Se
c'è da morire si muoia
In
nome di Cristo e per la sua gloria
Bisogna
farsi tutto a tutti, per guadagnare tutti a Cristo. Se c'è da vegliare,
si vegli; se c'è da soffrire, si soffra; se bisogna umiliarsi, ci si
umili; se bisogna chiedere l'elemosina, la si chieda; se ci si deve
ammalare, ci si ammali; se c'è da morire, si muoia, però si muoia in
battaglia, con onore e con gloria, con Cristo, in nome di Cristo, per la
sua gloria.
Se
qualcuno prova timore, scoraggiamento, se ha poche energie, se manca
dell'abnegazione necessaria in questi tempi, in queste cose, con questa
gente, vada da un'altra parte, non scompagini le file, non contagi gli
altri.
Mantenere
la serenità. Confidare in Dio
È
bene che vi informiate e che abbiate notizie, ma non vi allarmate, perché
viviamo in un momento in cui anche i più calmi sono privi della serenità
necessaria. Si mente molto; si esagerano e si travisano i fatti, senza
l'intenzione di mentire, di allarmare, ma perché contagiati e vittime dei
nervi in costante tensione. Cercate riposo tra le braccia amorevoli di
Gesù. Egli sa tutto e ci ama. Siamo fedeli, viviamo molto uniti a Gesù,
camminiamo presi per mano da nostra Madre e difesi dal santo Patriarca che
seppe ben difendere, guidare e liberare la Sacra Famiglia.
Mai
come ora, amici forti di Dio
Giudichiamo
con criterio umano o con criterio soprannaturale gli avvenimenti attuali?
Ce lo diranno le nostre espressioni, i nostri giudizi, i nostri
atteggiamenti.
Ora
è tempo di raddoppiare la preghiera, di fare più penitenza, di soffrire
meglio, di sovrabbondare in carità, di parlare meno, di vivere molto
uniti a nostro Signore, di essere molto prudenti, di consolare il
prossimo, di incoraggiare i pusillanimi, di elargire misericordia, di
vivere fiduciosi nella provvidenza, di avere e dare pace, di edificare il
prossimo in ogni circostanza.
Mai
come ora dobbiamo studiare la vita dei primi cristiani per imparare da
loro come comportarci in tempo di persecuzione: come obbedivano alla
Chiesa, come testimoniavano Gesù Cristo, come si preparavano al martirio,
come pregavano per i loro persecutori, come perdonavano, come amavano,
come benedicevano il Signore, come incoraggiavano i fratelli!
Aiutare
gli altri
Quanto
si parla in questi giorni di persecuzione, quanto si commenta, con quanta
leggerezza si giudica, quale avidità di notizie, quale curiosità così
male repressa, quale nervosismo così poco cristiano, quale maniera di
suggestionarsi, quante mancanze si commettono! Esaminiamoci e proponiamo
di correggerci.
Domandiamo
a Gesù se è contento di noi, se siamo come egli desidera, se facciamo il
nostro dovere da bravi figli, se lo abbiamo amato per coloro che lo
odiano, se abbiamo pregato per chi lo dimentica, se abbiamo riparato gli
oltraggi che riceve.
Con
preghiera, amore e lavoro, e non con lamentele, commenti e lagnanze dovete
contribuire alla salvezza della Spagna.
[I
membri dell'Opera] non devono mai dimenticare ciò che sono, la finalità
dell'Opera, il suo spirito, la sua organizzazione e il suo fine, così
saranno in condizione di potere agire in qualunque momento.
La
grazia di credere e quella di soffrire
La
sofferenza è una grazia. Beati quelli che piangono. Beati quelli che sono
perseguitati [...]. «Gaudete et exultate» (Mt 5, 12).
La
grazia di credere e quella di soffrire. È grazia di conversione. È
grazia di perfezione. È grazia di predilezione. È grazia di
predestinazione.
Seguiamo
Cristo. È stato detto a tutti, dal primo all'ultimo: «Si quis vult
post me venire» (Mt 16, 24). Siamo membra di Cristo che è il capo.
Siamo difensori della verità e della virtù.
Le
sofferenze sono grazie. Le sofferenze costituiscono lo stato normale della
vita di apostolato. Per l'unione con Cristo. Per i ministeri propri
dell'ufficio. Per la parte che svolgono nella redenzione.
Pensare,
parlare, agire da cristiani
Questi
giorni di ritiro servano a farvi compiere più fedelmente i vostri doveri
e a rafforzare il criterio cristiano che dovete possedere per pensare,
parlare e agire. Non giudicate in modo errato, come accade ad alcuni, che
questi giorni siano adatti per pregare per quanto non si è pregato e per
prendersi la rivincita su quanto non si è fatto e, persino, per fare un
po' di scorta per quando ci sarà bisogno; sarebbe a dire, fare molto per
poi non fare nulla; e per tornare poi a pregare, per il passato e per il
futuro [...].
