La seguente lettera è stata inviata alla ASL urp@auslrn.net  e per conoscenza al quotidiano cronaca.rimini@ilcarlino.net  il 22/12/2007

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  Forse si poteva salvare se………………..

 

  Giovedì sera, 20/12/07 verso le 18, viene portata al pronto soccorso di Rimini mia moglie Maria Grazia Innocenti, dietro richiesta del nostro medico di famiglia, per una occlusione intestinale.

  Dal pronto soccorso viene inviata al reparto chirurgia generale, per una visita.

  La dottoressa di reparto, riconosce subito l’ammalata già nota per la stessa patologia. Quindi dopo aver visionato le lastre dell’addome e le analisi, prescrive la terapia.

  Clistere da un litro, da fare subito, posizionare una sonda rettale e il consiglio di utilizzare, una volta ritornati a casa il Peristeen per lavaggio intestinale da fare ogni 2-3 giorni.

 

  L’infermiera che prende l’incarico di somministrare la terapia, mi prega di uscire dalla stanza,  a nulla serve la mia richiesta di poter rimanere con mia moglie, dato che è una grande invalida,

  inoltre soffre di una importante ipoacusia bilaterale, rendendola incapace di seguire eventuali istruzioni, e tantomeno di opporsi ad una terapia non prescritta dalla dottoressa.

 

  Solo dopo aver eseguito la terapia, l’infermiera mi informa che ha fatto ben cinque clismi evacuativi, e non il clistere da un litro d’acqua come prescritto.

 

  Sono rimasto un poco disorientato per questa terapia, ma poi parlando con la dottoressa mi sono reso conto che avevo capito bene ed era stata l’infermiera a commettere un errore.

 

  Fatto sta che l’addome incomincia a gonfiarsi sempre di più, senza nessun risultato di evacuazione.

 

  A questo punto mia moglie viene inviata in osservazione, in medicina d’urgenza, con dolori e una certa difficoltà a respirare.

 

  In medicina d’urgenza, insisto perché venga inserita la sonda rettale per facilitare l’evacuazione, come prescritto dalla dottoressa, finalmente l'infermiera di turno si decide di telefonare

  al medico per applicare la sonda, a questo punto siamo arrivati alle ore 24 e oltre.

 

  Lascio mia moglie verso l’una e ritorno alle 5,30.

 

  La situazione dell’addome non è migliorata, e trovo mia moglie molto agitata, non riesce a stare calma in nessuna posizione.

 

  Avviso l’infermiere per aver notato una certa difficoltà nella respirazione per la presenza di muco,

  ha preso nota della mia richiesta e se ne andato.

 

  Dopo circa 15 minuti mia moglie è morta tra le mie mani a nulla è valso il forte richiamo di una pronta assistenza, il cuore è già fermo.

 

  forse si poteva salvare se c’era più attenzione

  forse si poteva salvare senza quei cinque clismi evacuativi

  forse……………………………..............................

 

 

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La seguente lettera è stata inviata alla ASL urp@auslrn.net  e per conoscenza al quotidiano cronaca.rimini@ilcarlino.net  il 22/03/2008

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Dopo la mia mail del 22-12-07 all'URP di Rimini (e al Resto del Carlino ),  ho ricevuto una telefonata dalla AUSL, dove mi si invitava a un colloquio con Dott. Galletti Marco responsabile del reparto Medicina d'Urgenza dove è deceduta mia moglie.

 

Il 27/12/07 mi reco in reparto, e parlo col  Dott.Galletti, il quale avendo ricevuto la mia E_mail dalla URP, voleva chiarimenti in merito.

 

Gli ho fatto presente che i fatti si sono svolti come ho descritto, e forse se c'era un poco più di attenzione verso una persona ammalata con una importante invalidità, che oltre ad aver colpito il sistema motorio soffriva di ipoacusia bilaterale, forse e dico forse le cose potevano andare in modo diverso.

 

Parlando col dottore, sono venuto a conoscenza che mia moglie non doveva bere nulla, per non far provocare il vomito che poi è stata la causa del decesso.

 

Penso che il personale abbia comunicato a mia moglie il divieto di bere, ma questa comunicazione non è stata recepita dall’ammalata, perché al mio arrivo mi ha chiesto di bere,

e io l’ho aiutata,  inconsapevole delle conseguenze.

 

Forse non c'è abbastanza tempo per raccogliere i dati anamnestici dell’ammalato in fase di ricovero,  non basta chiedere il nome della patologia, che in questo caso essendo rara (encefalomiopatia mitocondriale accompagnata da una malattia del motoneurone), non è conosciuta con sufficienza.

 

Forse è bene ascoltare l’ammalato o il famigliare che l’assiste, quando richiedono l’intervento dell’infermiere, il quale dovrebbe verificare personalmente il tipo di bisogno, valutando se è il caso di intervenire immediatamente o se il problema può essere risolto con tranquillità più tardi.

 

Forse è sempre meglio alzare il tono della voce in certe occasioni, anche se poi si passa per maleducati e rompiscatole, ma almeno si attira l’attenzione e forse qualche vita si potrebbe salvare.

 

Forse è solo colpa mia, non dovevo fidarmi a lasciare da sola mia moglie per 5 ore.

 

Non era necessario aprire una pratica presso l’assicurazione Cattolica, nessuno può alleviare il mio dolore.

 

Sergio Prati

Via Del cinghiale,12

Rimini

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Cell.3334270730

 

 

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Innocenti Maria Grazia
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