Busta 1

 

Lasciate che mi presenti mi chiamo Marco T., mi sono laureato in  Scienze Giuridiche all’Università La Sapienza di Roma.

 

Quella che sto per raccontarvi è una incredibile storia in cui mi sono imbattuto per caso durante il mio corso di studi e che solo adesso trovo il coraggio di raccontare a rischio della mia stessa vita; perdonatemi quindi se ometterò tutti quei collegamenti che possano in qualche modo far scoprire la mia identità. Non dubitate comunque della veridicità di quello che sto per raccontare.

 

Per quanto vi ho già sopracitato non posso dirvi qual è stato l’argomento della mia tesi di laurea ma la storia ha inizio proprio da quello.

 

Mio relatore per la redazione della tesi è stato il Prof. Pancrazio Santis, insigne membro del collegio insegnante della Facoltà di Giurisprudenza, il quale non faceva che citare, durante le lezioni e in qualsiasi discorso che era chiamato a tenere, il suo mentore, Pietro Sciascia, uno stimatissimo Professore che sembra fu persino precettore del principe Umberto di Savoia.

 

Come dicevo, il prof. Santis, mi assegnò una tesi che mi condusse a mesi e mesi di ricerche in biblioteca ed a numerosi incontri con lui stesso. Uno strana strana luce brillava negli occhi del vecchio professore quando lo ragguagliavo sui miei progressi ed io non me ne spiegavo il motivo, finchè, una notte mi imbattei in un tremendo segreto…

 

Sembra che questo prof. Sciascia avesse donato, prima di morire, tutti i suoi libri, circa 1600 volumi e più di 200 opuscoli e manoscritti alla Biblioteca del suo paese natale, ma come mi risultò chiaro dalla comparazione dei due elenchi, cioè quello dei tomi donati e quello dei tomi presenti nella biblioteca privata dell’illustre professore, mancava un manoscritto:

Il De Congregatio Mortis, La confraternita dei morti!

 

La Confraternita dei Morti era una società segreta, una loggia massonica, della cui  esistenza nei secoli si erano perse le tracce. Alcuni sostenevano addirittura che non fosse mai esistita e che fosse solo una leggenda nata da credenze popolari. E finalmente eccola! Una traccia! Un libro che poteva rivelare i più oscuri segreti della Confraternita e sul quale volevo assolutamente mettere le mani per scrivere una tesi bomba che sarebbe stata ricordata per anni nei circoli universitari.

 

Ne parlai al mio relatore che finalmente, con gli occhi pieni di sogni mai esauditi, mi rivelò che per anni aveva cercato quel libro che in più di un’occasione aveva visto tra le mani del suo maestro, Pietro Sciascia, e sulle cui pagine non era mai riuscito a posare gli occhi poiché il Maestro non se ne separava mai, neanche quando lasciava l’aula per pochi minuti.

 

Il prof. Pancrazio Santis era certo che Pietro Sciascia era stato l’ultimo Gran Maestro della Confraternita dei Morti.

 

Ma chi erano i confratelli? E quali erano gli scopi della loggia? Cosa perseguivano? E soprattutto: custodivano davvero l’enorme TESORO che si raccontava?

 

Il mattino dopo aver parlato con il prof. Santis  presi il primo volo per la Sicilia, stavo andando nel paese natio dell’ultimo Gran Maestro della Confraternita dei Morti, il paese che, ne ero certo, custodiva il segreto della Società Segreta: CALATAFIMI.

 

 

Busta 2

 

            Giunsi a Calatafimi una calda mattina di Agosto e dopo aver preso alloggio mi recai direttamente in biblioteca per consultare i libri donati da Sciascia al suo paese natale. Da qualche parte dovevo pur cominciare e mi si prospettava una lunga ricerca.

         L’impiegata della biblioteca, la signora Pugliese, che a dispetto del nome era invece partenopea fino al midollo, mi indicò gli scaffali su cui erano disposti i libri che cercavo ma, purtroppo per me, non disponevano di un elenco computerizzato dei volumi presenti e mi diede un registro manoscritto che veniva aggiornato man mano che la biblioteca si arricchiva di nuovi tomi. La signora zoppicava vistosamente ma ebbi la sensazione che fosse una messinscena, una farsa tipica delle sue origini, in ogni caso non aveva molta voglia di lavorare e per qualsiasi cosa avessi avuto bisogno, mi disse, potevo rivolgermi a Francesca.

         Francesca era una ragazza che stava svolgendo il servizio civile presso la biblioteca e che poteva dedicarmi un po’ più tempo di quanto l’indaffarata signora Pugliese potesse fare.

         Dalla corporatura minuta e i lunghi capelli legati a coda di cavallo la ragazza mi fece subito simpatia.