Questi
sono giorni per pregare, per correggersi, per fare propositi, senza
trascurare il vostro tipo di vita, perché tutti, ognuno a modo proprio,
serviamo Dio se lavoriamo come lui ci chiede e se informiamo la nostra
vita di quello spirito cristiano che, come figli della Chiesa, dobbiamo
possedere. Siano [giorni] per meditare, misurare tutto e dare ad ogni cosa
l'importanza che ha, senza confusione e passionalità.
Farsi
tutto a tutti
Inganni
che subiamo. Credere che sia più gradita a Dio l'intransigenza della
prudente tolleranza. Credere che sia più efficace il rigore della
benevolenza. Credere che sia zelo quello che è amor proprio. Porre troppa
fiducia nei mezzi umani. Non essere sempre pronti ad ascoltare, consolare
e incoraggiare. Non sapere riprendere né dare un consiglio, al momento
opportuno, a quattr'occhi, con il tono e le parole convenienti.
L'esempio
di nostro Signore. Non venne a cercare i giusti, ma i peccatori. Non sono
i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Per convertire la
Samaritana non misura il tempo e dimentica di mangiare. A quelli che
vogliono lapidare l'adultera dice: «Chi è senza peccato, scagli la prima
pietra». Quando i discepoli dormono, come li sveglia, la prima e la
seconda volta!
Si
ricordi ciò che dice san Paolo di chi piange con quelli che piangono, di
chi soffre con quelli che soffrono. Si fa tutto a tutti, per guadagnarli a
Cristo.
Con
speranza di buona
qualità
Gli
scoramenti, le tristezze e tutto ciò che si traduce in perdita di energie
non sono cose buone; non provengono dallo spirito buono, sogliono essere
manifestazioni di amor proprio dissimulato. Chi possiede fede viva,
speranza vera e umiltà di buona qualità, non cade in questi difetti, ma
al contrario, le sue mancanze, i suoi errori e i suoi sbagli lo spronano
ad essere più energico nel vincersi e ad impegnarsi nel risollevarsi,
fiducioso in Dio e non in se stesso.
Che
tu non abbia bisogno se non del tuo crocifisso per rialzarti, per reagire,
per riprendere il cammino che Dio ti ha tracciato. Guarda Gesù Cristo
crocifisso e apprendi tutto quello che lui ti insegna dalla croce.
Signore,
che vedano:
tutto
con criterio cristiano. Ciò che Dio chiede loro. Quanto essi gli danno.
Tutta la povertà di ciò che è terreno. Dov'è riposta la vera
felicità. Dove sta la pace dello spirito. Quanto è ingrato il mondo.
Quanto è soave il cammino che conduce a te. Quanti rimorsi procurano i
piaceri. Le grazie che da te ricevono. Il conto che devono renderti. Il
tempo che perdono. Quanto ciò è irreparabile. Qual è il loro compito in
questi tempi. Il dovere che hanno di esercitarsi nella carità. Se la loro
condotta risponde alla loro formazione cristiana, alla loro preparazione e
cultura.
Signore,
che siano tuoi:
considerando
loro primo dovere conoscerti. Essendo veri cristiani. Essendo fedeli alle
ispirazioni della grazia. Amandoti sopra ogni cosa. Amando il prossimo in
te e per te. Utilizzando al meglio il tempo che è il più grande tesoro
che Dio ha messo nelle loro mani. Compiendo esattamente i loro doveri.
Essendo buoni e amabili. Essendo pazienti e umili. Essendo generosi e
distaccati. Possedendo spirito di sacrificio. Avendo spirito di apostoli.
Essendo esemplari all'università. Essendo irreprensibili nel tratto con i
compagni.
Signore,
che non appartengano a se stessi:
non
avendo altra legge che l'amor proprio. Essendo egoisti ed amanti delle
comodità. Seguendo la spinta delle loro passioni. Parlando a ruota libera
e senza carità. Essendo pigri. Attaccandosi al proprio giudizio.
Ritenendosi superiori agli altri. Dimenticandosi dei poveri e dei
bisognosi. Nutrendo rispetto umano. Spendendo in cose inutili.
Sii
austero con te stesso, magnanimo con gli altri
Gli
uomini ti sentano comandare poco e ti vedano fare molto. Conveniamo che
questo è il nostro programma. È già registrato in molti miei scritti,
non con le stesse parole, ma certamente con lo stesso senso. Riserviamo il
rigore, l'austerità, la rettitudine, la santa intransigenza, l'asprezza a
noi stessi; e cerchiamo di essere ogni giorno più austeri, più
mortificati, più penitenti, più umili, più distaccati. Rimuoviamo da
noi quanto, visto negli altri, ci fa indignare, ci fa spazientire, ci fa
scattare; pratichiamo invece quanto è bene, quanto, visto nel prossimo,
ci edifica, ci stimola e ci entusiasma.
