La nostra forza  

San Pedro Poveda è il fondatore dell'Istituzione Teresiana, Associazione di laici approvata da Pio XI nell'anno 1924, attualmente presente in 30 Paesi

        

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Dio non tiene mai le porte chiuse

Immaginiamo la scena riportata da san Luca:

Avvenne che, mentre stavano a pregare in un luogo, alla fine uno dei discepoli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni insegnò ai suoi discepoli» (Lc 11, l).

Gesù si avvale, nella sua meravigliosa lezione, di un paragone così semplice, a tutti comprensibile.

Non un figlio che chiede al padre né un bisognoso che chiede per i suoi figli, ma un amico che chiede a un altro amico e chiede per un viandante con il quale non ha alcun vincolo di amicizia.

Si presenta e chiede a mezzanotte, ora importuna e inopportuna, quando la porta è chiusa, quando incombe il silenzio della notte, quando il padrone di casa e i suoi dormono o, almeno, sono a letto. Non chiede una medicina per un malato né un aiuto per salvare la vita a chi si trova in pericolo, ma chiede tre pani.

Queste circostanze, ben meditate, ci aiutano a conoscere l'efficacia della preghiera, anche se pronunciata in simili condizioni di luogo, di tempo, da simili persone e per questi motivi. Ma la considerazione di ciò che consegue e la differenza di situazioni, danno più forza alla sua efficacia. Perché quando noi preghiamo, non è come se un amico chiedesse ad uno per un altro, ma è il figlio che chiede al padre, giacché nella preghiera ci rivolgiamo a Dio, che è nostro Padre; e non ci rivolgiamo a lui in ora inopportuna, poiché per Dio tutte le ore sono opportune: egli sempre si compiace nell'ascoltare le sue creature [...]. Noi, invece, tralasciamo di chiedere a Dio, che è nostro Padre [...].

Ha una giustificazione il nostro comportamento? Con quali argomentazioni sosteniamo la nostra mancanza di preghiera?

 

La perseveranza ottiene quanto si propone

L'amico insiste nel chiamare: sembra non far caso al silenzio dell'amico.

Questi, non per il desiderio di accontentarlo, ma per liberarsi dal fastidio che gli procura l'insistenza di chi chiede, si alza e gli dà, non solo tre pani, ma tanti quanti ne ha bisogno. [...]

Se la perseveranza, pur trattandosi di un semplice amico, e per una ragione così egoista, come è quella di non volere essere disturbato, ottiene ciò che chiede e anche di più, che cosa non otterrà la preghiera assidua e perseverante rivolta da un figlio al padre e per ottenere non pochi pani, ma doni e grazie spirituali, consolazioni, pazienza, fortezza e tutte le virtù?

 

Che cosa ci trattiene?

Molte volte rileggiamo questo o quel capitolo dei libri sacri, ma leggiamo in modo tale da abituarci ad ascoltare parole di tanta trascendenza, come quelle che stiamo meditando, senza trarre da queste lezioni divine il dovuto profitto.

Che cosa ci trattiene dal pregare? Perché non insistiamo nella nostra preghiera? Quale povero smette di chiedere quando ha la sicurezza di ottenere quanto chiede? Forse non importuniamo fino alla noia gli amici per ottenere un bene materiale?

Trattandosi, poi, di grazie e di favori così necessari, perché veniamo subito meno?

Perché, pur avendo l'assoluta certezza di essere ascoltati tralasciamo di chiedere? [...]

 

Avete necessità? Chiedete

Dico a voi [ai miei discepoli, a coloro che sono miei, a coloro che tanto amo; N.d.A.]: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi si aprirà» (Lc 11,9).

Non è più possibile dirlo con maggior chiarezza né in modo più determinato.

Avete necessità? Perché vi sia dato non occorre altro che chiedere. Che cosa vorreste trovare? Ciò che pretendete trovare lo troverete cercandolo. [...]

Quindi, quando non ho più ricevuto ciò di cui avevo bisogno è stato perché ho omesso di chiedere, tutte le volte che non ho più trovato quanto desideravo è stato perché non l'ho cercato, quando ho trovato le porte chiuse è stato perché non ho chiamato.

I sorprendenti paragoni di Cristo?

E se qualcuno di voi chiedesse pane a suo padre, forse questi gli darebbe una pietra? O se un pesce, per caso gli darebbe un serpente al posto di un pesce? O se gli chiedesse un uovo, forse gli porgerebbe uno scorpione?

Quindi, se voi, pur essendo cattivi, sapete dare regali buoni ai vostri figli, quanto più il vostro Padre celeste darà spirito buono a quanti glielo chiederanno? (Lc 11, 11-13).

