Dr Fabio Del Pidio
Med. Omeopatica - Agopuntura Tr. Cin. -Mesoterapia - Med. Estetica - Dietoterapia
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Convenzione S.S.N. Per la Medicina Generale
Medicina Generale
MEDICINA GENERALE
Allergie
Il cammino del polline
A ciascuno il suo
Cure nel cuore del problema
Uno starnuto tira l'altro, si potrebbe dire. Perché vengono a raffica, fastidiosissimi, invincibili e non c'è modo di arrestarli. Sono il primo regalo di primavera per le tante persone che soffrono di raffreddore da fieno, ovvero di una rinite dovuta ad allergia ai pollini. E molti altri sono i sintomi di questo malanno, tipico della bella stagione, che fa la sua comparsa soprattutto tra aprile e settembre e che riguarda circa dieci milioni di italiani. I sintomi principali? Naso chiuso e arrossato che gocciola e prude, occhi gonfi che lacrimano, gola che pizzica, tosse secca e, nei casi più gravi, difficoltà respiratorie con crisi d'asma. Disturbi spesso accompagnati da un senso di malessere generale, stanchezza, irritabilità, turbe del sonno. Tanto possono i microscopici granuli - contenuti negli stami dei fiori, costituiscono il seme fecondante maschile dei vegetali - che cominciano a svolazzare copiosi per l'aria, ad altezza di naso, proprio in questo mese di grandi fioriture. La reazione allergica irritativa in genere dura poco, circa una mezz'oretta, ma si ripete più volte a brevi intervalli se non si provvede a bloccarla con gli opportuni farmaci.
Il perché l'allergia da polline, o pollinosi, si manifesti
in certi individui e in altri no, resta un bel mistero; di certo si sa che essa
affligge più facilmente le persone i cui genitori già ne soffrono
– quindi per una predisposizione genetica – e che scoppia in un momento
imprecisato, quando l'organismo si è "sensibilizzato". Che cosa vuol dire
questo? Per capirlo, bisogna cominciare dall'inizio, da quando cioè il polline
viene inalato.
Una sostanza sconosciuta - si chiama allergene – ha invaso l'organismo e il
sistema immunitario, che vigila sulla nostra salute, la ritiene erroneamente nemica.
Di conseguenza tutte le cellule deputate alla difesa stanno in allerta e si preparano
alla battaglia. A dare l'allarme per prime sono le cellule spazzino (i macrofagi)
che hanno il compito di fagocitare, cioè inglobare, tutto ciò che
non serve per le normali funzioni biologiche: esse lasciano sulla propria superficie
dei frammenti della sostanza incriminata che vengono adocchiati dai linfociti, altre
cellule sentinella, i quali allora sollecitano la produzione di anticorpi, le immunoglobuline
IgE, che sferrano l'attacco contro l'invasore. Dall'iniziale stato d'allarme al
momento dell'attacco passa però del tempo durante il quale l'organismo impara
pian piano a riconoscere il presunto nemico e si prepara alla difesa, cioè
"si sensibilizza". A questo punto, appena la sostanza sospetta penetra nuovamente
nell'organismo, gli anticorpi scatenano una serie di reazioni chimiche per espellerla:
vengono liberati particolari mediatori chimici come istamina, prostaglandine e leucotrieni,
che non solo fanno dilatare i vasi - con conseguente maggior flusso di sangue che
provoca arrossamento e aumento di calore - ma anche ne accentuano la permeabilità
favorendo così la fuoriuscita di liquidi che si diffondono nei tessuti provocando
gonfiore; inoltre, stimolano la produzione di muco che ostruisce le vie respiratorie,
fanno contrarre la muscolatura liscia che circonda i bronchi causando tosse e asma,
e quella dell'intestino inducendo prurito. È la reazione allergica, che può
divenire tanto violenta da dar luogo a uno shock anafilattico, cioè un eccessivo
abbassamento della pressione arteriosa con riduzione della quantità di sangue
circolante, e quindi di ossigeno, anche a livello di organi vitali. "L'allergia
ai pollini si sviluppa più facilmente se già si soffre di altre forme
allergiche" spiega il dottor Fabio Migliavacca, allergologo a Milano, "per esempio
nei confronti di qualche alimento o del pelo del gatto o della polvere, eccetera.
Inoltre essa è potenziata da fattori esterni, primo fra tutti l'inquinamento
in quanto le particelle tossiche, che hanno azione irritante, aderiscono ai piccolissimi
granuli e vengono con essi inalate. Anche lo stress ha un ruolo importante in quanto
abbassa le difese immunitarie rendendo l'organismo più sensibile alle sostanze
invasive".
