L'improvvisa scomparsa a Lugano del grande regista che ha creato il "Piccolo"

Teatro più povero senza Giorgio Strehler

L'ultima immagine lo ritrae mentre contempla il golfo di Lugano dalla sua casa di Ruvigliana. Si diceva in esilio, scacciato da chi con la cultura non aveva nulla a che vedere, e nemmeno con il teatro, che non fosse quello della roboante ed anche cialtrona scena della politica. Vittima di intrighi meschini.


di Dalmazio Ambrosioni

Ma nemmeno quell'amarezza, quel dolore lancinante causato dall'incomprensione ed anzi da una netta opposizione, ne ha sminuito la figura. Pareva aver deposto le armi, aver scelto uno splendido isolamento dopo la polemiche e le accuse sulla gestione del "nuovo" Piccolo Teatro. Malversazione e gestione infedele li subiva come insulti anche dopo che la magistratura aveva chiarito tutto. E in tutti aveva fatto sorgere la domanda su come fosse possibile che un uomo di teatro della sua altissima statura, aristocratica e artisticamente nobile, potesse essere coinvolto in affari di bassa lega. Tutti a chiedersi per quale ragione vera fosse finito tra la maramaglia degli approfittatori, lui che dal nulla aveva creato le strutture del grande teatro in Italia, esempio nel mondo, tanto da essere unanimemente situato tra i grandi del nostro tempo.Quest'ultima vicenda di Strehler è emblematica di una tentazione non solo italiana, ossia la prevaricazione della politica quando vuole ergersi a referente sommo e unico. Troppo scomodo quel personaggio, troppo geniale nella sua forza creativa agli occhi di chi non tollera che la cultura sia essenzialmente libertà e non asservimento alle ragioni dei padroni. Troppo intrepido nel perseguire il traguardo del grande teatro senza mediazioni e senza pagar pedaggio. Troppo coraggioso nel voler fare di Milano una delle capitali mondiali della cultura, proprio adesso che la metropoli lombarda aveva abdicato dal suo ruolo storico per essere ridotta al rango di provincia culturale. Sono bastati alcuni amministratori miopi per metterlo fuori combattimento. O almeno così credevano, perché poi la grande struttura "nuovo" Piccolo non poteva fare senza di lui; e infatti, seppure a malincuore, avevano dovuto richiamarlo, e l'inaugurazione in gennaio sarebbe stata un altro trionfo.Da anni viveva a Lugano e non ce ne siamo accorti. Troppo presi dal nostro tran-tran, dal campanilismo ed anche dal localismo, da ragioni di breve gittata. Eppure era tornato proprio in quella Svizzera in cui, negli anni dell'internamento, aveva maturato l'idea della sua rivoluzione teatrale basata su un concetto su tutti, la qualità. Qualità assoluta nelle scelte, nelle messinscene, in tutti i versanti del teatro. Infatti chi ha frequentato il Piccolo, e dal Ticino sono stati molti, affezionati ed entusiasti, s'è sempre portato a casa l'idea del teatro come sinomimo di vita e bellezza.

Mezzo secolo in palcoscenico

Oltre 250 spettacoli fra prosa e lirica, mezzo secolo in palcoscenico a dirigere i migliori attori italiani e di mezza Europa: Giorgio Strehler è stato il regista per eccellenza, nonché fondatore e anima del Piccolo Teatro di Milano.Nato nel 1921 a Barcola (Trieste), era figlio di una violinista di fama e la musica fu la sua prima passione. Studiò all'Accademia dei Filodrammatici di Milano, fece le prime prove di regista al Guf di Novara; poi maturò la scelta definitiva nel campo di internamento in Svizzera, che portò alla creazione del Piccolo (1947), insieme a Paolo Grassi. Suoi autori preferiti furono Shakespeare ("Re Lear", "La tempesta"), Goldoni ("Il campiello", "Le baruffe chiozzotte"), Brecht ("Vita di Galileo") e Cechov ("Il Giardino dei ciliegi"); Mozart il musicista più amato. Il teatro fu passione artistica e luogo di dibattito civile, di impegno morale e politico; fu eletto al Senato come indipendente di sinistra. Ha diretto il "Teatro d'Europa", spazio d'arte sovranazionale voluto da Mitterand. Ha diretto tre generazioni di attori: da Tofano, Ricci, Benassi, Santuccio, la Brignone, Carraro a Lavia, la Melato e la Piccolo, fino a sue "scoperte" come Milva. Attrici sono state le sue compagne, Valentina Cortese e la moglie Andrea Johanasson.

