La Storia di Massimo: Capitoli 31 – 35

 

 

 

Capitolo 31 - Ercole 2

Olivia camminava senza fretta giù per il viottolo che conduceva sul retro della casa. Durante il cammino faceva commenti sulla conduzione della fattoria.
- Teniamo laggiù gli stalloni e quaggiù le giumente. Alcuni stalloni devono essere tenuti separati dagli altri e sono chiusi in un recinto dietro la scuderia. Le giumente con puledri sono nella scuderia, come anche le giumente all'inizio della gravidanza. Vuoi vederle?

Al cenno di assenso di Massimo, Olivia aprì la pesante porta e prese da terra la lanterna che si trovava all'interno. Prestando molta attenzione, accese altre tre lanterne e le sistemò su lastre di pietra poste ben lontane dalla paglia.
- Il fuoco è il nostro peggior nemico, - commentò. L'interno era ancora piuttosto buio, ma gli occhi di Massimo si adattarono rapidamente ed egli seguì le sbuffate e i sommessi nitriti fino agli stalli, che contenevano belle giumente con puledri addormentati. Massimo con delicatezza strofinò dietro gli orecchi una giumenta, mentre ne ammirava il giovane puledro che stava vicino a lei su zampe incerte.

- Ha solo pochi giorni. Suo padre è Argento, e diventerà sicuramente una bellezza. - La tenue luce della lampada illuminava il viso di Massimo mentre ammirava i cavalli, e Olivia fu commossa dalla tenerezza negli occhi di lui e dalla delicatezza del suo tocco. Continuarono giù per la scuderia finché raggiunsero l'ultimo stallo. - Ti piacciono i cani?

- Li adoro. Ne ho avuto uno all'accampamento per anni. A dire il vero apparteneva al generale, ma in realtà era come se fosse mio.

- Che cosa gli è accaduto?

Massimo esitò. - Morì.

- Mi dispiace, - disse lei, poi il suo viso si aprì in un largo sorriso. - Anche a me piacciono i cani. Guarda qui. - Aprì la porta dello stallo ed un cucciolo assopito ruzzolò fuori sul pavimento di pietra con un guaito di sorpresa. Bastò a svegliare i suoi fratelli e presto lo stallo fu pieno di vita, con cuccioli grigi e neri che si agitavano.

Massimo rise e si curvò a prendere il primo cane.
- Posso? - chiese, facendo un cenno verso lo stallo.

- Certo. Adorano essere coccolati.

Egli camminò sulla paglia e sedette per terra, attento che non ci fossero cuccioli sotto di lui. Immediatamente i cuccioli furono tutti su di lui, rosicchiando le sue mostrine di cuoio, mordendo i suoi stivali con denti affilati come aghi e graffiandogli le braccia mentre cercavano di arrampicarsi fino al suo viso. Due ci riuscirono e lui sentì le calde lingue leccargli l'orecchio e il collo. Rise di autentico piacere.

Olivia accese un'altra lanterna e la tenne alta, così che Massimo potesse vedere meglio gli animali. Poi egli scrutò la madre, alquanto indifferente alla sua presenza poiché continuava a dormire. Era completamente nera, difficile da distinguere nell'ombra. All'improvviso Massimo gridò per il dolore e acchiappò un cucciolo che aveva trovato il lobo del suo orecchio masticandolo con energia. Tenne sospeso in aria il fagotto che si dibatteva, per vederlo meglio.
- Sembra un cucciolo di lupo!

- Sua madre scomparve per una settimana e quando ritornò era gravida. Credo che suo padre sia un lupo perché qualche volta, di notte, lo sento ululare a lei, e lei gli risponde. E' molto triste, davvero, che non possano stare insieme. - Olivia si accovacciò a fianco di Massimo e guardò il cucciolo grigio che lui stava studiando. - Questo, in particolare, somiglia al suo papà.

- Sarà magnifico.

- Ai tribuni è permesso tenere i cani?

- Oh, sì... - cominciò Massimo, prima di capire ciò che lei stava per suggerire.

- Bene... ti piacerebbe averlo?

- Ne sei sicura?

- Certo. Non possiamo proprio tenere tutti questi cani nella fattoria e poche persone vorrebbero un animale che ha un lupo per padre.

Massimo si strinse teneramente al collo il cucciolo.
- Grazie. - Sorrise ad Olivia. - Quando potranno lasciare la madre?

- Tra una settimana circa... hai un sacco di tempo per pensare ad un nome da dargli.

- Ercole. Il suo nome è Ercole.

Olivia non ebbe bisogno di farsi dire che l'altro suo cane si era chiamato Ercole. Si sedette al suo fianco e in silenzio accarezzarono i cuccioli finché questi si riaddormentarono, poi li misero vicini alla loro madre per tenerli al caldo e uscirono dallo stallo.

Mentre Olivia si dirigeva alla porta sentì una gentile tirata ai capelli. Si fermò ma non si voltò, poi tremò quando le labbra di Massimo toccarono il suo orecchio.

- C'è della paglia nei tuoi capelli, - mormorò lui mentre con dolcezza le pettinava con le dita la folta chioma. Olivia chiuse gli occhi e assaporò la sensazione del suo tocco mentre le punte delle sue dita le sfioravano la schiena, le braccia e le spalle. - Ecco, - disse lui, la voce molto profonda e calma. - Credo di averla tolta tutta. - Olivia non si mosse ancora, così Massimo le avvolse le braccia intorno alla vita e seppellì il volto nella sua spalla tra i suoi capelli, respirando profondamente il suo profumo di rosa. Lei si lasciò andare contro di lui avvertendo uno sconosciuto formicolio ai seni. Riusciva lui a udire il suo cuore che martellava? Sentì le labbra di lui sul collo e con un'esclamazione di rammarico si scostò da lui e roteò su se stessa.

- Mi dispiace, - mormorò lui. - Non avevo il diritto di farlo.

Il respiro di Olivia era irregolare.
- Faremmo meglio ad andare, - disse e raggiunse la lampada vicino alla porta per spegnerla.

Così facendo, qualcosa sul davanzale della finestra attirò lo sguardo di Massimo.
- Aspetta. - Le bloccò la mano. - Che cosa sono quelle?

- Statuette. Per la maggior parte cavalli e cani.

Massimo ne prese una e se la rigirò tra le mani.
- Questa è stupenda. Le proporzioni del cavallo sono perfette. Chi l'ha fatta?

- Io.

- Le hai fatte tutte tu? - Era sbalordito. - Quando trovi il tempo di farle?

