LA FORMAZIONEPrimo Levi in una foto giovanile

Meritano di essere ricordate le sue prime esperienze presso l'illustre ginnasio-liceo D'Azeglio dal quale uscirono, press'a poco in quel periodo, i principali esponenti dell'antifascismo torinese, e basterà fare il nome di Cesare Pavese.

Degli anni di scuola Primo Levi conserva contrastanti ricordi. Tra quelli di segno negativo, va ricordato che proprio in quegli anni il giovane Levi ebbe occasione di sperimentare per la prima volta, sebbene a livello di conflitti adolescenziali, ciò che significa sopraffazione e prepotenza nel delicato equilibrio dei rapporti umani. Nonostante la sua gracile costituzione che lo costrinse a studiare privatamente durante la prima ginnasio, il rendimento scolastico del ginnasiale Levi era tale da porlo come primo in classifica tra gli alunni della sua classe. Cosa che, se da un lato gli attirava la stima e la benevolenza degli insegnanti, dall'altro acuiva nei suoi riguardi il senso di competitività dei compagni.

I suoi interessi andavano chiaramente orientandosi verso le discipline scientifiche. I componimenti in italiano costituivano per lui motivo di costante apprensione. Non scriveva volentieri, non sospettava neppure lontanamente di possedere un talento letterario e quando prendeva in esame le possibili attività alle quali avrebbe potuto dedicarsi una volta ultimati gli studi, le sue preferenze correvano a quelle di carattere scientifico. Già fin da allora pensava di dedicarsi alla chimica (come infatti è avvenuto), o si vedeva nei panni di un fisico, di un matematico, o anche di un astronomo. Mai lo sfiorò il pensiero di poter diventare un umanista né tanto meno uno scrittore.

Probabilmente ebbero una certa influenza su tale suo orientamento le tradizioni familiari. Non va trascurato il fatto che sia il nonno che il padre avevano abbracciato la professione di ingegnere e che la ricerca scientifica specie nel campo della matematica, godeva di un particolare privilegio nel quadro dei molteplici interessi paterni.

Durante gli anni di liceo - nonostante la stima che i professori gli dimostravano e alcune solide amicizie contratte proprio in quegli anni - non mancarono a Levi esperienze amare.

Sebbene da noi il razzismo non abbia mai raggiunto le dimensioni macroscopiche che assunse invece in Germania, esisteva pur sempre in seno al fascismo un'ala antisemita e lo stesso regime stava elaborando, proprio in quegli anni, una specifica "politica della razza" che darà i suoi frutti funesti nell'autunno del 1938 successivamente alla visita di Hitler in Italia.

Molti anni più tardi Primo Levi in un’intervista a "La Repubblica" (24/01/79) dichiarerà:

"Quando ero ragazzo il fatto di essere ebreo per me era quasi nullo […] Avevo amici ebrei e cristiani […]

E ancora nella sua opera "Il sistema periodico":

"[…] Non mi era importato molto di essere ebreo […] Avevo sempre considerato la mia origine come un fatto pressoché trascurabile, ma curioso […] Un ebreo è uno che ha imparato un po’ di ebraico a 13 anni e poi lo ha dimenticato."

L'episodio che l’addolorò profondamente e che gettò come un'ombra retrospettiva sugli anni del liceo proprio quando ne era giunto alla conclusione; esso fu l'incidente nel quale incorse durante gli esami di maturità. Primo Levi che dal ginnasio in poi non aveva mai riportato un'insufficienza e la cui media nelle votazioni scolastiche era sempre stata tra le più alte, si vide rimandato ad ottobre con un tre in italiano. Il componimento scritto, conformemente alle direttive ministeriali del regime fascista, aveva per tema la guerra di Spagna. Levi non volle scrivere nulla, che potesse essere accettabile per il regime, al riguardo e consegnò il foglio in bianco.

Le prime letture di uno scrittore, quei testi ai quali si accosta in giovane età, presentano senza dubbio un interesse particolare in quanto possono aiutarci a meglio individuare alcune delle componenti fantastiche o delle suggestioni di carattere letterario che agiranno poi in maniera più o meno appariscente all’interno del suo lavoro.

Abbiamo già detto che il padre di Primo Levi possedeva una ricca biblioteca e che la lettura, in casa Levi, rappresentava una consuetudine. E’ quindi logico che il ragazzo cominciasse a leggere molto presto abituandosi fin da giovanissimo ad avere dimestichezza coi libri. Fu il padre a indirizzarlo nelle sue prime letture e a fargli conoscere scrittori quali Jules Verne e Jack London, mentre, attento com'era in primo luogo ai valori letterari, lo sconsigliava dal leggere Salgari o altri minori.

