IL PIT BULL: NEMICO GIURATO O "CUGINO " DA
APPOGGIARE E DIFENDERE
di Valeria Rossi
Il mondo dell'American
Staffordshire è in fermento: da quando legislatori e politici di dubbia
conoscenza cinofila (e, diciamolo, di poca intelligenza generale) hanno
cominciato ad attaccare l'American Pit Bull Terrier, arrivando a mettere
"fuorilegge" il cane anziché i pazzi umani che talora lo usano per scopi
illegali, gli "staffordisti" si sono messi in allarme ed esigono di essere
nettamente distinti dagli allevatori e possessori di Pit Bull, in ogni
circostanza. Perfino sui giornali vogliono "pubblicità separate", in pagine più
lontane possibile gli uni dagli altri. Tutta questa agitazione è parzialmente
comprensibile e sicuramente umana: ma siamo sicuri che sia questa la strada più
corretta e più etica? Per cominciare a rispondere a questa domanda, vediamo cosa
ci racconta la storia. E' arcinoto che i combattimenti tra animali sono antichi
quanto l'uomo: nei tempi più remoti veniva impiegato ogni tipo di cane, purché
fosse grosso e dotato di mascelle robuste. E veniva impiegato soprattutto in
combattimenti contro orsi e tori, con netta predilezione per questi ultimi
perché erano più facili da reperire. Per questo motivo i cani usati fino al 1600
venirono chiamati "Bulldogs" (dall'inglese Bull=Toro e Dog= cane): ma non
bisogna pensare al Bulldog inglese di oggi, che in quei cani ha solo i suoi
lontani antenati. I Bull di allora erano molto più alti sugli arti, piuttosto
snelli (anche se dotati di forte muscolatura)...e completamente diversi l'uno
dall'altro, tanto da non poter rappresentare una vera e propria "razza" ma solo
una vaga tipologia canina. Verso la fine del Settecento, poiché i combattimenti
(allora legali, ricordiamolo) riscuotevano un enorme successo di pubblico,
nacque la prima idea di costruire una linea di cani che potesse garantire la
continuità di alcune caratteristiche vincenti. Queste erano: aggressività,
scarsa sensibilità al dolore, potenza, tenacia ed agilità. I Bulldog del tempo
erano piuttosto carenti in aggressività e agilità: quindi si decise di
incrociarli con i Terrier, che portavano queste due caratteristiche nel loro
patrimonio genetico al massimo livello. Infatti, dato il loro scopo venatorio (e
cioè quello di entrare nelle tane e di lottare muso a muso con selvatici molto
più grandi e forti di loro), i Terriers sono in assoluto i cani più aggressivi e
coraggiosi del mondo. Da questi incroci nacquero i cosiddetti "Bull and
Terriers": ma ancora non si poteva parlare di una vera "razza", perché ancora
una volta si pensava solo alla resa in combattimento, senza badare più di tanto
a caratteristiche di tipo o comunque di omogeneità morfologica. Nel 1835,
finalmente, arrivò l'editto che metteva fuori legge i combattimenti tra animali:
ma questo non ebbe certamente l'effetto di far scomparire questa barbara
pratica. Appassionati e (soprattutto) scommettitori si spostarono semplicemente
dalle piazze pubbliche alla clandestinità di cantine private e di ring (o meglio
"pit", arene) improvvisati: ma siccome era piuttosto difficile portare a spasso
un toro o un orso per le vie cittadine - e magari ficcarselo in cantina senza
essere notati - ecco che i combattimenti tra cani divennero i più diffusi e
popolari. Fino ad allora erano esistiti, sì, ma come pratica "di serie B": per
assurdo fu proprio l'illegalità dei combattimenti a portarli prepotentemente in
primo piano, perché i cani erano i più facili da "contrabbandare" e da far
combattere di nascosto. Con questo siamo arrivati all'incirca a metà
dell'Ottocento, anni in cui nasce anche la cinofilia ufficiale: si svolgono le
prime esposizioni canine e comincia a diffondersi il concetto di cane non solo
visto come "oggetto utile", ma come compagno ed amico dell'uomo. Questo, che ci
piaccia o no, significa che nasce il concetto di cane come "business": la gente
comincia a pagare anche per avere un cane semplicemente "bello" e/o "simpatico",
e gli allevatori cominciano a produrre anche cani semplicemente belli e/o
simpatici. Purtroppo la cinofilia, come ogni altra manifestazione umana, ha
sempre seguito le leggi del mercato: e la metà dell'Ottocento è stata la data
che ha avviato questo mercato, o perlomeno l'ha portato a livelli (e a cifre)
che giustificavano l'interesse di molte persone. In questo momento storico nasce
