Storia di un gentiluomo irlandese, basata sulle vicende veritiere accadute a Jim Rabbit, conosciuto a Roma sotto il nome di
Jazz

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Non appena l'uomo girò le spalle e chiuse la porta, la stanza divenne improvvisamente buia. Era abituata a questa routine: ogni notte, dopo l'ultimo pasto del giorno, un uomo con un cappellino verde, quella cosa che loro chiamano "cappello da baseball", veniva e chiudeva la porta. Lo spazio si rimpiccioliva e quello era il momento migliore per socializzare con I suoi compagni di cella, Jim, un gentiluomo di mezza età dai capelli scuri e Rob, un giovane biondo. Tutti e tre erano condannati alla stessa vita monotona: allenamenti, allenamenti e ancora altri allenamenti. Le giornate si susseguivano identiche una all'altra fatta eccezione per I giorni delle corse, due volte a settimana. Tutti loro erano atleti ma l'allenarsi non era più un piacere, solo un dovere. I pasti erano pianificati con molta cura: non una gustosa cucina casalinga ma un bilanciato cocktail di proteine, grassi, zuccheri e minerali, la ricetta della velocità. Avevano a disposizione i medici migliori e gli allenatori più qualificati ma non disponevano di soldi propri ed erano negate loro la libertà e la possibilità di provare sentimenti. Tutti i sentimenti tranne il desiderio di correre e vincere dovevano essere aboliti. Non c'era posto per la paura, la tristezza o l'amore ma tutti si sentivano soli e, incuranti delle regole, sentimenti di affetto e solidarietà erano comuni, specialmente tra compagni di cella.
Ogni notte, dopo che l'uomo con il "cappellino da baseball" verde chiudeva la porta, Shirley, Jim e Rob erano soliti riunirsi e ascoltare I sogni, le speranze e le storie di ciascuno. Shirley pensava che le storie più affascinanti fossero quelle raccontate da Jim, il più anziano del trio. Come la maggior parte degli atleti, Jim discendeva da una nobile famiglia inglese ma era nato in Irlanda, nella verde contea di Limerick. Rivelatosi subito un soggetto molto promettente fu subito avvicinato alle tecniche di corsa, e tolto alla sua famiglia quando era ancora molto giovane. Crebbe forte e indipendente e, come previsto, apprese e sviluppò le migliori tecniche di corsa. I duri allenamenti non modificarono la sua natura gentile: sapeva adattarsi ad ogni situazione, disposto a correre veloce e ancor più veloce solo per vedere sorrisi sui volti dei compagni di squadra e dei suoi sostenitori. Non correva per se stesso, ma, nonostante ciò faceva del suo meglio per mietere vittorie. Sfortunatamente questo non bastava. Era veloce, ma non abbastanza veloce, continuò ad allenarsi impegnandosi, gli diedero pillole per aumentare la sua velocità ma fu inutile: riuscì a vincere solo poche corse. Il senso di frustrazione crebbe: le spese per l'uso della pista d'allenamento e i costi per le iscrizioni alle corse erano elevati fu deciso di mandare Jim all'estero dove le corse erano meno competitive.
Da un giorno all'altro, Jim si ritrovò in una terra straniera. Sentiva la gente parlare una lingua sconosciuta e, sebbene non fosse mai uscito dagli impianti, sapeva che quella terra non era verde come l'Irlanda. La mitezza del clima non bastava a confortarlo, continuava a sentire la mancanza della verde contea di Limerick. C'erano molti altri corridori Irlandesi (gli Irlandesi erano molto stimati all'estero) ma nessuno era legato all'Irlanda quanto Jim. Jim non si interessava alla politica irlandese e ai problemi nel nord, non era un accanito lettore di James Joyce ma era profondamente attaccato alla sua terra natia. Desiderava tornare nella contea di Limerick, far ritorno alla fattoria in cui era nato, visitare le stalle e odorare il fieno, andare nei campi a caccia di lepri correndo libero nell'erba verde. Ricordava ogni cosa nei particolari e la descriveva spesso a Shirley: sua madre e I suoi fratelli, la casa del fattore, I bambini e Molly dai capelli rossi, la figlia del fattore sempre gentile con lui quando era piccolo. Jim pensava che, forse, se avesse imparato a correre più veloce, sarebbe potuto tornare in Irlanda. Passò mesi a guardare correre gli avversari, raffinando la sua tecnica e pensando a come poter trarre vantaggio dal vento, dal fango e dai freddi giorni di pioggia a cui gli altri non erano abituati. I suoi sforzi lo condussero ad alcune vittorie ma queste, pensava Jim, non erano sufficienti, altrimenti sarebbe già stato in Irlanda. Divenne uno dei corridori più famosi e veloci ma, incapace di scorrettezze e brogli, guadagnò solo poche vittorie. Sapeva che aveva ancora un rivale da battere: Dave, un giovane corridore, anch'egli irlandese. Jim riteneva che Dave fosse così bravo perché anche lui desiderava tornare in Irlanda ed era convinto che solo uno di loro due, il migliore, vi avrebbe fatto ritorno. Sapeva che Dave era più giovane, forte e pieno di energia ma ne ignorava la spietatezza.