Tra Cechov e Brecht, Shakespeare e Goldoni

Dal dopoguerra in poi il nome di Giorgio Strehler è stato sinonimo di "regista", dell'anima come dei trucchi del teatro, non solo al Piccolo di Milano o alla Scala, ma anche al Festival di Salisburgo, al Burgtheater di Vienna o al "Theatre de l'Europe" di Parigi. Da quando con Paolo Grassi fondò nel 1947 il Piccolo, il suo lavoro è stato la più forte legittimazione dell'istituto della regia, che in Italia nacque negli anni Trenta, in ritardo rispetto ad altri paesi. Come e più di pochissimi altri, Giorgio Strehler ha assolto ai tre compiti fondamentali della regia: istruire gli attori; dare forma scenica alla poesia del drammaturgo; mediare criticamente fra le funzioni artistiche, culturali e comunicative dello spettacolo teatrale. E questo sia che si trattasse del prediletto Shakespeare o di Brecht; di Cechov o di Goldoni, dei quali è stato l'interprete più assiduo e penetrante.Da Brecht, del quale sarà anche amico personale in nome anche della fede socialista, nascono tanti spettacoli, fra i quali un memorabile "Vita di Galileo" con Tino Buazzelli. L'altro è il poeta della Storia ("Coriolano", "Enrico IV"), della fantasia ("La dodicesima notte", "La tempesta"), della morale ("Macbeth", "Re Lear"): Shakespeare creatore di un universo teatrale che è metafora stessa della vita, interpretato da Strehler in tutte le sue sfaccettature. Poi Goldoni, del quale rimise in scena gli stessi testi a distanza di decenni ("Il campiello", "Le baruffe chiozzotte"), come capitoli della sua maturazione interiore; e Cechov ("Platonov", "Il giardino dei ciliegi"), grande pittore dei sentimenti. Fra questi giganti, tante riscoperte: dall'"Arlecchino servo di due padroni" e "El nost Milan" di Bertolazzi con Tino Carraro, fino alla "Grande Magia" di Eduardo de Filippo, con Franco Parenti e Renato De Carmine. Il teatro è stato la sua vita. E per dargli piena cittadinanza fece molto: appelli pubblici, lavoro in Parlamento; la creazione del Teatro d'Europa a Parigi, per decenni inseguendo il sogno della nuova sede del Piccolo.