- A volte lavoro su di una per mesi. Altre volte riesco a farne una in pochi giorni. Dipende da quanto siamo occupati con i cavalli. Per la maggior parte le intaglio a casa tua.

- A casa mia?

- Sì. La tua casa è sempre stata per me un luogo per fuggire da quest'affollata fattoria. Un luogo solitario. C'è silenzio, laggiù, ed io riesco a pensare.

Massimo appoggiò una spalla contro al davanzale e lasciò che continuasse, il viso di lei dolcemente ombreggiato dal chiaro di luna.

- Ero agitata la prima volta che ti vidi là. Avevo indovinato chi eri, ma ero risentita della tua intrusione nel mio spazio... o in ciò che consideravo il mio spazio.

- Quella rosa rampicante sopra la porta... l'hai curata tu?

Lei annuì.
- Il fuoco l'aveva quasi uccisa, ma stava cercando di ricrescere così io strappai le erbacce e mi accertai che avesse dell'acqua. Da anni ne uso i fiori per profumare i saponi che adopero.

- Sento il profumo delle rose nei tuoi capelli. - Massimo allungò un dito esitante e le accarezzò la guancia. - E' ancora il tuo rifugio e puoi tornarvi ogni volta che vuoi. Spero che non ti dispiaccia dividerlo con me.

Lei studiò il suo viso.
- Che aspetto hai sotto tutto quel pelo?

Massimo rise.
- Piuttosto comune.

- Ne dubito. - Gli tirò la barba scherzosamente. - Porterò forbici e rasoio la prossima volta che verrò. Io taglio i capelli di tutti i miei fratelli.

- Quando verrai?

- Quando ti piacerebbe?

- Domani.

- Va bene.

- Tuo padre non si preoccupa che tu rimanga da sola con me?

- Dovrebbe?

Massimo rimase in silenzio per un lungo momento. - Non lo so.

- Credo che si fidi di te, soldato. E... credo che tu gli piaccia... gli piaccia molto. - D'un tratto Olivia rise. - A cena ti guardava nel modo in cui valuta gli stalloni che ha intenzione di far procreare.

- Ah, davvero. E pensi che io abbia soddisfatto i suoi criteri?

- Mettiamola in questo modo. Se tu fossi uno stallone, saresti molto indaffarato da queste parti. - Audacemente, si avvicinò molto a Massimo, i seni che sfioravano la sua corazza di cuoio. - Ma questa giumenta potrebbe non essere per niente contenta se tu montassi qualche altra giumenta.

Massimo l'attirò tra le sue braccia, sfiorandole le labbra con le proprie. Approfondì il bacio e lei rispose con eguale passione, le loro lingue si toccavano e stuzzicavano.

Olivia si staccò da lui appena prima che Persio irrompesse dalla porta.

- Lo sapevo. Siete stati tutto il tempo qui dentro. Lo sapevo che non gli avresti mostrato il fienile! Vieni con me, Massimo. Ti porto io in giro.

Massimo sogghignò e le strizzò l'occhio appena prima di scomparire dietro la porta, affrettandosi a raggiungere il fratello di lei.

Olivia appoggiò la fronte contro il vetro fresco e lo guardò scomparire nell'oscurità della notte. Adesso sapeva senza alcun dubbio che questo era l'uomo che avrebbe sposato.

Lo sapeva anche lui?

 

Capitolo 32 - Ricostruzione

Il giorno seguente Massimo sedeva sul muro di pietra di ciò che una volta era stata la sua casa, mentre Olivia gli metteva in ordine i capelli e la barba con un rasoio. Persio indossava l'ingombrante armatura di metallo di Massimo, roteando la sua spada, decapitando ogni cespuglio e arbusto entro la sua portata.

- E' al sicuro con quell'affare? - chiese Olivia.

- Probabilmente no, - rispose Massimo. Era rimasto molto deluso nel vedere Persio camminare di buon passo a fianco di Olivia quando si erano avvicinati alla sua proprietà quella mattina.

Olivia aveva semplicemente scrollato le spalle e detto:
- Papà ha insistito.

- Uomo scaltro, - brontolò Massimo sottovoce.

- Hai detto qualcosa? - chiese Olivia.

Massimo si protese all'indietro e le afferrò la mano portandosela alle labbra.
- Non riusciamo a sbarazzarci di lui?

- Che cosa suggerisci?

- Non lo so, - Massimo sembrava scoraggiato. Lasciò andare la mano di lei.

- Mio padre mi ha fatto una ramanzina stamattina, su una giumenta in calore ed uno stallone focoso, - Olivia rise.

- Può non sembrare dopo la notte scorsa, ma io non mi approfitterei mai di te.

Olivia continuò a lavorare in silenzio per un po' muovendoglisi intorno e di fronte, i seni a livello degli occhi di Massimo. Lui gemette. Forse era una buona cosa che Persio fosse lì, dopotutto.

- Quando devi andartene, Massimo?

- Non lo so. Speravo di rimanere per l'estate, ma potrei essere richiamato prima di allora.

- Un soldato non fa molta vita al di fuori dell'esercito, vero?

- Molti soldati hanno donne e famiglie. Le legioni non si spostano spesso, così i soldati fanno conoscenza con le donne del luogo e hanno dei figli da loro.

- Ma non sono sposati. Ai soldati non è permesso sposarsi. Penso che sia una legge assurda.

- Ha uno scopo, suppongo.

- E quale sarebbe?

- Mantenere la mente di un uomo sul combattimento. Quando va in congedo, l'unione diventa legale e i figli vengono legittimati, ma non prima di allora.

- Mi stai dicendo che nessun soldato in tutto l'impero romano è sposato? - Massimo si accorse che Olivia era arrabbiata perché la presa di lei sui suoi capelli si era serrata.

- Alcuni lo sono. Qualche volta a un soldato può essere concessa una dispensa speciale per sposarsi, per una ragione o per l'altra, - disse Massimo lentamente. Rifletté se continuare, ma decise di dirle la verità. - Marco Aurelio mi ha dato tale dispensa.

Le mani di lei si immobilizzarono.
- Che cosa? Ti è permesso sposarti? Perché?

- Te lo dirò, un giorno.

Olivia poggiò il rasoio sul muro e afferrò il volto di Massimo tra le mani.
- Dimmelo adesso.

- Siediti.

- No. Dimmelo.

Massimo sospirò.
- Molti anni fa mi innamorai della figlia di Marco Aurelio. - Si fermò.

Olivia digerì l'informazione.
- Lei ti amava?

