Cosa si intende per colore?

Esso non è nient’altro che la percezione umana della frequenza dei fotoni della luce. Essi si diffondono nello spazio con le caratteristiche delle onde elettromagnetiche, misurate in “lunghezze d'onda”; ad ogni lunghezza d’onda, compresa all’interno dello spettro visibile (cioè tra 0,7 e 0,4 micrometri circa), corrisponde un colore. L’uomo, grazie all’apparato sensoriale elettrochimico (occhio, nervi, encefalo), è in grado di percepire le diverse onde dello spettro visibile, vivendo così in un mondo “colorato”. Per essere esatti, quando parliamo dei colori, non dovremmo dire "il giallo", ma "la luce percepita dall’uomo come giallo".

Il colore è quindi la percezione che l’uomo ha di un’onda elettromagnetica con lunghezza compresa all’interno dello spettro visibile.

La teoria che studia la luce come onda elettromagnetica prende il nome di teoria “ondulatoria-elettromagnetica”; alla sua formulazione, integrata all’inizio del ‘900 dalla teoria quantistica di Planck, arrivò il fisico inglese Maxwell nel 1856, dopo secoli di ipotesi diverse e contrastanti sulla vera natura della luce. In base alle notizie che possediamo, la lunga “storia delle ipotesi sulla natura della luce” inizia nell’antica Grecia.

 

 

Storia delle ipotesi sulla natura della luce

 

Nell’antichità

Nell’antica Grecia, per lungo tempo, si contrappongono due diversi modi di interpretare il fenomeno della luce:

- secondo la scuola Pitagorica (V sec. a.C.) la luce è un particolare fluido emesso dagli occhi, ai quali ritorna con l'immagine degli oggetti circostanti; una conferma sembra venire dall'apparente luminescenza degli occhi degli animali notturni.

L'ipotesi dei pitagorici non spiega, però, perché per vedere un oggetto sia necessaria una sorgente luminosa oltre all'oggetto stesso. L'ipotesi pitagorica viene poi successivamente ripresa e approfondita da Erone di Alessandria nel I sec. a.C.

- Democrito (460 ca - 370 ca a.C.) e gli atomisti sostengono, invece, che l'immagine di un oggetto viene emessa continuamente dall'oggetto stesso. Tale opinione, pur rimanendo “in ombra” nel pensiero contemporaneo a Democrito, è in seguito avvalorata da Lucrezio (I sec. a.C.) il quale fa notare come la sensazione di un bagliore intenso provochi dolore, a testimonianza di un'origine della luce esterna all'occhio.

 

Il mondo arabo nell’anno 1000

Una prima svolta nelle ipotesi sulla natura della luce si deve al fisico arabo Ibn-al-Hassan, Alhazan per i latini (965 ca.-1038), il quale, osservando che la visione di un oggetto molto luminoso persiste anche dopo aver chiuso gli occhi, rigetta la teoria pitagorica dei raggi visivi e riconosce che la visione di un oggetto è un processo fisiologico: l'occhio percepisce l’oggetto nel momento in cui è raggiunto da un raggio luminoso emesso da una sorgente e riflesso dall'oggetto.

  

Il Rinascimento

Tra medioevo e rinascimento vengono approfonditi gli aspetti pratici dell'ottica, soprattutto attraverso lo studio della prospettiva e la costruzione di lenti, studi sviluppati tra gli altri da Galilei (1564-1642) e Keplero (1571-1630) il quale sviluppa la cosiddetta ottica geometrica che studia il propagarsi della luce a prescindere dalla sua natura.

 

Newton e Huygens

Nel 1666 Isaac Newton (1643-1727) inizia lo studio della rifrazione di un raggio luminoso attraverso un prisma triangolare, giungendo alla conclusione che la luce solare sia in realtà una composizione di raggi aventi diversa rifrangibilità.

Newton sviluppa la teoria corpuscolare, affermando che la luce è costituita dal veloce movimento di corpuscoli materiali; la diversa rifrangibilità osservata e le diverse sensazioni di colore vengono spiegate con la diversità dei corpuscoli costituenti la luce.

Nell'esaminare i fenomeni di rifrazione Newton riprende le ipotesi già di Cartesio sull'aumento della velocità della luce nei mezzi più densi.

