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«Torniamo sulla luna. E con una base fissa»


Bush prepara l'annuncio. Nel 1972 l'ultimo sbarco sul nostro satellite
«Strada obbligata per le nuove missioni»
NEW YORK (USA) - «Ritornare sulla Luna per riconquistare la Casa Bianca».
Qualcuno vede già uno slogan elettorale dietro la decisione del presidente
americano George W. Bush di riportare la superpotenza sul suolo lunare, dopo
un'assenza di oltre 30 anni. Al fine, ufficialmente, di sviluppare nuove
tecnologie e know how necessari per la futura missione su Marte.
RIPRESA DEL MOON PROGRAM - L'annuncio della ripresa del cosiddetto «Moon
program» dovrebbe essere fatto dallo stesso Bush il prossimo 17 dicembre, in
occasione del centenario del primo volo dei fratelli Wright e del 31°
anniversario dell'ultimo sbarco lunare, che cade due giorni più tardi.

In quell'occasione il presidente Bush dovrebbe annunciare anche la
costruzione di una base permanente sul satellite della Terra. Lo scoop,
anticipato dalla rivista, vicina ai repubblicani conservatori, National
Review - che parla di «un piano coraggioso di ritorno dello spazio» - è
stato confermato ieri da fonti dell'amministrazione. L'unica cosa ancora
incerta riguarda i tempi: alcuni consiglieri starebbero premendo su Bush
perché includa l'annuncio nel prossimo Discorso sullo Stato dell'Unione, a
fine gennaio. Questa seconda data sarebbe però avversata dall'establishment
della Nasa, per motivi di scaramanzia: tutti gli americani morti nello
spazio sono infatti rimasti uccisi in un'unica settimana del calendario, dal
27 gennaio al 1° febbraio.
NOTIZIA RILANCIATA DAI MEDIA CONSERVATORI - Nonostante la sua ufficialità,
la notizia ieri è stata rilanciata solo dai media ultraconservatori. Dal New
York Post , che gli dedica l'intera prima pagina, alla Fox Tv , che saluta
«l'alba di una nuova, intrepida era». «L'America non si aspetti l'aiuto
dell'Onu, in Terra come sulla Luna - hanno tuonato di recente due senatori
repubblicani del Texas, in una lettera al presidente Bush -. Se il nostro
Paese ha ambizioni spaziali deve fare da solo, soprattutto mentre la Cina
minaccia di scavalcarci col suo ambiziosissimo programma spaziale». Ma
dietro quest'ansia di ripiantare la bandiera a stelle e strisce sul suolo
lunare alcuni intravedono più motivi di politica interna. Oltre a dare agli
americani, che da due anni vivono nell'angoscia del terrorismo, un obiettivo
ottimista in cui sperare, distoglierebbe l'attenzione del Paese dalla palude
irachena.
Pura strategia elettorale? «Peggio: è l'ennesimo atto di nepotismo
perpetrato dal presidente Bush a favore del fratello Jeb e del suo entourage
 - ribattono le email degli ascoltatori letti da Jack Cafferty durante il
programma "American Morning" della Cnn - tutti sanno che la Nasa è in
Florida, dove Jeb è governatore, e la missione serve solo a gonfiare le
tasche sue e dei suoi amici».
E a scagliarsi contro il «Moon program» sono anche molti liberal e
democratici, secondo cui l'amministrazione farebbe meglio a investire i suoi
soldi per dare l'assistenza medica ai 44 milioni d'americani non assicurati,
in un Paese dove 35 milioni di lavoratori (uno su quattro) vive sotto il
limite di povertà, guadagnando 18mila dollari annui per mantenere una
famiglia di quattro persone.
Alessandra Farkas


5 dicembre 2003 - CORRIERE.IT
Fonte: http://www.corriere.it & ENIGMA

 

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