Dottoressa Federica Carlieri Odontoiatra |
RADIOLOGIA La radiologia ebbe origine nel 1895 dalla scoperta dei raggi X da parte del
fisico tedesco Wilhelm
Conrad Röntgen, per cui
venne insignito del premio
Nobel per la fisica. In seguito, i raggi X e altri
tipi di radiazioni sono stati utilizzati per produrre immagini utili alle
diagnosi cliniche. Ad esempio, nella tecnica chiamata risonanza magnetica
nucleare (RMN), le immagini vengono ottenute registrando la differenza nel tempo
di rilassamento dei nuclei dei tessuti in un campo elettromagnetico. La
radiologia terapeutica si basa principalmente sull'uso delle radiazioni
ionizzanti ed è spesso associata a varie forme di chemioterapia. Radiologia
diagnostica
La radiologia diagnostica consiste nella valutazione, tramite immagini
radiologiche statiche o dinamiche, delle alterazioni anatomico-fisiologiche dei
tessuti, causate da malattie o infortuni. La maggior parte di queste immagini si
ottiene facendo passare un fascio localizzato di raggi X attraverso la parte del
corpo da esaminare, ottenendo così un'immagine statica su pellicola. Tale
immagine, chiamata radiografia, può assumere diverse forme. Può essere una
radiografia normale, una tomografia (dal greco tomos, "sezione"), cioè l'immagine di una sezione del
corpo, oppure una tomografia assiale computerizzata (TAC),
cioè l'immagine di
una sezione trasversale del corpo analizzata da un computer. Altri tipi di
immagini si ottengono tramite ultrasuoni o RMN, oppure registrando la
radioattività di isotopi somministrati al paziente e accumulatisi in specifici
organi o sistemi. Quest'ultima pratica è di competenza della medicina nucleare,
che comprende tecniche quali la tomografia a emissione di positroni (PET). Ciascuna tecnica ha caratteristiche particolari che, nelle diverse
condizioni, rendono più facilmente accessibile la parte da esaminare. Pertanto
il radiologo ha l'opportunità di selezionare, dopo aver consultato il medico di
base, la procedura più adatta a soddisfare le necessità diagnostiche del
paziente. Molti organi e sistemi che non sono visibili con le tecniche radiografiche
di routine lo diventano tramite ingestione, iniezione o inalazione di sostanze
radio-opache (cioè che non lasciano passare le radiazioni), dette mezzi di
contrasto. Gli esami eseguiti con mezzi di contrasto sono quelli dell'apparato
gastrointestinale superiore, ad esempio il clisma opaco (esame del colon); l'artrogramma
(iniezione del mezzo di contrasto in un'articolazione); il mielogramma (iniezione del mezzo di contrasto nel
canale vertebrale); e l'angiografia (iniezione del mezzo di contrasto in un'arteria,
vena o vaso linfatico). Molti
di questi esami vengono eseguiti mentre il radiologo osserva, tramite
fluoroscopia, il mezzo di contrasto all'interno dell'organo o del sistema. Le
immagini dinamiche, che registrano i movimenti degli organi o degli apparati o
il flusso del materiale di contrasto attraverso i vasi sanguigni o il canale
vertebrale, si ottengono registrando l'immagine radiografica su uno schermo
mobile e sensibile alle radiazioni (fluoroscopia), oppure registrandola su una
pellicola (cineradiografia) o su una videocassetta. Sia le pellicole che le
videocassette sono mezzi di registrazione permanente; l'immagine fluoroscopica
è, invece, transitoria, anche se è possibile registrarne immagini
radiografiche permanenti su pellicola. L'uso delle radiazioni ionizzanti nella valutazione della malattia comporta
gli stessi rischi dell'impiego dei farmaci nella terapia delle malattie. Gli
esami radiografici diagnostici dovrebbero essere eseguiti solo su indicazione
medica specifica e dietro richiesta diretta di un medico. Nonostante le dosi
delle radiazioni diagnostiche abbiano in sé un piccolo potenziale di rischio,
non esistono prove obiettive che dimostrino effetti collaterali individuabili,
legati alle radiazioni emesse dagli esami radiografici diagnostici, con
indicazione medica e adeguatamente condotti.
