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ARMAGEDDON NELLA TUNDRA
di Adriano Forgione – Ufo Network, marzo 1999
I1 30 Giugno 1908 alle ore 00:17 (Meridiano di Greenwich) la tundra siberiana della Tunguska venne sconvolta da un'esplosione i cui effetti sarebbero stati visibili per decenni. Fu la più grave catastrofe abbattutasi sul pianeta sino al 6 Agosto 1944, quando su Hiroshima si scatenò l'inferno nucleare. A tutt'oggi, nonostante decenni di ricerche approfondite, varie spedizioni nei luoghi, c le più disparate ipotesi sulle possibili cause, non si è in grado di stabilire con certezza cosa accadde. Su un solo elemento concordano gli studiosi: qualcosa arrivò dallo spazio, esplose a non più di 6-7 chilometri dal suolo e provocò una distruzione pari a quella di un ordigno atomico da trenta megatoni, più potente della bomba di Hiroshima!
Alito mortale
Alle sponde del fiume Podkarriennaya Tunguska (Pietrosa Tunguska) "la cosa" precipitò, devastando un'area di 2000 chilometri quadrati, sradicando e dîsintegrando qualsiasi cosa, liberando un vento infuocato e radioattivo che inaridì il territorio, sollevò colonne d'acqua dal fiume e fiamme visibili anche dalla città di Kirensk, a 400 chilometri di distanza. Dense nuvole nere si alzarono per 20 chilometri ed il boato fu avvertito per un raggio di oltre 80 chilometri. Nella regione vivevano pochissime persone e la devastazione non interessò alcun centro abitato.
Aurore visibili a Londra
Per due notti gran parte dell'emisfero boreale fu illuminata da un'aurora rossastra che permise sinanche ai londinesi (a 6000 chilometri di distanza) di leggere nottetempo senza l'utilizzo di candele. A qualche giorno dalla catastrofe, i giornali siberiani pubblicarono i primi impressionanti resoconti dei testimoni oculari. I quotidiani Krasnoyarets e Sibir riportarono la descrizione di un enorme oggetto oblungo ed infuocato, di aspetto cilindrico, visto solcare il cielo poco prima dell'esplosione. Qualcosa iniziò a trapelare, ma l'inverno rigido e vari pro-blemi politici impedirono qualunque iniziativa atta chiarire le cause dell'evento.
Se ne occupò il New York Times
I pruni rapporti dall'Europa occidentale a Londra giunsero cinque ore dopo, quando i microbarografi delle stazioni meteorologiche della città, Westminster, Shepherd Bush e South Kensington, registrarono onde sismiche di alta intensità. Medesime rilevazioni fecero altri centri inglesi, come Carnbrielge, Leighton e Petersfield. Le onde sismiche durarono oltre due minuti e interessarono l'intero globo terrestre, ma a Londra vennero annotate scarnamente con il numero 1536 nell'elenco dei movimenti tellurici di quell'anno. Le aurore boreali vennero osservate anche in Germania, in Belgio e naturalmente in Russia, dove uno studente di Kazan scattò in piena notte ottime foto, poi pubblicate dalla rivista sovietica Meteorika, delle strade cittadine che avrebbero dovuto essere al buio. Il The Times di venerdì 3 e sabato 4 Luglio 1908 imputavano i bagliori a rarissime condizioni atmosferiche. Se ne occupò anche l'americano New York Times, ma nessuno studioso intuì il nesso fra i fenomeni sismici e le aurore in Nord Europa. A notare la coincidenza fu, nel 1930, il meteorologo inglese C.J.P. Cave, che rilevò con il dottor Whipple, sovrintendente del Kew Observatory, che la zona di Tunguska era posta geograficamente in modo approssimativo in linea retta rispetto ai laboratori meteorologici che registrarono le onde telluriche.
