unito a coloro che ama e il suo desiderio non viene meno pur conoscendo, egli, in quanto Dio, gli oltraggi, gli affronti, i sacrilegi che avrebbe subito da parte di coloro che tanto ama. Inoltre, ciascuno rientri in se stesso per constatare le prove di amore che Dio gli elargisce [...] potrà dire, con l'imperfezione della creatura umana, come egli ci ha amati.

Anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri, se Dio ci ha amati in questo modo. Chi può dubitarne? Chi può esprimere con parole umane il suo amore? Noi ci amiamo reciprocamente? Come ci amiamo?

Alla prima domanda ciascuno risponda dopo essersi esaminato sulla carità mutua, sull'amore reciproco. Forse la risposta negativa non sarà la peggiore, perché sarà facile che, rispondendo alla seconda domanda, dobbiamo confessare dinanzi a Dio, che penetra e scruta i cuori, che il nostro amore non è stato buono! Se avessimo amato come Dio ci ama! Però vi è egoismo, soddisfazione, miseria nell'amore reciproco che ci scambiamo. Dov'è il distacco, l'abnegazione, il sacrificio, l'eroismo?

Esiste questo amore reciproco? Allora Dio dimora in noi. La spinta ad amare che ci è data non può essere più efficace, perché non vi è nulla di paragonabile all'unione con Dio. Dio abita nella creatura, questa è dimora di Dio: vi è qualcosa di più eccelso in cielo o sulla terra?

...Tante opere, tanti sacrifici, tanta abnegazione, tanta preghiera; molta verità negli apprezzamenti, senza che la simpatia umana né qualsiasi altra considerazione terrena dia impulso al nostro amore. Amore di Dio, per mezzo di Dio e per Dio; perché la creatura è sua immagine, perché Dio accetta come fatto a lui tutto il bene che facciamo al prossimo.

 

La protezione della Madre di Dio

Come non c'è ordine religioso che non sia stato fondato sotto la protezione della Madonna, così non ce n'è alcuno nel quale l'inosservanza non sia cominciata con l'indebolimento della devozione mariana e la cui riforma non sia iniziata dal ritorno al fervore antico. [...] Desidero anche che abbiate presente il fatto riferito da [santa Teresa] nel primo capitolo della sua Vita, quando alla morte della madre, prostrata davanti ad una immagine della Madonna, la supplicò con molte lacrime di esserle madre [...].

Penso che il nostro momento sarà quello in cui ci consacreremo alla Madre di Dio; momento di rettificazione, momento di pentimento, di vita nuova, di maggior fervore e di successi.

 

 

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