I pollini a rischio sono diversi a seconda di dove si vive. In
Italia ogni area geografica ha un clima differente e quindi le erbe e le piante
che vi sbocciano appartengono a specie ben distinte. Nel Nord sono maggiormente
diffuse le Graminacee - erba dei prati, mazzolina, bambagiona, avena selvatica,
gramigna, grano tenero, mais, saggina, segale - anche se negli ultimi anni la temperatura
più elevata e la minore piovosità ne hanno ritardato la crescita e
ridotto la presenza; nel Centro e lungo le coste fiorisce soprattutto la Parietaria,
o erba vetriolo; il Sud e le isole sono invece il regno di olivi e ligustri.
Per poter prevenire l'insorgenza dell'allergia è quindi indispensabile sapere
quali pollini si librano nell'aria sopra le nostre teste e, se si avvertono sintomi
sospetti, rivolgersi a uno specialista per identificare l'allergene. Esistono infatti
esami mirati a questo scopo. "Il prick-test, o test di cutireazione" continua il
dottor Migliavacca, "consiste nello scalfire leggermente lo strato superficiale
della pelle con un'apposita lancetta - non esce sangue e l'operazione è indolore
- e nel far penetrare sottocute una goccia di diversi pollini: il segnale di allergia
è dato dalla formazione di un pomfo rossastro. Altra prova allergologica
è il Prist che si effettua in vitro su un campione di sangue: dopo aver disciolto
un po' di allergene nella provetta si dosano gli anticorpi presenti e il loro numero
elevato è indice di allergia. C'è poi il test di provocazione o Challenge
test: si induce artificialmente una reazione infiammatoria molto contenuta mediante
inalazione di dosi progressive di un allergene fino a individuare il colpevole.
Una volta scoperto l'allergene, è necessario correre ai ripari. L'unica metodica
possibile per prevenire le sgradevoli reazioni è la vaccinazione: nel 90%
dei casi essa riduce notevolmente l'intensità dei sintomi.
"Quella tradizionale si effettua qualche mese prima della fioritura per desensibilizzare
l'organismo" aggiunge il dottor Migliavacca, "e consiste nella somministrazione,
mediante iniezioni sottocutanee da ripetere ogni quindici giorni, fino a due settimane
prima della fioritura, della sostanza responsabile a dosi crescenti. Oggi tuttavia
esiste anche un vaccino simile che però richiede solo tre iniezioni". E per
chi non ha provveduto a cautelarsi o ha scoperto troppo tardi di essere allergico
ai pollini? Niente paura, c'è il rimedio dell'ultimo momento.
"Si tratta di un particolare vaccino che si pratica con una sola iniezione sottocutanea"
afferma il dottor Migliavacca. "Si chiama EPD (Enzyme Potenziated Desensitization);
contiene, oltre all'allergene, un enzima estratto dai molluschi ed è in grado
di sopprimere l'azione degli anticorpi senza provocare effetti collaterali negativi.
Oppure si può far ricorso alla vaccinazione tradizionale iniettando però
dosi più basse di allergene. Oggi poi è possibile sottoporsi a una
cura preventiva orale, in gocce o in compresse, valida soprattutto per contrastare
l'allergia alle graminacee e alla parietaria. Questi medicamenti vanno assunti almeno
un mese prima dell'invasione dei pollini. Infine esiste una immunoterapia inalatoria,
cioè con assorbimento nasale del preparato tramite uno spray. Il farmaco
deve essere inalato un giorno sì e uno no cominciando circa tre mesi prima
della fioritura; esso agisce direttamente sulle mucose nasali rendendole meno sensibili
agli allergeni".
Se proprio non si è fatto nulla per prevenire l'insorgere
di una reazione allergica, come ostacolare lacrime e starnuti?
"Ci sono medicamenti che attutiscono o addirittura inibiscono i sintomi" conclude
il dottor Migliavacca, "e si possono assumere per via orale, inalatoria, intramuscolare.
Sono a base di cromoni, sostanze che contrastano la liberazione dei mediatori chimici
responsabili delle manifestazioni allergiche, o di antistaminici, che arrestano
la produzione di istamina da parte dell'organismo – attenzione, però,
perché provocano sonnolenza –, o di cortisonici che bloccano lo stato
infiammatorio a livello nasale e bronchiale, o di sodiocromoglicato, anch'esso un
efficace antinfiammatorio. Nei casi più gravi, cioè con crisi di asma,
oltre ai cortisonici si possono assumere farmaci broncodilatatori o betastimolanti
o antimuscarinici in genere in versione spray".
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