         Trascorsi diversi giorni nell’enorme stanzone sotterraneo della struttura comunale e, durante le mie ricerche, di tanto in tanto chiacchieravo con Francesca, scoprendo che anche lei studiava Scienze Giuridiche e a breve avrebbe iniziato a sua volta la stesura della tesi.

Grazie a ciò e ad altri interessi che avevamo in comune diventammo presto amici e le lunghe ore trascorse in biblioteca mi sembrarono più piacevoli.

Una mattina verso mezzogiorno, quando già pensavo di interrompere per il pranzo, arrampicata sopra una scaletta, Francesca tirò fuori dall’ultimo scaffale di una libreria il De Congregatio Mortis.

Glielo strappai quasi di mano per l’eccitazione e ci sedemmo al tavolo per consultarlo e scoprire finalmente i segreti celati in quel manoscritto.

Francesca, ormai appassionata alla storia quanto me, leggeva avidamente le pagine del libro….

 

 

-Maledizione ma è stata strappata una pagina!! – Non seppi trattenermi dall’urlare.

Il libro che il mio mentore aveva per anni cercato era adesso nelle mie mani ma la pagina più importante era stata strappata via. Era pomeriggio inoltrato ed io ed Francesca non avevamo neanche pranzato, la storia della Società Segreta ci aveva presi talmente tanto che non ci eravamo accorti del tempo trascorso. Arrivare all’ultima pagina per scoprire che era stata sottratta fu una vera delusione.

         Tutti i miei sogni, alimentanti da quelli del prof. Santis, si erano infranti alla prima tappa! Ma chi credevo di essere? Volevo risolvere un mistero vecchio di centinaia di anni in poche ore!?

         Era stato tutto inutile, il tesoro della Confraternita sembrava destinato a rimanere sepolto chissà dove.

- Su, non scoraggiarti – disse Francesca – Una cosa nuova l’abbiamo pur sempre scoperta! Vedrai che ne verremo a capo -.

 

 

 

Busta 3

 

De Congregatio Mortis

 

[…omissis…]

Ciascun membro della Confraternita si impegna a contribuire economicamente alla proliferazione della Magnifica  Congregazione e alla sua morte donerà tutti i suoi averi ad essa.

[…omissis…]

Il Gran Maestro custodirà i segreti della Magnifica e presiederà alle riunioni della Confraternita.  Alla sua morte designerà il suo successore.

[…omissis…]

Io Gamma, Gran Maestro fondatore della Congregatio Mortis, per volere e per mezzo del primo benefattore Don Francisco Poddani,  ho trascritto su questo Manoscritto lo statuto della Magnifica e mi impegno a perseguirne i fini negli anni a venire con ogni mezzo a mia disposizione. Contestualmente nomino mio successore ad interim, fino alla maggiore età di mio nipote, il mio grande amico e nostro fidato Notaio , e già membro della Magnifica, che assumerà il nome di Delta.

Ciascuno dei futuri Gran Maestri sceglierà un nome e apporrà il proprio simbolo in fondo a queste pagine che custodirà fino alla nomina del suo successore.

Così ho disposto in Calatafimi il 16 Agosto nell’anno 1610 di Nostro Signore.

 

 

 

 

Francesca mi condusse per vie e viuzze fino alla periferia sud del paese. Ci eravamo spostati di poco dalla biblioteca e ci trovammo davanti a delle vecchie case che, a suo dire, erano state di proprietà” di Don Francisco Poddani, o Perollo come lo chiamarono successivamente i suoi concittadini. Sembra che questo nobile, vissuto alla fine del 1500, avesse donato tutti i suoi possedimenti, che si estendevano a perdita d’occhio proprio di fronte a noi, alla Chiesa.

-        Quindi tu pensi che il fondatore della Confraternita fosse un’uomo del clero?- chiesi ad Francesca.

-        Ne sono quasi certa, credo che questo Gamma sia stato un alto esponente della Chiesa del tempo, ricorda che parliamo del 1600 e che il potere del Clero era enorme a quei tempi. In qualche modo ha conosciuto Perollo, evidente uomo molto ricco e potente, al quale avrà illustrato ciò che avrebbe voluto perseguire nella allora prospera Calatafimi. Convinto delle potenzialità di Gamma, Poddami o Perollo, che dir si voglia, alla sua morte gli ha dato i mezzi per concretizzare le sue idee.

-        Praticamente ha creato una specie di fondazione i cui scopi sono poi stati trascritti nel De Congregatio Mortis.

-        Per l’appunto. – Mi volsi a guardare la porta - Beh, qui comunque non c’e’ niente, solo vecchie case diroccate! Anche se è qui che abitò Don Francisco ormai non sembra esserci nient’altro. Secondo me abbiamo fatto un bel buco nell’acqua.

