Scotia
De historia moreque humanae populationis

Premesso che nelle Highlands le more non crescono, devo dire che un tuffo nella storia e nei costumi degli Alto-Scozzesi è stato incredibilmente interessante, avendo permesso al vostro inviato di scoprire storie oscure e clamorosi risvolti ignorati dalla storiografia ufficiale. La storia della Scozia comincia a diventare rilevante intorno all'anno 1000. Le popolazioni preesistenti, Celti e Pitti, vengono civilizzati e cristianizzati prima da invasioni Irlandesi al seguito del mitico S.Colombano, e successivamente dai Vichinghi. Dopo due botte di civilizzazione di questo livello, è già tanto se sanno ancora parlare, e l'arte celtica sarebbe a ramengo se non venisse incorporata nei simbolismi cristiani.
Comunque si forma il primo regno scozzese. Adesso quelli che a scuola non seghinavano regolarmente l'ora di storia avranno un dubbio: ma fin verso il 6-700 DC non ci sono stati i romani? Bella domanda, a cui risponde in maniera veramente spiritosa la guida elettronica (in italiano!) del Museo Archeologico di Edimburgo. Secondo loro, l'arrivo dei romani per Celti e Pitti è stato come l'arrivo dei Borg sulla terra, una invasione di alieni.
Questi mangiavano, combattevano, costruivano in maniera talmente differente da quella che essi conoscevano, che non ci hanno capito una beneamata mazza. Come se a noi un Borg desse in mano un fasatore discronico a protoni bolliti e ci dicesse "ecco, con questo coltivaci le petunie".
La guida cita a tal proposito un esempio sconvolgente: mette accanto al primo rastrello da erba et usi vari, tecnologia romana e legno locale, trovato vicino ad un insediamento romano, A.D. 650 DC circa, il primo rastrello di materiale e fattura scozzese, datato circa 1000 DC. In altre parole, partiti i romani, gli ci sono voluti 400 anni per costruire un altro rastrello. Piu o meno come accadrebbe a noi se il fasatore Borg finisse le batterie. Bisogna dire che erano peraltro affaccendatissimi con lo sport nazionale, lo scannamento di nemici, amici e parenti. Basti dire che in settecento anni di storia i re scozzesi morti nel loro letto si contano sulle dita di una mano. Anche nella scannatoria erano degli originali: usavano spadoni colossali. E' pur vero che erano e sono degli omaccioni, ma una spada lunga un metro e ottanta, lama larga quattro dita e spessa di conseguenza, e impugnatura di cinquanta centimetri è troppo per un uomo solo.
Chiara, che ha una laurea in archeologia, supportata dalle mie profonde conoscenze belliche, ha elaborato due possibili teorie: la spada a quattro mani o la spada "single shot", come gli archibugi.
Nel primo caso, più semplice, lo spadone era manovrato da due persone assieme. Nel secondo, si presume che il guerriero, qualche attimo prima di partire all'attacco, venisse aiutato dai suoi scudieri ad issare lo spadone sopra la testa; si lanciava poi sul nemico e lasciava ricadere lo spadone possibilmente sul di lui cranio. Poi mollava lo spadone, assolutamente impossibile da rialzare, e continuava lo scannatoio col pugnalone. Si sospetta anche che fossero tribracciuti, perché oltre ad uno spadone gigante portavano anche lo scudo. La storia scozzese termina nel 1745 con la battaglia di Culloden, vicino Inverness.
Gli Highlanders del "Bonnie Prince Charlie", ultimo pretendente del trono scozzese vengono massacrati dagli Inglesi, il Bonnie Prince squaglia in Francia e muore nel suo letto...ma lui non era ancora re! Queste cose le ho imparate da un bellissimo filmato multilingue che si può vedere sul luogo della battaglia (oltre a quello, ci sono da vedere solo file di bandierine e cippi di pietra); tutti, soprattutto i continentali, fanno un tifo sfegatato per gli scozzesi, e qualcuno se lo vede due o tre volte sperando che la prossima volta gli Highlanders siano più in forma. Il filmato termina con la fuga del principe; si nascondeva talmente bene nelle isole del North-West che non riusciva a trovarlo nemmeno la fregata francese che doveva riportarlo in Francia.