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Leonid Kulik
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Uno scenario da incubo
Un uomo però avrebbe dovuto dedicarsi anima e corpo alla Tunguska: Leonid Kulik, del museo di meteorologia di Pietroburgo, che nel 1921 richiese i fondi per una prima spedizione nella taiga, ma ottenne solo pochi soldi, e richiamò allora l'attenzione dell'Accademia delle Scienze russa, ma inutilmente. Poi il professor Popolev, del museo Krasnoyarsk di Kansk, raccolse la testimonianza di Ilya Potapovich, un pastore evenki (il ceppo razziale della popolazione tungusa), che avrebbe poi fatto parte come guida delle spedizioni di Leonid Kulik. Un certo Ivan Vasilyevich Kokorin, timoniere di una chiatta in navigazione il 30 Giugno 1908: "Verso nord - egli disse - dal nulla apparve una luce bluastra, e il cielo venne solcato da una palla di fuoco delle dimensioni del Sole. Si lasciava alle spalle un'ampia scia luminosa. Immediatamente dopo si udì un fragore come quello di una cannonata. Le persone che lavoravano con me sul ponte corsero rapidamente a rifugiarsi in coperta. La potenza delle esplosioni fu tale che i vogatori si rifiutarono, impauriti, di ritornare ai loro posti di lavoro". Pressati da Kulik, i dirigenti dell'Accademia delle Scienze decisero di finanziare la spedizione. Kulik giunse sulla zona dall'evento il 13 Aprile 1927. Lo scenario era da incubo, risultato di una potenza distruttiva inimmaginabile all'epoca. Nel suo diario scrisse: "Dalla nostra postazione non si scorge traccia di foresta, poiché tutto è devastato e arso. È orrendo vedere alberi giganteschi spezzati come fuscelli, le cime troncate e proiettate a decine di metri di distanza-. “Il Grande Calderone d'Inferno”. Ma l'epicentro, da Kulik denominato il Grande Calderone d'Inferno, sarebbe stato raggiunto solo il 30 Maggio. Scriverà: "Il Calderone è completamente devastato. Tutta la preesistente vegetazione, compresa quella delle montagne attorno, per un'estensione di parecchi chilometri mostra tracce evidentissime ed uniformi di bruciature, piuttosto che di una conflagrazione". La distesa di alberi sradicati era dislocata in modo strano, in senso radiale, come se vi fosse stato un epicentro energetico espanso verso l'esterno e, fatto ancora più anomalo, gli alberi al centro del Calderone d'Inferno erano ancora ben saldi nel terreno e le cime divorate dal calore. Una conformazione che, secondo Kulik, poteva attribuirsi soltanto ad una deflagrazione a bassa quota, ma non a contatto del suolo. Ecco perché Kulik interpretò, come elemento scatenante, un meteorite. In realtà tracce di meteoriti Kulik non ne trovò mai e gli stessi crateri presenti nella zona furono poi identificati come avvallamenti naturali del suolo. Kulik farà ritorno con una serie di dati fondamentali, ma senza la risposta sulla causa del disastro. Presentati all'Accademia delle Scienze, i risultati suscitarono l'interesse dell'ambiente scientifico, così a Kulik vennero affidate altre spedizioni (dal 1928 al 1939) alla ricerca di un possibile cratere, ma inutilmente. E le indagini successive, condotte da esperti meteorici ed eminenti scienziati, con l'ausilio di equipaggiamenti di rilevamento aerofotografico e strumentazioni sofisticate, pur avendo setacciato la zona a fondo, non avrebbero mai rilevato alcun frammento meteorico.
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Luogo dell’impatto e area interessata dal fenomeno
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Come Hiroshima e Nagasaki
Tragico il destino di Kulik, morto nel 1942 in un lager nazista. Solo tre anni dopo, il 6 Agosto 1945, si comprenderà quale tremenda energia doveva essersi scatenata a Tunguska, quando il bombardiere B-29 Enola Gay porterà a compimento la sua missione di morte su Hiroshima. Le aurore generate dell'esplosione, la distruzione radiale, i corpi martoriati e consumati, furono analogie che non sfuggirono agli studiosi del dopoguerra, che collegarono i due eventi, sciogliendo il primo nodo. Tunguska, come Hiroshima e Nagasaki.
