NEBBIA

 

Nascondi le cose lontane,

tu nebbia impalpabile e scialba,

tu fumo che ancora rampolli,

su l'alba,

da' lampi notturni e da' crolli

d'aeree frane!

Nascondi le cose lontane,

nascondimi ch'è morto!

ch'io veda soltanto la siepe dell'orto,

le mura c'ha piene le crepe

di valeriane.

Nascondi le cose lontane :

le cose son ebbre di pianto!

ch'io veda i due peschi, i due meli,

soltanto ,

che danno i soavi lor mieli

pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane

che vogliono ch'ami e che vada!

ch'io veda là solo quel bianco

di strada,

che un giorno ho da fare tra stanco

don don di campane...

Nascondi le cose lontane,

nascondile, involale al volo

del cuore! Ch'io veda il cipresso

là, solo,

qui, solo quest'otto, cui presso

sonnecchia il mio cane.

Giovanni Pascoli

 

Commento

E’ una delle più belle, allusive e simboliche poesie del Pascoli. Raccoglie un po’ tutti i miti della sua poesia. La nebbia costituisce una sorta di barriera tra lui e la realtà per tenerlo al di qua della siepe, cioè di quello che è il suo ambito, il suo nido, con le certezze che lui si era fino ad ora creato. Difatti per il poeta la realtà è sempre stata negativa: Pascoli rifiuta il suo passato perché contiene episodi di dolore, lo rifiuta proprio per la sua negatività. Tutte le cose per lui sono state sempre impregnate di pianto e dolore. Nascosto ormai nel suo “cantuccio” di Castelvecchio, rassegnato al declino della sua vita e proteso alla ricerca di una pace, Pascoli prega la nebbia affinché gli nasconda le cose lontane piene di pianto, piene dei colori cupi e tristi della morte: l’infanzia e la giovinezza angosciosa, i loro dolori non ancora spenti, la memoria ancora lacerante. Restano solo davanti al suo sguardo le piccole immagini quotidiane, simbolo della pace ritrovata, e quel cimitero dove compirà l’ultimo viaggio, seguendo quel “bianco di strada.

 

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