-        Voi uomini vi scoraggiate subito! E’ vero non e’ granche’ ma e’ qualcosa. E poi ho gia’ un’idea! Stiamo sbagliando periodo, è troppo remoto.Vediamo invece se il prof. Sciascia ha dei discendenti ancora in vita qui a Calatafimi, magari siamo fortunati.

-        Perché non ci ho pensato io! Come detective sono davvero una frana! Forza allora diamoci da fare!

Tornammo in biblioteca e dopo aver consultato l’elenco telefonico e qualche conoscenza di Francesca venimmo a sapere che Pietro Sciascia aveva un nipote che viveva ancora a Calatafimi.

Era un tipo molto conosciuto in paese, un tuttofare di professione, si era precedentemente  sposato e per anni lui e il suo fedele compagno erano stati inseparabili….

Appena individuammo dove abitava ci precipitammo a suonare al suo campanello….        

 

 

 

Busta 4

 

-        Così voi venite da Roma? – chiese il nipote di Sciascia.

L’uomo ci guardava pensoso, i grossi baffi sembravano animati da vita propria. Ci aveva fatti accomodare in salotto e aveva ascoltato in silenzio la mia storia sulla tesi e bla bla tutte le balle che mi erano venute in mente. Ogni tanto sbirciavo verso la mia compagna di avventure impassibile come un’attrice navigata.

-        In un certo senso vi stavo aspettando – disse dopo un lungo silenzio in cui avevo pensato di alzarmi ed andar via  - Torno subito – aggiunse.

Io ed Francesca ci guardammo. Il tipo era strano e noi due incoscienti a trovarci lì ma la curiosità superava la tensione. Dov’era andato? E se fosse tornato con un coltellaccio da cucina? Smettila!, lavori troppo di fantasia, dissi a me stesso.

In realtà se fosse tornato con un coltellaccio da cucina saremmo rimasti meno sconvolti. Si sedette nuovamente sul divano e depose sul tavolino una busta bianca con un grosso sigillo di ceralacca – Questa è per voi – disse.

Ancora una volta guardai in direzione di Francesca che ricambiò il mio sguardo.

  

- Non capisco – dissi all’uomo, e questi per tutta risposta mi porse un foglio che aveva in mano.

Appena finii di leggere mi tremarono le gambe, per fortuna ero seduto altrimenti sono certo che non sarei riuscito a restare in piedi. Dunque Sciascia aveva organizzato tutto, sapeva che prima o poi qualcuno avrebbe cercato il tesoro della Confraternita ed aveva fatto in modo di lasciare qualche traccia.

         Presi la busta bianca dal tavolino. Il silenzio che regnava nel salottino sembrava potersi tagliare col coltello. Il simbolo sul sigillo di ceralacca era uguale al logo presente nella lettera di Sciascia al nipote

 

 

mi chiesi cosa significasse. In quella storia i simboli sembravano farla da padroni. Aprii la busta con la massima cura di cui fui capace e ne tirai fuori il contenuto. C’era una vecchia foto, una lettera simile a quella che avevo appena letto e… accidenti! C’era la pagina del De Congregatio Mortis che mancava dal libro!

         Riposi tutto nella busta e dopo aver ringraziato il “Baffo” ci affrettammo a tornare in biblioteca per studiare i nuovi elementi a nostra disposizione.

         La caccia era cominciata!

 

        

 

Busta 5

 

 

La pagina mancante ci chiarì molte cose. I Gran Maestri della Confraternità erano stati dieci nell’arco di 350 anni circa, l’ultimo dei quali il prof. Sciascia. Ciascuno di loro aveva dunque conservato il libro affidandolo poi al suo successore,  apponendovi in calce un proprio simbolo e assumendo un nome in codice. Non eravamo comunque riusciti a risalire ai veri nomi di quelle persone, l’unico di cui eravamo certi era il professore.

Questi ci aveva comunque lasciato degli indizi. Il Gran Maestro Sigma era stato scelto da qualcuno che lo conosceva bene e questo qualcuno era stato evidentemente ritratto nella foto che ci aveva lasciato Sciascia. Sul retro c’erano i nomi delle persone che vi figuravano ma erano stati crittografati con un simbolismo da lui stesso ideato.

Ammetto che senza l’aiuto di Francesca non avrei mai risolto l’enigma, io per gli enigmi non sono portato.

Una volta trovata la soluzione  la banalità di quel nome faceva sorridere: Nicolò Casentino, Kappa!

Così, trovata la vecchia casa dell’Arciprete Casentino, non ci era sfuggito il simbolo, che avevamo già incontrato per Perollo, stampigliato su un mattone dell’antico muro. Eravamo nel posto giusto.

- E adesso che facciamo? Bussiamo e chiediamo “Scusi non è che per caso le hanno lasciato qualcosa per noi?” – chiesi ad Francesca.

- Non lo so – rispose facendo spallucce. Nel frattempo esaminava il mattone su cui era stampato il simbolo.

