La
città di Torino si vanta nel dire
che ha più di 50 KM di piste ciclabili.
D'altra parte bisogna dire che spesso la
cosiddetta "pista ciclabile" altro
non è che il riciclaggio di normali
percorsi pedonali, tipo lungofiume e marciapiedi,
lungo i quali vengono apposti dei cartelli
con sopra il simbolo della bici e qualche
segnaletica sul terreno.
Nella migliore delle situazioni si tratta
invece di vere e proprie piste ciclabili
che vengono però normalmente invase
senza problemi dai pedoni.
Il cammino è ancora lungo se
vogliamo che la bicicletta diventi veramente
un valido mezzo di trasporto alternativo
all'automobile e non solo un simpatico passatempo
domenicale.
Il concetto è che l'uso della pista
ciclabile, inteso come uso giornaliero,
di routine, per andare al lavoro e non solo
per un'allegra biciclettata domenicale,
implica di potersi muovere agevolmente e
rapidamente lungo una sorta di corsia preferenziale.
Se ciò implica invece continue frenate
e slalom tra pedoni in tranquillo passeggio,
a volte con cani al guinzaglio, mamme con
carrozzine e bambini, senza contare gli
abusi delle automobili, allora il tutto
non funziona più.
Qualcuno mi ha raccontato che in Olanda
le piste ciclabili sono riservate alle sole
biciclette e se un pedone, magari anche
solo per sbaglio, ci transita, viene perentoriamente
invitato ad uscirne dai ciclisti di passaggio.
Andando sulle ciclopiste di Torino ho sempre
la sensazione di essere nel posto sbagliato,
lo vedo nello sguardo un po' scocciato del
pedone che cammina tranquillo sulla pista
che costeggia la Dora o il Po e pensa che
quella che sta percorrendo sia una passeggiata
pedonale.
Lo vedo nello sguardo della mamma giustamente
apprensiva che si precipita sul bimbo appena
ode il mio scampanellìo (anche se
io mi sono quasi fermato w sto praticamente
in surplace) o in quello del padrone
che tiene il cane per il collare e aspetta
che il ciclista importuno se ne vada dalla
sua zona toelette (e quasi sempre è
privo del'apposita paletta). Lo vedo nell'automobilista
che svolta a destra o sinistra e mi vede
attraversare l'incrocio sull'apposita segnaletica
di colore rosso sull'asfalto. I casi sono
due, il primo: passa tagliandomi la strada,
si accorge di me all'ultimo istante, mi
vede frenare, alza la manina in segno di
"Oh! Scusa, scusa!" e se ne va
leggermente dispiaciuto ma vittorioso. Due:
si ferma perchè lo guardo di brutto,
alzo la mano e passo deciso, è scocciato,
poco convinto che la precedenza tocchi a
me, spesso mi insulta pesantemente.
Ecco, al massimo il ciclista può
essere tollerato, ma non rispettato,
già il termine "ciclabile"
dato alla pista evoca un verbo messo al
condizionale, un'area è "pedonale",
non è "pedonabile", ed
è quindi riservata ai pedoni,
una pista è ciclabile nel senso che
si può anche andare in bici,
ma non solo.
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