Perché Cristo utilizza paragoni così sorprendenti? Solo per convincerci meglio di ciò che vuole insegnarci. Dice un padre e non un fratello né un parente né un amico perché si veda con chiarezza maggiore l'impossibilità; perché, trattandosi di un padre, sarebbe impossibile che accadesse ciò che in un'altra persona, se fosse cattiva, si potrebbe sospettare.

Chiediamo tutto

Inoltre, i discepoli sapevano, e lo sappiamo anche noi, che Dio, colui al quale ci rivolgiamo quando preghiamo, è nostro Padre, e, essendolo, ci ama come padre, perciò non potrà non comportarsi con noi come sarebbe capace di comportarsi un padre, per quanto cattivo. [...]

Abbiamo peccato, siamo stati ingrati, perfidi, traditori, figli snaturati, però, la misericordia di questo Padre non è forse più grande della perfidia dei suoi figli? Non ricordiamo che, pur essendo noi suoi nemici, egli è venuto a spargere il proprio sangue per salvarci?

La concessione arriverà a tempo debito

Potrà succedere, e succede di fatto, che le nostre richieste non siano logiche, che chiediamo quello che non ci conviene, che, in preda ad ignoranza o a passione, crediamo di chiedere bene quando, invece, chiediamo male; ma anche in questi casi, Dio nostro Signore, che conosce quello che ci conviene e desidera il nostro bene, correggerà la nostra richiesta, concedendo ci quanto è più vantaggioso per la nostra salvezza eterna. [...]

Preghiamo con assiduità, presentiamo le nostre miserie, mettiamoci nelle braccia della provvidenza e aspettiamo con fiducia il rimedio migliore, ma non quello che ci piace di più né quello che, per nostra ignoranza o per passione, consideriamo il più opportuno e tutto ciò senza mettere scadenza ai favori del Signore e senza lasciarci prendere dallo scoraggiamento quando si dilaziona la concessione. Perché la concessione giungerà a tempo debito, secondo i piani del Signore e giungerà migliorata dalla sua bontà infinita.

Giungerà migliorata

Un Padre, che ama come nessun altro, che può come nessun altro, che è buono come nessun altro, perché lui solo è buono, è potente, è amante, che farà con chi gli chiede qualcosa? Che cosa concederà Dio a chi si rivolge a lui nella preghiera?

Darà lo spirito buono. Non gli darà solamente quanto possono dare gli uomini; questo è poco, questo è nulla davanti a lui. Egli gli darà spirito buono, la infusione dello Spirito Santo, la grazia, i suoi doni, le sue virtù, qualcosa che supera ogni regalo umano e ogni sapienza umana, la santificazione, la vita eterna, una felicità infinita. Questo, e più di quanto noi siamo capaci di dire e di pensare, questo dà il Padre celeste a chi si rivolge a lui; però bisogna pregare, bisogna implorare la misericordia del Signore.

 

La preghiera, debolezza di Dio nostra unica forza

Dice il Padre sant'Agostino che la preghiera è la forza dell'uomo e la debolezza di Dio; io vi dico, per manifestare quanto penso e quanto sento, che la preghiera è l'unica forza di cui dispone l'Opera teresiana e che, poiché non disponiamo di altra forza, vinciamo l'Invincibile e otteniamo dalla sua infinita misericordia una serie ininterrotta di prodigi che sono la nostra vita. Vi assicuro, inoltre - e desidero che questa mia affermazione sia conosciuta da tutti e resti sempre come espressione della volontà di vostro Padre - che se qualcuno cerca un'altra forza o si affida a qualcosa che non sia la preghiera, non conosce l'Opera né vive del suo spirito [...].

Non vogliamo disporre di altri mezzi. Chiedo a Dio, nostro Signore, dal profondo del cuore, che non conceda a quest'Opera, fondata per dare gloria al suo santo nome, nessuna forza umana, ma che aumenti quella già concessale, facendo sì che i suoi membri siano sempre più anime di preghiera.

L'importanza dell'impresa nella quale siamo impegnati, la necessità di virtù, di talento, di laboriosità e di perseveranza nelle persone, l'imprescindibilità dei mezzi materiali per la realizzazione dell'Opera lasciano sempre più esterrefatti quanto più si conosce il fine che essa si propone.

Ora, se pensate che, per superare tutto, non disponiamo né vogliamo disporre di nessun altro mezzo che della preghiera, capirete bene che cosa essa significhi nella vita teresiana.