Il ricordo di personaggi della cultura e del teatro, di uomini politici

Il coraggio della creatività

Da Dario Fo a Romano Prodi, da Paolo Villaggio a Walter Veltroni, alle protagoniste dei suoi spettacoli: la morte di Strehler ha colpito tutti, personaggi della cultura e del teatro, uomini politici. Dario Fo : "Nessun regista sul piano nazionale e su quello internazionale è arrivato a fare spettacoli con realizzazioni anche coraggiose come lui". Romano Prodi : "Era uno dei principali maestri del teatro italiano, creatore di geniali e nuove esperienze artistiche". Paolo Villaggio : "Strehler è stato il teatro in Italia. Il suo nome era conosciuto nel mondo per il teatro come quello di Fellini per il cinema. Il fatto che ci venga a mancare un punto di riferimento, ora che lui aveva la possibilità di rientrare alla grandissima al Piccolo dopo le traversie del passato, mi sembra crudele". Walter Veltroni : "Stato un creatore di cultura, artista pieno di forza e fantasia, animatore di talenti, organizzatore entusiasta e tenace di un'esperienza teatrale straordinaria e fertilissima, uomo generoso e vitale. La storia del Piccolo ha segnato la città e cambiato la vicenda del teatro italiano, onorato la nostra cultura in Europa e nel mondo". Jack Lang : "sconvolto come per la morte di un fratello, un amico, un compagno della stessa battaglia per un'arte 'popolare'". Valentina Cortese : "Provo un tale dolore, un tale sentimento di ribellione verso la sua morte, da non riuscire nemmeno a parlare". Monica Guerritore : "Mi sento orfana, perché fu lui a spingermi in palcoscenico, quando avevo 15 anni, nel Giardino dei ciliegi . Ho imparato da lui a distinguere fra bello e brutto, fra poesia e volgarità, fra arte e banalità". Milva : "Sono stata a trovarlo la settimana scorsa durante le prove del Così fan tutte : mi è parso un po' stanco, ma allo stesso tempo proteso verso il futuro. Diceva con entusiasmo: Avremo tantissimo successo in tutto il mondo . Era tornato a pensare ai Memoires , il grande spettacolo tratto dall'autobiografia di Carlo Goldoni, al quale lavorava da più di venti anni". Riccardo Muti : "la sua scomparsa apre un vuoto grave e immenso nel mondo del teatro e della nostra cultura. Quanto egli ci ha donato e insegnato resta patrimonio e vanto di Milano e dell'Italia. Gli sarò sempre debitore per le irripetibili esperienze artistiche vissute insieme, a interrogarci febbrilmente su Mozart e Verdi". Enzo Siciliano : "Si deve a lui la grande trasformazione del teatro di regia avvenuta in Italia in questi 50 anni".


Giorgio Strehler, "esule" a Lugano, voleva creare un nuovo laboratorio teatrale.

La grande occasione mancata dal Ticino

Strehler e il Ticino, un rapporto che poteva e forse doveva non limitarsi solo ad un contatto veloce, una casa che guarda sul lago, un'oasi di pace dopo le burrasche milanesi e romane.


di Salvatore Maria Fares
Penso a Giorgio Strehler come ad una grande occasione mancata per il Ticino. Ed in particolare mancata per Lugano, che con il regista "in esilio" avrebbe potuto diventare un centro teatrale internazionale. Infatti, circa quattro anni or sono, Strehler, seguendo un legittimo impulso, mentre la bufera a Milano e in Italia scuoteva i grandi ladri di Stato, decise di ritirarsi a Lugano. Lasciò l'Italia, e in quei giorni in cui tutto il mondo culturale parlava di lui, nessuno sapeva dove fosse, dove trovarlo. Accettò di parlare con me del suo caso, ai microfoni della RSI. Era indignato. Solo Biagi lo difendeva. Poi uno alla volta dovettero ricredersi tutti.Alla Radio dichiarò - e nei giorni successivi ci muovemmo per farlo davvero - che avrebbe voluto creare a Lugano un nuovo laboratorio teatrale per i giovani già formati. Andò anche a vedere la Termica, gli piaceva. Voleva farne il primo centro del genere; pensammo alle opere "da camera", al Settecento in particolare. Ne parlai a chi in questo campo deteneva un certo potere. Nel frattempo in molti lo corteggiarono. Jack Lang, ministro della cultura con Mitterand gli offrì quello che Milano gli toglieva. Berlino si fece avanti. Anche da Salisburgo credo si mossero gli "esploratori". Ebbi la sensazione che Strehler volesse davvero lanciare un'iniziativa qui in Ticino, appena fuori d'Italia; e ad alti livelli.Un po' per orgoglio e un po' per autentico slancio di rinnovamento proprio, mi confidò - e non ero solo ad ascoltare - che avrebbe voluto dare una lezione a certi cialtroni.Pensava ad un centro di produzioni teatrali diversificato e ad un centro per "opere prime". Avrebbe portato un piccolo teatro dell'Opera alle porte di Milano. E lo avrebbe voluto fare subito. Subito invece dalle colonne di un giornale - che avrebbe dovuto esserci amico - giunse l'avvertimento volgare e mafioso (e vigliaccamente anonimo), che in traduzione diceva: "Caro Strehler, alza i tacchi; facciamo da soli!".Non se ne fece più nulla. In quel caso, una volta di più, Francesco Chiesa aveva avuto ragione con la sua accusa di cantonticinesismo.

Teatro di Merlino