anche la divisione tra American Staffordshire e American Pit bull terrier. Gli
scommettitori, infatti, volevano ancora cani da combattimento in grado di
vincere gli incontri: ma altri appassionati, che stimavano i Bull 'nd Terriers
per le loro innegabili doti ma che NON volevano farli combattere, volevano
creare una razza che restasse forte, coraggiosa e di grande tempra, ma divenisse
meno aggressiva e più gradevole esteticamente. Volevano, insomma, una razza
"legale" ma altrettanto dotata e ovviamente "vendibile". Partendo dai Bull 'nd
Terriers queste persone crearono l'American Staffordshire, lo Staffordshire Bull
Terrier e il Bull Terrier. Questi non sono gli unici esempi di cani
profondamente modificati dalla selezione umana: lo stesso Bulldog inglese, per
esempio, da cane da combattimento estremamente aggressivo fu trasformato in un
pacioso cane da compagnia. Il "vecchio" Bulldog, però, sparì dalla circolazione,
anche perché era diventato un cane davvero "feroce" ed ingestibile: quindi si
trattò di un passaggio che coinvolse l'intera razza e non si lasciò dietro
alcuno strascico polemico. Diverso il caso della nascita dell'"American
Staffordhire": perché in questo caso la razza originaria non scomparve. Alcuni
allevatori ed appassionati non erano affatto d'accordo con l'"ingentilimento"
del cane primitivo, ma volevano mantenere intatte le doti caratteriali tipiche
dei combattenti: quindi continuarono a lavorare in questo senso e crearono
l'American Pit Bull Terrier. Ovviamente lo fecero anche perché la razza
originaria NON era né feroce né ingestibile (come nel caso del Bulldog): al
contrario, era una razza molto docile e sicura verso l'uomo, e tutta
l'aggressività la riservava esclusivamente agli altri cani. Gli amanti del Pit
bull, in parte, erano scommettitori che facevano soldi sulla pelle dei cani: ma
non tutti. C'era anche (e c'è ancora oggi) chi amava il cane per ciò che era, e
non per gli eventuali risvolti economici: questo è un concetto importante che
bisogna sforzarsi di capire. Per alcune persone il Pit Bull è e deve rimanere un
"supercane", un concentrato di forza, tenacia, resistenza e coraggio senza
uguali: trasformarlo in un cane da esposizione (almeno a loro avviso) equivale a
snaturarlo, a renderlo meno virile e nevrile. Non si deve essere forzatamente
d'accordo con questa tesi: ma bisogna accettare il fatto che non siamo tutti
uguali. Lo scommettitore (legale o clandestino che sia) fa indiscutibilmente
parte del sottobosco umano, e in lui emergono le stesse emozioni che facevano
gioire il pubblico davanti alle arene in cui si ammazzavano i gladiatori:
emozioni umane (purtroppo), ma anche incivili. Emozioni che una società civile
DEVE condannare, anche se non riuscirà mai (ri-purtroppo) ad estirpare del
tutto, come dimostra la storia. Ma le stesse emozioni (o emozioni che
sono...parenti strette delle precedenti) possono anche elevarsi a un ruolo
superiore e non condannabile: un po' come i combattimenti dei gladiatori si sono
trasformati in discipline come il pugilato o la lotta libera, che il mondo
civile continua a ritenere lecite ed accettabilissime. In cinofilia ci può
essere il lecito desiderio di mantenere in vita un cane capace di incarnare il
"supereroe", il condottiero senza macchia e senza paura, il guerriero
invincibile. Si può volere un cane capace di combattere anche se non lo si farà
mai combattere, solo perché si stimano e si rispettano le sue doti. Dopotutto
stiamo parlando della stessa civiltà cinofila che alleva Cocker o Siberian Husky
da compagnia, ma nello stesso tempo si sforza di selezionare cani che siano
ancora potenzialmente capaci di andare a caccia o di tirare una slitta. Non
solo: gli Standard di razza vogliono la "bellezza funzionale", ovvero giudicano
bello soltanto il Siberian Husky costruito in modo tale da poter tirare una
slitta. Perché, dunque, stupirsi se si cerca la bellezza funzionale anche
nell'EX combattente? L'importante è che ci sia quella parolina: "ex". Il resto è
del tutto lecito. Lo dimostra il fatto che lo Standard del Bulldog o del Bull
terrier faccia spesso riferimento al loro scopo originario: si ricerca un cane
"gladiatore", una massa di muscoli pronta a scattare...eppure stiamo parlando di
cani da compagnia! E allora, perché gridare allo scandalo se i "pitbullisti"
amano un cane più asciutto, più muscoloso e meno elegante dello Staffordshire?