Nave extraterrestre
L'ipotesi dell'astronave extraterrestre fu avanzata, in particolare, dall'ingegnere sovietico Alexander N. Kazantsev nel 1946. Kazantsev proponeva, abbattendo tutti gli schemi precedenti e con un coraggio notevole per un accademico, che il "mostro" di Tunguska fosse un oggetto artificiale, creato da un'intelligenza esterna al nostro pianeta, propulso da un'energia nucleare. A supporto, In primis la pre-senza di piccole sfere metalliche che per Kazantsev potevano essere frammenti dello scafo. Inoltre l'esplosione in volo della navicella ben si adattava sia all'assenza del cratere, sia al tipo di distruzione. Nel 1959 il professor Felix Zhigel, esperto di aerodinamica all'Istituto di Aviazione moscovita, confermò l'ipotesi nucleare dichiarando: "Ad oggi la soluzione proposta da Kazantsev è la più realistica, dal momento che risponde benissimo a tutti gli interrogativi del problema". Nel 1975 lo stesso Zhigel, divenuto istruttore dei cosmonauti russi, dichiarò alla rivista Natural Enquirer: "Non ci sono dubbi, esaminate centinaia di testimonianze di vario genere e considerate le migliaia di resoconti di testimoni oculari degni di fede, che alcune sonde spaziali o ordigni volanti extraterrestri abbiano perlustrato l'Unione Sovietica". Zhigel appurò inoltre che l'oggetto effettuò una serie di manovre, mutando rotta più volte , durante la sua discesa, dapprima in direzione sudsud-est verso nord-nord-ovest, dirigendosi poi verso sud-est e quindi nord-ovest, descrivendo un arco di 600 chilometri. "Questo - afferma Zhigel - fa pensare necessariamente ad un veicolo volante sotto controllo intelligente".
Non era un meteorite
L'ipotesi di Kazantsev fu rafforzata dal progettista aeronautico A.Y. Manotskov, il quale realizzò grafici accurati della dinamica dell'evento e li sottopose all'esperto missilistico Boris Laipunov. 1 due stabilirono che l'oggetto si mosse nella nostra atmosfera a circa 2500 chilometri orari, troppo lentamente per un meteorite. Per Kazantsev, inolotre, un meteorite, a quella velocità e data la distruzione provocata, avrebbe dovuto essere tanto grande da oscurare il cielo, cosa mai dichiarata dai testimoni. La schiera di scienziati che propendeva per l'origine aliena ed artificiale andava aumentando. Il dottor Aleksei Zolotov attribuì la forma ovoidale dell'area interessata all'azione di materiale dall'alto potere distruttivo, probabilmente contenuto in un involucro che "secondo le testimonianze aveva il corpo a forma di cilindro allungato, restringentesi ad un'estremità ".
II "modello battaglia"
Nel 1970 Vladimir V. Rubtsov sviluppò la teoria del "modello battaglia", ovvero un confronto aereo tra due o più veicoli alieni, dei quali uno ebbe la peggio precipitando, pur non scartando l'ipotesi dell'avaria o della caduta accidentale. Citò Alexey Arkhipov, della Commissione sui Fenomeni Anomali, il quale calcolò che le probabilità che un oggetto extraterrestre venga catturato dalla forza di gravità terrestre e precipiti sono consistenti e che un certo numero di oggetti normalmente definiti pseudometeoriti potrebbero rientrare in questa categoria. I bolidi multicolori avvistati spesso, potrebbero essere di origine artificiale, in quanto la multicromia non è tipica dei meteoriti che sono omogenei chimicamente, mentre è tipica degli oggetti artificiali chimicamente eterogenei. N.V. Vasiliev, dell'Accademia delle Scienze russa, uno dei principali esperti di Tunguska, afferma che molti elementi anomali hanno richiamato l'attenzione sull’origine dell'intruso cosmico.