CONSIDERAZIONI SULLE RADIOGRAFIE ORTOPANTOMOGRAFICHE A ognuno il suo mestiere. L'Odontoiatria e il Radiologo hanno in comune uno strumento di lavoro, l'Ortopantomografia, che usano in modi, tempi e con mentalità differenti. Se da una parte è ovvio che ognuno "legga" l'OPT SECONDO LA PROPRIA FORMAZIONE PROFESSIONALE guidato dalle proprie necessità cliniche specifiche, appare evidente che il Dentista è più legato a canoni di diagnosi ristretta in maniera specifica al suo campo, mentre, per il Radiologo, questo campo si espande a tutte le strutture interessate dall'immagine radiografica. Spesso gioverebbe confrontarsi e lavorare assieme. Proviamo quindi a illustrare il punto di vista del Radiologo, cogliendone i suggerimenti. Note tecniche La traduzione fra i due modelli operativi è difficoltosa fin
dall'inizio, perché la radiografia è una rappresentazione imperfetta
della realtà. È un'immagine bidimensionale di un oggetto tridimensionale. L'OPT
in particolare è una radiografia di uno strato curvo. L'immagine si ottiene
combinando il movimento rotatorio contemporaneo del tubo catodico e di un
collimatore a fessura (scanografia), con la traslazione in senso opposto della
pellicola radiografica. Il risultato è una tomografia: l'immagine di uno strato
con la cancellazione delle strutture anteriori e posteriori adiacenti.
Rimandando ai molti trattati esistenti gli approfondimenti specifici, per
comprendere le "trappole" dell'OPT normale occorre partire da concetti
di geometria dell'immagine, dalle variabili tecniche dei radiogrammi e da
considerazioni di anatomia regionale. Radiogeometria dell'OPT e problemi interpretativi connessi La nitidezza della radiografia panoramica (definizione e risoluzione dell'immagine) dipende dalla distanza fra i tre componenti radiografici: fuoco, oggetto e pellicola. Quanto più la macchia focale è piccola, la distanza fuoco-oggetto è grande e la distanza oggetto-pellicola è minore, tanto più si riduce la zona d'ombra dovuta alla proiezione del fascio radiogeno sull'oggetto in esame. II compromesso ottenuto dalle moderne apparecchiature, fornisce immagini accettabili ai fini della diagnosi, però afflitte da alcuni artefatti proiettivi: ingrandimento, distorsione dell'immagine, sovrapposizione di elementi dentali (premolari) e non dentali (orali ed extraorali), artefatti da rotazione, radiopacità fantasma o da trascinamento, artefatti da movimento del paziente. A ciò si aggiungano gli artefatti da posizionamento non corretto della testa del paziente, le opacità parassita da corpi estranei (orecchini, ecc.), da calcoli salivari o calcificazioni delle parti molli e tutte le anomalie e variabili individuali (dentali ed extra-dentali) che hanno ispirato tanta dotta letteratura. Quali sono quindi i criteri di correttezza dell'OPT? Quali sono gli elementi da valutare per primi?
Il radiogramma di confronto Sarebbe una buona norma per il Clinico confrontare le OPT dei suoi pazienti con una radiografia di riferimento universale, giudicata corretta per i dati radiografici e per i rilievi anatomici. È un accorgimento del tutto empirico, peraltro pratico. L'OPT può essere "eccessivamente chiara", a causa della temperatura di sviluppo bassa o per un tempo di sviluppo breve, per diluizione del mezzo chimico, per un tempo di fissaggio eccessivo. E ancora a causa di insufficienza dei parametri radiografici: mA (intensità di corrente), KV (tensione) o tempo di esposizione. L'OPT è eccessivamente "scura" per errori di sovrasviluppo o a causa di esposizione alla luce (talvolta solo una parte del radiogramma è poco diagnostico). Infine l'immagine può essere poco contrastata, per sottosviluppo, a causa di errata esposizione (sotto-esposizione o per contro KV eccessivi) e per difetti della pellicola (pellicola vecchia). Per corretti che siano i dati radiografici, l'OPT può inoltre presentare "macchie scure", per impronte digitali o pieghe della pellicola, oppure a causa di contatti della pellicola in fase di fissaggio. Eventuali "macchie chiare" sono invece dovute al contatto di gocce di fissaggio prima dello sviluppo e ad insufficienza dei liquidi di lavaggio. Infine il radiogramma può riportare sfocature a causa di movimento inopportuno del paziente o del tubo radiogeno. Questi problemi, eminentemente tecnici, sono più frequenti di quanto si possa immaginare e si può comprendere che la fretta imposta da una routine eccessiva giochi a svantaggio della qualità dell'immagine. È perciò corretto che l'Odontoiatra, clinicamente orientato dai disturbi del paziente, si confronti con il Radiologo, in caso di dubbio, anche circa i parametri di esecuzione delle OPT. Un dialogo aperto e privo di atteggiamenti di supponenza porta sicuramente a conclusioni costruttive.