- Guarda Marco, si muove! –

Dalla finestra della casa di fronte una signora anziana ci chiese cosa stessimo facendo e dovemmo inventare velocemente una scusa ed allontanarci. Francesca propose di tornarci la notte stessa e scoprire cosa celava il falso mattone.

         Attrezzati con torcia e scalpellino, col favore dell’oscurità, rimuovemmo il mattone e dalla nicchia che nascondeva tirammo fuori un cofanetto….

 

Busta 6

 

Impostati i caratteri giusti il cofanetto si aprì producendo un rumore metallico. All’interno vi erano tutta una serie di documenti appartenuti a Mons. Cosentino: lettere, fotografie, ritagli di giornale, appunti.

         Ne passai alcuni ad Francesca e cominciammo a spulciarli…..

 

 

Busta 7

 

            Trovammo così la vecchia dimora del fu Nicolò Mazzara e ci soffermammo ad osservare il simbolo che sovrastava il vecchio portale in pietra della casa, riprodotto magistralmente in ferro battuto dai maestri ferrai dell’epoca.

- Siamo in un altro vicolo cieco? Che facciamo adesso? Sei tu l’esperta degli enigmi….- dissi.

- Non so davvero – replicò Francesca  - forse potremmo … -  ma improvvisamente si zittì.

- Che hai adesso!? Perchè ti sei imbambolata? –

- Guarda Marco! Osserva da vicino questo portale! C’è scritto qualcosa…. Non si legge bene, è stato corroso dalla ruggine ma….- prese carta e penna e trascrisse ciò che a fatica si riusciva a leggere.

 

 

Busta 8

 

-        Cominicio a capire, segui il mio ragionamento – dissi -  Dal 1590 al 1610 è arciprete della Chiesa Madre Mons. Brandis, uomo di gran cuore ed ingegno, di notevole spessore culturale e di carattere molto forte. Intenzionato a fare di Calatafimi un importante centro geo-politico e di potere, fonda La Confraternita dei Morti la cui sede segreta sarà la Chiesa di San Giuliano Martire.

-        Aspetta!!! Aspetta!!! – mi interruppe Francesca.- Che c’entra la Chiesa di San Giuliano… Da dove l’hai tirata fuori? -  ed io replicai:

-         Mi sembra di averlo letto in un libro in biblioteca, l’autore, se ricordo bene, era un tuo compaesano, un certo Nicolò Mazzara.-

-        Ok, prosegui –

-        Dicevo di Brandis. Sotto la sua guida la Confraternità fece notevoli opere di bene e importanti cambiamenti nella vita sociale ed economica del paese. Il suo temperamento fece si che la Società Segreta accrescesse velocemente le proprie file ed egli volle far sì che il suo operato perpetuasse nel tempo e trascrisse nel De Congregazio Mortis i principi della Magnifica. 

Alla sua morte il Brandis nomina Gran Maestro della Confraternita questo famoso Notaio, evidentemente suo grande amico.

-        Ma chi può essere allora questo personaggio?-

-        Non so, ma ci chiudiamo di nuovo in Biblioteca e ci spulciamo tutti gli atti notarili di quel periodo, chissà che non salti fuori qualcosa di interessante. –

 

****

Passando davanti ad un bar, in una stradina che conduceva in biblioteca, ebbi l’impressione che due brutti ceffi seduti ad un tavolo ci stessero osservando ma ricacciai indietro l’idea, non aveva senso.

 

 

Busta 9

 

Trovato il testamento di Francesco Curatolo, redatto presso il Notaio Bonanno nel 1635 non avemmo più dubbi ed io non potei che essere fiero della mia compagna di avventure senza la quale non sarei mai arrivato a quel punto.

-        Che magnifica intuizione che hai avuto, Francesca, non è stato certo facile trovare il nostro caro Dott. Bonanno. -

-        Il Gran Maestro che prese il nome di Delta.!– rispose orgogliosa Francesca.

-        A questo punto non ci rimane che seguire la scia lasciataci da ogni Gran Maestro e arrivare sino a Sciascia, ultimo di questi, per trovare…

-        Trovare….cosa?- chiese sbigottita Francesca –

-        Ma il Tesoro della Confraternità, no!? – esclamai

-        Tu pensi realmente che possa essere mai esistito un tesoro…? -

-        Non solo ne sono certo – risposi – ma scommetto che è custodito nell’abitazione di uno dei GranMaestri. -

-        E quale? -

-        Scopriamo l’identità di tutti e poi capiremo.-

-        Allora riprendiamo il De Congregatio Mortis, non parlava forse di un nipote non ancora maggiorenne? Diamogli un’altra occhiata, magari ci è sfuggito qualcosa. -

-        Vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda…. – dissi

-        Credo che il feeling tra noi stia diventando qualcosa di più – disse arrossendo.