Ognuno dovrebbe essere libero di selezionare le caratteristiche che preferisce,
purché poi i cani vengano allevati e curati nel massimo rispetto della legge (e
soprattutto del cane stesso). Il punto, qui, è un altro: quello che divide
realmente "staffordisti" e "pitbullisti" non sono tanto le differenze, quanto le
somiglianze. Le due fazioni si guardano in...cagnesco (è proprio il caso di
dirlo) perché le loro due razze sono troppo simili, perché è facile scambiarle
l'una per l'altra, perché solo un occhio davvero esperto può dire a colpo sicuro
"questo è uno Staffordshire" o "questo è un Pit Bull". E' comprensibile, ed è
anche umano, che ci sia sempre stata una certa rivalità tra i due campi: chi
alleva Staffordshire ha fatto una fatica immane per limare l'aggressività
intraspecifica, per ingentilire la morfologia del cane e per ottenere soggetti
più eleganti e distinti, e non può che irritarsi se i suoi cani vengono confusi
con la loro versione più "rozza" e primitiva. D'altro canto, il Pit bullista che
ha voluto mantenere intatte proprio le caratteristiche primitive del cane si
irrita se i suoi soggetti vengono scambiati con gli Staffordshire, che a suo
avviso sono passati da prodi guerrieri a "signorini da salotto". Ad aumentare la
confusione c'è poi il fatto che (almeno per i Paesi affiliati alla FCI)
l'American Staffordshire è una razza riconosciuta, mentre l'American Pit Bull
non lo è. Ma questo, in realtà, è un falso problema: o perlomeno, è solo un
problema "politico". Negli Stati Uniti sono addirittura DUE i Club specializzati
che tutelano il Pit Bull Terrier e ne registrano i pedigree: uno è l'United
Kennel Club, nato nel 1878. Il secondo club è l'American Dog Breeder
Association, nato nel 1909. I pedigree riportano ben NOVE generazioni (a
differenza di quelli FCI, che si limitano a tre), i cani sono regolarmente
tatuati e controllati e non può essere messa in discussione neppure l'omogeneità
di razza, perché l'unica possibile "confusione" resta quella tra Pit bull e
American: chiunque visiti un allevamento "serio" di Pit Bull può rendersene
conto. Certamente bisogna parlare di allevamenti "seri": perché è vero che
esistono anche "produttori incontrollati" di cuccioli che magari sfornano cani
proprio per rifornire il mercato nero dei combattimenti. Ma ho detto volutamente
"sfornano", e non "allevano": e a questo punto non ha molta importanza quale sia
la razza "sfornata". Queste persone dovrebbero essere prese e sbattute in galera
a vita, punto e basta: ma non vanno confuse né con chi alleva Staffordshire, né
con chi alleva Pit Bull con passione e serietà. Detto questo, torniamo alla
storia per ricordare che il primo cane iscritto a un Libro Origini come American
Staffordshire Terrier...era un Pit bull! Agli albori della "differenziazione",
infatti, era questo il nome dato alla razza (ancora unica): e gli appassionati
che intendevano "addolcirla" ed avviarla alla carriera espositiva non avevano
minimamente pensato di cambiarlo. Il termine "pit"(che significa "arena",
"recinto da combattimento") non piacque però alla cinofilia ufficiale