Qui per amor di patria il filmato tace su un episodio poco glorioso per le armi britanniche. Ho letto su una storia della marina che quando la fregata francese riuscì a trovare e imbarcare il principe, si trovò l'uscita del fiordo sbarrata da due fregate inglesi. Gli ordini del comandante erano 1) salvare il principe e 2) non impegnare combattimento con navi inglesi. Siccome era marsigliese e incazzereccio, aveva il vento a favore e l'ordine nr.1 valeva più di un ordine nr. 2, issò la bandiera di combattimento e puntò dritto fra le due navi inglesi.
Dopo un quarto d'ora di bumbum furibondo la fregata francese prendeva il largo e le due fregate inglesi venivano acquistate dai fabbricanti cinesi di stuzzicadenti. Comunque, la full immersion nella storia scozzese fatta al castello di Edimburgo ci ha portato a dubitare che la battaglia di Culloden sia finita "male": appurato quale genia di son of a bitch fossero i nobili scozzesi, tutto sommato si può dire che alla fine hanno avuto il fatto loro, e si che io detesto profondamente gli inglesi.
Un altro fatto rilevante, che ci ha aperto nuovi orizzonti di conoscenza, è stato l'incontro con Sir Charles. In una cittadina del sud della penisola di Argyll vediamo venirci incontro un signore in kilt, calzettoni e borsa ventrale, cui si sovrappone normale giacca e cravatta e tartan perché fa un freddo bestia. Allupati di scozzesità (terzo giorno di permanenza) la Canon spara a raffica, dopodiché Chiara, con la consueta faccia di bronzo chiede al signore se può farsi fotografare con lui. Il signore acconsente di buon grado, poi ci chiede la nazionalità e attacchiamo bottone.
A precisa domanda risponde che il kilt lo porta solo per motivi di lavoro: è il direttore della locale filiale della Bank of Scotland e, non potendolo più imporre agli impiegati, almeno lui deve portarlo. Poi dice che, sapendo che gli italiani amano l'aperitivo prima del lunch, gradirebbe offrircene uno nel suo Club. Lo seguiamo entusiasti. Il Club non è precisamente di quelli che si vedono nei film, il gusto e lo stato dell'arredamento sono più somiglianti a quelli di un casino italiano postbellico, ma i camerieri sono ok e in pompa magna e con gran sfoggio di vassoi e cristalli ci servono tre…Crodini.
Il nostro ospite continua a essere chiamato Sir Charles di qua e Sir Charles di la, chiacchiera indifferentemente in easy English con me e in francese con Chiara, e alla fine ammette di essere proprio Sir, baronetto, parente diretto del Lord capo Clan della zona, di cui abbiamo appena visitato il castello. Ci consiglia un buon ristorante dove provare la vera cucina scozzese di pesce. Chiara gli chiede se si può provare il mitico "haggish", il cibo scozzese per antonomasia. Premetto che secondo la compassatissima guida del TCI l'aspetto dell'haggish è ripugnante, il sapore peggio. Il Sir si fa una bella risata e ci spiega che probabilmente non esiste uno scozzese sotto i cinquant'anni che lo abbia mai assaggiato: ogni ristorante lo ha nel menù, ma salvo qualche turista con tendenze suicide nessuno lo ha mai ordinato…una specie di leggenda metropolitana.
Per la cronaca il nostro lunch consisterà nella consueta "soup" di vegetali e in comuni ma sicuri toast al formaggio. Quello del cibo è un argomento veramente intrigante, e dibattiamo a lungo, io e Chiara se il peggior cibo europeo sia quello scozzese o quello norvegese. Il fatto è che in Norvegia il "refugium peccatorum" è il salmone, lesso o alla griglia, con un po' d'olio o burro fuso e limone.