La fissai ma non dissi nulla. Anche io avevo la stessa sensazione. Ma dopo così poco tempo, senza una conoscenza approfondita e con un TESORO da cercare, come si poteva pensare ad altre cose!?

Ci mettemmo entrambi a riguardare quelle pagine, uno accanto all’altra, senza sfiorarci e senza guardarci negli occhi.

 

 

 

Busta 10

 

-        Siamo stati troppo superficiali nella lettura del Libro, avremmo dovuto vederle subito quelle scritte minuscole a fondo pagina!! – Esclamò Francesca .

-        D’ora in poi faremo più attenzione . –

-  Dunque questa Loggia opera una specie di nepotismo paesano  - iniziò  Francesca

-  Già, mai avrei pensato ad una sorta di dinastia… - replicai.

- Cosa cerchiamo adesso…? - Francesca sembrava facesse ormai fatica a restare lucida e brillante come il giorno prima, sembrava che qualcosa (o qualcuno!) la turbasse.

- E’  semplice – accomodai  – stiamo cercando i Gran Maestri che furono a capo della Congregazione dal 1690 al 1870, gli altri li abbiamo già scoperti -

- Facciamo un salto in biblioteca!? –

- Brava! –

 - Sono appena le 11.00, - continuò Francesca – vediamo se troviamo qualche manoscritto del Sac. Blundo , anche per capire chi era e chi aveva vicino in quegli anni, poi magari, se vuoi, possiamo andare a pranzo, magari a casa mia se ti va…!?

- Magnifica idea. –

 

********

         Giunti davanti alla biblioteca comunale trovammo una sgradita sorpresa. Appoggiati allo stipite della porta d’ingresso vi erano due uomini dall’aria truce che vedendoci arrivare ci si pararono davanti.

-        Tu si lu romanu? – disse uno dei due rivolgendosi a me.

-        Eh!? – non avevo capito una sillaba. Anzi avevo capito “tu”!

-        Ti ha chiesto se sei tu il romano. – intervenne Francesca parlandomi a bassa voce e stringendosi a me, evidentemente impaurita .

-        Si, che volete? – chiesi allora

-        Nenti. Ti vuliamo accanuscere. – E così dicendo si allontanarono in silenzio lasciandoci sbigottiti e increduli.

-        Che ha detto? – chiesi ancora.

-        Ha detto che volevano solo conoscerti. Che significa? Chi sono quegli uomini? –

-        Non so – risposi – ma faremo bene a guardarci bene attorno d’ora in poi, temo che ci stiano osservando da un po’ . –

 

********

 

In biblioteca:

-        Hai trovato niente? – chiesi con gli occhi arrossati per il troppo leggere –

-        Un bel niente… ma aspetta…  guarda… qui c’è un libro tutto strappato…–


replicò Francesca ma siamo fortunati… una cosa si riconosce subito! –

 

 

-   Già, non c’è dubbio, siamo sulla buona strada. -

-        Abbiamo un’altra mezz’oretta piena, approfittiamone e cerchiamo di capirne di più.

-        Proviamo a ricomporre un po’ questa copertina, vediamo cosa ne viene fuori -.

-        Sono  molto fiduciosa, ma adesso ho lo stomaco che canta Alleluia, Alleluia..

-        Ok, hai ragione, andiamo a pranzo, ma vediamo se possiamo portar via questo libro.

-        Faccio io….. Gioco in casa!!.

 

 

 

 

Busta 11

 

Trovata l’identità di Vito Pellegrino approfondimmo la lettura del libro da lui scritto.

Nell’ultima pagina c’era uno strano schema che arrecava una dicitura semi cancellata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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-        E che diamine significa? – Esclamai

-        Beh, l’ha firmata Pellegrino in persona! Vedi il suo simbolo qui in basso a destra? Qualcosa mi dice che la soluzione di questo enigma ci dirà chi è il prossimo Gran Maestro della Confraternita.

 

 

 

Busta 12

 

              C’era voluto un bel colpo d’occhio per renderci conto di cosa significasse quello schema con 81 caselle ma la banalità della soluzione ci apparve evidente non appena risolto.

              Avevamo scoperto l’identità di un altro Gran Maestro della Congregazione, adesso quel nome doveva portarci ad un altro. Sciascia aveva fatto in modo che lo trovassimo o semplicemente ciascun Gran Maestro lasciava una traccia per trovare il suo successore.

              Ammetto che alcuni li avevamo trovati per pura fortuna ma eravamo a buon punto e la possibilità di trovare il Tesoro della Confraternita cominciava a sembrarmi sempre più concreta.