- Sì. Era promessa all'imperatore Lucio Vero a quel tempo, ma io non lo sapevo. Lei non me lo disse. Ci rimasi molto male quando scoprii la sua menzogna e Marco Aurelio, per bilanciare le cose, mi concesse il permesso di sposare una donna di mia scelta. Ce l'ho per iscritto.

- Come si chiamava?

- Ha importanza?

Olivia lanciò un'occhiata a suo fratello che stava ancora giocando a fare il soldato, poi si sedette sulle ginocchia di Massimo.
- No, ma dimmelo lo stesso.

- Lucilla.

- Era bella?

- Sì. Ma non più bella di te.

- La ami ancora?

- No. No, non penso più a lei da un bel po' di tempo. Non è Lucilla che amo, adesso.

Olivia premette le labbra sulla fronte di Massimo e chiuse gli occhi.
- Ami qualcuna, adesso?

- Sì. Una bella fanciulla dai fluenti capelli neri che tormenta i miei sogni.

- Che strano. E' un soldato a tormentare i miei sogni.

Massimo la circondò con le braccia e la tenne stretta.
- Olivia, ho così poco da offrirti, nemmeno una casa.

- Tu hai tutto da offrirmi, amore mio.

- Sei abituata ad un tale lusso. Io sono abbastanza ricco, ma non ho una casa, nessuna certezza, nessuna garanzia che sarò qui quando avrai bisogno di me.

- Molti uomini mi hanno offerto tutte queste cose, ma io non le ho volute.

- Io vivo in un tugurio.

Olivia rise attraverso le lacrime che le luccicavano negli occhi e si voltò a guardare la povera cosa di legno.
- Questo è certo, amore mio, ma sembra abbastanza grande per due.

- Non oserei mai chiedere a tuo padre il permesso di sposarti senza una casa appropriata da offrirti, - sussurrò Massimo.

La loro intimità fu interrotta da Persio, che era riuscito ad uccidere un coniglio e lo teneva orgogliosamente in alto per mostrarlo loro, il sangue fresco che gli gocciolava lungo il braccio.
- Guardate che cosa...

- Vai via! - gridarono all'unisono gli innamorati e uno sconvolto Persio se la diede a gambe in direzione del ruscello.

- Massimo, ascoltami. - Olivia si mise in ginocchio e gli prese le mani nelle sue. - Preferirei vivere con te in quel tugurio di legno che vivere ancora un giorno nella villa di mio padre senza di te. Ti amo, capisci? Quante volte una donna ha l'opportunità di sposare un uomo che lei ama veramente?

- Anch'io ti amo.

- Allora...

- No. Non finché non avrò una casa almeno decorosa. Non deve essere grande, ma deve essere sicura.

- Uomo testardo. - Olivia si alzò e si mise le mani sui fianchi. - Non mi lasci alcuna scelta, vedo. - Si voltò e chiamò il fratello. - Persio! Vieni qua! Ce ne andiamo a casa!

- Te ne vai adesso? - chiese Massimo, ma lei si rifiutò di rispondere.

Suo fratello si spogliò con riluttanza dell'armatura troppo grande e si precipitò a fianco della sorella, mentre lei cominciava a scendere per il sentiero.
- Arrivederci, Massimo! - gridò Persio.

Perplesso, Massimo fece un cenno di saluto, poi lasciò cadere le mani lungo i fianchi mentre guardava i due allontanarsi.

 

Di buon mattino, l'indomani, Massimo fu scosso dal suo sonno dai rumori prodotti da un esercito che marciava sulla sua proprietà. No... non un esercito... ma certamente molti uomini. Uscì sbattendo gli occhi alla luce del sole e fece correre le dita tra i capelli, dimenticando che essi erano considerevolmente più corti rispetto a pochi giorni prima. Si sfregò gli occhi per la sorpresa. C'erano centinaia di lavoratori della fattoria e schiavi maschi provenienti dalla proprietà di Olivia e tutti portavano con sé degli attrezzi. C'erano anche i fratelli di lei, e anche suo padre... tutti che cavalcavano magnifici stalloni. Dietro gli uomini venivano circa una dozzina di donne guidate da Olivia, che portavano abbastanza cibo da nutrirli tutti per l'intera giornata.

Tito chiamò uno sbalordito Massimo.
- Da dove vuoi che cominciamo?

Con la mente ancora intorpidita dal sonno, Massimo chiese:
- Cominciare cosa?

- A ricostruire la tua casa, naturalmente. Olivia ci ha detto che avevi bisogno di una nuova casa immediatamente, così eccoci qui ad aiutarti.

Massimo guardò Olivia, ma lei si voltò dandosi da fare con alcuni canestri.

- Mmm, io... voglio solo che per adesso venga ricostruita la casa. L'allargherò io un'altra volta.

- Qualcos'altro? Abbiamo un bel po' di forza lavoro qui.

- Ecco, il giardino ha bisogno di essere ripulito...

- Fatto! Tu devi solo tornare a sederti e prendertela comoda, soldato.

Per tutto il giorno gli uomini lavorarono agli ordini di Tito, che occasionalmente chiedeva a Massimo di chiarire quello che voleva. Per il crepuscolo la sua casa era di nuovo in piedi, quasi esattamente dove era stata prima dell'incendio. Anche la terra era stata dissodata ed era pronta per la semina. Massimo non aveva idea di come poter ripagare questa grande cortesia.

Mentre Olivia si preparava a tornare verso casa, gli disse:
- Mi aspetto di vederti al solito posto domani, soldato.

Massimo fece un largo sorriso.
- Ci sarò.

 

Capitolo 33 - Il matrimonio

Massimo e Olivia si sposarono una settimana dopo.

La sposa indossava una tradizionale tunica di lana bianca, con una ghirlanda di fiori selvatici intrecciata tra i capelli neri divisi in sei ricchi boccoli che le ricadevano sulla schiena. Un velo traslucido color fiamma era drappeggiato con grazia sopra la ghirlanda e fluttuava quando lei si muoveva. Ai piedi calzava scarpe color zafferano e in mano portava un piccolo bouquet di fiori selvatici. Massimo indossava la sua alta uniforme: tunica e brache color rosso-vino, stivali, corazza di cuoio, e la lunga cappa.

Augusta accompagnò la sposa e lo sposo nel cortile della villa ricolmo di fiori profumati e unì le loro mani. I due poi promisero di amarsi l'un l'altra e di rimanere fedeli l'uno all'altra e si scambiarono gli anelli che ognuno indossò sull'anulare della mano sinistra. Furono offerte preghiere agli déi e alle dee del matrimonio, poi Marco e Massimo firmarono il contratto di matrimonio, al quale fecero da testimoni Tito ed Eusebio.