Inoltre,
comandiamo molto poco, quasi nulla; cancelliamo la parola comando;
chiediamo per favore, domandiamo per amor di Dio; ringraziamo chi ci
compiace in una o in altra cosa; e, nello stesso tempo, dimentichi di noi
stessi, facciamo molto noi, siamo i primi nell'azione, nella puntualità,
nel lavoro, nel silenzio, nel raccoglimento, nella devozione, nello
studio, nella carità, nel servizio al prossimo.
Niente
deve impedire l'unione con Dio l'unico tesoro
Virtù
solide, vita soprannaturale, comportamento trasparente e semplice. Non il
mondo né i vostri lavori né lo studio né la mancanza di salute né
altro può impedirvi l'unione con Dio, che è il tesoro dei santi.
Lungi
da voi la pietà poco seria, che non forma voi né edifica il prossimo.
Quando
vi sentite feriti nel vostro amor proprio, non cercate la causa, non
analizzate la vostra sofferenza per arrivare ad una diagnosi puntuale.
Metteteci una pietra sopra. L'analisi, in questi momenti, è estremamente
controproducente.
Chiedere
molta pazienza e aver cura di ricordarsi della presenza di Dio, per agire
come chi vive alla sua presenza. Non parlare, senza prima aver riflettuto
su ciò che si sta per dire, con l'attenzione di non mortificare il
prossimo. Vincersi ogni qualvolta sia necessario. Non perdere la pace.
Pensare ai benefici che la pace reca alla famiglia.
Accogliere
tutto dalle mani di Dio
Accogliere
tutto perché viene dalla mano di Dio. Offrire al Signore alcuni
sacrifici. Pensare a chi soffre, ai poveri, ai malati e mettersi a
confronto con essi per ringraziare Dio. Nella coppia evitare tutto ciò
che può essere motivo di incomprensione. Ringraziare Dio, perché senza
che noi lo meritiamo, ci concede molti beni e grazie. Vivere come se
fossimo sul punto di presentarci al Signore. Essere molto devoti alla
santissima Vergine addolorata, a lei fare sempre ricorso. Riporre tutta la
fiducia nel Signore, chiedergli molto, con perseveranza ed umiltà. Non
cedere alla pigrizia.
Si
viene all'Opera per servire e per dare la vita
Scolpirlo
nella mente e nel cuore. Nello stesso modo in cui il Figlio dell'uomo non
è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per la
salvezza di molti (Mt 20,28).
lo
vorrei che [tutti i membri dell'Opera] conoscessero a memoria queste
parole del Salvatore: che le scrivessero nelle loro immaginette, nei loro
libri, che le meditassero spesso e, soprattutto, che mettessero in pratica
quello che esse dicono: che agissero come il Figlio dell'uomo, persuasi
che [...] non sono venuti all'Opera per essere serviti, ma per servire e
dare la propria vita per la salvezza di molti. Bisogna scolpirlo nella
mente e nel cuore, bisogna ripeterlo molte volte e chiedere costantemente
a nostro Signore che ci conceda la grazia di mettere in pratica questa
dottrina. È troppo facile ripetere queste frasi, ed è frequente chiedere
agli altri di praticare questi insegnamenti, ma non è, poi, frequente
metterle noi in pratica nelle diverse occasioni che ci si presentano ogni
giorno.
Rappresentare
l'Opera come conviene
Se
pensate seriamente alla responsabilità che avete, troverete molte cose di
cui pentirvi.
L'Opera
deve essere conosciuta attraverso l'esempio delle persone che la incarnano
e sarà giudicata, accettata o rifiutata in base al vostro agire.
Imitando
l'esempio del divino Maestro avete fatto ricorso alla preghiera nei
momenti più difficili?
La
maggior parte della gente conosce le opere attraverso le persone che le
rappresentano e non attraverso la loro storia, i loro statuti [...]. Con
le vostre parole, con le vostre opere, con la vostra condotta, siete stati
capaci di dare un'idea dell'Opera?
Comprendete
la vostra responsabilità di dover rappresentare un'Opera che è ammirata
e benedetta, da alcuni, che vedono l'incarnazione dello spirito cristiano
in un'unica organizzazione, capace di resistere in mezzo alle lotte
attuali; e perseguitata , con insistenza, da altri, per ciò che
rappresenta, per l'influenza che esercita e per la quasi impossibilità di
essere distrutta, data la sua struttura particolare?
