segue il  Giornale di Ottavia Negri Velo

 

Trascrizione di Mirto Sardo

 

 

 1800

 

 

31 [gennaro 1800]

Si è rinchiuso il Conclave nei primi del passato, e nulla si penetra. Venezia ha con ciò qualche conforto.

Gran preparativi di guerra, e sufficienti rinforzi per rovinar il restante delle nostre forze, ma non bastanti a un tal inimico.

 

 

 

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28 [febbraio 1800]

Continua il Conclave: si nomina un Papa ogni giorno, ma niente di certo.

Gran susurri per le cedule, che il monopolio daziale e mercantile fa decadere all’eccesso. Ciò non è decoroso per un governo. La guerra sembra certa, ma traspirano delle lusinghe di pace. L’imperatore è troppo legato cogl’Inglesi. Essi vogliono tutto, e se la casa d’Austria perde un tal momento non si può prevedere le conseguenze.

 

 

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28 [marzo 1800]

Il Papa fu proclamato in Venezia il giorno 14 corrente nella persona del Cardinal Chiaramonti di Cesena col nome di Pio VII. Le funzioni si fecero ai 21 a San Giorgio Maggiore. In tal proposito si aspetta lettere di Vienna, che non giungono mai. Si dice cominciata la guerra. I Russi ritornano decisamente al loro paese. Kray tolto all’Italia rimpiazza il general in capo l’arciduca Carlo. Il caos è sempre più grande e riflessibile, e le nostre miserie e timori aumentano ogni giorno.

 

31 [marzo 1800]

È arrivata a Padova improvvisamente alle Dimesse la sorella dell’imperatore arciduchessa Marianna. Nessun ne penetra il motivo.

La guerra non pare ancora incominciata. Si racconta però dei fatti, che poco dopo sfumano. Ma non si ha gran lusinghe di pace.

 

 

 

 

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[aprile 1800]

Tutti sono arrabbiati per le cedule [cedole di pagamento in luogo di moneta vera], e le [requisite] carrette che devono servir l’armata. Non v’è ombra di sistemazione in qualsisia riguardo. Gli ospitali militari infettano il paese, e da novembre in quà si calcola più di 1800 morti fra Tedeschi e Francesi. Bel regalo a noi!

Adesso molti sospirano i poveri pantaloni. [=Il povero Governo veneto]

30 [aprile 1800]

Si comincia fortemente l’assedio di Genova. Sul Reno pajono ancora le cose tranquille, ma non si sa mai nulla, fra il mistero, e il torpore.

 

 

 

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31 [maggio 1800]

Si sente vittorie sopra vittorie degli Austriaci, e che arrivino sino a Nizza, ciò non piace di veder a disperdersi troppo l’armata diminuita dai frequenti attacchi nemici, dalle malattie, e mai rinforzata. Pare che Genova però debba cader presto.

Si vocifera che al reno Kray sia stato battuto, e si sia ritirato sino a Ulma.

I Russi son veramente ritornati al loro paese. Gran danno! Gran circostanza ancora l’aver veduta una nordica armata giungere in Italia, ricolmarsi di allori e per bravura, e per emulazione, passar essa inopinatamente nella Svizzera, perdersi quasi intieramente, e ritornar ai patri lari.

Il Papa è stato 6 giorni a Padova, dove sopravvenne l’ambasciata di Ghisilieri, che si disse mandato dall’imperatore per omaggio, e per levargli le legazioni: punto riflessibile in religione e in politica, ma ordinario in questi tempi del pretesto di pagar le spese della guerra. Ghisilieri s’imbarcherà col Pontefice sino a Pesaro, e questo anderà al possesso di Roma, e del suo diminuito principato. Egli sarà però il primo sovrano in Italia che rivveda il suo Stato.

 

 

 

 

 

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Primo [giugno 1800]

Si parla con oscurità delle nuove della guerra particolarmente d’Italia. Si vede Genova assediata, si sente gl’Inglesi a non sforzarsi gran fatto. Si osserva un’armata assai diminuita: i rinforzi mai non arrivano, e par ch’essa abbracci troppo terreno senza fondarsi in qualsisia luogo. Si vuole che la Francia sia in un gran movimento di guerra, e che a Dijon vi sia un (sic) grand’armata di riserva, con tutto ciò le buone nuove continuano.