- Ecco qua, ragazzo mio, - rise Marco. - Fai parte di questa famiglia, adesso! - Il patriarca si era affezionato molto al giovane ed era contento di vedere che la sua unica figlia sposava un uomo che amava veramente... un evento davvero molto raro. Non nuoceva, nemmeno, che Marco adesso avesse come genero un militare d'alto grado che aveva diretto accesso a Marco Aurelio. Che lieto giorno era questo!

Massimo ammirò l'anello che Olivia gli aveva infilato al dito. Era d'argento, con l'aquila di Roma lavorata a sbalzo.
- L'ho fatta fare apposta per te. - disse lei. - Pensavo che l'aquila fosse appropriata.

L'anello di lei era una banda d'oro massiccio con un grosso smeraldo incastonato al centro. Massimo si era recato a Emerita Augusta per trovare ciò che voleva e aveva anche acquistato qualche mobilio, mentre era là. La sua casa era ancora molto semplice e disadorna, ma del tutto decorosa per la sua nuova sposa. Adesso aveva un largo, confortevole letto con una testata intagliata e quattro colonne che sorreggevano tendaggi che potevano essere tirati per trattenere il calore o per una maggiore intimità. I suoi acquisti includevano anche un assortimento di sedie e tavoli, tappeti e utensili da cucina. Massimo prese accordi per far aggiungere un'estensione alla sua casa a partire da una settimana dopo il suo matrimonio. La presente struttura sarebbe divenuta la cucina; atrio, stanza da pranzo, camere da letto e ritirata sarebbero stati aggiunti. La sua casa non sarebbe mai stata elaborata come la villa dove la sua sposa era cresciuta, ma Massimo sapeva che lei non ne sarebbe stata delusa.

I novelli sposi e tutti gli ospiti si sedettero al banchetto di nozze, che superò qualunque cosa Massimo avesse immaginato. Erano stati arrostiti una pecora ed un maiale interi e il tavolo scricchiolava sotto il peso di vassoi di verdure e conserve. Era stato perfino importato dalla costa del pesce fresco - un lusso quasi inaudito - ed il vino scorreva generosamente.

Più tardi in serata, dopo che i festeggiamenti alla villa ebbero fine, Massimo andò dal suo stallone per ritornare a casa e aspettare l'arrivo della sua sposa. Ma, invece di Argo, al suo posto era sellato Argento. Massimo si fermò e rimase a fissarlo.

- E' tuo, figliolo, - disse Marco mentre raggiungeva Massimo nel sentiero. - Non c'è uomo che vedrei più volentieri cavalcare il miglior cavallo dell'impero. Ci prenderemo buona cura di Argo per te. Guarda, è proprio là in quel campo e si sta godendo il ritiro. Forse troverò per lui perfino una o due puledre con cui fargli fare amicizia.

- Sono sopraffatto dall'emozione, signore. E' un dono troppo grande. Avete già fatto così tanto per me.

- Sciocchezze. Pensa a far felice mia figlia, Massimo, è tutto ciò che ti chiedo.

- Grazie, signore.

- Marco.

- Marco. Grazie.

Massimo si avvicinò ad Argento parlandogli lentamente per tutto il tempo. Accarezzò il naso e la fronte dell'animale e lo grattò dietro gli orecchi, compiaciuto quando il cavallo strofinò il muso contro di lui. Mentre afferrava la sella preparandosi a sollevarla sopra lo stallone, il suo udito colse un sommesso guaito e si bloccò. Veniva da una borsa di cuoio perforata da alcuni buchi, legata con cura alla sella. La borsa si stava agitando ed una grigia testa di pelliccia con grandi orecchie ed un naso nero saltò fuori, seguita da una zampa tozza. Massimo rise e tirò completamente fuori Ercole ottenendone il viso leccato per l'apprezzamento.

- Non so perché tu debba essere infastidito da quel cane stanotte tra tutte le notti, Massimo, ma Olivia ha insistito.

Massimo sorrise e porse a Marco il fagotto che si dimenava, per farglielo tenere mentre lui montava su Argento, poi infilò il cucciolo sotto il braccio e si diresse verso casa ad un tranquillo piccolo galoppo.

Poco dopo Olivia arrivò in una lettiga adorna di fiori portata dai suoi fratelli. La giovane era circondata da persone beneauguranti che reggevano torce fiammeggianti e cantavano canti di nozze accompagnate da sonatori di flauti in costumi variopinti. Scese con grazia dalla lettiga portando ghirlande di fiori che appese sulle colonne vicine alla porta, prima che Massimo la trascinasse nelle sue braccia e chiudesse con un calcio la porta dietro di loro, chiaro segnale per la combriccola che la festa era finita. Sorridendo con aria saputa, tutti cominciarono a disperdersi.

Massimo mise Olivia in piedi sul pavimento di pietra, ma lei si tenne aggrappata al suo collo finché lui la baciò. Mettendole le mani sui fianchi egli la scostò da sé per donarle un piccolo lume acceso ed una ciotola d'acqua, a simboleggiare che lei ora era la signora della casa di lui. Ella diede uno sguardo ai suoi doni, ma presto li accantonò. C'era un solo dono che la interessasse ora. Quando Massimo si girò per spegnere il lume lei si gettò nelle sue braccia. Egli si voltò appena in tempo per trattenerla contro il proprio petto, ma lo slancio li fece cadere entrambi su di una sedia che lentamente traballò, rovesciandoli sul tappeto di lana, strillanti tra le risate, il corpo di lui sotto quello di lei e la corazza di cuoio che attutiva la loro caduta.

Le loro labbra si incontrarono ancora e lei aprì la bocca per accoglierlo completamente, le mani che cercavano a tentoni le fibbie della corazza. Alla fine, frustrata, gli diede un colpo sui fianchi e disse:
- Come si leva quest'affare?

Ridendo, egli spiegò. - Prima si toglie la cappa, - quindi egli rotolò finché lei fu sotto di lui. Si sollevò in ginocchio e tirò la cappa da sopra la testa, poi velocemente slacciò le cinghie di cuoio, lasciando cadere la corazza sul pavimento al proprio fianco. - Meglio?

- Uh-uh, ma non ti fermare qui, marito.

Sorridendole, si slacciò la cintura e la lasciò cadere sopra la corazza, mentre lei gli afferrava il bordo della tunica spingendolo verso l'alto, finché le mani di lui furono sostituite da quelle di lei e anche quell'indumento venne via da sopra la sua testa.

