IL FEUDALESIMO
Nel medioevo il "benificium" (altro nome del feudo) veniva dato in dono ai vassalli del signore che, prestando servizio a quest'ultimo, ricevevano in cambio una frazione territoriale da coltivare. Questo "pezzo" di terra è considerato il feudo.
È importante sottolineare come all'inizio il terreno del quale beneficiavano i sottoposti fosse concesso solo a titolo di "comodato": essi ne erano possessori, ma non godevano della piena proprietà. Per questo alla loro morte il possesso ritornava al signore e non si tramandava agli eredi. Analogamente non poteva essere fatto oggetto di transazione, né venduto né alienato in alcun modo. Ciò lo rendeva precario e presto il ceto feudale, già dalla seconda metà del IX secolo, si mosse per appropriarsi dei feudi in maniera completa. Carlo il Calvo doveva cedere alle richieste dell'aristocrazia concedendo nell'877 con il capitolare di Quierzy-sur-Oise la possibilità di trasmettere i grandi feudi in eredità. I feudatari minori rimasero a bocca asciutta, finché nel 1037 anche essi ottennero l'irrevocabilità e trasmittibilità ereditaria dei beneficia con la Constitutio de feudis dell'imperatore Corrado II. Era nata definitivamente la signoria feudale.
Bisogna anche sottolineare che il feudo, inteso come oggetto del beneficio, era un terreno nell'impostazione più tipica del sistema: a volte poteva anche trattarsi di beni mobili o di somme di denaro corrisposte come salario. Ma l'organizzazione "classica" del feudalesimo prevedeva la suddivisione in territori che andavano a formare le grandi o piccole signorie locali feudali, che almeno all'origine dovevano coincidere con marche e contee dell'impero carolingio.