4 [giugno 1800]

Si sparge la resa di Genova, ma non uffiziale. Si sospetta i Francesi nell’alto Milanese.

7 [giugno 1800]

Nel mentre che ai 4 si festeggiò la resa di Genova, Bonaparte entrò il primo corrente in Milano si dice con 3 mille uomini, locché non par credibile. Melas scrisse al Cocastelli, che questo era nel suo piano di abbandonar alcune provincie della Lombardia per prender in mezzo i Francesi: ma qui siamo in un vero smarrimento vedendo arrivare gli emigrati Milanesi, Bresciani, Bergamaschi, e vari Veronesi che non finiscono di farci terrore. Si teme un’invasione, e che questa sera o dimani i Francesi sieno a Verona.

10 [giugno 1800]

Genova è certamente resa, e si vocifera gran piano ad esecuzione di vittorie di Melas: ma si teme mentre 80 mille Francesi discendono, e sono in Lombardia.

18 [giugno 1800]

Seguono le vittorie Tedesche, ma non giungono mai né messi né lettere che davvero le confermino. Solo si calcola delle lettere scritte dal Melas alla vecchia sua moglie, che si leggono anche sulle Gazzette.

21 [giugno 1800]

Qual sbalordimento! Arriva al Marchese Ali di Cremona una lettera del Marchese Niccolo Gazoldo di Mantova in cui dice: Melas ha dovuto soccombere al numero, accettar dai Francesi un armistizio e ceder 14 piazze li 15 del corrente.

L’armata Tedesca salva con ciò la sua armata, li suoi bagagli: porzione dell’artiglieria si porterà tutta fra l’Oglio e il Graz, conserverà Mantova, Ferrara, Ancona, e la Toscana. Queste nuove non si vogliono credere, tanto eccedono l’umano intendimento.

23 [giugno 1800]

Pur troppo le nuove son vere, e Bonaparte si dice volato a tentar una simile sorpresa sul Reno dove si sostiene che ancor là le cose vadino a precipizio..

Si oppone ai Tedeschi l’incuranza delle forze nemiche che si suppone sui giornali fin dal decembre passato, la mancanza dei dovuti rinforzi che adesso tardamente al solito sono in marcia, la dispersione delle proprie forze a Nizza, e troppa guarnigione nelle piazze. Si parla del generale Zach prigioniero, si sospetta il Gabinetto, e il mondo intero. La traslazione di Kray al Reno, l’oppressione dell’arciduca Carlo, la rottura dei Russi, e mille cose che pare si studiino apposta per perdere. In questo caos ci vedo un gran destino, mentre dai coppi in giù nulla si può comprendere.

30 [giugno 1800]

Ora si vuole che i comandanti di Genova e Tortona ignari d’una capitolazione tanto terribile non vogliano cedere quelle piazze. Ma l’armistizio stampato a Milano che non si voleva crederlo vero si verifica ogni giorno pur troppo appuntino. Gran dicerie dolenti e arrabbiate dei poveri uffiziali. Si tien per certa la pace per necessità.

 

4 [luglio 1800]

Abbiamo il principe di Rohan Montbason col suo reggimento che va a Trieste. Bell’opera della Catalani con gran teatro.

Oggi giunse 6 generali francesi, e 90 uffiziali che vanno trionfanti al cambio.

Gran carriaggi, gran giro, gran incertezza, e lusinghe di pace.

14 [luglio 1800]

Seguita l’irrequieto passaggio, si va a Udine poi si ritorna. Il Campo Marzo è un emporio che ogni giorno si rinnova. Il peso e la miseria universale eccedente. Un giorno corre pace, l’altro guerra. Gli avvenimenti dei 14 e 15 del passato non fanno che sempre più sorprendere, e levare ogni fiducia per l’avvenire. Esser vittoriosi per 13 mesi, vincere fin l’ultimo giorno, e poi piombare in simili disgrazie la fantasia stessa non ci regge. Gli uffiziali arrabiati che dicono di non volersi più battere sostengono che Tougut sà tutto, l’imperator poco, e gli altri nulla.