Afferrando la cintura delle sue brache Olivia si tirò su finché riuscì ad avvolgergli le braccia attorno alla schiena. Molto lentamente e senza fretta ella sparse teneri baci sul suo petto, seguiti dalla lingua che lasciava umidi sentieri sulla sua pelle. Affondando le mani nei suoi capelli, Massimo le tolse il velo e la ghirlanda, poi le tirò indietro il capo e le catturò la bocca ancora una volta. Senza togliere le labbra dalle sue, egli si alzò in piedi tirandola su con sé. Le sue agili dita trovarono la cintura di lana di lei ed essa cadde al suolo, diventando immediatamente un giocattolo per Ercole, che la trascinò intorno alla stanza tenendola in bocca, ringhiando e scuotendo la testa. La bianca tunica di Olivia raggiunse quella rossa di Massimo sul pavimento. Nuda ora, eccetto che per la leggera biancheria di lino, ella premette il corpo contro quello di lui, sentendo chiaramente il suo desiderio per lei, ma ancora una volta Massimo la scostò da sé e la biancheria di lei presto raggiunse la sua tunica sul pavimento.

Le mani e gli occhi di Massimo errarono sulle curve di lei, toccando ogni picco e valle.
- Sei così bella, - sospirò. Distratto all'improvviso, guardò ai suoi piedi per scoprire che Ercole stava mordendo i lacci dei suoi stivali, ovviamente stanco del suo precedente giocattolo. Massimo ridacchiò mentre si chinava e apriva le mandibole del cucciolo per liberare il piede, poi si alzò rapido e trascinò Olivia nelle proprie braccia, togliendole il fiato. - Il letto sarà molto più confortevole, - sussurrò. - Inoltre, non dovremo preoccuparci di con che cosa Ercole deciderà di giocare dopo. - Olivia rideva mentre Massimo la portava nella stanza da letto e fu lei a chiudere la porta con una spinta.

Resosi conto all'improvviso di essere solo, Ercole si sedette e fissò la porta della stanza da letto. Piagnucolò. La porta non si aprì. Guaì. La porta non si aprì neanche stavolta. Provò il suo acuto abbaiare da cucciolo. Non successe niente. Alla fine si arrese e si avvolse a palla sopra la cappa del suo padrone, decidendo di dormire finché i suoi compagni di gioco fossero tornati.

 

La mattina dopo Augusta e Flora consegnarono un paniere di cibo e vino sul gradino davanti alla porta degli sposi novelli.

La mattina successiva fecero lo stesso solo per scoprire che il primo paniere era rimasto intatto. Ridacchiando, lo sostituirono con un altro pieno.

La mattina seguente scoprirono che il secondo paniere era sparito e che l'infelice cucciolo grigio era stato legato fuori.

 

Capitolo 34 - Il generale Massimo

Massimo stava in piedi col braccio intorno alla moglie, il ventre di lei dolcemente arrotondato e i seni pieni che, ai suoi occhi, la facevano sembrare più bella che mai. Nei quattro mesi trascorsi dal loro matrimonio, la loro casa era stata terminata e le sementi piantate. Massimo sapeva che questa donna, questa casa, ed il loro bambino era tutto ciò che voleva nella vita. Era un uomo molto soddisfatto.

Massimo rifiutava di comprare gli schiavi, sapendo che alcuni uomini valenti, ai quali era accaduto di essere stati sconfitti in battaglia, erano venduti in schiavitù. Invece, egli impiegava uomini dalle fattorie circostanti per lavorare i campi e donne dalla città per fare le pulizie. Avevano una cuoca a tempo pieno. Massimo non voleva che Olivia sollevasse un dito, se lei non lo desiderava. Egoisticamente, egli voleva che tutto il tempo e l'energia di lei fossero rivolti a lui.

Ogni mattina, quando lasciava la casa, egli si accovacciava e sollevava una manciata di terra che strofinava tra le mani, poi la portava al naso per odorarla, e questo gli faceva rammentare quel che era veramente importante nella vita. La sua casa era grande, ma semplice, con stanze sufficienti per molti bambini che lui ed Olivia speravano di avere.

Ercole sedeva a fianco della coppia, tutto zampe e orecchie. Era cresciuto come un'erbaccia e ancora doveva crescere un bel po'. Era evidente che l'animale sarebbe diventato enorme ed era già totalmente devoto a Massimo. Trotterellava alle calcagna di Argento ogni giorno quando Massimo faceva esercitare lo stallone ed egli era stupito che il cane non fosse stato calpestato o scalciato.

La sola imperfezione nella sua vita era un fastidioso senso di colpa che lo coglieva qualche volta, quando la sua mente non era altrimenti occupata. Era lontano dall'esercito da mesi ormai, da molto più tempo di quanto avesse avuto intenzione di stare via. Sebbene non avesse alcun desiderio di ritornare, soffriva attacchi di senso di colpa, e si chiedeva se in Germania avevano bisogno di lui e che cosa doveva pensare Marco Aurelio della sua lunga assenza. Avevano bisogno di lui in due luoghi, ma lui voleva essere in uno solo... proprio qui, al fianco di sua moglie. Non volendo affliggere Olivia, egli teneva per sé i suoi dubbi. Fino ad un giorno... un giorno che avrebbe cambiato di nuovo la sua vita.

Olivia era in una stanza al piano di sopra e aveva visto i pretoriani dalla finestra.

- Massimo! - gridò, la voce echeggiante sopra le colline.

Egli scattò verso casa di corsa e Olivia si gettò tra le sue braccia sulla porta di casa, puntando un dito tremante verso il sentiero. Massimo sentì un gelido terrore nel cuore, mentre guardava la sfilata di due dozzine di pretoriani in uniforme completa che reggevano l'aquila dorata di Roma cavalcando verso di lui.

Lasciando sua moglie, andò a riceverli.

- Generale, - disse il centurione chinando leggermente la testa a Massimo.

Massimo lo guardò un po' confuso.
- Credo che tu abbia sbagliato uomo.

- Sei tu Massimo Decimo Meridio?

- Sì.

- Allora sei proprio l'uomo giusto. - Il pretoriano smontò e tese a Massimo un piccolo pacchetto. - Una lettera dall'imperatore, generale.

Massimo strappò l'involucro che portava il sigillo dell'imperatore e lesse, mentre lentamente tornava indietro verso Olivia. Perfino a quella distanza ella riuscì a vedere il sangue defluirgli dal viso e quando egli cadde in ginocchio nella polvere, ella corse al suo fianco.