dell'epoca, proprio perché ci si trovava nel momento storico appena successivo
alla messa al bando dei combattimenti: quindi non sembrava giusto che una razza
ufficiale portasse un nome legato, in qualche modo, ad una pratica non più
autorizzata. Detto fatto, il proprietario del cane gli cambiò nome e lo iscrisse
come American Staffordshire: ma il cane era sempre lo stesso! Da quel momento in
poi cominciò la selezione mirata ad allontanare il neo-Staffordshire dai
"cugini" da combattimento: ma resta il fatto che il cane iniziale era uno solo,
che le due razze odierne sono strettamente imparentate (basta guardarle per
capirlo) e che farsi la guerra può essere logico solo quando si cerca di
promuovere la propria razza evidenziandone le doti (e magari puntando l'indice
sui difetti dell'altra), perché è chiaro che gli intenti sono diversi e che
ognuno ha tutto il diritto di tirare l'acqua al proprio mulino. Ma che succede
quando si entra in uno "stato di emergenza" come quello attuale, in cui una
delle due razze viene ingiustamente attaccata e condannata? Ancora una volta, è
umano che gli amanti dello Staffordshire si siano sentiti vittoriosi da una
parte, e preoccupati dall'altra: ma lo loro preoccupazione è stata solo quella
di staccare il più possibile la propria immagine da quella del Pit Bull, mentre
dovrebbero avere paure ben diverse. Ragioniamo un momento su ciò che è accaduto:
alcuni cani (Pit bull, o indicati come tali) hanno cominciato ad andare in giro
a mordere la gente. Solo allora, guarda caso, si è scoperto che questi cani
erano usati per i combattimenti: prima non se ne era mai occupato nessuno. Solo
allora i politici ignoranti e superficiali hanno fatto due più due: cane da
combattimento=cane-killer, cane pericoloso per l'uomo. Ma questa è una BALLA
STRATOSFERICA, come tutti i cinofili sanno benissimo. Il cane da combattimento
deve odiare gli altri cani, e non certo la gente. Quando i combattimenti erano
ancora legali, i "pit men" più accaniti e fanatici erano capaci di sopprimere il
loro cane all'istante, se si azzardava a ringhiare a un essere umano. Infatti
era sommamente disdicevole possedere un cane aggressivo verso l'uomo, perché
questa aggressività significava timore: una parola che un vero Pit Bull non
dovrebbe mai conoscere. E in realtà il Pit Bull è uno dei cani MENO aggressivi
del mondo nei confronti dell'uomo: tant'è vero che sul campo di addestramento,
quando si cerca di addestrarlo alla difesa, è più difficile convincerlo a
mordere che insegnargli il "lascia". E' però un cane dall'elevata docilità, il
che significa che è disposto a fare qualsiasi cosa per compiacere il padrone:
quindi è possibile farne un cane da difesa (che accetta di mordere un ipotetico
malvivente), e ovviamente è possibile farne anche un cane-killer, che accetta di
mordere il membro di una banda rivale o un innocente passante che il suo padrone
intende rapinare. Ma dev'essere l'uomo a insegnare al Pit bull l'aggressività
interspecifica, perché il cane, geneticamente, non la possiede proprio.
Possiede, al contrario, un'alta aggressività intraspecifica: ma sapete una cosa?