Vivere
di fede e di speranza , non è fatica di un giorno
Venite
all'università per Dio e per la sua gloria. Grande è l'onore che vi
viene concesso nell'essere scelti; bello l'apostolato che vi si affida, ma
non è lieve la responsabilità che vi assumete. [...]
Vi
si chiede molto perché vi si dà molto, perché si ha bisogno di molto,
perché sono molti i nemici di Gesù Cristo. [...] Tutti quelli che
verranno a contatto con voi devono scorgere in voi tali virtù, una tale
prudenza, una tale modestia, una tale correttezza da non confondervi con
gli altri e da fare loro intravedere qualcosa di ancora sconosciuto.
La
vostra non è fatica di un giorno né di un mese, ma è sicura se la
realizzate in Dio, con Dio e per Dio e perseverate in essa.
Quando
giungerà il tempo del raccolto, bisognerà nascondere fatiche e angosce,
bisognerà sopportare ogni genere di rigori, bisognerà vivere di fede e
di speranza, senza precipitazione, senza affanni smisurati, senza cadute,
senza tristezze. Tutto ciò procede dall'amor proprio, dall'eccesso di
fiducia nelle proprie forze, dall'umano.
Non
fare il male, anche se da esso seguirà un bene
Voi
seminate, arate la terra, gettate su di essa fatiche, sudore e affanni,
poi nostro Signore darà il frutto al momento opportuno, quando gli
piacerà e dove vorrà la sua divina volontà. Il raccolto non è fatica
affidata a voi.
Non
si deve mai fare il male, anche se potrebbe venirne un bene. La vera
carità, il vero zelo non corrono mai questi rischi. Non vi inquieti né
turbi l'esercizio del vostro apostolato, perché se lo zelo è da Dio non
produce mai questi effetti; pertanto, trovarlo in noi non è buon segno.
L'impresa di salvare anime non deve mai affrontarsi senza preghiera né ci
si deve dedicare senza aver pregato. L'impresa è soprannaturale: senza la
grazia che previene e soccorre, non si può fa- re un passo avanti.
L'efficacia
sta nella grazia di Dio
L'efficacia
delle vostre parole, dei vostri consigli, dei vostri esempi sta nella
grazia di Dio, non nel vostro talento, simpatia, forza di attrazione,
eloquenza [...]. La preghiera e la mortificazione danno una totale
fecondità ai mezzi umani, perché Dio, quando preghiamo e offriamo
sacrifici per le anime, effonde su di loro luci e benedizioni.
Agite
da veri cristiani?
Se
dalla vostra condotta devono formarsi un giudizio sulla fede professata,
sulla morale praticata e sulla Chiesa che vi insegnò l'una e l'altra, che
avranno pensato i vostri nemici? Li avrete confusi, li avrete edificati o
li avrete scandalizzati?
Come
vanno mitezza, pazienza, dolcezza, bontà nei rapporti con il prossimo?
Esaminate
la vostra condotta per capire se l'ambiente ha influito su di voi e se vi
siete lasciati contagiare dalle stesse colpe che censurate.
La
vostra opera è stata pensata per essere utile alla Chiesa in tempo di
persecuzione.
Sebbene
le circostanze non siano avverse alla religione e apparentemente si
ritenga non necessaria l'Opera, [i suoi membri] devono essere una riserva
preparata.
Si
ha la pretesa di dare molte spiegazioni all'incomprensibile condotta di
chi, pur dicendosi cattolico, si comporta da incredulo nei momenti
attuali. Incosciente? Pazzo? Ignorante? Un fenomeno psichico? Uno spasmo?
Atrofia spirituale? Ipocrisia? Routine? Sensibilità esagerata? Per me la
spiegazione va ricercata nel fatto che cattolici di questo tipo non sanno
chi sono né sanno che cosa sia il cattolicesimo. Sono esseri mossi
dall'ondeggiare collettivo imperante, che si lasciano trascinare dagli
evviva alla patrona del paese e dagli abbasso a quanto vi è di più
santo. Energie senza direzione, senza criterio, senza idee. Passioni senza
regole.
Sia
quel che sia, il fatto sussiste e diventa manifesto ogni giorno di più.
Vi è poi un altro fenomeno ancora più deplorevole e inesplicabile:
quello dei cattolici che assistono a tutto ciò, protestano, gridano
contro enormi ingiustizie, poi continuano a non pensare da cattolici, a
non parlare da cattolici, a non avere sentimenti da cattolici, a non
operare come tali. Aspettano la soluzione da un colpo di stato, da una
catastrofe o da un miracolo.
Luce
per conoscere la missione e forza per compierla
Mai
come ora vi sono necessarie luci dal cielo per comprendere l'eccellenza
della vostra missione, e forze soprannaturali per compierla.
