La soluzione del mistero dei Maya potrebbe essere un monito ecologista
Washington – Immagini dallo spazio stanno offrendo agli scienziati nuovi indizi circa il misterioso crollo della civiltà maya dell’America centrale e alcuni spunti riguardo la sorte di altre antiche civiltà che tentarono, e fallirono, di manipolare il loro ambiente con massicci interventi sull’ambiente.Analisi di immagini satellitari del Marshall Space Flight Center della NASA suggeriscono che, almeno nella regione di Peten del Guatemala settentrionale, i Maya commisero errori ecologici. Questi, a loro volta, portarono al collasso di quella che, attorno all’800 d.C., era una delle regioni più densamente popolate del Nuovo Mondo.“Attorno al 900 d.C., questi popoli erano pressoché scomparsi, e crediamo di iniziare a capire perché” ha dichiarato al Congresso Mondiale di Archeologia di Washington l’archeologo della NASA Tom Sever.Ricognizioni aeree della regione sono state portati avanti da Charles Lindbergh più di 70 anni or sono, ma nuovi sensori con base nello spazio stanno mettendo gli scienziati in condizione di vedere attraverso la fitta crescita della giungla. “Siamo stati in grado di vedere cose che non erano mai state mappate prima” ha dichiarato Sever.“Alcune di queste strutture sono così difficili da individuare che perfino eliminando tutta la vegetazione non sarebbe possibile vederle da terra”.Dalle centinaia di città e villaggi, campi, vie di comunicazione, canali e bacini artificiali appena scoperti, i ricercatori hanno iniziato a vedere gli alti e bassi della civiltà Maya sotto una nuova luce – qualcosa che tocca una nota piuttosto familiare in un mondo in cui ci si preoccupa di mancanza d’acqua, siccità e sovra-popolamento.La civiltà maya ha avuto origine nello Yucatan e probabilmente occupò molto di quelli che oggi sono Messico, Guatemala, Honduras occidentale, El Salvador e Brasile settentrionale.I Maya prosperarono inizialmente poiché la regione era dotata di piccoli laghi e riserve d’acqua. Con la crescita della popolazione, però, i Maya deforestarono rapidamente colline e pendii per fare spazio a nuovi raccolti. La conseguente erosione ostruì i torrenti e i fiumi di sedimenti, e mutò i laghi in paludi stagionali.Per procurare l’acqua che una volta veniva conservata naturalmente, i Maya costruirono allora centinaia di bacini artificiali. Per un po’, l’ingegneria sembrò essere la soluzione di tutti i problemi.Ma, con una densità di popolazione equivalente a quella della Cina ed ogni singolo acro arabile sotto coltivazione, non vi era scampo per gli anni di cattivo raccolto. “Abbiamo calcolato che perfino se tutte le riserve fossero state piene, avrebbero garantito un’autosufficienza di soli 18 mesi” ha aggiunto Sever.In un periodo compreso tra l’800 ed il 900 d.C., una serie di gravi siccità devastò la regione. Le riserve terminarono e i raccolti andarono male. “Entro 100 anni, il 95% della popolazione non c’era più” dice Sever.Le ricerche non sono ancora state ultimate, ma i ricercatori sostengono che le immagini aeree e dallo spazio stiano iniziando a suggerire che un simile destino potrebbe avere provocato il crollo dell’Impero Khmer, che regnò in Cambogia tra il IX ed il XV secolo.Riscoperti dai missionari francesi alla metà del IXX secolo, i siti archeologici della regione di Angkor sono stati celebrati principalmente per i tempi riccamente decorati e le sculture di pietra.In anni recenti, tuttavia, gli archeologi hanno potuto indivi un estensivo sistema di strade, canali e bacini.Le ultime immagini radar del Jet Propulsion Laboratory della NASA hanno evidenziato sistemi di canali e riserve d’acqua dai lati squadrati --- alcune troppo profonde per essere viste da terra --- che coprono più di 300 miglia quadrate.Gli archeologi ora stimano che la popolazione di Angkor possa avere raggiunto la cifra di 1 milione al suo culmine. Non sanno perché sia crollata, ma un eco-disastro come quello che costrinse i Maya al collasso è una delle soluzioni più plausibili.
Fonte: http://www.hoovers.com/, 26.06.03 & ENIGMA
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