I Francesi sono venuti sino alle porte di Ferrara, essi vogliono avvantaggiar sempre dimostrando o ignoranza, o pretesti, e dopo 10 anni la lealtà tedesca non arriva a conoscere un tal stile. Si vuol armistizio; Cobenzel e Saint Iulien in moto per negoziazioni, ma niente con fondamento

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18 [luglio 1800]

Ordine perché più non si parli di affari pubblici. Gran rovina del paese per condotte per fieni e per tutto: senza pagar nulla, monete infami, cedule screditate, e rischi in ogni contratto.

Tutto denota la guerra. Tutti gli ospitali partiti. Gran proviggionamento di fieno e grano che vanno anche a Verona. Gran voci di discesa dei Francesi da vari versi. Come mai i Tedeschi possono in tal momento cimentarsi? Pare decisamente che la Francia non voglia pace, o la voglia con dei gran sagrifizi della casa d’Austria. Dio ci salvi da tutte le catastrofe che ci minacciano, e ci faccian star men male. Le cose sono giunte a segno che tutti ne concordano.

31 [luglio 1800]

Si parla d’armistizio di 10 in 10 giorni. Si sente dopo tante dubbiezze che sia stato fatto anche al Reno. Si vive storditi e sorpresi.

 

7 [agosto 1800]

Arriva atteso un Armistizio non si sa come concluso. 15 milla uomini comandati dal generale Ott provenienti da Verona, e si accantonano fatalmente anche nelle Ville vicine alla nostra città in maniera da poter in termine di 2 ore passar la truppa a Montebello. Gran imbrogli, arresti, bastonate dei soldati ai padroni di casa per aver cercato o un poco di danno minore, o cercato di occultar in Villa qualche mobile non atto alla rovina militare.

30 [agosto 1800]

La truppa è nella stessa posizione, e le nuove di pace si tengono per sicure, quantunque gli apparati mostrino al contrario.

31 [agosto 1800]

Il generale Ott diede una militar festa di ballo nel Palazzo Cordellina.

Gran discorsi dei pesi mal ripartiti, dei vantaggi che alcuni ricavano nel maneggio degli affari, e gran conoscenza degli uomini e delle cose con rovina universale.

 

 

 

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Primo [settembre 1800]

La pace è tenuta per certa: ma Vicenza pare un arsenale, e tutto il mondo è disturbato. La miseria cresce fuor di misura, e si teme un’invernata penosa. Tutto par stabilito a nostro danno. Nulla si traspira. I militari dicono che deporrano le armi, e si vuol la pace da tutti i versi.

 

6 [settembre 1800]

Oggi tutta la truppa di Ott ha avuto ordine di partire, e in poche ore sloggiò: dapprima si sperò un utile avanzamento all’Adda in dipendenza della pace, e tutti liberati dai soldati, e lusingati dalla pace giubilavano: momenti dopo l’artiglieria, e molta truppa venuta di Germania susseguirono il tutto a Verona, e si tien per inopinatamente decisa la guerra. Si son fatti dei campi sotto Legnago, a Arcole, e a San Michele, e si dice che ai 10 spiri l’armistizio. Dio voglia terminare tante sciagure come più gli piace: speranze non ce ne sono che nella sola Provvidenza.

17 [settembre 1800]

Finora nulla di nuovo: ora guerra decisa, ora armistizio. Tutta l’Imperial casa [=gli Arciduchi Carlo, Giovanni, Giacomo] finalmente alla testa dell’armata, speranza di coalizzazione colla Russia. Della Prussia mai si parla, ed è immobile nel suo adottato sistema; essa vien creduta mediatrice di pace. Ma l’inazione dell’armata francese superiore di molto all’austriaca fa sperare la pace. Ma la verità resta al solito nel fondo del pozzo.