 

- Ma la frase trovata con l’enigma dell’81 che significava? – chiese Francesca

- Devo aver letto da qualche parte che c’è un suo ritratto in una Chiesa che arreca la frase  “..non senza il dolore di tutti e principalmente con le lacrime dei poveri” ma non ricordo quale sia la chiesa. –

- Ma io lo so! -

-  Sei un mito! Sarei curioso di vedere questo ritratto, che ne dici? Magari ci porta a qualche nuova scoperta. Andiamo? –

- Certo. Dobbiamo trovare una scusa per farci aprire la Chiesa, non possiamo certo andarci mentre c’è Messa e metterci a gironzolare.-

- Hai ragione. Perché non diciamo che sto preparando una tesi sulle chiese di Calatafimi e le stiamo girando un po’ tutte? –

- Mi sembra una buona idea – disse Francesca – questo pomeriggio andiamo a disturbare padre *** (Omissis).

 

 

 

 

Busta 13

 

 

 

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Busta 14

 

              Padre **** si dimostro ben lieto di aprirci la chiesa per dare un’occhiata alle opere che custodiva. Fingemmo di osservarle tutte ma in realtà cercavamo l’unica che ci interessava, quella che rappresentava il fu Arciprete Cangemi, benefattore dei poveri.

              In una nicchia ben riparata, circa a metà della navata di sinistra, trovammo ciò che cercavamo.

              L’affresco, dai colori tenui e tendenti al marrone, rappresentava un prete seduto su una sedia che reggeva nella mano sinistra un breviario mentre la destra era poggiata su un tavolo su cui vi erano diversi oggetti:  un candelabro, dei fogli con penna e calamaio, altri libri. Sullo sfondo si intravedeva un Crocifisso appeso ad una parete ed un quadro.

              Lo osservammo per un po’ senza notare niente. Ispezionammo i bordi e le vicinanze dell’opera ma rimanemmo delusi.

-        E adesso che si fa? – parlai più a me stesso che a Francesca.

-        Non ti arrendere subito, dev’esserci qualcosa. –

Mentre diceva questo sentimmo la porta della chiesa aprirsi e vedemmo un uomo avanzare nella navata centrale. Giunto in prossimità della nostra posizione si accomodò ad un banco e vi rimase in silenzio.

                   Riprendemmo a parlare a bassa voce ormai certi che ci stessero controllando. Probabilmente qualcuno a conoscenza del Tesoro della Confraternita aveva scoperto che lo stavamo cercando e sperava che lo portassimo nel luogo ove era nascosto.

                   Francesca si chiuse gli occhi e se li sfregò, poi riprese ad osservare il quadro; all’improvviso mi afferrò il braccio sussurrando;

-        Guarda il breviario! –

-        Cosa…? – ma lo vidi  anch’io, sul breviario era rappresentato un logo che avevamo già visto!

 

 

     Era il Libro! Il De Congregatio Mortis. Riprendemmo l’osservazione del ritratto studiandolo più da vicino e finalmente notammo che sulla tavola uno dei fogli aveva logo che ci fu subito chiaro cosa significasse:

 

 

Era il simbolo che l’Arciprete Giuseppe Cangemi si era scelto quando aveva assunto il nome di  x Epsilon.

-        Vediamo se in sagrestia hanno qualcosa sull’Arciprete Cangemi. – disse Francesca.

 

Padre **** fu molto gentile e ci mostrò una libreria in cui erano conservati centinaia di volumi di varie origini fra cui anche Breviari e altri manoscritti appartenuti ai Sacerdoti che erano stati Arcipreti in quella chiesa.

         La fortuna, ma anche l’intuito di Francesca, ci avevano aiutato ancora; Fra i libri e i diari dell’Arciprete trovammo delle vecchie fotografie….

 

 

Busta 15

 

         Risolto lo schema rappresentato dalle foto dell’Arciprete Cangemi ci trovammo un nuovo nome da aggiungere alla nostra lista: Giuseppe Leonora.

         Adesso si trattava di stabilire chi divenne Gran Maestro dopo la morte del Leonora avvenuta nel 1849, per far ciò dovevamo capire chi potevano essere le persone vicine al Gran Maestro in quell’epoca.

         La Biblioteca avrebbe dovuto di nuovo aiutarci.

 

* * * *

 

         I giornali dell’epoca erano conservati in un grosso scaffale con gli enormi cassetti scorrevoli; iniziammo con quelli del 1849 e trovammo qualcosa di interessante con il quotidiano del  30 Settembre 1856.

 

 

 

 

Busta 16

 

Seduti alla scrivania di casa sua facemmo il punto della situazione.

-        Questo era l’ultimo. E adesso? -

-        Allora… vediamo un po’ cosa abbiamo scoperto finora. – Francesca prese un foglio di carta e cominciò a scribacchiare parlando a voce alta:

-        Dal 1590 al 1610 è arciprete della Chiesa Madre Mons. Brandis il quale fonda La Confraternita dei Morti la cui sede segreta sarà la Chiesa di San Giuliano Martire.