In Scozia il salmone è a fiumi, ma riescono a renderlo immangiabile con salsette abominevoli dai sapori più disparati. Comunque fintantoché giriamo per le località marittime del NW, pesce a volontà: se si riescono a scansare salsette e condimenti, va tutto bene, è nelle località interne che la situazione diventa drammatica.
Alla fine della permanenza, nel lussuoso quattro stelle di Edimburgo mi portano una meravigliosa bistecca di vitello Angus massacrata con una salsetta di cipolle e funghi e lì ho un cedimento strutturale: rimando indietro la bistecca e mi faccio portare i soliti toast al formaggio. Come sapete, le nuove tendenze della storiografia portano a spiegare gli eventi non solo con fatti eclatanti come guerre, battaglie cosi via, ma con i fatti della vita comune. Alla luce di questa nuova interpretazione, abbiamo scoperto perché i Romani abbandonarono a un certo punto la Britannia.
A scuola abbiamo imparato che le legioni vennero ritirate per la progressiva decadenza dell'impero. Vero, ma solo indirettamente. Il fatto è che i Romani si comportavano esattamente come gli Americani ai giorni nostri, si facevano venire tutto da casa: ho visto con i miei occhi i carichi di arance della Florida scaricate a Catania per la base di Sigonella.
Quando il progressivo disfacimento dell'organizzazione imperiale privò i legionari del vino de li Castelli e di tutto il resto, il loro morale cominciò a vacillare, e a quel punto le tribù scozzesi attaccarono. Si trattava di quelle amiche, perché quelle ostili erano state da tempo segate con la consueta efficienza romana (i tempi cambiano!). Queste tribù offrirono agli amici romani i loro cibi, e in particolare l'haggish.
Per i poveri legionari fu la fine: i sopravvissuti saltarono sulle triremi e remarono come ai campionati mondiali per tornarsene a casa. E' d'uopo che vi parli dell'haggish: trattasi di stomaco di pecora, riempito con ulteriori frattaglie e verdure varie, bollito con le erbe aromatiche reperibili in loco e servito freddo o caldo.
Vi chiederete perché della pecora si debbano mangiare stomaco e frattaglie e non il più onesto coscio: ma allora bisognerebbe scoprire perché pur pescando lo sgombro a tonnellate nelle loro acque territoriali lo rivendano tutto alle navi officina inscatolatrici russe, norvegesi e baltiche (non lo troverete mai al mercato o al ristorante), perché del pollo si riesca a mangiare solo il petto (del resto cosa ci fanno?), perché con una miriade di pecore e vacche riescano a produrre un solo, forse due tipi di formaggio, mentre con lo stesso latte nell'Europa Centro-Sud se ne fa una intera enciclopedia. Il posto, specie al nord, è veramente solitario e selvaggio al di sopra di ogni immaginazione, per viverci bisogna essere gente veramente dura, e forse hanno dura anche la testa, ma dobbiamo esserne loro grati; noi lo avremmo riempito di caseifici inquinanti e altre industrie merdose, e non potremmo più avere posti tanto meravigliosi a due ore di aereo da Bologna.
Un'ultima meraviglia è il Loch Ness; un lago non dei più belli, che però produce un fiume di sterline senza pari. Nel centro-visita si può vedere una bella serie di audiovisivi.
Il mostro, insomma, non c'è; però di tutta la campagna di rilevamenti sonar fatta negli ultimi anni, due o tre rimangono inspiegabili, e c'è un particolare abbastanza sinistro: in tutti i laghi scozzesi il rapporto tra microfauna e pesci è costante, meno che nel Loch Ness: i pesci sono molti meno di quanti dovrebbero essere. Dottor Zappoli, c'entri per qualche cosa?
Claudio Barbanera

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