Si chiamava Zello, ed era un pastore tedesco ospitato qualche volta dal mio
ex vicino di casa.
Era stato preso adulto, sottratto a una situazione di maltrattamento; l’ex
padrone era un uomo con la barba e il
cane, pur essendo come rinato con la nuova sistemazione,
aveva trasferito la sua avversione a tutti gli uomini con la barba. Quando
se ne avvicinava uno, il cane indietreggiava abbaiando minaccioso verso il
“nemico”. Se fosse stato costretto in un angolo avrebbe sicuramente
attaccato. Questo comportamento costituiva un problema per il nuovo padrone,
poiché l’inquilino della casa bifamiliare in cui abitava,  aveva la barba.
Anche il suo socio, nonché il mio vicino di casa,
con cui gestiva un allevamento amatoriale portava la barba lunga. Non
ritenendo giusto chiedere
agli altri di limitare la propria libertà di espressione tagliandosi la
barba, il padrone decise di
predisporre un piano di rieducazione che funzionò a meraviglia. Si preoccupò
di organizzare un'associazione sistematica tra presenza di uomo barbuto
e cose piacevoli gradite al cane. Diminuì la quantità di cibo per pasto e ne
aumentò la frequenza, per dar modo al cane di avere un’occasione in più di
essere felice. I tre pasti giornalieri, erano distribuiti unicamente in
occasione delle partenze o dei rientri dell’inquilino. Non appena il cane
avvistava l’
inquilino, dando solo i primi segnali di nervosismo, immediatamente seguiva
il pasto. Anche il mio ex vicino si prestò gentilmente a essere parte
integrante del programma di rieducazione: quasi ogni giorno Zello veniva lì
per giocare a palla, attività a lui graditissima. Il mio vicino non faceva
niente, non cercava di avvicinarlo né di dimostrare le proprie intenzioni
amichevoli. Si limitava a essere presente e a stare a una distanza tale che
il cane avvertisse la presenza, ma non si sentisse spaventato al punto di
non giocare più. Ogni giorno la distanza diminuiva. Quando il mio vicino
rientrava in casa, il gioco cessava. Il cane ci ha messo più di un mese ad
associare barba-divertimento. Nelle prime settimane i risultati sono stati
deludenti, tant’è che gli educatori si stavano quasi arrendendo, ma non
appena il cane
ebbe "l'illuminazione", il miglioramento ebbe un andamento esponenziale.

P.S. per Bianca:

Prova a fare l'analogia tra i tuoi genitori e l'uomo barbuto (entrambi
temuti, ma non colpevoli di nessun maltrattamento).
Fai un elenco di tutte le cose che piacciono alla Jeanny (pasti,
passeggiate, un gioco, un cuscino particolare, un luogo al quale non sempre
le è consentito accedere... qualsiasi cosa ti venga in mente) e cerca di
fare in modo che queste cose coincidano con la presenza dei tuoi genitori.
Con qualche piccolo espediente, come aumentare la frequenza dei pasti
diminuendone la quantità, o quella delle passeggiate diminuendone la durata,
puoi fare in modo che la coincidenza evento felice = presenza dei *nonni* si
ripeta molto spesso e che l'associazione si fissi più velocemente.
Come ho già scritto sopra, i tuoi genitori dovrebbero stare a una distanza
appena sufficiente da rendere percettibile la loro presenza, senza
spaventare il cane. Non devono interagire. Nemmeno tu dovresti interagire.
Uno dei pilastri su cui si basano gli studi sul comportamento canino è il
legame stimolo condizionato = risposta condizionata e stimolo incondizionato
= risposta incondizionata. Al di là di questi paroloni, il concetto è molto
semplice:
Comportamenti come quello di entrare in un luogo proibito, o rovistare
nell'immondizia, ad esempio, corrispondono a una volontà del cane di fare
qualcosa, per ottenere qualcosa. In questo caso è possibile (e
consigliabile) una correzione che preveda anche una nostra manifestazione di
volontà. Il cane deve capire quello che vogliamo da lui. E' possibile
correggerlo modificando le sue aspettative: fai questa cosa e arriva il
premio, fai quest'altra cosa e arriva la punizione, o il "non premio" (che è
meglio). Il cane sa benissimo che il premio viene da noi, per nostra
volontà.
Un comportamento come la paura dimostrata dalla Jeanny, invece, non
corrisponde a una volontà del cane, ma a un sentimento innato, scaturito da
un'associazione inconscia. Non si può ordinare a un cane di avere paura, né
premiarlo per non avere paura; la paura è una cosa che va oltre la volontà
del cane. Va fatta sparire sfruttando gli stessi automatismi che l'hanno
creata, e operando solamente sui fattori ambientali esterni. Fai benissimo a
non coccolare la Jeanny quando ha paura. Non servirebbe a cambiare la
volontà del cane, perché comunque il cane non ha paura per volontà sua .
Rischierebbe invece di creare un'altra associazione automatica:
manifestazione di paura = affetto del padrone. Inconsciamente il cane
sarebbe portato a manifestarsi impaurito sempre più spesso, e maturerebbe un
comportamento analogo a quello degli umani che soffrono di depressione e che
sotto sotto (spesso inconsciamente) provano piacere a essere compatiti.

La sintesi non è il mio forte, spero abbiate apprezzato lo stesso.
Ciao, Denis