27 [settembre 1800]

Si dice che i Francesi fingevano d’ignorare il nuovo armistizio concluso per 45 giorni cominciando ai 20 di settembre con avviso 15 giorni prima per la rottura, e che volevano tentare una sorpresa. Ma Bellegarde riunindo 8 mille uomini di cavalleria li spaventò e fecero dire, che il corriere loro era arrivato colla nuova dell’armistizio. Si crede in conseguenza che la truppa ritroceda all’antico accantonamento. Colla speranza di pace si soffre tutto.

 

28 [settembre 1800]

Arrivava la truppa e i cannoni, quando improvvisamente ebbero ordine di ritornar a Verona.

 

30 [settembre 1800]

Si conferma la nuova dell’armistizio per 45 giorni. Ora si conosce a proprie spese il prezzo del tempo, e cosa siamo ridotti? In conseguenza di ciò si sente tutto il Quartier generale in movimento per risiedere nella piccola città di Vicenza. Per qual motivo succeda ciò non è dato né al ragionamento, né alle congetture qualsisia base sostenibile. Vedremo: intanto si dice armistizio certo: pace sicura come si potrà, e allontanata non si sà per quanto la guerra. Lo smarrimento per la miseria universale è troppo naturale, ma la provvidenza saprà cangiare in bene tante calamità.

 

 

 

 

 

 

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P.mo [ottobre 1800]

Il Quartier generale è in viaggio, le truppa, e gran cavalleria. Siamo esausti di tutto, e particolarmente di foraggi.

 

5 [ottobre 1800]

Arriva Mitrouschi, Bellegarde, Zach, e tutto lo Stato Maggiore. La città è piena zeppa, e 8 mille uomini si accantoneranno in territorio. Gran rovine, e senza speranze.

Si sente che il prezzo di questi miseri 45 giorni d’armistizio fu l’ipoteca delle piazze importante di Filisburgo, Inglostad, e Ulma.

15 [ottobre 1800]

Senza alcun fondamento si spera la pace.

16 [ottobre 1800]

Inopinatamente giunge la nuova che l’armistizio è rotto dai Francesi antecipando vari giorni del convenuto; però nulla si traspira di positivo.

17 [ottobre 1800]

Si sa che i Francesi hanno invasa la Toscana e per conseguenza rotto l’armistizio. Pare che il Quartier generale sia in moto per partire. Qui non si sa cosa credere, e cosa sperare.

18 [ottobre 1800]

Si dice che in questa settimana partirà tutta la truppa. Chi dice il quartier generale a Castelluccio, chi assicura che la massa Ungarese è in marcia, chi sostiene che la nostra armata è bella, e che sono guariti i 22 milla ammalati che avevamo, infine si sostiene a fior di labbra mille belle cose, ma io temo di tutto. Non che l’esperienza non ci abbia addottrinati in questa guerra a creder tutto possibile: il solo 1799 potrebbe rinfrancare, ma chi ci rinfranca della continuazione, mentre ora vediamo quasi perduto tutto l’acquistato. Deposto Tougut, deposti dei gran generali, e un certo giro di distruzione e scioglimento interno che spaventa. Come mai l’Inghilterra, la Russia, la Prussia non pensano davvero ai loro essenziali interessi. Come mai gli uomini par che generalmente collimino alla propria rovina. La Provvidenza e il tempo farà veder le cose, mentre ora tutto fa tremare.

Questa sera Bellegarde venne alla commedia, e questa fu la prima volta che si fece vedere. Gli affari sono immensi, e lavora assai. Si dice che è affabile, cortigiano, pieno di talenti e amato dalla truppa.

Elzeniz generale deposto dice che si gloria d’aver per compagno di tal disgrazia l’arciduca Carlo e Kray, e che andrà a giustificarsi a Vienna.

Teller generale deposto disse: io ho perduto nella Svizzera tutta la mia gente, e la cassa militare, e mi son salvato solo; non crederei che per ciò non accettassero la mia giustificazione.

Il general de’ nobili si dice rimesso per essere amato da Bellegarde.

Zach è in posto, la cera è brutta, ma i suoi talenti sono grandi.