- Che cosa c'è? Massimo, che succede? - Olivia era terrorizzata.

Massimo sollevò gli occhi su di lei. - Lucio Vero è morto. L'imperatore è morto.

Sebbene Olivia fosse dispiaciuta di udire ciò, ella non aveva idea del perché la notizia dovesse avere un tale impatto su suo marito. Si rannicchiò al suo fianco, il braccio intorno alle sue spalle, riparandolo dagli sguardi delle guardie pretoriane con il proprio corpo.
- Che altro? - insisté.

- Sono stato richiamato nell'esercito... come generale della III Legione Felix. Marco vuole che parta immediatamente.

Un'ondata di vertigini si riversò su Olivia e lei si afferrò forte a Massimo per evitare di cadere. Egli si alzò, sua moglie tra le braccia, e la riportò dentro casa per tenerla al riparo dal sole, mettendola a sedere su di una sedia. Si accovacciò davanti a lei.
- C'è di più, - disse. - A causa della morte dell'imperatore, Marco Aurelio mi ha anche nominato comandante di tutte le legioni del Nord.

C'erano lacrime nella voce di Olivia. - Puoi rifiutare?

- No. - Egli la tirò a sé e seppellì il viso nei suoi capelli. - Mi dispiace, - sussurrò. - Mi dispiace tanto.

Olivia gli accarezzò i capelli e cercò di sorridere tra le lacrime.
- Be', di sicuro sono sposata ad un uomo molto importante. - Un rumore alla porta le fece sollevare lo sguardo. Il centurione pretoriano stava là in piedi con un grosso pacco posato sul pavimento. - Che cosa c'é? - chiese lei con voce tagliente, inducendo Massimo ad alzare la testa.

- Scusami, generale, ma anche il pacco è da parte dell'imperatore.

Massimo si rivolse all'uomo.
- Dov'è la Felix III in questo momento?

- A Vindobona, generale, e ti sta aspettando.

Massimo rabbrividì. Aveva sperato di non rivedere mai più quel luogo. Andò verso la porta e trascinò dentro il pacco.
- Ho dimenticato le buone maniere, centurione. Portate i vostri cavalli alle scuderie, dove saranno curati, poi verrà preparato un pasto per i tuoi uomini. Possiamo trovar loro alloggio in una proprietà vicina. Non sono certo di avere stanze a sufficienza qui.

Il pretoriano guardò Massimo senza mostrare emozioni.
- Credo che i tuoi ordini siano di tornare immediatamente, generale.

Massimo rivolse allo sventurato pretoriano uno sguardo furioso che fece gelare il sangue di Olivia.
- Mi occorrono tre giorni, - disse nel suo più basso brontolio, mentre adagio incedeva solennemente verso l'uomo. - Partiremo fra tre giorni. E' chiaro?

Il pretoriano si mantenne risoluto, ma non fu in grado di affrontare lo sguardo del generale.
- Sì, generale. Tre giorni.

- Adesso fa' come ho comandato e porta i vostri cavalli alle scuderia. Prenderò accordi per i tuoi uomini.

- Sì, signore. - Il pretoriano si girò con un turbinio della cappa, lieto di togliersi dallo sguardo di ghiaccio di Massimo.

Olivia rimase semplicemente a fissare sbalordita, mentre Massimo sbraitava ordini al personale lavorativo.

- Cassio, cavalca fino alla famiglia di mia moglie e di' loro che ho necessità di alloggiare due dozzine di uomini per tre giorni e ho bisogno della loro assistenza. Inoltre, di' a Marco e Tito che devo parlar loro subito.

Un Cassio dagli occhi spalancati si limitò ad annuire e si precipitò fuori per soddisfare le richieste del suo padrone.

Massimo poi rivolse la sua attenzione al pacco. Lo sollevò con un grugnito poiché era molto pesante e lo portò nell'atrio, con Olivia dietro di lui. Egli lo fissò per un momento, come riluttante ad aprirlo, finché Olivia gli mise in mano un coltello e mormorò:
- Mi chiedo che cosa c'è dentro.

Massimo recise rapido la corda e strappò la stoffa del pacco, poi fece un passo indietro quando uno scudo e una spada rotolarono fuori, seguiti da una corazza di ottone scolpito e da due sontuose pellicce di lupo. Ercole fece appello al suo più profondo ringhio quando le vide ed il pelo sul suo collo si sollevò.

- Zitto, Ercole, - ordinò Massimo e il cane si accucciò, la testa sulle grosse zampe, gli occhi marrone che non lasciavano le pellicce di lupo.

A dispetto delle sue agitate emozioni, Olivia non poté che rimanere senza fiato alla magnificenza del contenuto. Cercò di alleggerire un po' il loro stato d'animo. - Ecco, di certo sarai il generale più affascinante dell'esercito. - Ma non riuscì a mantenere a lungo quel tono e le lacrime le inondarono gli occhi. Massimo riuscì a prenderla appena prima che il suo corpo crollasse sotto singhiozzi di terribile infelicità.

 

Quella notte Massimo spiegò la situazione a Marco e a Tito. Sebbene sconvolti dal fatto che lui dovesse partire, i due uomini erano estremamente impressionati dal fatto che il comandante di tutte le legioni del Nord fosse un membro della loro famiglia. Fissarono con timore reverenziale l'armatura che si trovava sul pavimento, tuttora sorvegliata da Ercole.

Marco cercò di essere rassicurante. - Non devi preoccuparti di nulla, Massimo. Noi ci accerteremo che ogni cosa qui attorno funzioni a dovere e che Olivia sia ben curata. Augusta e Flora saranno con lei quando dovrà partorire.

- Ho intenzione di essere di ritorno per l'evento, - disse Massimo con fermezza e Marco sollevò le sopracciglia con aria dubbiosa. - Niente a questo mondo me lo impedirà, mi senti? Sarò di ritorno per la nascita di mio figlio.

- Credo che ce la farai, Massimo. Credo che ce la farai, - disse Tito alla risolutezza nella voce del suo amico. - A dire il vero, mi piacerebbe vedere un qualunque esercito che cercasse di fermarti! - Tito fece un ampio sorriso, ma il viso di Massimo restò serio.

Disse: - Avrò molto da fare nei prossimi pochi giorni e avrò bisogno del vostro aiuto.

- Qualunque cosa, qualunque cosa, - mormorarono i due uomini. - Siamo qui per aiutarti.

