Omeopatia Veterinaria – 3

 

Nei precedenti articoli, oltre a raccontare come uno scettico di natura possa arrivare all’omeopatia seguendo la tattica di San Tommaso, ho cercato di spiegare come funzioni questo tipo di terapia e soprattutto come un omeopata giunga alla formulazione di una prescrizione attraverso il cosiddetto “interrogatorio”.

Ora vorrei tentare di chiarire in cosa consiste un rimedio omeopatico, cosa significano quelle strane sigle che ritrovate sulle etichette e soprattutto come somministrarlo al vostro cane nelle diverse formulazioni esistenti in commercio.

Tralasciando per il momento i farmaci che contengono più di un rimedio, detti composé o sinergici, il più delle volte il cliente di un omeopata si ritrova, dopo essere passato in farmacia con la ricetta, con in mano uno strano tubetto sulla cui etichetta c’è magari scritto “Arsenicum album 30CH”. Se il veterinario non si è preventivamente prodigato in spiegazioni ed il suddetto cliente è una di quelle simpatiche ed apprensive vecchiette che popolano le sale d’attesa degli ambulatori veterinari, il rischio è che dopo essersi ripresa dallo svenimento la dolce signora ci telefoni e ci ricopra d’insulti, convinta che volessimo por fine alle sofferenze del suo adorato Pucci avvelenandolo con dell’arsenico.

Nulla di più sbagliato, Pucci non si tocca! Fermo restando che quasi tutti i nomi dei rimedi omeopatici sono in latino (odiando fin dai tempi del liceo quest’antica lingua, capirete la mia facilità nel ricordarne i nomi), l’originario principio attivo in questi farmaci è talmente diluito da aver perso completamente gli effetti che potrebbe dare se somministrato a dosi misurabili, acquistando però attraverso la diluizione e la dinamizzazione altre caratteristiche, che sono poi quelle che ci interessano.

E quello che compare dopo il nome? Cosa significa?

Questo non è altro che l’indicazione della potenza: viene espressa da un numero (5, 9, 15, eccetera) e da una sigla (CH o K). Mentre il numero è la misura di quante volte la sostanza originaria è stata diluita 1:100, la sigla indica la modalità di diluizione seguita. Fra una diluizione e la successiva, il rimedio in preparazione viene agitato e questo procedimento prende il nome di dinamizzazione. La differenza fra una diluizione “CH” (centesimale hahnemanniana) ed una “K” risiede nel fatto che la seconda, appunto per il diverso metodo di lavorazione, risulta meno diluita rispetto alla prima ed a parità di “numeretto” avremo quindi un’azione terapeutica diversa. Esistono tabelle che riportano le equivalenze fra le due metodiche, che ad esempio sostengono che una 9CH corrisponde ad una 1000K. Peccato che però la seconda abbia subito un numero di dinamizzazioni enormemente superiore alla prima e per questo riveli effetti sostanzialmente diversi.

Ai fini pratici, comunque, quello che è importante conoscere è che all’aumentare della diluizione corrisponde un aumento della persistenza e della profondità di azione del rimedio somministrato, fino ad arrivare ad influire sulla sfera psichica del paziente, la più nascosta e difficile da raggiungere.

Mentre in medicina umana si considerano basse le potenze 5 e 7CH, medie quelle fino alla 30CH ed alte quelle dalla 200CH in su, in veterinaria l’enorme energia di un cane fa sì che il più delle volte si debba utilizzare una 30CH come base di partenza.

Mi sembra necessario un esempio: parlando di utilizzo “sintomatico” dei farmaci omeopatici, è assodato che la Nux vomica è un rimedio altamente indicato per favorire la risoluzione delle indigestioni. Alla 5CH è ottima per trattare su di me gli inevitabili esiti di un pranzo luculliano al ristorante, ma risulterà probabilmente acqua fresca sul mio cane quando mi ruberà l’arrosto dal tavolo, nel qual caso avrà invece effetti apprezzabili a potenze decisamente maggiori.

Questa è pura e semplice esperienza personale, acquisita nel momento in cui la sicurezza nella scelta di un rimedio era vanificata dall’assenza di effetti apprezzabili utilizzando le basse potenze come mi era stato insegnato. E’ anche per questo che l’omeopatia in medicina veterinaria è spesso una sfida: la sperimentazione, almeno fino allo scorso decennio, si è rivolta esclusivamente alla specie umana ed è da quella base che alcuni illuminati pionieri sono partiti, cominciando a…provare!