Di questo fatto non interessa un bel niente a nessuno, tanto meno ai nostri
brillanti politici. L'American Staffordshire è un cane che può giocare
tranquillamente con gli altri cani, mentre il Pit bull preferirebbe farne
polpette? E CHI SE NE FREGA. Nessun politico pensa di poter raccattare voti
impedendo a un cane di mangiarsene un altro a colazione: quello che "fa
spettacolo", che smuove l'opinione pubblica e che scalda le folle, è il cane che
morde l'uomo. L'Amstaff è un cane dolcissimo verso l'uomo: ma anche il Pit Bull
lo è, e lo sappiamo tutti benissimo (tranne i soliti politici). Allora,
cominciamo a vedere il vero pericolo? Se lasciamo passare impunemente una legge
che condanni i cani quando i colpevoli sono gli uomini, è sciocco illudersi che
la cosa finisca con la criminalizzazione del Pit Bull: andrà avanti e
coinvolgerà l'American, il Rottweiler, il Dogo argentino e chi più ne ha più ne
metta. E li coinvolgerà perché, come ho detto all'inizio, il cane è solo un
innocente sfruttato: se non ci saranno più Pit Bull a disposizione, i
delinquenti umani si rivolgeranno ad altri cani con caratteristiche simili. E
quello più simile in assoluto è proprio l'Amstaff! Essendo il più simile
fisicamente, sarà anche il primo ad essere preso di mira dai delinquenti in
crisi di Pitbull-astinenza; essendo a sua volta un cane molto docile, accetterà
di mordere la gente se il padrone glielo chiede; mordendo la gente con
l'efficacia di un cane da presa, diventerà lui il prossimo "cane killer", la
prossima "belva" di cui proporre l'eliminazione dalla faccia della terra. Non
cadiamo nell'errore di pensare che la messa al bando del Pit Bull possa fare la
fortuna dello Staffordshire: al contrario, rischia di trascinarlo con sé nel
vortice delle leggi pazze. Rendiamoci conto che gli squilibrati a due zampe che
oggi si divertono a usare i Pit Bull come armi, domani cominceranno ad usare gli
Amstaff. Ma togliamogli gli Amstaff ed useranno i Rottweiler, e poi i Dobermann,
e poi anche i Bassotti o gli Yorkshire, se non gli resta altro. Togliamo tutti i
cani dalla faccia della terra, e cosa pensate che faranno gli squilibrati?
Useranno i coltelli o le pistole, ovviamente: perché la variante impazzita in
questione non è la razza canina, ma il cervello umano. Quindi non è il caso di
sentirsi soddisfatti se i Pit bull sono finiti fuorilegge e gli Amstaff no: e la
preoccupazione non dev'essere quella di mettere una bella linea di demarcazione
tra le due razze, ma quella di fare fronte comune contro l'ignoranza e
l'assurdità di certe proposte. Qui c'è un solo accusato innocente: il cane,
indipendentemente dalla razza. E bisogna difenderlo tutti insieme. Bisogna
lottare per far capire ai nostri politici che mettere fuorilegge una razza
canina, qualsiasi essa sia, equivale ad eliminare il calcio per evitare la
violenza negli stadi, o a eliminare i coltelli perché ogni tanto qualcuno,
invece di affettarci il pane, decide di usarli per far fuori la moglie. Finché
non diverrà chiaro che è sempre e solo l'uomo il colpevole delle violenze
canine, le razze saranno tutte a rischio. Solo DOPO che si sarà superato questo
scoglio si potrà tornare a dire "è giusto allevare Staffordshire" o "è meglio
allevare Pit Bull": si potranno chiedere "pubblicità separate" e si potrà
sorridere in tono di scherno incontrando (a seconda dei casi) un "signorino"
piuttosto che un "fascio di muscoli bruti" al guinzaglio. Se è vero, come è
vero, che Pit Bull ed Amstaff sono cugini stretti, facciamo appello al richiamo
del sangue. Non sempre si può andare d'accordo tra parenti, spesso si prendono
strade diverse e si perseguono obiettivi diversi: ma se qualcuno salta fuori a
minacciare uno dei due con la pistola, è giusto che l'altro intervenga a sua
difesa. I legami di sangue possono essere più forti delle piccole diatribe, e
devono essere più forti se è minacciata addirittura la sopravvivenza di una
parte della famiglia. Ma lo sottolineo ancora, qui non stiamo parlando solo di
Amstaff e Pit Bull: qui stiamo parlando di una famiglia molto più grande, e cioè
dell'intera specie canina. L'uomo l'ha plasmata come più gli ha fatto comodo: vi
sembra giusto che ora voglia sopprimere parte del suo stesso lavoro solo perché,
in qualche caso, gli ha preso la mano? Non è solo ingiusto: è immorale. E'
contro qualsiasi etica. Se non riusciamo a capirlo, non conta più la razza che
alleviamo: dovremmo smettere di allevare qualsiasi razza, perché non siamo e non
possiamo definirci veri cinofili.
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