Se la nostra forza avesse le sue radici nel talento, nella posizione sociale, in qualcosa di umano, ci sarebbe chi potrebbe cooperare e chi no; però, siccome esse sono poste nella preghiera, tutti possono cooperare allo stesso modo, e, se non pregano allo stesso modo, sarà o perché non tutti amano allo stesso modo l'Opera o perché non tutti hanno il suo spirito.

Ma soprattutto vi prego che vi esercitiate nella preghiera, ne facciate una necessità della vostra vita, vi impegniate tanto nel praticarla da non esserci motivo, materia o ragione sufficiente per farvi trascurare, anche per un solo giorno, la preghiera; che portiate a Dio i vostri allievi solo per questa via dolce e soave. Vi prego che, nello studio, nella malattia, nel lavoro, nelle tentazioni, nelle tribolazioni di ogni genere, in tutte le vostre imprese, nel compimento dei vostri doveri, ogni volta che il mondo, il demonio e la carne vi esporranno a pericoli, quando avrete bisogno di qualche grazia, per voi, per il prossimo, per l'Opera, per perseverare nella vostra vocazione, conoscerla e seguirla, insomma, per ottenere ogni bene, per liberarvi da ogni male, per trionfare su tutto, ricorriate alla preghiera con una sicurezza e una costanza tali che, dopo aver pregato, possiate essere così soddisfatti come se aveste messo in pratica tutti i mezzi idonei ad essere conosciuti e praticati dai più saggi e dai più potenti. [...]

 

Il rimedio è nella preghiera

Nella preghiera abbiamo la medicina contro i nostri mali.

La vita cristiana senza meditazione è vita militare... senza armi. Se con i molti e tanto frequenti buoni propositi tu pecchi ancora molto, che succederebbe se tu non ti proponessi nulla?

Per piccolo che sia, vale più un proposito concreto adempiuto, che molti propositi generali ed eroici non mantenuti.

La meditazione sulla passione di Gesù Cristo prepara l'animo a soffrire bene. Hai molto bisogno di ciò, poiché le sofferenze abbondano nella vita dell'uomo.

Non avrai vita spirituale senza l'eucaristia. Vivi in modo che, ogni giorno, tu possa ricevere il Signore.

Prima di prendere una decisione su un problema importante, fai una visita a Gesù Cristo che è un consigliere infallibile.

 

L'assolutamente necessario: Uniti alla Vite

Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può dare frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così neppure voi, se non rimanete in me (Gv 15,4).

Rimanete in me.

Questo ve lo chiede Gesù stesso. Egli vi offre ospitalità, vi chiama, vi invita, vi sollecita. Non state - vi dice - nel mondo né con il mondo, ma in me. Stare in Gesù. Quale fortuna incomparabile! E aggiunge: «E io in voi». Lui sì, compie la promessa.

Se ci consegnassimo completamente a Gesù, nella misura in cui lui si dona a noi! Purtroppo noi, avari e meschini, in rapporto a quanto lui ci dona, tutto di valore infinito, gli concediamo qualcosa e crediamo sia grande cosa quanto diamo e persino chiediamo immediatamente una ricompensa. Bisogna dare secondo quanto si riceve.

 

Come il tralcio non può dare frutto da se stesso, se non è unito alla vite [...].

Quando il tralcio si stacca dalla vite, è strappato, è tagliato, subito secca. Finché stava unito alla vite era verde, fresco, portava frutto; era qualcosa di apprezzabile perché riceveva dalla vite la linfa, il frutto, la vita vegetativa; poi marcisce, secca ed è buono solo ad essere gettato nel fuoco. Quanto è fondamentale questo insegnamento!

 

Così voi, se non rimanete in me.

Bisogna rimanere in Cristo; quanto più si è uniti alla vite, tanto maggiore sarà il frutto del tralcio. Questa è la misura del frutto: l'unione. Non dà più frutto quello di maggior talento, il più simpatico, il più prudente secondo il mondo, il più studioso, il più amabile; lo dà quello che è più unito a Cristo; quello che vive l'unione perfetta, completa e perseverante.

Sono concetti così fondamentali, che lo Spirito Santo, tramite san Giovanni, li ripete più volte nello stesso capitolo, quasi ad indicare quanto dobbiamo fissare su di essi la nostra attenzione.

Prosegue nel versetto seguente: chi rimane in me e io in lui, costui porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

Non dice «senza di me» potete fare poco, farete meno; dice che senza di lui non possiamo fare nulla.

Senza di lui non si può far nulla, assolutamente nulla; quello che si può fare, si può fare solo per lui ed a lui si deve dare gloria e azione di grazie.