Partendo da obiezioni al modello corpuscolare della luce, Christiaan Huygens (1629-1695) mette a punto un modello che attribuisce alla luce una natura ondulatoria. La differenza fondamentale tra i due modelli consiste nel fatto che in quello corpuscolare la luce viene interpretata come materia in movimento molto veloce, mentre in quello ondulatorio essa viene intesa come un impulso che produce onde, le quali si trasmettono attraverso un mezzo elastico. L'unica obiezione al modello ondulatorio è legata alla necessità che gli impulsi luminosi si trasmettano attraverso un mezzo elastico e questo comporta l'impossibilità di immaginare la propagazione dei raggi luminosi nel vuoto; ci si chiede, perciò, in che modo la luce del Sole possa propagarsi fino alla Terra. Per risolvere il problema Huygens ipotizza l'esistenza di una sostanza impercettibile a cui attribuisce il nome di “etere”. Inoltre nel modello ondulatorio la velocità della luce è massima nel vuoto mentre diminuisce nei mezzi più densi, ipotesi opposta alla teoria di Newton.

Nonostante il modello ondulatorio sia molto interessante, prevale nel XVIII secolo l'interpretazione corpuscolare della luce, probabilmente a causa dell'enorme autorevolezza di Newton o poiché la teoria ondulatoria non sa spiegare i fondamenti della propagazione rettilinea della luce, alla base dell’ottica geometrica. Il problema si risolverebbe se si fosse in grado di calcolare la velocità della luce, per stabilire se essa aumenti o diminuisca all’aumentare della densità del mezzo di propagazione.

 

L'Ottocento

Il modello di Huygens torna a interessare i ricercatori dopo che l’inglese Thomas Young (1773-1829) spiega, attraverso l'ipotesi ondulatoria, i fenomeni di interferenza, nei quali la proiezione su di uno schermo dell'immagine di un fascio luminoso, che attraversi due fenditure, presenta delle zone d'ombra; Young riconduce il motivo di tale fenomeno alla composizione di due onde opposte.

Il lavoro iniziato da Young viene completato da Foucault (1819-1868) e Fizeau (1819-1896), i quali riescono definitivamente a calcolare la velocità della luce in mezzi diversi dal vuoto, stabilendone la natura ondulatoria.

Nello stesso periodo lo sviluppo di alcune metodologie matematiche consentono a James Clerk Maxwell (1831-1879) lo sviluppo della teoria dei campi elettrici e magnetici, nella quale si dimostra che i due campi (elettrico e magnetico) non sono entità distinte bensì entrambe manifestazioni del comportamento delle cariche elettriche. Egli ipotizza quindi l'esistenza di campi elettromagnetici, nei quali le onde si propagano anche nel vuoto con una velocità esattamente uguale a quella della luce.

Maxwell giunge alla conclusione che la luce è un'onda elettromagnetica, la quale può propagarsi anche nel vuoto, senza la necessità di ipotizzare l'esistenza dell'etere.

Alla fine del XIX secolo la fisica classica viene, così, messa in discussione da diversi punti di vista e gli studi sulla velocità e sulla natura della luce contribuiscono a fondare la fisica moderna.

 

Il Novecento: Meccanica quantistica e fotoni

Nel 1888 Max Planck (1858-1947) formula un'interpretazione dei fenomeni di emissione e di assorbimento della luce, la quale costituisce il primo passo verso la meccanica quantistica.

Planck ipotizza che l'energia venga emessa o assorbita non in maniera continua ma per “quanti” (granuli).

Sempre nel 1888 Augusto Righi (1850-1920) scopre l'effetto fotoelettrico, in base al quale una lastra metallica esposta a una radiazione luminosa emette elettroni. Albert Einstein (1879 - 1955) spiega l'effetto fotoelettrico, partendo dall'ipotesi che la luce si propaghi in quanti, detti fotoni.

Tutti questi risultati sembrano riabilitare il modello corpuscolare a scapito di quello ondulatorio, ma sopraggiungono i risultati degli esperimenti di Louis De Broglie (1892-1987) e George P. Thomson (1892-1975), i quali sono in grado di dimostrare che anche gli elettroni (= corpuscoli fondamentali) in talune circostanze si comportano come onde, tanto che, utilizzando particolari reticoli, si osserva per un fascio di elettroni un fenomeno di diffrazione. Si stabilisce, così, che il comportamento ambivalente di onda e corpuscolo è una proprietà generale della materia e della radiazione; il perfezionamento e l’integrazione delle teorie ondulatoria-elettromagnetica e quantistica sono dovuti tra gli altri a Erwin Schrodinger (1887-1961) e continuano fino ai giorni nostri.

 

 

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