Il
vostro zelo è stato prudente o gli è mancata questa virtù ed è
risultato impulsivo, indiscreto, passionale, vendicativo e privo di
sguardi soprannaturali?
Dal
vostro fervore e dal vostro impegno [...] dedurremo se avvertite, con
l'intensità dovuta, i mali del momento presente [...].
Nessuno
si consideri inutile, se pone tutta la sua fiducia in Dio, che è
onnipotente; e nessuno si ritenga utile, se confida soltanto nel proprio
talento, cultura, simpatia o altra cosa umana.
Siete
la speranza dell'Opera; ciò vi obbliga a corrispondere ad una missione
tanto elevata, mettendo un sincero impegno nel formarvi, al fine di essere
strumenti di Dio. Con quale impegno si educa chi deve occupare un posto
elevato nel mondo! C'è qualcosa di più alto dell'essere apostolo?
Non
vi pesino i sacrifici, trattandosi del bene della vostra anima e della
salvezza del prossimo.
Ora
è il tempo che si scopre la tempra della nostra anima
Ora
è il tempo che si scopre la tempra della nostra anima, che si manifesta
il nostro spirito di fede, che si mostra la nostra fiducia nella
provvidenza, che si distinguono le virtù vere da quelle false, che si
rivela la consistenza della dottrina, che si apprezza la devozione solida.
Tutta
la forza del vostro apostolato sta nella vostra unione con Dio. Per
condurre a lui le anime, bisogna essere pieni del suo spirito, ciò si
ottiene pregando con fede e fiducia.
Se
conoscessimo bene la forza della preghiera, ci considereremmo fortunati,
perché avremmo la sicurezza di conseguire tutto il bene che desideriamo
per noi e per gli altri.
Compiere
la missione fino a perdere la vita
[.
. .] Se non invochiamo ora l'avvento del regno di Cristo, quando lo
invocheremo? Nel momento presente, quando si riuniscono tutte le potestà
infernali contro il regno di Cristo; quando risuona la frase che si legge
nel Vangelo: «Non vogliamo che regni su di noi» (Lc 19, 14); quando le
potenze terrene, nell'espressione del re David, congiurano «contro Dio e
contro il suo Cristo» (Sal 2, 2); quando si ha la pretesa di eliminare
Cristo dallo Stato, dalle leggi, dalla società, dalla famiglia e dalla
scuola, con il massimo impegno per cancellare dalla mente e dal cuore
degli uomini le idee e i sentimenti cristiani.
Mai
come ora
Mai
come ora dobbiamo riconoscere, confessare, difendere ed estendere il regno
di Cristo, pregare notte e giorno, lavorare ininterrottamente per
ristabilire questo regno, cominciando, è chiaro, dalla preghiera
accompagnata dal sacrificio fino ad arrivare a dare la vita per una così
nobile richiesta.
L'incomparabile
eccellenza della causa che sosteniamo ed il bene immenso che con essa
possiamo offrire al mondo, a prescindere dall'obbligo che ci urge e dal
premio che ci attende, sono motivi più che sufficienti a rinvigorire la
nostra fiacchezza e a dare fermezza ai nostri propositi.
Ho
fiducia che il Signore ci concederà di essere veri apostoli e spero di
potere dire a Gesù:
Signore,
neppure per un momento abbiamo smesso di lavorare nel tuo nome e per la
tua gloria.
Dio
e il bene della società urgono.
L'ora
suprema obbliga al supremo sforzo
È
l'ora suprema ed in essa siamo obbligati allo sforzo supremo che, poiché
non è nostro, ma si fonda in Dio, sarà fecondo e decisivo.
Bisogna
dimenticarsi di se stessi per pensare soltanto ai sacri interessi che
rappresentiamo e difendiamo; bisogna porre tutta la fiducia nelle luci e
negli aiuti divini, però si deve pensare, progettare, lavorare, vegliare,
soffrire, immolarsi come se tutto il successo della nostra impresa
dipendesse dall'impegno che in essa poniamo.
Bisogna
dare e non chiedere; bisogna farsi tutto a tutti per guadagnarli a Cristo;
[...] bisogna possedere il dono dell'opportunità sempre e non essere
incostanti o fare marcia indietro; bisogna essere equanimi e perseveranti
contro ogni moto interiore ed esteriore, proprio ed altrui; bisogna essere
giusti con misericordia, amabili senza smancerie, fini, attenti e cortesi
senza ridicolaggini né finzioni né pedanteria; bisogna parlare al
momento giusto e tacere quando sarà opportuno; bisogna porre il cuore in
ciò che è spirituale senza tralasciare di mettere mano alle cose
materiali; bisogna insegnare con le opere e nella sofferenza.