Orbene, chi sta in lui, questi porta molto frutto. Non dice qualche frutto né frutto soltanto, ma molto frutto. È chiaro che, se uno sta in Dio e Dio sta in lui, è Dio che fa tutto e la linfa divina scorre in questo tralcio. Come si vedono queste cose! Come si notano i frutti delle persone che vivono unite a Dio, compenetrate, inondate, possedute dallo spirito di Dio! Quanto dicono, fanno, insegnano, pur apparentemente uguale a quanto dicono, fanno o insegnano gli altri, ha in sé tutta una virtualità, la linfa di Dio, una modalità, un quid inconfondibile che edifica, attrae, eleva, perfeziona.

 

La nostra ragione di essere, lo spirito

Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito (Gal 5, 25).

La nostra vita non ha altra ragione di essere che lo spirito. Lo spirito ci ha convocati, lo spirito ci unisce, lo spirito ci incita, lo spirito ci assiste, lo spirito ci promette il premio.

 

Se siamo qualcosa, lo dobbiamo allo spirito

Togliamo alla nostra Opera lo spirito. Che rimane? Se siamo qualcosa lo dobbiamo allo spirito.

Umanamente non rappresentiamo nulla, non possiamo nulla, non abbiamo alcuna importanza. Altre associazioni sono potenti e forti per il loro capitale, per le capacità dei propri membri, per la protezione di uomini potenti, però alla nostra che è priva di tutto, che cosa rimarrà se le manca lo spirito? D'altronde, poiché non c'è stato altro motivo per fondarla che quello squisitamente spirituale, non avrebbero un significato plausibile la vita di sofferenze, il lavoro e le privazioni se non fossero dettate dallo spirito.

 

Viviamo di spirito?

Vivere di spirito e non camminare secondo lo spirito è inconcepibile. Se Dio trova posto nel cuore [dei membri dell'Istituzione], se in esso, nella sua intelligenza regna Cristo, questo spirito si manifesterà in ogni nostra azione e penseremo, parleremo e agiremo, cioè, cammineremo dietro gli impulsi dello spirito. [...]

 

Le persone di spirito

Non camminiamo secondo lo spirito quando siamo spinti da qualche motivo umano, quando nelle nostre azioni manca quel quid speciale che si riscontra nelle persone di spirito; quando ci spinge il vento della vanità, quando procediamo in modo scomposto, disordinato e mutevole; quando curiamo con esagerazione le nostre cose, quando operiamo non con l'impegno di chi vuole compiere il proprio dovere, ma fiduciosi nelle forze umane, nelle nostre capacità, nel nostro saper fare, nella simpatia, nei doni di natura. Non camminiamo secondo lo spirito quando le difficoltà ci schiacciano, quando i fallimenti ci confondono, le delusioni ci irritano, quando le lodi ci stimolano, l'applauso ci carica di energia. Riflettiamo su tutto ciò [...].

 

La nostra Opera è un organismo vivo animato da uno spirito

La nostra Opera è un organismo vivo, animato da uno spirito; noi siamo plasmati da questo spirito, lo spirito si manifesta in tutte le nostre azioni. Ogni società ha uno spirito particolare, quelli che ne fan- no parte hanno il medesimo spirito o lo acquisiscono, e, se ciò non accade, non sono veri membri di quella società né la rappresentano.

Quanto facciamo, apparentemente lo fanno tutti; se il lavoro che essi fanno non ha importanza, non è qualificato, manca di valore, è freddo, arido, infruttuoso, lo è perché non è suggerito né realizzato dallo spirito, gli manca lo spirito.

 

Lo spirito non si misura dall'esterno

 

Il valore dello spirito non si misura dalla grandezza esteriore né dall'apparato esterno. «Tutta la gloria della figlia del re procede dall'interno» (Sal 45, 14). Lo spirito più elevato, infinitamente grande e perfetto, è nascosto nell'uomo Dio, e Gesù Cristo, che apparentemente è un uomo come gli altri, ha dentro di sé lo Spirito divino. Per ciò, le parole di quell'uomo, la sua presenza, le sue opere, apparentemente comuni, sono feconde in prodigi ed esuberanti in miracoli di ogni genere. Cosa ammirabile è la sproporzione che esiste tra il valore intrinseco dello spirito e l'apparente semplicità e insignificanza. A maggiore apparato esterno, minore valore interno, a maggiore semplicità e apparente insignificanza, maggiore merito interiore.

 

La forza risiede nell'unione

"Ogni regno diviso in se stesso andrà in rovina" (Lc 11, 17). La forza risiede nell'unione, se l'unione è il risultato della carità, la forza è invincibile.