Frammenti artificiali
La teoria E.T. trova conferme scientifiche. All'analisi in laboratorio dei campioni di terreno e cortecce di alberi, la polvere meteorica non e presente in quantità superiore alla media, rispetto ad altri siti, mentre il suolo è arricchito di terre rare, come l'Itterbio, e presenta tracce di Cobalto, Titanio e altri elementi. Inoltre, un frammento anomalo ritrovato nella zona del fiume Vashka, a nord della Russia, interessata dalla traiettoria dell'oggetto, ha spiazzato i sostenitori dell’ipotesi meteorica. Il frammento, di aspetto metallico brillante, produceva scintille se sfregato con forza. Le analisi, eseguite da Valentin Fomenko, dottore in Scienze Tecnologiche e membro della Commissione sui Fenomeni Anomali, sono state così condensate: "il frammento risulta composto da un insieme di elementi rari. Il suo contenuto percentuale di elementi è: 67,2% di Cerio, 9% di Neodimio, 10,9% di Lantano e solo lo 0,04% di Uranio e Molibdeno. Possiede una trascurabilissima quantità di Ferro e Magnesio. Considerando che in natura è praticamente impossibile trovare tali elementi in queste così elevate percentuali, per di più aggregati in una struttura dall'aspetto troppo regolare, siamo giunti alla conclusione che deve trattarsi di un oggetto la cui origine è artificiale, ma non terrestre. Infatti sul nostro pianeta detti elementi sono riscontrabili in forma molto dispersa, allo stato naturale, e non presentano le stesse caratteristiche. Ciò che ci imbarazza è l'assoluta mancanza di ossigeno L'ossigeno ossida tutti gli elementi terrestri, ma qui non v'è traccia di ossigeno né di ossidazione. Inoltre qualsiasi fusione di elementi rari, ottenuta da noi artificialmente, mostra segni di Calcio e Sodio. Ma nel frammento non c'è presenza dei due componenti."
Tecnologia sconosciuta
Fomenko ha analizzato la struttura atomica del campione: "La miscela di polveri, grandi e piccole, possiede una struttura cristallina diversa dal normale. Le particelle più piccole hanno una struttura composta da poche centinaia di atomi e ciò è sorprendente. Al momento attuale sappiamo come generare queste caratteristiche solo teoricamente, attraverso compressione a bassa temperatura a decine di migliaia di atmosfere". Una tecnologia ancora oggi non sviluppata. Ma che il frammento sia appartenente al corpo precipitato a Tunguska non è provato.
Conclusione?
Fra le altre congetture, l'impatto di un piccolo buco nero con il nostro pianeta, o un nucleo di antimateria a contatto con la "materia terrestre".
C'è poi il raggio della morte. Un ipotesi teorizza che responsabili sarebbero stati gli scienziati americani, i quali, nel corso di un esperimento di "trasmissione energetica" mediante tecnologia Tesla, attraverso i campi magnetici terrestri, avrebbero generato una scarica di energia, il raggio della morte, appunto, che da Long Island, rimbalzando negli strati della ionosfera sulla Baia di Hudson e sul Polo Nord, si sarebbe abbattuta su Tunguska. Ma la sola teoria ad aver ricevuto sostanziali conferme resta quella extraterrestre. Come ha scritto Vladimir Rubtsov: "La complessità dell'evento '. Tunguska supera di gran lunga i limiti dei modelli più semplici ancora proposti a livello di scienza popolare e perfino nella letteratura scientifica. I risultati ottenuti ? privilegiano invece l'ipotesi della natura artificiale del bolide della Tunguska ed evidenziano il carattere non convenzionale della sua esplosione".
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