-        Esatto.

-        Alla sua morte il Brandis nomina Gran Maestro della Confraternita il Notaio Vito Bonanno suo grande amico. Nel 1630 un affiliato della Confraternita, Francesco Curatolo, con testamento registrato presso il Notaio Bonanno, dona tutti i suoi averi alla Chiesa del SS. Crocifisso il cui Arciprete è al momento mons. Blundo, membro della Confraternita e successivamente, alla morte del Notaio Bonanno, Gran Maestro. Lo stesso Blundo pare fosse nipote di Mons. Brandis e già da lui designato ad essere suo erede alla guida della Loggia. In attesa della maggiore età del nipote il Brandis, ormai troppo vecchio, affida al Bonanno i segreti della Confraternita il quale li dovrà trasmettere all’adorato nipote quando lo stesso sarà ordinato sacerdote.

-        Continua, stai andando bene.

-        La carica di Gran Maestro negli anni viene successivamente assunta da Vito Pellegrino, Giuseppe Cangemi, Giuseppe Leonora poi Ignazio Mollica, Nicolò Mazzara e Nicolò Cosentino per arrivare infine a Pietro Sciascia.

-        Perfetto – contuinuai – Quest’ultimo, trasferitosi a Roma per lavoro non riuscì a trovare un successore o più probabilmente i tempi erano oramai cambiati e gli scopi della Congregatio Mortis non erano più facilmente perseguibili. Comunque, prima di morire il professore si accorge che avrebbe portato il segreto nella tomba con se e studia un sistema per poter tramandare in qualche modo i segreti ed i tesori della Confraternita.

-        Già, così dona i suoi libri alla biblioteca di Calatafimi, compreso il De Congregatio Mortis al quale però strappa le ultime pagine e le spedisce, in busta sigillata, al nipote pregandolo di custodirla gelosamente. Nella busta inserisce anche il primo indizio di una sciarada da lui stesso preparata perché qualcuno possa risolverla e trovare il tesoro della Confraternita.

-        Non necessariamente da lui stesso preparata. Credo che ogni Gran Maestro abbia lasciato un modo per scoprire chi era il suo successore, solo che non siamo stati in grado di trovarli tutti. –

-        Beh, li abbiamo trovati comunque . -

Si fermò a riflettere. Poi mi chiese:

-        Ma quali erano dunque gli scopi che si prefiggevano i Confratelli?

-        Influenzare e controllare la politica di Calatafimi e del Comprensorio corrompendo politici e funzionari del Governo, Potestà, Prefetti etc. Assoldare mercenari per i lavori sporchi e bande di briganti per creare scompiglio a tutti i livelli rimanendo l’unica forza veramente organizzata ed in grado di controllare gli eventi.

-        In che modo?

-        Nel 1860, ad esempio,arruolarono coi fondi della Società Segreta, un esercito di contadini e mercenari che aiutò Garibaldi  a sconfiggere i Borboni. In epoche più recenti hanno dato asilo ai perseguitati dal Reich e fomentato la Resistenza contro i Nazisti. Be, direi che se scavassimo a fondo scopriremmo che l’evoluzione di Calatafimi è stata profondamente segnata dalla storia della Congregazione e dei suoi adepti.

-        Ma questo non ci aiuta ancora a capire l’ultimo tassello mancante. Ci dev’essere sfuggito qualcosa, qualcosa che abbiamo avuto sempre sotto il naso. -

-        Ok. . Ricontrolliamo tutto dall’inizio e facciamo molta attenzione stavolta. -

 

 

 

 

 

 

 

 

****

Ci dividemmo il materiale raccolto fino a qual momento e cominciammo a rileggerlo. Poi ce lo saremmo scambiati per evitare che ad uno dei due fosse sfuggito qualcosa.

 

-        Siamo degli stupidi! – Esclamai improvvisamente rileggendo la lettera che il Professore ci aveva lasciato. – Sciascia ci ha già detto come risolvere il mistero. Non poteva sapere, infatti, se in tutti questi anni qualche indizio lasciato dai vecchi Gran Maestri  fosse andato perduto, quindi non poteva rischiare che non lo trovassimo! –

-        Non capisco a cosa ti riferisci? – domandò Francesca perplessa.

-        Ecco, rileggi questa lettera – e le porsi la lettera.

 

         Francesca finì di leggere e chiese:

-        Quindi pensi che la frase fra virgolette sia la soluzione di tutto? -

-        Certo. Se così non fosse e gli indizi lasciti dagli altri Maestri fossero andati perduti, non si sarebbe più potuto trovare il Tesoro; in effetti noi, pur avendo scoperto tutti i nomi dei Gran Maestri della Confraternita e gli scopi che si prefiggeva, allo stato attuale non siamo in grado di dire dov’è nascosto il tesoro –

-        Si ma che significa la frase? –

-        E’ semplice. Te lo dimostro….. –

 

 

 

 

Busta 17

 

-        Si ma che significa la frase? –

-        E’ semplice. Te lo dimostro….. mi serve una candela. –

Francesca, sempre più perplessa, si allontanò per qualche minuto e tornò con ciò che gli avevo chiesto.