I regni, i popoli, le società, le comunità più forti, sono le meglio unite, le più unite.

Cristo disse nel Vangelo ogni regno, per farci capire che non si riferiva a questo o a quel genere di società, ma a tutte; dove alcuni si riuniscono per fare qualcosa, per custodirlo o per farlo progredire, deve esistere l'unione.

Se noi vogliamo che la nostra Opera sia solida, dobbiamo impegnarci molto a vivere molto uniti; se desideriamo che si estenda e progredisca, dobbiamo consolidare questa unione.

Regno diviso, regno che va in rovina. La parola di Cristo è infallibile. Non preannuncia un male probabile, ma un male sicuro, che succede immediatamente alla divisione. Quante società e quanti regni sono andati in rovina, pur avendo forza, ricchezza, talenti, numero, perché in essi si è determinata la divisione, che è la rovina.

Questa divisione ci aiuta a capire ciò che diversamente rimarrebbe un mistero e quanto più occulta è la divisione, tanto più veloce avviene la rovina, perché è meno facile trattenerla. Prosperità non giustificate dalla povertà o dalla mancanza di mezzi di ogni tipo, trovano il segreto della loro forza nell'unione.

Conosciamo anche le legittime conseguenze, che sono l'impegno che dobbiamo avere per conservarla e l'attenzione per evitare l'introduzione di divisioni e di partiti nella nostra Opera. Se trascuriamo queste precauzioni, dimostriamo con fatti che non l'amiamo, che non ci interessa il suo bene. [...] L'origine delle divisioni si trova sempre nell'amor proprio; se mettiamo questo da parte, eviteremo le divisioni.

 

Pregare e confidare in Dio

Ammettiamo umilmente che non siamo grande cosa in tutti i sensi, perché non preghiamo come dobbiamo e quanto dobbiamo. Per me questo è un assioma.

Conclusione: pregare con fede viva, con fiducia assoluta e perseverare nella preghiera sempre.

Dinanzi ad avvenimenti umanamente inspiegabili, saremo così ciechi da porre la nostra fiducia in ciò che è umano?

Viviamo con la preparazione necessaria a chi vive in terra di missione. Anche se non dovessimo agire come loro, ne avremmo comunque un guadagno; ed in caso contrario non saremo impreparati.

Allo stesso modo dobbiamo fare per quanto concerne l'Opera, non retrocedere nelle precauzioni che, se non sono necessarie, comunque non potranno esserci pregiudizievoli. [...]

 

Senza timori infondati

Crediamo che le vocazioni appartengono a Dio, perciò, la prima cosa da farsi e la più sicura è pregare nostro Signore. Non abbiamo timori infondati, perché suscitare una vocazione è quanto di meglio si possa fare: far del bene ad una persona è buono, fame un apostolo è ancora meglio.

Non siamo noi a decidere. «Né chi pianta né chi irriga, ma Colui che fa crescere» (l Cor 3, 7).

 

È necessario essere forti

Il tesoro che l'Istituzione teresiana possiede è la preghiera. L'Opera ha bisogno di un grande tesoro, perché ogni giorno ha maggiori e più numerose necessità. Si devono apportare aiuti; obbligati sono i membri, per ciò i membri devono essere anime di preghiera.

L'Opera ha una sua fisionomia specifica e un suo spirito. Lo spirito di santa Teresa, maestra di preghiera.

L'Opera ha bisogno di essere forte e la fortezza, l'autorevolezza, il prestigio, il valore, l'influsso, tutto dipende dall'unione e dalla carità fraterna.

Se i membri vivono intimamente uniti a Dio nella preghiera e intimamente uniti tra loro nella carità fraterna, l'Opera otterrà da Dio quanto desidera ed eserciterà sul mondo l'influsso di cui ha necessità.

Se manca la preghiera, se i suoi membri non sono uniti, l'Opera sarà qualcosa di umano, ma non l'Opera di Dio.

 

Non condizionati dal potere e dalla forza

Perché le nostre armi non sono carnali. Se lo fossero sarebbero impotenti, sarebbero condizionate al potere e alla forza umana, sarebbero volubili, dipenderebbero da molte cause naturali, sarebbero limitate. Ma hanno da Dio la potenza: perché tutta la nostra forza, il nostro potere sono fondati in Dio, nel quale abbiamo posto la nostra fiducia [...]. Le nostre vittorie non sono frutto della virtù di ciascuno di noi né delle nostre forze, della nostra posizione né della scienza, perché è Dio che fornisce le armi e mette la vittoria nelle mani di colui del quale si compiace la sua onnipotenza.

 

 

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