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Dopo 70 anni emergono le prove fotografiche degli oggetti non identificati in volo sulla Base polare Little America… Un lento progresso dalla mitologia americana sugli UFO alla realtà tangibile…
di Joe Fex


Dopo molti anni di approfondito esame del problema UFO, insieme a considerazioni su cosa avessero da dire gli altri in proposito, fossero essi autorevoli o meno, e a lunghe riflessioni sulle mie esperienze personali nel campo, ho scoperto che non è poi così difficile separare le fandonie dalle cose sensate. Pur essendo piuttosto complesso, il problema di vagliare la montagna di informazioni a disposizione si riduce a un punto essenziale: il ripetersi di dettagli coerenti probabilmente porta con sé la verità sottostante al tutto. Ciò non vuol dire che i dati isolati debbano essere automaticamente scartati come non validi, al contrario, devono essere tenuti in considerazione, come insensatezze (se tale andamento è prevalente) o come dati incompleti legati a elementi individuali. Una volta acquisita una buona confidenza (dando per scontato che si sia abbastanza disciplinati da aver considerato tutte le possibilità) con un argomento così controverso come gli UFO, questi schemi di dati diventeranno familiari, in quanto si ripeteranno come un segnale e richiameranno seriamente l’attenzione. Anni fa, John A. Keel, senza dubbio una delle menti più erudite sulle scienze paranormali, ha dichiarato che ogni volta che ci saranno dei progressi nelle scienze umane e nello sviluppo, possiamo essere certi che gli UFO saranno presenti, silenziosamente (la maggior parte delle volte) osservando i nostri progressi.
Come la maggior parte delle argute e impertinenti affermazioni del signor Keel, questa ha anche dato prova di essere fondata e se siamo giunti alla scoperta di questo stupefacente evento lo dobbiamo al fatto che abbiamo dato ascolto alla sua saggezza. Ricordate sempre che il pensiero avanzato è destinato a scontrarsi con una caparbia resistenza. In passato, molti hanno espresso opinioni estremamente negative sul lavoro di Keel, non risparmiandogli critiche assai dure; in ogni caso esporre delle opinioni non significa garantire necessariamente raziocinio o discernimento, le qualità che questi campi di studio richiedono. Oggi le intuizioni di Keel sono riconosciute come standard.
Se si riuscisse ad andare oltre la politica e a evitare i conflitti di ego di quanti si dicono coinvolti nel campo e, come il grande e compianto Ivan T. Sanderson avrebbe detto, “ci si attenesse ai fatti a portata di mano”, si andrebbe molto più lontano, almeno nella propria personale comprensione… Quindi, aderendo alla “Legge di Keel”, perché gli anni mi hanno dimostrato che i sui concetti avanzati sono davvero validi (anche se spesso grossolanamente incompresi), ho preso a instaurare rapporti con collezionisti di vecchie fotografie e scienziati, per rendere noto che ero interessato a esaminare e raccogliere foto di spedizioni ed eventi scientifici di qualsiasi sorta e di qualsiasi periodo, nel tentativo di individuarvi la presenza di UFO. In particolare, per i periodi antecedenti all’insorgere del fenomeno a livello popolare, in quanto prima degli anni ‘40 nessuno li avrebbe cercati e la presenza di un UFO in una fotografia probabilmente sarebbe passata inosservata, privi come si era allora di ogni riferimento per poter effettuare dei confronti. Intorno al 1999, mi contattò un venditore di foto per propormi due istantanee molto datate, scattate tra gli anni ‘20 e gli anni ‘30 durante una non meglio precisata spedizione polare. Azzardò che si trattasse della regione del Polo Nord. Dopo l’esame delle immagini digitalizzate che mi aveva inviato via email, notai che uno degli scatti (lui li aveva ricevuti in blocco ed era irremovibile, in blocco dovevano essere ceduti a terzi) presentava una “macchia” sospetta nel cielo notturno. Venni a sapere che erano state sigillate molto tempo fa in comuni cornici di legno, con uno spesso foglio di carta marrone incollato sul retro. Pretese solo 20 dollari, quindi decisi di acquistarle. Era un salto nel buio, ma anche se si fosse rivelato un difetto fotografico o un errore di sorta, avrei sempre potuto tenere le foto per studiare gli IFO (Oggetti Volanti Identificati, N.d.R.) o rivenderle per rifarmi del magro investimento. Mentre non riuscivo a non pensare alle piccole immagini di infima qualità che mi aveva mandato, attendevo pazientemente l’arrivo delle foto originali, per poterle sottoporre ad un esame approfondito. Ma c’era sempre quella foto, che mi ricordava qualcosa che non riuscivo a richiamare alla mente… In qualche modo, sembrava stranamente familiare, ma giuro sulla mia vita che non riuscivo a ricordare né come né quando! Il secondo scatto mostrava un team di uomini alle prese con un aeroplano incastrato nel ghiaccio, ma non mi diceva nulla che mi illuminasse sul perché l’altra foto mi colpiva tanto. Dovevo rassegnarmi a soffrire i tormenti dell’attesa, nella speranza di scoprire di più e di capire perché quella foto mi sembrava così familiare, seppure così distante.