Presi il foglio strappato dall’ultima pagina del De Congregatio Mortis e tenendolo con due dita accesi la candela sotto di esso tenendolo ad una certa distanza in modo da non bruciarlo.

-        “La lista è scritta”– dissi mentre riscaldavo il foglio - è la lista dei nomi, “non lo scordare” -  continuai – “e l’antico Saggio ti potrà aiutare” . Vedi, non sarebbe servito a molto scoprire i nomi dei Gran Maestri senza aver trovato la frase  finale… -

-        Ma quale frase? – Francesca mi guardava come se fossi pazzo ma sul foglio cominciava ad apparire ciò che mi aspettavo.

-        Sono stato troppo superficiale nel leggere quella frase, avevo interpretato male ciò che ha scritto il professore. Scrivendo “Chi cerca un uomo” non stava parlando di chiunque cerchi un uomo“ , si riferiva ad un uomo in particolare.

Feci una pausa

-        Sciascia , ci sta dicendo che la Lista dei nomi è autentica ma che contiene altro e per scoprirlo…. dobbiamo usare gli strumenti di un vecchio saggio, un saggio che cercava un uomo…

-        Diogene! –

-        Brava!, proprio lui. E cosa usava Diogene? –

-        Andava in giro con una lanterna… ma che c’entra? –

-        Anticamente, per nascondere dei messaggi segreti in una lettera apparentemente “normale” si usava il succo di un limone…- spiegai

-        Cioè ha usato il succo del limone come inchiostro? Perché? –

-        Perché torna visibile appena viene riscaldato …dal calore di una lanterna ad esempio! -

E mentre ancora spiegavo cosa stessi facendo la frase scritta sul retro della Lista apparve in tutta la sua chiarezza.

- Incredibile! – Francesca era stupefatta.

                        Facendo attenzione di non essere seguiti ci avviammo, ormai prossimi alle prime luci dell’alba, a scoprire finalmente le ricchezze che ci aspettavano.        

 

Il Custode del Tesoro della Confraternita era dunque Vito Pellegrino, le cui spoglie furono conservate, insieme a quelle della sua famiglia, nella Chiesetta del Purgatorio. Per anni il Tesoro era stato custodito nella Chiesa di San Giuliano  ma quando essa dovette essere ristrutturata, l’allora Gran Maestro  a l’aveva spostato

nei sotterranei di casa sua che aveva poi donato insieme ai suoi averi alla Congregazione.

 

La Chiave dei sotterranei, che non veniva mai menzionata da alcun appartenente alla Loggia  doveva essere ancora in possesso di  a, in un luogo in cui i suoi successori erano certi che sarebbe stata al sicuro…

-        E cioè dove? – chiese Francesca vedendomi sicuro del fatto mio.

-        Beh, se ho capito come ragiona questa gente, c’è un solo motivo per cui Sigma, cioè Sciascia, ci ha indicato dov’è seppellito Pellegrino. –

-        Oh Dio….! Non vorrai dirmi che…- non finì la frase.

-        Eh si…, dobbiamo entrare nella chiesetta e profanare la tomba del fuVito Pellegrino!

-        Oh no…! -

 

Così, armati di piccozze e piedi di porco ci addentrammo nella Chiesetta del Purgatorio dall’ingresso sul retro che dava in una stradina meno frequentata.

Il resto in realtà fu facile, il sepolcro si trovava nel sotterraneo della chiesetta, in bella vista dentro un sarcofago di marmo.

         Ci avvicinammo alla reliquia, sul coperchio faceva bella mostra di se un simbolo a noi ormai familiare:

 

-        Eccoci, finalmente! – esclamai osservando il simbolo illuminato dalla luce della mia torcia elettrica; - diamoci da fare! –

Facendo leva con il piede di porco sollevai il coperchio e lo poggiai a terra aiutato da Francesca.

         Lentamente eseguii la stessa operazione con il coperchio della cassa e Francesca trattenne a stento un urlo alla vista del feretro ormai rinsecchito del Custode. Vestito con l’abito talare portava al collo una catena a cui era legata una strana chiave e sul ventre gli era stata deposta una busta con un sigillo di ceralacca: il simbolo dell’ultimo Gran Maestro : Pietro Sciascia, Sigma!

        

 

                  

 

 

Ci affrettammo a rimettere a posto i coperchi e portammo via tutto: chiave e busta.

Ne ero certo, quello era l’ultimo tassello!