19 [ottobre 1800]

Si è sparso in questi giorni che verrà soppresso i conventi di Santa Giustina, San Giorgio Maggiore, e Praja [=abbazia di Praglia, sui colli Eugane], se ciò succede si potrà ben dire quod non fecerunt barbari fecerunt barbarini. [sic]

Si dice deposto Tougut, e rimpiazzato dal conte di Lerbach. Si vuol il primo destinato Governatore a Venezia.

Ora a Venezia c’è il sig. Ronner, e s’incammina l’Ottinger. Dio ce la mandi buona.

Si sparge che la Toscana non sia invasa, e si vuole che la truppa tutta sia di partenza ai 23. Tutto è incerto dettratto la nostra rovina. Si consuma più di 70 carra di fieno al giorno, carreggi immensi che distruggono tutto, grani al prezzo che si vuole, doppi campatici, casatico, e altro: la popolazione non ne può più. Alloggio di soldati in città e in Villa pare che si voglia distruggerci in ogni guisa. Poi si tratta con maniere superbe e sospettose, e si mostra perciò l’odio pel nome Italiano: questo concambia dal canto suo, e tutto diviene indifferente.

Il misero Stato Veneto osserva e soffre la sua rovina, e non scorge un avvenir fortunato per esso: tutto è dubbioso tutto può succedere. C’è la guerra, c’è l’alleanza, c’è la cessione, c’è l’accompimento del Trattato di Campoformido, e c’è l’invernata fra noi, locché par più credibile. Quello che par difficile è di poter avvanzare pacificamente. Fa pena di sentir l’uffiziale anche di Stato Maggiore a parlar con un tal avvilimento, e con una schiettezza quasi imperdonabile. Non si sa più a quel che sembra né agire. né sostenersi.

22 [ottobre 1800]

La Toscana è poi invasa. Mi sembra che il tedesco sia qual bravo schermidore colla spada in mano, il qual passando uno gli dà uno schiaffo, e convien tenerlo. Adesso si dice guerra guerra, ma non si muove un dito. Si vuol l’imperatore, l’arciduca Carlo e Bellegarde al Reno: Mak, e l’arciduca Ferdinando in Italia, e che in Galizia non si semina per il passaggio dei Russi, che certamente si sono di nuovo coalizzati. Qual debba essere il scioglimento d’una scena tanto rovinosa, oscura, e ignominiosa il Cielo lo sà: noi stiam qui zitti zitti, e non si prevede che disgrazie.

Il Quartier generale non si muove: Bellegarde con Zach è andato a Venezia.

Non si ha più foraggi, e la cavalleria ci distrugge.

Tratto tratto si ha delle notizie confuse, ma il mistero è talmente grande, che sembra a quel ch’io credo inconcepibile a chi lo maneggia, e deve scioglierlo.

Qual terribile terminar di questo secolo, di cui ne resta abbastanza per realizzare tante temute dicerie che suol sempre immaginarsi di 100 anni in cent’anni. La misera Italia corre a gran passi alla sua rovina. Non v’è che il suo Cielo, e il suo terreno per confortare nell’avvenire, ma per il presente ogni speranza è quasi dileguata.

27 [ottobre 1800]

Ieri arrivò Bellegarde da Venezia. Oggi giunge un corrier da Vienna che porta a cognizione nostra l’ordine della partenza di tutta la truppa che sarà in piena marcia il primo del venturo. Si vuole che l’imperatore richieda dai Francesi l’evacuazione della Toscana, altrimenti terminato ai 5 l’armistizio comincieranno le ostilità. Comunemente si crede qualche altra cessione, altro armistizio, e l’invernal stagione nell’infelice Stato Veneto: altri dicono guerra guerra, ma agli occhi di tutti, senza coalizzioni l’affare è sproporzionato.

Si parla che il Ferrarese e il Polesine abbia dei timori d’una invasione. Il Francese è troppo avido della roba altrui, e non è contento se non quando se ne impossessa: il Tedesco è tardo, e non conosce l’inimico, questo, al contrario lo conosce e agisce.

Quì si si consuma di sostanze e di timori, e non v’è speranze.