 

 

Olivia era troppo sconvolta per allontanarsi troppo dalla loro camera da letto. Non poteva sopportare di vedere Massimo preparare la proprietà per la sua assenza, anche se sapeva che lo stava facendo per lei. Egli le promise che sarebbe tornato per la nascita del loro bambino, ma lei sapeva che lui avrebbe potuto non essere in grado di mantenere quella promessa. Già il mondo di lei sembrava più cupo e vuoto mentre la personalità di suo marito cambiava in modi quasi impercettibili. Massimo sorrideva di meno e impartiva più ordini. Di sera trascorreva ore fissando le fiamme, perduto nei suoi pensieri. Le linee di tensione che c'erano sul suo viso quando lei l'aveva visto la prima volta erano ritornate e di notte egli si agitava nel sonno. Lei lo confortava come meglio poteva, ma era troppo schiacciata dal peso della propria terribile perdita per essergli d'aiuto.

Alla fine, il giorno che ella temeva arrivò.

I pretoriani si radunarono nel sentiero, ansiosi di allontanarsi e Olivia restò in piedi sui gradini fuori dalla casa, guardandoli. Udì i passi di Massimo dietro di sé e si voltò, per vedere un uomo che ella riconobbe a stento. Era vestito nell'uniforme completa del suo nuovo grado... soltanto la tunica rosso vino era riconoscibile. La sua nuova corazza era pesantemente scolpita al centro con una testa di lupo. Una lunga cappa era drappeggiata sopra le sue spalle e legata a due fibbie sul davanti. Su ciascuna spalla era posata una magnifica pelliccia di lupo che cadeva fino alle ginocchia sul dietro, entrambe unite poi sul davanti da una catena. I suoi capelli erano tagliati cortissimi e la barba accuratamente spuntata. Sotto il braccio portava il suo elmo attico dall'elegante cresta.

Aveva un aspetto magnifico.

Massimo le afferrò la mano e la trasse all'interno, facendo appello ad uno dei suoi abbaglianti sorrisi. - Ti scriverò almeno due volte alla settimana. Promesso. Aspetta le mie lettere. E non ti preoccupare per me. Sarò al sicuro. - Indicò fuori con un gesto. - Guarda che razza di scorta ho. Non mi accadrà nulla.

Olivia annuì. Era determinata a non lasciare che l'ultima immagine che avesse di lei fosse quella di una donna gemente e piangente, ma sentiva un groppo in gola che la faceva parlare con difficoltà. Senza dire una parola spinse un piccolo sacchetto di pelle nella mano di lui.

- Che cos'è?

Lei lo guardò, gli occhi colmi di lacrime non versate. - Non dimenticarmi, - sussurrò.

Massimo tirò il laccetto di cuoio ed estrasse la piccola figura intagliata di una donna con il ventre leggermente arrotondato. Un braccio era teso verso di lui.
- L'hai fatta per me?

Olivia annuì; le lacrime traboccanti dagli occhi le si riversarono lungo le guance. Anche gli occhi di Massimo erano colmi di lacrime.

- Ne farò tesoro, - disse, la voce malferma. Le sue labbra sfiorarono quelle di lei, poi egli la superò nella luce del sole, sforzandosi di mantenere il controllo appropriato per un generale. I suoi occhi percorsero velocemente le colline della sua proprietà ed egli fece un passo sulla polvere del sentiero. Accovacciandosi, raccolse una manciata di terra e la strofinò tra le mani, poi se la portò al naso. Non voleva dimenticare mai chi fosse realmente. Poi camminò con passi lunghi e regolari verso Argento e fu sorpreso di vedere un animale quasi identico legato dietro di lui. Marco stava in piedi a fianco dei cavalli e gli sorrideva raggiante.

- Questo è Scarto, il fratello di Argento. Ogni generale ha bisogno di due cavalli, nel caso in cui uno si azzoppi. Sarebbe un onore per me se tu lo accettassi, generale Massimo, comandante delle legioni del Nord. - Marco si inchinò con grande serietà.

Massimo si mise le mani sui fianchi e attese che il suocero si raddrizzasse. - Ti sarei molto grato, Marco, se non ti chinassi mai più davanti a me... e il mio nome è semplicemente Massimo. - Fece un gran sorriso. - Ti ringrazio per il dono. E' un animale straordinario. - I due uomini si abbracciarono brevemente e Massimo gli mormorò all'orecchio. - Prenditi cura di lei, Marco.

- Lo farò, figliolo. Non aver paura.

Massimo montò su Argento e lanciò un'occhiata in basso per essere sicuro che Ercole fosse con lui. Manovrò il cavallo portandolo di fronte ai pretoriani, poi diede un colpetto al piccolo sacchetto di pelle legato alla vita e fece un cenno con la mano alle dozzine di persone che si erano radunate per vederlo partire. Il suo sguardo colse quello di sua moglie ed egli le strizzò l'occhio e sorrise.

Lei restituì il sorriso con uno radioso dei suoi e restò a guardarlo, finché suo marito e i pretoriani vestiti di nero scomparvero alla vista, oltre le colline. Rimase lì anche allora, finché la nuvola di polvere sollevata dai cavalli non fu più visibile. Si diede un colpetto al ventre e disse in tono rassicurante al bimbo che portava in grembo. - Tornerà, piccolo mio. Il tuo papà tornerà.

 

Capitolo 35 - Felix III

L'imperatore seppe che Massimo finalmente era arrivato quando udì le acclamazioni dei soldati della Felix III. Cominciarono molto debolmente... in lontananza... e Marco Aurelio poté seguire con l'udito il procedere del suo nuovo generale, semplicemente dalla posizione e dal volume del rumore che circondavano l'uomo. Sorrise soddisfatto. Sapeva di aver fatto la scelta giusta.

La pattuglia di ricognizione scorse il suo nuovo generale quando egli era ancora a miglia dall'accampamento e la notizia che Massimo era davvero tornato in Germania si sparse come un incendio. Quando egli cavalcò attraverso l'entrata principale, i soldati circondarono il suo cavallo, facendo scartare e impennare sorpreso Argento. Alcuni si limitarono a fissare Massimo, altri si tesero verso di lui, molti lo acclamarono selvaggiamente e gridarono il suo nome. Soldati alzarono le loro spade in segno di saluto ed egli sorrise e alzò la sua in risposta.

Massimo setacciò con lo sguardo la folla di volti sconosciuti e si sentì stranamente fuori posto. Ma poi i suoi acuti occhi blu intravidero qualcuno che egli conosceva molto bene e il suo volto si aprì in un gran sorriso.
- Quinto! - chiamò. - Che ci fai qui?