Le fantasie avveniristiche di Verne, con il loro sottofondo scientifico, non potevano che trovare nel ragazzo un lettore attento e partecipe. E forse non è inesatto avanzare l'ipotesi che l'incontro con questo autore, nei cui libri è rinvenibile un così stretto legame fra avventura umana e progresso delle scienze, sia stato in qualche modo determinante per il giovane Levi e per la sua produzione letteraria futura in cui ci è dato rintracciare non pochi risvolti di carattere avveniristico e per così dire, fantascientifico. Anche uno scrittore come London, del resto, non poteva che riscuotere le su simpatie e forse non soltanto per la carica avventurosa dei suoi romanzi, vale a dire per ciò che in essi più immediatamente colpisce la fantasia di un giovane, bensì per la denuncia, sempre latente in London, della violenza e dell'ingiustizia cui sono improntate le leggi di natura e quelle sociali, e per l'avventura stessa intesa come forma di liberazione e di lotta, da parte dell'uomo, nei riguardi di queste leggi medesime.

Agli anni del liceo risalgono le letture più impegnative e la scoperta di alcuni fra i nomi maggiori della letteratura europea. Legge Flaubert, Hugo, Maupassant, i classici russi, Conrad, Kafka di cui legge La metamorfosi e Thomas Mann che affronta per la prima volta attraverso la lettura di La montagna incantata.

Di Thomas Mann, anche in seguito, sarà sempre un ammirato lettore e nelle opere di questo grande scrittore tedesco cercherà di scoprire il volto dell'altra Germania, non quella dei campi di sterminio e delle efferatezze naziste, bensì quella alla quale, nonostante tutto, è ancora possibile guardare con fiducia e speranza.

Risalgono pure a quegli anni altre scoperte importanti, come la letteratura nordamericana con la quale viene a contatto attraverso il Moby Dick di Melville e 42° parallelo di Dos Passos. A tali letture si affiancano, ovviamente, quelle dei classici italiani che avvicina attraverso la scuola (per Dante in particolare Levi ha sempre nutrito un’appassionata predilezione) ed altre di carattere eterogeneo determinate dalla naturale curiosità di un giovane aperto ai problemi della cultura del suo tempo e sensibilizzato ad essi dall'ambiente familiare.

Per quanto riguarda la narrativa italiana contemporanea, legge Gli indifferenti di Moravia riportandone, come accadde del resto a molti giovani di quegli anni, una forte impressione. La dissacrazione della borghesia italiana durante il primo decennio fascista compiuta da Moravia non poteva peraltro che lasciare un'impronta durevole in un giovane che aveva già avuto modo di sperimentare tutta la grettezza e la volgarità d una classe sociale squallidamente supina alle direttive e ai costumi di un regime politico che ne rifletteva le contraddizioni e i vizi.

Quando nel 1937, all'età di diciassette anni, Primo Levi deve prendere una decisione relativamente al corso di studi universitari che intende seguire, non ha esitazioni: coerentemente alla predilezione nutrita fin dai primi anni del liceo per le materie scientifiche, s’iscrive alla facoltà di chimica dell'Università di Torino.

L’esperienza universitaria ha felicemente inizio. Levi si guadagna ben presto la stima dei professori e stringe amicizia coi suoi compagni di corso. Non è il solo ebreo fra la cinquantina d’iscritti quell'anno alla medesima facoltà. Ve ne sono altri sei o sette. Levi intrattiene ottimi rapporti con tutti i suoi compagni di corso, ebrei e non ebrei. Niente fa temere che la situazione possa bruscamente mutare.

Ma un anno dopo, nel 1938, esplode in Italia la campagna antiebraica alla quale fa seguito, com’è noto una serie di provvedimenti legislativi e amministrativi intesi ad escludere i non-ariani dalle cariche pubbliche e dal godimento di alcuni diritti civili, e a preservare la "razza italica" da possibili contaminazioni.

Per Levi, che si era dedicato agli studi con giovanile entusiasmo e che aveva trovato nell'Università un clima quanto mai favorevole all'intrecciarsi di amicizie fondate soprattutto sulla stima reciproca, fu un trauma senza precedenti. Sebbene non gli venissero a mancare numerose prove di solidarietà sia da parte dei professori che degli stessi compagni di corso, lo stato di isolamento in cui gli studenti ebrei vennero di necessità a trovarsi lo amareggiò profondamente.

Eppure, a dispetto di questa situazione tutt'altro che favorevole, lo studente Levi riuscì sempre ad affermarsi come il migliore del suo corso e a conseguire la laurea nel 1941 summa cum laude.

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