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Il Gattopardo

di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
 

a cura di Cesare
Quando si dice: "i classici".

Come tutti i lettori ho una serie di libri che mi incuriosiscono magari per la trama, il titolo, i commenti sentiti o il periodo storico che trattano.
Questa volta mi sono imbattuto nel "Gattopardo", un classico entrato nella mia lista molto tempo fa, dopo aver visto parte del film di Luchino Visconti. E devo ammettere che il titolo di classico se lo merita tutto.

Il romanzo offre una finestra sulla Sicilia durante l'unità di Italia con tutte i cambiamenti che questa portò.
Cambiamenti che Don Fabrizio, il gattopardo, comprese benissimo. la figura di Don Fabrizio è veramente principesca: per il titolo nobiliare; per la statura imponente, solida ma mai prepotente; per aver una posizione socio-economica importante; ma soprattutto per avere la capacità di rinnovarsi e seguire i tempi che cambiano senza voltafaccia e trasformismi alcuni.

Il gattopardo sarà principesco anche nella morte, scena che ricorderò per sempre.
 

E' semplicemente, per me, la più bella morte mai letta.
Mentre leggevo pensavo che probabilmente è proprio così che avviene la morte, e mi sono trovato a sperare per me, una morte simile. Con quegli stessi ultimi pensieri e riflessioni che annunciano la venuta di una morte diversa da quella iconograficamente corretta ma una «una giovane signora: snella, con un vestito da viaggio, [...] con un cappellino di paglia ornato da un velo a pallottoline che non riusciva a nascondere la maliosa avvenenza del volto. [...] Giunta faccia faccia con lui sollevò il velo e così, pudica ma pronta ad essere posseduta, gli apparve più bella di come mai l'avesse intravista negli spazi stellari.»
 

Tutta la settima parte, quella della morte, per puro caso, l'ho letta con il brano finale della colonna sonora del "Gladiatore", quando anche Massimo muore ed incontra i suoi cari nei pascoli celesti.
Mi sono commosso!