Si dice gran orrori della situazione dei Cisalpini: a me sembra che coi Francesi si muoja d’infiammazione: coi Tedeschi di consunzione in materia d’interesse.

Tutti gli uffiziali fanno bagaglio, si lasciano veder poco, e sembrano molto melanconici: una guerra di tal natura non lascia luogo a una ragionevole presunzione. Non vagliono né disciplina, né truppe, né generali contro gli affari di ragiro, o contro a una decisa avversità.

29 [ottobre 1800]

La truppa è in movimento: passano li seccantissimi e malaugurati barconi, i quali potrebbero star sempre a Verona per l’occorrenza senza annoiare col loro continuo anderivieni. Il Quartier generale partirà la ventura settimana. Gran corrieri arrivano ventre a terra, ma non si sa nulla. Intanto i Francesi o si fortificano in Toscana, o l’hanno ben spogliata, e i Tedeschi con un’armata di 100 milla attende da Vienna gli ordini per respingere gli oltraggi. Il Francese conosce l’andamento, e si fa gioco di essi: con un nemico più sollecito non si prenderebbe simili libertà. Ma la fatalità permette tutto in favor dei Francesi: cosa dunque si può sperare? una lunga lotta, ma la finale par decisa.

Ogni giorno vediamo in Campo Marzo l’esercizio dei Granatieri: al veder questa brava gente, e la cavalleria tedesca si calcolerebbero come invincibili: ma a me pare che sia una disgrazia una tal bravura: mentre pressumendone assai si trascura la direzione, pare che ogni ottuagenario generale sia capace di condurla, ed è vero in qualche senso, ma condotta meglio, e favorevole il Gabinetto si vedrebbero dei prodigi; è altresì vero che il Tedesco non sa far da se, e se manca il loro comandante restano anche 200 uomini come tante statue. Il Francese per soldato semplice che sia ha dei ripieghi sul momento, e ognuno la fa da comandante. La natura e non l’arte sola li ha fatti nascer per la guerra.

Il povero Italiano osserva a proprie spese li difetti dei stranieri, e qual pecora soggiace alla forza. Non ha che il conforto di credere che tardamente ne avrà vendetta.

31 [ottobre 1800]

Arrivo di cavalleria, Caragiai, Wirtemberg, Melas, in tutto 7 reggimenti, che hanno divorato i nostri foraggi: bell’accampamento nei prati del Trento al Salizà: sulla sera giunsero 7 milla uomini di fanteria.

Tutti dicono che sarà guerra: i soldati pajono giulivi, speriamo che s’incoronino di gloria, e non di spine.

 

 

 

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Primo [novembre 1800]

Tempo orribile: pioggia dirotta che ci toglie lo spettacolo di veder Bellegarde alla testa della sua truppa: partì egli in legno, accompagnato dalla Fanteria de’ Granatieri, e cavalleria. Tutta questa mattina tutto va verso Verona, e resteremo senza presidio. Si sparge morto Bonaparte, i Francesi ritirati all’Adda, e mille speranze che fra pochi giorni si verificheranno. Noi siamo talmente avvezzi alle cose grandi, che nulla più ci sorprende, e un tal avvenimento che in addietro ci avrebbe assai conturbati l’abbiamo riguardato come un passatempo.

Gli uffiziali dicono tutti di ritornare fra pochi giorni, ma una tal voce è troppo generale, perché non venga creduta artifiziosa.

2 [novembre 1800]

Nel mentre che si credeva guerra, gran truppa discesa dal Tirolo, massa Ongarese, e Russi in marcia, vedemmo verso sera a ritornar la truppa, e incontrarsi col gran treno di artiglieria che pacatamente andava a Verona: si dice evacuata la Toscana e armistizio fino ai 5 di marzo.