Di contro (ed una volta tanto a nostro favore), si può aggiungere che l’elevata energia di cui dispongono i nostri pazienti pelosi ci facilita il compito, rendendo estremamente evidenti le reazioni che questi hanno a seguito di una terapia omeopatica. Immagino che la ragione risieda nel fatto che noi dobbiamo centellinare in settanta od ottanta anni quello che Madre Natura ci ha dato, mentre loro, purtroppo, hanno una quindicina d’anni per dare il massimo. E non solo in termini affettivi.

E’ importante sottolineare che in omeopatia una terapia non è quasi mai dose-dipendente, ma estremamente influenzata dalla diluizione (o potenza) del rimedio e dalla frequenza con cui questo viene somministrato.

Questi due elementi, decisi dall’omeopata prescrittore sulla base di quello che ha rilevato sul paziente durante la visita, sono estremamente legati fra loro nel senso che, solitamente, un’alta potenza ha un’azione più duratura di una bassa e perciò può essere somministrata con frequenze basse. Molti, a seguito della prescrizione di un rimedio altamente diluito da utilizzare sul proprio cane una volta alla settimana, se non addirittura una sola volta, restano interdetti. Mi sento di potervi tranquillizzare: è assolutamente normale, soprattutto nel trattamento di patologie croniche.

Ma torniamo alla vecchietta ed al suo adorato Pucci.

Dovete sapere che le vecchiette leggono un sacco di riviste e che sulle riviste è ormai di moda parlare di omeopatia. Peccato che, anziché limitarsi a dare indicazioni di massima e specificare che i rimedi omeopatici sono farmaci a tutti gli effetti e vanno perciò prescritti da un medico, la maggior parte delle volte le riviste riportino solo un’infinità di luoghi comuni che finiscono per confondere le idee e complicare la vita alle persone. Mi limito ad elencarne un paio:

-         i granuli omeopatici non vanno toccati con le dita;

-         i granuli omeopatici vanno fatti sciogliere sotto la lingua.

Ora, immaginatevi la proprietaria di Pucci, con in una mano un tubo-granuli e nell’altra la ricetta che dice: “Somministra tre granuli tre volte al di per via orale per una settimana”. Sulla base dei sopracitati luoghi comuni, ammesso e non concesso che la signora abbia trascorsi circensi e perciò riesca ad infilare tre granuli in bocca al suo adorato cagnolino senza toccarli con le dita, è condannata al ricovero presso la più vicina clinica oculistica per le gravi lesioni provocatele dai granuli fulmineamente risputati da Pucci, che non ne vuol sapere di attendere che si sciolgano.

A questo punto le cose son due: o la vecchietta lega a pelle di leopardo l’amato cagnolino sul tavolo di cucina e gli sigilla la bocca col nastro da pacchi (dopo aver abilmente inserito altri tre granuli), oppure telefona al veterinario che si è scordato di spiegarle come fare (ed ora la paga, perché ormai sono le due di notte).

Ma cosa avrebbe dovuto spiegarle (oltre al fatto che è generalmente un errore prendere come oro colato gli articoli di omeopatia dei rotocalchi)? Poche cose. Ad esempio che qualunque prodotto omeopatico può essere disciolto in acqua minerale e fatto deglutire direttamente; che i granuli possono essere tranquillamente maneggiati, perché ormai vengono prodotti in multistrato; che per fare effetto non hanno assoluto bisogno di venire a contatto con la lingua. E che, al limite, possono essere assunti anche mescolati all’alimento.

Oltre i granuli, le altre formulazioni solide sono:

-         i globuli, ovvero piccoli granuletti che si ritrovano nei tubi-dose ed all’interno delle capsule (che non vanno somministrate tal quali, ma aperte);

-         le compresse.

Entrambe possono essere somministrate dopo averle disciolte in qualche millilitro di acqua.

Per quanto riguarda le forme liquide il problema non si pone, mentre le soluzioni iniettabili, soprattutto in caso di urgenza, funzionano benissimo anche per via endovenosa.

Morale della favola, che questa volta non vale solo per l’omeopatia: a costo di sentirvi dei rompiscatole, cercate di uscire dall’ambulatorio certi che quel signore in camice verde abbia dato una risposta esauriente a tutti i vostri dubbi, compresi quelli che in cuor vostro credete non abbiano poi tanta importanza. Sono convinto che un proprietario tranquillo, ben istruito su quello che deve fare, sia la miglior medicina per un cane con un problema.