- Generale! - Quinto si fece strada a gomitate tra la calca e afferrò le briglie di Argento, con un sorriso di benvenuto sul viso. - L'imperatore pensava che qui avessi bisogno di almeno una persona che già conoscessi, così sono stato trasferito dalla Felix VII e promosso a legato. Sono il tuo secondo in comando.

Massimo si chinò e strinse la mano al suo amico di vecchia data. - Spero che non ti dispiaccia, Quinto. Apprezzo davvero molto che tu sia qui. - Abbassò la voce e si chinò vicino all'orecchio dell'amico. - Avrò bisogno di tutto l'aiuto possibile.

- Ne dubito seriamente, Massimo, ma farò ciò che posso. - Quinto indicò con un cenno l'entrata del pretorio. - L'imperatore ti sta aspettando.

Massimo guidò col ginocchio il suo cavallo attraverso la calca e, con l'aiuto di Quinto che sgombrava il passo ad Argento, finalmente raggiunse Marco Aurelio. Massimo smontò e si inginocchiò davanti al suo imperatore, i soldati dietro di lui fattisi silenziosi, ora. Sorridendo affettuosamente, Marco lo invitò ad alzarsi, poi lo abbracciò stretto e fece un passo indietro per ammirare il suo soldato preferito. Annuì e gli strizzò l'occhio. - Sapevo che avresti avuto un bell'aspetto con quelle pellicce di lupo.

Massimo osservò il suo mentore con un po' di preoccupazione. Marco sembrava molto più vecchio di quando lo aveva visto l'ultima volta... i suoi capelli erano striati di grigio e le rughe sul volto erano più profonde. Non riusciva a credere che fossero passati solo pochi mesi.
- Mi è dispiaciuto della morte di Lucio Vero, Cesare. E' stata proprio una notizia sconvolgente.

- Per tutti noi. Un momento stava bene, e un attimo dopo era morto sul pavimento. I medici credono che abbia avuto un colpo apoplettico. Non ha sofferto.

Massimo esitò, poi disse lentamente: - E' appropriato dire che mi sei mancato, Cesare?

- Non solo è appropriato, è molto gradito. Anche tu mi sei mancato, Massimo. - Marco guardò la moltitudine di soldati che li stavano osservando con grande attenzione. - Ti hanno dato il benvenuto come ad un eroe.

- Non ho fatto nulla per meritarmelo, Cesare.

- Oh, penso di sì, penso di sì. - Marco accennò con un gesto verso Argento. - Che bel cavallo... si addice ad un generale...

- E' stato un regalo da parte di mio suocero.

Il viso dell'imperatore si accese come luce del sole che erompesse attraverso una nuvola. - Ti sei sposato?

- Sì, Cesare. Ho approfittato della mia... licenza... per trovare moglie. - Massimo era evidentemente ancora incerto dell'opinione di Marco riguardo alla sua assenza non autorizzata.

- Bene, non potrei essere più felice. Lo dico sinceramente. Confidavo che usassi il tuo congedo così saggiamente. Adesso, vieni dentro con me. C'è molto da discutere. - Con ciò, Massimo seppe che l'argomento del suo repentino abbandono dell'esercito non sarebbe stato mai più sollevato.

Massimo seguì Marco Aurelio nella sua tenda, sebbene "tenda" non era certo una parola adatta a descrivere quella dimora. Era arredata con dovizia e resa confortevole da sedie, divani, tavoli, statue, busti, armature, tendaggi, tappeti e dal grande scrittoio di Marco, dietro il quale c'era una enorme mappa dell'impero, il tutto illuminato morbidamente da una dozzina di lampade.

Con un gesto Marco invitò Massimo a sedersi e prese lui stesso una sedia. L'imperatore quindi ordinò cibo e bevande per loro due prima di dedicarsi agli affari. Egli descrisse gli eventi che avevano avuto luogo negli ultimi mesi: la perdita del generale della legione Felix III; l'effetto devastante della morte di Lucio Vero sull'intero esercito; il rafforzarsi delle tribù oltre il fiume e lungo tutto il Danubio e il Reno.

- Chi ha sostituito il generale Claudio, Cesare?

- Un altro tribuno di quella legione di nome Fabio. Probabilmente lo conosci. - Massimo annuì. - Pensi che sarà un comandante forte? - Massimo scosse la testa. - E' anche la mia sensazione, temo. Sembra che al momento abbiamo una penuria di buoni comandanti, Massimo, ecco perché il tuo ruolo è più importante che mai. Tu sei un generale di generali, Massimo. Sebbene sarai di base con questa legione, viaggerai molto da una all'altra assicurandoti che tutto sia in ordine, dirigendo le battaglie dove necessario. Mi fido completamente di te. Mi fido completamente delle tue capacità, e tu porti grande conforto a questo vecchio imperatore.

- Grazie, Cesare. Spero di non deluderti.

- Be', ancora non l'hai fatto. Non sin da quando eri ragazzo. - Il sorriso di Marco era caldo. - Devi essere molto stanco.

- Sto cominciando adesso a rendermene conto...

- Vieni, lascia che ti mostri i tuoi quartieri, che sono molto vicini ai miei. Credo che li troverai confortevoli.

Marco fece strada attraverso il pretorio e aprì l'entrata di un'altra vasta tenda, indicando con la mano che Massimo doveva precederlo all'interno. - Massimo, vorrei presentarti Cicero, il tuo servitore personale. E' un soldato che fu gravemente ferito e che ha scelto di servire l'esercito servendone il generale. - Le ferite di Cicero erano evidenti dalle profonde cicatrici che gli deturpavano il viso.

- Cicero, - Massimo tese la mano e il suo servo la strinse con fermezza.

- E' un onore, signore, - rispose questi, scandendo le parole.

- Mi dovrai aiutare a capire quali sono i tuoi doveri, Cicero. Non ho mai avuto un servitore nell'esercito prima. Ho sempre fatto da solo la maggior parte delle cose. - Massimo sorrise.

- Non dovrai preoccuparti di nulla tranne che di dirigere le legioni, generale. Io mi prenderò cura di tutti i tuoi bisogni di ogni giorno. Suppongo di avere il lavoro più facile... - Risero tutti insieme.

- Lascerò che ti sistemi, Massimo. Ci rivedremo come prima cosa domani mattina.- Massimo annuì. Marco cominciò a voltarsi, poi si fermò. - Oh... e, Massimo...

- Sì, Cesare?

- Dormirò molto più profondamente ora che tu sei qui.