3 [novembre 1800]

Oggi corre incertezza dell’evacuazione della Toscana: gran conferenze dell’ajutante del generale Brun con Bellegarde per dar un armistizio fino ai 8 e i Tedeschi fino ai 18 e 20. Cosa si faccia non si sà: solo si vede raccolta tutta la truppa sulle nostre spalle, e poi chi sa quali condizioni o guerra. Si assicura che sulla mossa generale della nostra armata i Francesi non si son neppur mossi. Tutto serve a dimostrar la singolarità d’una tal lotta, e a farci anche lusingare che succedendo sempre quel che non si crede in mezzo del nostro avvilimento verranno delle inaspettate risorse.

Gli Uffiziali si mostrano d’un’allegria inusitata: convien che sperino che in un modo o nell’altro verrà terminata questa interminabile guerra.

4 [novembre 1800]

Niente si sa: sempre s’attendono i tardigradi ordini di Vienna. Il Quartier generale si crede a Valeggo, ma non si sà. Abbiamo qui due reggimenti di cavalleria per foraggiare. Siamo invasi d’uffiziali che vengono a riscuoter la paga. Siamo minacciati di non averne più nissuno, e si organizza la Guardia Civica di un nobile con 20 artigiani da 18 a 50 anni. Come debba terminar la scena niuno lo può nemmen congetturare.

16 [novembre 1800]

Non più pace né armistizi. Tutta la truppa debbe esser in marcia ai 20 spirando l’armistizio ai 23. Tutti dicono guerra, ma si crede ancora altri armistizi.

30 [novembre 1800]

L’armata è partita. Gran veduta a Gherla di questa a quel che si dice numerosa armata. Gran silenzio di Bellegarde. Tutti credono guerra, ma niente si sà.

 

10 [dicembre 1800]

Si è sorpresi di vedere le due armate a fronte in quest’orrida stagione, senza che nulla succeda. Si vuole alcune scaramuccie, ma in tutto, e per tutto v’è un mistero, e un caos incomprensibile. Quello che fatalmente è palese è le somma rovina nostra, foraggi, biade, carreggi, lettere imperiose, comandi di generali, dei Veneziani, dei Vicentini, di tutti, e l’imperatore è il meno che comandi. Faccia la Provvidenza, mentre i pesi, e i lamenti arrivano all’eccesso.

15 [dicembre 1800]

Si vive in una penosa tranquilità. Il Quartier generale a Villafranca. Tutta l’armata accantonata provvisoriamente sulla devastazione di quei miseri villaggi. Immensi approvvigionamenti, esazioni sull’estimo terribili, e Dio sà quando cesseranno. Si vuole vittorie sulla Romagna, ma qui non si fa un passo: si dice che si attendino le notizie del Tirolo per agire. Sul Reno gli affari vanno male. Si dice Bonaparte partito da Parigi, e diretto non si sa se alla Germania o all’Italia. Sempreppiù le cose si ripongono in un caos di cui solo la Provvidenza potrà rivolgerle in bene.

25 [dicembre 1800]

Si parla di pesi, e di continui proclami, e si ha la soddisfazione di sommi elogi in confronto di Padova.

Si parlava assai male degli affari dell’arciduca Giovanni in Germania: ora si vogliono rimessi. Bellegarde in Italia và e si ritira: si dice sempre gran cose, ma in fondo piccole scaramuccie e alcuni prigionieri. Cento è preso, ma niente si sà.

27 [dicembre 1800]

Mentre si stava lusingati di alcune masticate vittorie austriache si sente dopo un fiero cannonamento dal dì di Natale in poi che i Francesi il giorno 26 con gran perdita di gente vinsero la battaglia, e passarono il Mincio. I Tedeschi si son ritirati alla linea dell’Adige. Arrivano alcuni Veronesi dai quali al solito non si rileva che molta confusione. In pieno però gli affari van male, e la speranza in chi riflette si dilegua. Faccia la Provvidenza: i mezzi umani mancano al certo: un’armata avvilita, dimezzata, e sola non può resistere a una nazione ardita e forte, e una guerra d’opinione sarà sempre terribile. Come si potrà sostenere i vinti, e i vincitori, e le varie vicende a cui si dovrà fatalmente soggiacere il solo pensiero vi rifugge e disanima qualunque fermezza. Non siam più quelli del ’96 in cui l’abbondanza di tutto faceva viver almeno in ciò tranquilli. Quattr’anni di guerra, molte esazioni, e annate cattive ci hanno resi quasi esausti. I bisogni crescono, e i mezzi mancano. Se una pace qualunque si accettasse, ma pare che tutto sia deciso per la peggio.