Consolidare
la nostra Opera
Seguendo
la voce della mia coscienza e l'opinione di persone stimate, non avrei mai
pensato di introdurre modifiche all'organizzazione dell'Opera, ora, però,
vi dico che non dovrete mai modificarla e fintanto che Dio mi concederà
vita ed ascendente su di voi non permetterò che venga modificata.
La
situazione, non solo spagnola, ma anche europea ci conferma nei propositi
manifestati e ci rende più consapevoli della necessità di consolidare
sempre più la nostra Opera. Per ottenere questo risultato, dobbiamo
lavorare seriamente, per separare l'essenziale dall'accidentale e, dopo
aver determinato che cosa è sostanza, che cosa accidente, procedere con
decisione nel nostro lavoro.
Lasciamo,
per un prossimo futuro, quanto, pur essendo buono e utile, non è
assolutamente necessario e concentriamo le nostre energie su ciò che è
necessario.
Serenità
nell'azione
Non
pessimismi snervanti né ottimismi esaltanti, non ostentazioni imprudenti
né viltà timide; non abbondare nel superfluo né mancare del necessario;
non disconoscere i pericoli né esagerare le difficoltà. [...]
Bisogna
dare maggiore importanza all'istruzione religiosa. È questione di
giustizia e di necessità. È stato sempre necessario agire così, ora non
può cessare di esserlo. Deve essere così per tutti, per [i membri
dell'Opera] è indispensabile.
Per
agire nel momento attuale e forse anche in futuro bisogna essere
solidamente credenti ed evitare quanto, senza appesantire la nostra
coscienza, può essere di ostacolo alla nostra missione.
La
prudenza dovrebbe essere la virtù più conosciuta e praticata, perché,
se è stata sempre necessaria, ora è indispensabile per l'esercizio del
vostro apostolato.
La
mitezza, ordine categorico
«Imparate
da me che sono mite» (Mt 11, 29). Dice il grande Padre sant' Agostino che
nostro Signore non ci ha mai detto di imparare da lui a creare mondi né a
fare miracoli, ma il suo ordine categorico e tassativo è stato questo:
«Imparate da me ad essere miti».
Benedetta
mitezza, benedetta virtù invincibile, come dice san Giovanni Crisostomo.
Ciò, detto da lui, che forza ha!
Dice
san Giovanni Climaco che la mitezza incatena l'inferno, dà la forza per
governare la famiglia religiosa, e il sostegno all'obbedienza, è la
corona dei santi, la pace della coscienza.
Un
altro santo Padre, parlando della mitezza, la chiama: Una certa abilità
dello spirito, in virtù della quale siamo equanimi, sia quando ci onorano
sia quando ci oltraggiano, che ci dà la forza di pregare per quelli che
ci fanno soffrire.
[
. . .] La portata della forza del cuore è proporzionale a quella della
mitezza, dice un altro santo Padre.
I
tempi attuali esigono mitezza
Perché
scrivo queste note sulla mitezza? [...] Perché ritengo che il momento
presente esiga, in modo particolare, l'esercizio di questa virtù.
Perché
la considero arma decisiva per la vittoria della causa di Dio. Perché le
ingiustizie, la ribellione, la confusione, il disprezzo delle cose sante
provocano ira e rendono amaro ed aspro lo zelo. Perché, contagiati dal
nervosismo attuale, vogliamo il bene, ma ci mettiamo sullo stesso piano di
quelli che operano il male, almeno nel modo di procedere.
Perché
ci dimentichiamo della situazione attuale dei giovani e, a volte, usiamo
mezzi controproducenti per guidarli e formarli.
Perché
desidero che meditiate a fondo su questa virtù e chiediate a nostro
Signore di esservi maestro.
lo
avrei aggiunto ancora un motivo, ma non lo aggiungo sulla carta, lo dico a
voce: è il mio desiderio di acquisire la mitezza. [...]
L'esempio
di Cristo
Tra
l'Antico e il Nuovo Testamento incontriamo Giovanni il Battista che,
nell'indicare Cristo, non dice: «Ecco il Leone della tribù di Giuda» (Ap
5, 5), ma «ecco l'Agnello di Dio» (Gv 1,29). Gesù Cristo in seguito
esalterà la mitezza e dirà: «Imparate da me che sono mite» (Mt 11,
29). [...]
Per
comprendere bene questa mitezza non dovete fare altro che pensare al
momento in cui ci fanno una brutta faccia, un gesto; ci danno una risposta
tagliente [...]; come affluisce il sangue alla testa; ciò, anche quando
ci consideriamo le persone più inutili; tuttavia, l'Onnipotente accoglie
tutto e tace. Gesù sulla croce sente dire: «Chiama Elia» (Mt 27, 47).
«Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce. Tu che hai salvato tanti,
salva te stesso» (Lc 23, 35). Gesù, inchiodato al santo legno, mentre
dà la sua vita, per tutta risposta dice: «Padre, perdonali» (Lc 23,
35). Queste ingiurie verbali, che sono molte, possono servirvi come spunto
per meditare su tutte le ingiurie che egli ricevette. [...]
La
mitezza è invincibile
Arriviamo
al momento culmine, alla crocifissione. Persino il cattivo ladrone, appeso
alla croce, proferisce ingiurie contro Gesù. Che cosa dice Gesù? Tutte
le sue parole sono lontane da vendetta e da indignazione. A ragione
Gesù dice: «Imparate da me!». A ragione i santi dicono che la mitezza
è invincibile, che i successi della Chiesa si devono a questa virtù!
Tuttavia, pur riconoscendo la grandezza di questa virtù, troviamo
pretesti per non praticarla e adduciamo come giustificazione l'autorità,
la disciplina, la formazione [...]. Consideriamo che Gesù Cristo, che
conosceva quali difficoltà avremmo incontrato, al momento di inviare i
suoi apostoli nei diversi luoghi, invece di dire loro: vi invio come
leoni, [...] disse loro: «Vi invio come agnelli in mezzo ai lupi» (Lc
10,3). Dunque, ciò che egli disse ai suoi apostoli io torno a dirlo a voi
e a tutti coloro che si dedicano all'apostolato.
La
mitezza conquista il mondo
Non
è facile acquisire dolcezza e mitezza: lo stesso san Francesco di Sales
diceva che, per tre anni, aveva studiato e imparato questa virtù alla
scuola del Salvatore, ma non era ancora soddisfatto. E se non era
soddisfatto lui, che dovremmo dire noi, che alberghiamo l'ira nel cuore?
Quando lo accusavano di accogliere con dolcezza i peccatori, quel santo
benedetto diceva: Se ci fosse qualcosa migliore della dolcezza, Gesù
Cristo non ce lo avrebbe insegnato?
E
adduceva questa motivazione: È molto che io dia le lacrime, il sangue e
il cuore per queste anime, per le quali Gesù Cristo ha sparso tutto il
suo sangue? Non è troppo dare le mie lacrime, la mia penitenza e il mio
amore!
Con
la mitezza si compie ogni bene
Diceva
Gerson: Gli uomini di Dio si sono sempre avvalsi della mitezza e della
bontà come strumenti più idonei per arrivare a conquistare i cuori e
convertirli a Dio.
lo
voglio servirmi degli stessi mezzi per ottenere lo stesso fine. Con la
dolcezza si educa, con la dolcezza si insegna, con la dolcezza si inculca
la virtù, con la dolcezza si ottiene la correzione, con la dolcezza si
evitano molti peccati, con la dolcezza si governa bene, con la dolcezza si
compie tutto il bene.
Se
preferiamo l'asprezza, la reticenza, la durezza, l'ira, l'impazienza, i
modi bruschi, l'insolenza non è perché siamo convinti di fare un bene
maggiore al prossimo; è perché in questo modo soddisfacciamo le nostre
passioni, l'amor proprio, la superbia; perché questo modo ci risulta più
comodo, più facile, più piacevole.
Se
vogliamo giustificarci adducendo [come scusa] la necessità di non essere
dolci per conservare meglio l'autorità, per ottenere la correzione del
prossimo, per mantenere meglio la disciplina, per costringere al
compimento del proprio dovere, inganniamo noi stessi, non seguiamo
l'esempio di Gesù Cristo né osserviamo la sua legge, che è legge
d'amore, e non imitiamo la santa Vergine e i santi.
Questo
è stato vero sempre ed ha avuto valore in ogni tempo; oggi è l'unica
cosa che abbiamo per influire sugli altri, per attrarre le anime a Gesù,
per correggere i ribelli, per educare cristianamente. Tutto il resto,
quando non eccita, indigna o fa ribellare, produce risate, burle e
disprezzo.
Non
c'è da farsi illusioni: la mitezza, l'affabilità, la dolcezza sono le
virtù che conquistano il mondo. Se mi dite che è molto difficile essere
così; che l'abito della mitezza costa molto; che dolcezza, soavità e
affabilità suppongono una completa vittoria su se stessi, esigono una
vigilanza continua ed un sacrificio costante, vi dirò che è vero, che in
effetti è così; però niente di tutto ciò è impossibile con la grazia
di Dio e la nostra cooperazione.
Sapete
come sant'Ambrogio attirò sant'Agostino? Con la mitezza e la dolcezza.
Sapete
come san Francesco di Sales strappò dall'eresia più di settantaduemila
anime? Con la dolcezza e la mitezza.
Sapete
come hanno trionfato i martiri? Con la dolcezza e la mitezza.
Non
c'è procedimento migliore di questo; se ci fosse stato, Gesù Cristo ce
lo avrebbe insegnato.