Dietro la cornice...
Alla fine il mio pacco arrivò e, come un bambino davanti ai regali di Natale, non nascondo che mi precipitati ad aprirlo, ben poco dignitosamente! Alla fine, ecco emergere gli oggetti, esattamente come mi erano stati descritti dal collezionista. Due cornici molto vecchie, che racchiudevano delle fotografie che, a esaminarle bene, sembravano non essere mai state rimosse da quando vi erano state inserite, ancora sigillate nella spessa carta marrone, stile busta da drogheria. Osservai per prima la foto sospetta e riconobbi un fin troppo familiare UFO! Scrutavo l’immagine sotto il vetro polveroso, cercando di cogliere ogni elemento comune alle fotografie di UFO storiche o moderne di questo particolare tipo. Fu allora che notai qualcos’altro… Più intensamente guardavo, più mi balzavano agli occhi oggetti anormali, che non erano affatto visibili nelle scansioni che mi aveva inviato per e-mail! Un totale di quattro UFO, a diverse distanze, occupavano il cielo notturno, tra le stelle sopra il campo base, che era il punto focale della foto!Avevo ottenuto molto più del valore dei miei soldi. Anzi, molto più di quanto riuscissi a capire in quel momento! Dovevo ancora affrontare il problema dell’identificazione della fonte e non ero ancora riuscito a dare un senso a quell’incombente senso di familiarità! La foto presentava la sigla “B.A.E.” all’angolo in basso a destra, sicuramente un indizio importante, ma non mi riportò in mente nulla che già fosse di mia conoscenza. Eppure...
L’altra foto non conteneva alcun indizio e solamente uno dei nove uomini indaffarati intorno all’aeroplano era in favore di macchina fotografica e il suo viso non era abbastanza chiaro per essere identificabile. Frustrato da questa mancanza di elementi identificativi, decisi di rimuovere le foto dalle cornici, nella speranza che spuntasse qualcosa all’interno, o di scritto su di esse che mi aiutasse a risolvere il dilemma. Sembrava un peccato rimuoverle dalle cornici dopo oltre 70 anni, ma la mia curiosità e il dovere come ricercatore me lo imponevano, anche a rischio di non trovare nulla… Con molta cautela rimossi la carta sul retro, quindi i chiodi arrugginiti che tenevano il cartone di sostegno (tutti materiali accuratamente conservati negli archivi di ricerca APE-X) e poi il cartone stesso. Ciò che vidi spiegò il senso di familiarità, ma mi lasciò in uno stato di shock totale! Non me ne potevo capacitare, non volevo credere ai miei occhi, ma era tutto lì! Come uno schiaffo sul volto del senso comune e della ragione, chiaramente stampato in rosso porpora, si poteva leggere: “AMMIRAGLIO DI DIVISIONE RICHARD E. BYRD” e “DA RESTITUIRE AL POND BUREAU, QUARANTATREESIMA STRADA OVEST, 25, NEW YORK”!