Quella notte, dopo che l'uomo dal cappellino verde chiuse la porta, Jim spiegò il suo piano a Shirley e Rob, I suoi migliori amici. Aveva continuato a piovere per tutto il giorno, Jim sperava che l'indomani sarebbe rimasto del fango sulla pista. Disse a Shirley e Rob che voleva che quella fosse la sua ultima corsa in quel paese. Voleva vincere e, vincitore, tornare nella sua patria. Sapeva di Dave ma era ben determinato a vincere, doveva farlo. "La corsa di domani sarà la mia ultima corsa" disse agli amici. Il pomeriggio seguente, mentre tutti si preparavano per la corsa, Jim scrutò velocemente il terreno: il sole non l'aveva asciugato completamente, poteva trarre vantaggio dalle condizioni del suolo. Poi alzò la testa e vide Dave, corteggiato dai suoi preparatori e da alcuni sostenitori. Anche Dave vide Jim, ma voltò subito il suo capo scarno nella direzione opposta. Ciascuno prese il proprio posto. C'erano sei atleti alla partenza ma tutti sapevano che quella corsa era una sfida tra Jim e Dave. Grazie a loro gli allibratori si erano arricchiti, davano vincente Dave ma, nonostante ciò, molti scommettitori confidarono in Jim. La corsa iniziò e Jim prese il comando dopo la prima curva, Dave era proprio dietro di lui fino a… Fino alla terza curva (una curva inclinata) dove Dave, avvantaggiato dai suoi muscoli e dalla sua stazza maggiore, urtò volontariamente Jim che cadde al suolo con violenza rompendosi un arto. Jim provò a rialzarsi e a continuare a correre ma era troppo doloroso, fece alcuni metri e cadde di nuovo, incapace di rialzarsi. Shirley e Rob avevano assistito alla scena ma non potevano intervenire, non erano autorizzati ad aiutarlo.
Rimase lì, solo, sulla pista fino al termine della corsa, a quel punto una donna e alcuni uomini con I cappellini verdi entrarono e lo portarono via. La donna era molto gentile, aveva I capelli rossi, proprio come Molly, la figlia del fattore. "Forse anche lei è irlandese". Pensò Jim "anche se non parla inglese. Forse mi riporterà a Limerick…" Poi perse I sensi. Quando rinvenne si accorse che la sua gamba era stata immobilizzata, udì qualcuno dire che era rotta. Un altra voce, dal fondo, aggiunse che poteva guarire ma non sarebbe più tornato a correre. Jim cadde in preda al panico: non aveva mai pensato a se stesso come un ex-atleta, dopo tutto, gli avevano sempre detto che era nato per correre. Cerco di guardare la situazione con altri occhi… "Se dovrò ritirarmi… Forse mi rimanderanno a casa, in campagna. Sì, dev'essere proprio così. Sì, Sì, è molto logico…"
Passarono alcuni giorni, Jim, con la sua gamba immobilizzata era di nuovo nella cella con Shirley e Rob che pensavano come vendicarlo punendo Dave. Una mattina vide arrivare un atleta molto giovane accompagnato da alcuni uomini. Un uomo aprì la porta, il nuovo corridore fu spino dentro e Jim fu rapidamente trascinato fuori. Fu tutto così rapido, non ebbe il tempo confessare a Shirley che l'aveva amata fin dal primo istante, non riuscì nemmeno a salutare Rob, il suo migliore amico. Fu caricato su un furgone, non era il solo. C'erano molti altri atleti con gambe, polsi e spalle rotte. Nell'oscurità gli parve di aver riconosciuto anche Dave: aveva una spalla rotta. Non appena il furgone si mise in movimento, Jim si addormentò. Credeva che stessero andando in Irlanda. Era salito sul furgone dal lato destro e non aveva letto la grande scritta dipinta sulla fiancata sinistra: Laboratori Stelle Cadenti. Loro erano stati grandi atleti, nel loro sangue I livelli di ossigeno e la percentuale di globuli rossi erano ottimali: ciò faceva di loro dei donatori di prima classe.
Dopo tutto, chi si interessava a Jim? Jim, il cui cognome era "Rabbit", la cui madre era "Black Zorrow" e il cui padre "Rallying King", e che, dopo tutto era solo un Greyhound? Forse Molly, nella verde contea di Limerick, stava ancora pensando a lui.
Rossella Di Palma

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