Quando
sento dire che un procedimento duro, acre, presuntuoso è il migliore e il
più sicuro, dico tra me: questo è non solo umano, ma contrario agli
insegnamenti e agli esempi di Cristo. Darà dei risultati? Umanamente,
forse sì, ma, in ordine alla salvezza, non ha alcuna efficacia.
Riservate
per voi le asprezze e siate con gli altri affabili, buoni, tutto per Dio e
per la sua gloria.
È
chiaro che tutto ciò vale se non è in contrasto con la legge di Dio; non
ho bisogno di ricordarvi che c'è un limite alla mitezza ed è il peccato.
Possiamo distinguere due tipi di dolcezza: una vera, che nasce da un cuore
puro e santo, un'altra, ipocrita, da tigre. Qui parliamo di quella che
sgorga naturalmente da un cuore in grazia.
La
mitezza e l'evangelizzazione
Fratelli,
qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito
correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu
in tentazione (Gal 6, l).
Quando
penso al vostro lavoro [...] ricordo queste parole dell'apostolo, che
commento a modo mio con queste riflessioni. «Voi che avete lo Spirito.»
In altre parole, alle persone spirituali deve essere richiesto di più. Se
esse assistono, vengono a sapere o conoscono le cadute di coloro che non
sono tanto spirituali come loro, devono ammonirli e istruirli, ma con
spirito di mitezza. L'apostolo non dice semplicemente che li si ammonisca
ed istruisca, ma che tutto sia fatto con spirito di mitezza.
Ammonire
con spirito di mitezza
Continuo
a parlare con me stesso. [...] Ammonire semplicemente è poca cosa;
ammonire è qualcosa di arido, di freddo, che rischia di ferire l'amor
proprio, dà risultati incerti, giacché essi dipendono molto dalla
disposizione del soggetto, dal momento, dall'opportunità e persino dalla
frase che si usa. Ammonire e istruire è qualcosa di più.
Nostro
Signore premia visibilmente la mitezza. E non si dice che si ammonisca o
si istruisca con mitezza, ma con spirito di mitezza, con quell'abito di
mitezza che è inconfondibile, con quella pace, dolcezza, soavità proprie
di coloro che possiedono lo spirito di mitezza.
Ammonire
con umiltà
Inoltre,
l'apostolo vuole, diciamo così, dare un tono speciale a quell'ammonizione
ed istruzione e a quello spirito di mitezza, quando aggiunge: «Vigila su
te stesso per non cadere anche tu in tentazione». Due considerazioni
efficaci perché le nostre ammonizioni e istruzioni siano date con spirito
di mitezza. Perché se, prima di ammonire, riflettete su ciò che accade a
ciascuno di voi, l'ammonizione perderà vivacità, avrete compassione del
prossimo, vi metterete nei suoi panni, vedrete le vostre debolezze,
ricorderete come siete stati ammoniti. [...] Tutto ciò è riflettere. E
se inoltre vi è umiltà e si teme, come è logico, di cadere in
tentazione, dalla quale nessuno è libero, così affermiamo nel Padre
nostro, avremo tolto ancora di più vivacità all'ammonizione.
La
mancanza di mitezza, insostenibile
Chi
è stato più geloso della gloria del Padre celeste che il suo divin
figlio Gesù Cristo? [...]
Che
fa? Che silenzio! Ed è Dio.
Come
sarebbe opportuno ricordare questa lezione quando ci offendono, ci
disprezzano, ci attaccano, ci oltraggiano, quando passiamo inavvertiti,
quando non ci rispondono o ridono di noi, quando ci disobbediscono e ci
sentiamo mortificati e umiliati!
Il
pretesto della dignità
Anche
qui ci inganniamo pensando alla nostra dignità, al posto che occupiamo,
alla necessità di mantenere l'ordine, all'efficacia di una dimostrazione
di forza. Va bene, ma non convince. È una maniera di far bella figura
dinanzi a noi stessi, ma non è l'imitazione di Gesù.
E
dire che noi non abbiamo il potere di confondere il prossimo, anche se il
cuore è colmo d'ira e gli occhi scintillano di rabbia; se avessimo nelle
nostre mani l'onnipotenza di Gesù nell'eucaristia! Gesù tace, Gesù
perdona, Gesù rende bene per male, Gesù dà la vita affinché ci
pentiamo, Gesù prega per noi.
Ma
come possiamo credere, sostenere e, persino, difendere teorie così poco
cristiane contro la mitezza? Dove abbiamo imparato questa dottrina? Ditemi
che non è così, che è chiaro come stanno le cose: che siamo peccatori,
figli dell'ira, cattivi cristiani, deboli, preda delle passioni, tutto
ciò che volete in questo senso, e vi dirò che è vero.
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