Ecco perché sembrava così familiare, lo ricordavo dai banchi di scuola, era la tristemente famosa base Little America della spedizione antartica (senza precedenti) di Byrd del 1928-1930! La B.A.E. stava per Spedizione Antartica di Byrd! Per lungo tempo conosciuto come il più importante e influente esploratore artico, pioniere della ricerca polare (sia a Nord che a Sud), quelle foto documentavano la prima di cinque fantastiche spedizioni in Antartide. Per la prima volta dal suo storico ritorno nel 1930, veniva a galla una vera documentazione fisica dell’UFO di Byrd!
Una disciplina davvero modesta
Avevo sentito parlare del “mito” dell’UFO di Byrd insieme alle sconsiderate, assurde e spesso sgradevoli storie sulla teoria della Terra Cava, sulle basi segrete UFO dei nazisti in Antartide, sugli UFO che rapirono l’aereo trimotore Ford di Byrd (lo stesso che appare nella seconda foto!) per portarlo in un viaggio al centro della Terra, sul fatto che Byrd avesse trovato animali preistorici e regioni montagnose che non avrebbero dovuto trovarsi in quell’arido deserto di ghiaccio e su una serie apparentemente infinita di operazioni militari, sui “diari segreti di Byrd” perduti, ritrovati e poi di nuovo sospettosamente scomparsi e su varie cospirazioni, ma tutto sembrava così imperscrutabile a qualsiasi considerazione seria. In passato avevo timidamente tentato di informarmi su questi più che folli racconti, ma le montagne di pazzia e di fatti non comprovati che mi si pararono davanti formavano un labirinto di mitologia in cui non avevo alcun desiderio di perdermi. Per la maggior parte, la vedevo come una bella storia, non priva di interesse, ma nulla di più. Non credevo che ci fosse niente di vero in alcun modo, perché il fatto peculiare era che mancavano sempre i testimoni e i documenti che potessero confermarla. Certo, esistevano i cosiddetti “diari di Byrd” che dettagliavano e perpetuavano molte di queste presunte fantasie, ma sino a oggi non ho trovato alcuna prova al di fuori del sentito dire che ne confermi l’esistenza. Non è il nostro caso, oggi, quello di addentrarci nei sentieri tortuosi di questo groviglio mitologico moderno, piuttosto tenteremo di rimanere focalizzati su ciò che sappiamo grazie alle prove a disposizione. Credetemi: in tutta la bagarre sugli UFO ho sempre cercato di capirci qualcosa, applicando metodi di ricerca scientifici, e non ho ottenuto quasi niente, se non molto tempo sprecato in frustrazioni. Tutto quello che sono riuscito a determinare con certezza, sulla base di materiale a disposizione che comprende gli studi di ricercatori qualificati quali il dottor Frank E. Strangess, i classici del dottor Raymond Bernard, di Richard Shaker, di Ray Palmer e altri, è che davvero molti esploratori hanno riportato l’esistenza di simili regioni montuose a clima caldo al centro dell’Antartide e che i nazisti stavano veramente lavorando allo sviluppo di velivoli tecnologicamente avanzati simili a UFO. Restiamo nel dubbio che tali progetti nazisti siano stati realmente portati avanti in Antartide, anche se non possiamo escluderlo a priori. Il nostro stimato ammiraglio di divisione fu certamente una figura basilare, per lo sviluppo di imponenti operazioni e basi militari americane (allora Top Secret) come l’Operazione High Jump e l’Operazione Deep Freeze, che sembrano entrambi ancora operative oggi. È altresì possibile che le attività naziste e/o gli UFO possano essere serviti come catalizzatori per tali operazioni militari e per le spedizioni di Byrd ai Poli. Le testimonianze di autorità militari altamente rispettate, quali il comandante di Marina in congedo Graham Bethune e il colonnello in congedo Wendelle C. Stevens, che hanno lavorato a molte di queste missioni segrete, possono solo conferire autenticità a molte di queste voci sulle basi segrete.

FONTE: http://www.dnamagazine.it/ufo-byrd.html