28 [dicembre 1800]

Oggi corre la notizia che Wuscachovic dal Tirolo sia disceso vittoriosamente verso la Rocca di Anfo, affare per cui i Francesi si ritirarono alle prime posizioni di là dal Mincio. Quì né il general Mosel, né le Cancellarie sanno nulla.

29 [dicembre 1800]

Le notizie sono precipizi: i Francesi son sotto Verona. Il Vescovo, Moggia, Polizia, e altri Veronesi dicono che seguirà una battaglia, e che si avrà l’avvantaggio questa volta delle alture. Crilet scrive la nuova di Wuscachovic, ma noi siamo rovinati. S’attende notizie, ma i Tedeschi son statue che aspettan l’ordine, e non si curan d’altro. Io spero nella Provvidenza mentre agli occhi nostri l’affare è perduto, i Francesi sono in gran numero, hanno affrettato ad attaccare per antecipar l’arrivo dei Russi, e delle masse Ongaresi, sicché noi colle nostre fatali, necessarie, diaboliche tardanze siamo in pochi, e per quanto la fortuna volesse provvederci potressimo vincer la prima battaglia, ma la seconda, la terza, la quarta; convien vittoriosamente darsi vinti come a Marengo.

La catastrofe del terminar di questo secolo è così grande che il pensiero non può sostenerla. La Francia è arrivata a un punto di cui non si conosce argini per trattenerla. Qual vastità di riflessi, di rovine, e di pene. Non ci voleva che l’unione reale sincera ed energica di tutte le potenze, ma la Provvidenza ha permesso un acciecamento quasi unico nella storia; ha altresì permesso che la maggior parte degli uomini corrano col genio alla propria rovina. Ella ci salverà quando ci avrà abbastanza castigati.

 

30 [dicembre 1800]

Questa mattina si dice i Francesi a Verona, e alcune balle in quella città. Quì arrivano a processione carriaggi, barconi, parco d’artiglieria, ma non uomini, anzi vi si mandano alcuni cannoni. È partito il Vescovo, e si trema. Verso sera arriva la notizia che avendo ritirata Bellegarde la sua armata nella valida posizione fuori della porta del Vescovo, questa si sia di nuovo mossa ed abbia respinto i Francesi da 10 miglia. Gli uffiziali dicono che siamo in pochi in ragione della linea che hanno a difender: si spera Wuscachovic, Laudon, e rinforzi, ma si teme che nel Tirolo le cose o non vadano bene, o che ci sia pochi avvantaggi. Si sente che da Vienna sia partita la famiglia imperiale col pretesto di veder le masse Ongaresi; ma in fondo perché al Danubio vi sieno dei svantaggi. In fatti non si ha mandato l’arciduca Carlo, che dopo che l’armata è stata battuta sotto l’arciduca Giovanni. È destinato tutto per la peggio. Ora si spera, ma quanto durerà questo poco di bene con tanti fondamenti pur troppo fatali.

 

31 [dicembre 1800]

L’Anguissola non è partito. I Tedeschi sono a Santa Lucia, e si crede che coi rinforzi di Somariva a Ferrara, e di Wuscachovic disceso dal Tirolo di respingere i Francesi, ma si trema.Verso le 9 della sera arriva alla posta generale lo stampato dell’armistizio generale fino alla pace. Questa nuova ha consolato chiunque ha umanità. La modalità diverrà interessante per noi, ma la Provvidenza che ci ha assistiti in così evidente pericolo ci assisterà anche per l’avvenire facendo succedere il nostro meglio.

Oggi terminiamo un secolo che ci ha veduti felici, e ci ha condotti su gli ultimi dieci anni alle terribili catastrofi che ci hanno in tante guise trasfigurati. Faccia il nostro Dio che il secolo che incontriamo ci riconduca almeno quella calma senza la quale la vita è un peso.

 

 

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