Anatomia radiografica e problemi interpretativi L'altro vantaggio dell'impiego di una OPT "base" è quello di riconoscere mediante il confronto i punti radioanatomici di riferimento. La radiografia deve essere visualizzata secondo la posizione anatomica del paziente. I primi criteri di valutazione sono forniti dalla rappresentazione simmetrica dei condili mandibolari e dalla branca ascendente della mandibola, che deve avere uguale ampiezza nei due lati: il rilievo di questi particolari consente di scoprire la maggior parte degli artefatti da rotazione. Si procede valutando i profili e la struttura della mandibola. Si ricercheranno i canali e i forami mandibolari, tenendo conto della possibilità di variazioni anatomiche individuali. Individuare i forami mandibolari, evita la confusione, talvolta possibile, con altre immagini di radiotrasparenza (cisti, granulomi periapicali). Le suture intermascellare e mentoniera si allargano talvolta a "V" formando una radiopacità lineare priva di significato patologico. A lato del mento e in parte sovrapposte dalla mandibola, troviamo un'area di
radiotrasparenza per lato, che corrisponde alla fossa delle ghiandole
sottomandibolari. Tali reperti non vanno confusi con aree di radiotrasparenza
malacica o litica dell'osso mandibolare. Lungo la linea mediana, oltre alla
radiopacità determinata da sinfisi, tubercolo mentoniero, forami linguali ed
altre strutture minori, può comparire una radiopacità a banda verticale, a
causa della sovrapposizione proiettiva del mento e della colonna cervicale. In
una OPT ottimale, deve essere comunque possibile valutare le regioni apicali
degli incisivi. Sempre lungo la linea mediana, a livello mascellare, si
proiettano i margini delle strutture nasali (base del setto, spina nasale, parti
molli), che possono formare una radiopacità irregolare circoscritta. La mucosa
del setto nasale o dei turbinati inferiori, può proiettarsi inferiormente alla
linea del pavimento delle fosse nasali. A sua volta, la linea del pavimento
delle fosse nasali può oltrepassare l'apice dei terzi superiori e si sovrappone
al profilo del seno mascellare. I seni mascellari si studieranno tramite il
confronto fra i due lati. Il profilo inferiore dei seni mascellari si proietta
normalmente oltre la linea determinata dal profilo del palato duro. Anche il
margine superiore della lingua e le pareti di oro- erino-faringe si
sovrappongono al profilo del palato duro, o anche lo oltrepassano, formando una
linea sufficientemente definita che oltrepassa o si sovrappone al margine
alveolare. Conclusione Per concludere, è utile ricordare che 1'OPT ottiene un dettaglio minore di
quanto sia possibile con radiografie mirate, a vantaggio della panoramicità
diagnostica. L'indagine riesce a dimostrare carie di un certo volume, fratture
dentarie, perdita di otturazioni, patologia parodontale. I1 Radiologo "non
dedicato", che non opera prevalentemente in ambito odontoiatrico, ha una
competenza generica della patologia dentale e parodontale. La finalità del
referto radiografico è quella di segnalare le variabili fisiologiche, i reperti
patologici più evidenti e l'eventuale presenza di alterazioni extra-orali. In
un certo senso, viene delegata al Clinico specialista una lettura più
approfondita ed orientata dell'immagine radiografica. È quindi ragionevole
pensare che l'Odontoiatra riscontri, a titolo d'esempio, più carie di quante il
Radiologo ne segnali ! Radiologia
terapeutica
La
radiologia terapeutica consiste nel trattamento dei tumori maligni (cancro) con
radiazioni ionizzanti, da sole o in associazione a ipertermia o a
farmaci. Tale pratica deriva dalla scoperta, risalente alla fine del XIX secolo,
degli elementi radioattivi presenti in natura. La radioterapia viene spesso
descritta in base all'energia del fascio impiegato: superficiale (meno di 120 kV),
ortovoltaggio (da 120 a 1000 kV) e megavoltaggio (oltre 1000 kV). La
radioterapia superficiale serve per la terapia di neoplasie maligne della pelle,
dell'occhio o comunque delle superfici corporee. La terapia in ortovoltaggio è
stata sostituita quasi completamente dal megavoltaggio (cobalto, acceleratore
lineare e betatrone), che utilizza acceleratori di particelle. Questi ultimi facilitano e rendono più
efficace la penetrazione della dose di radiazioni necessaria a raggiungere i
tumori profondi, risparmiando nello stesso tempo danni alla pelle e ai tessuti
circostanti non colpiti. La radioterapia può essere usata da sola: come trattamento d'elezione nella
maggior parte dei tumori della pelle; in alcuni stadi del tumore dell'utero, della
mammella e della prostata, nonché
in alcuni tipi di leucemia e linfoma, in particolare il linfoma di
Hodgkin. In questi casi, la radioterapia ha come obiettivo la guarigione
dell'affezione. In associazione a farmaci antitumorali (terapia combinata), può
essere impiegata anche come palliativo (cioè per alleviare i sintomi). La
radioterapia viene, inoltre, applicata spesso, prima o immediatamente dopo la
rimozione chirurgica di certi tumori, per aumentare le possibilità di
guarigione tramite la distruzione delle cellule tumorali che potrebbero
diffondersi o essersi già diffuse nell'organismo, in aree diverse da quella
operata. La radioterapia viene, infine, impiegata comunemente per tenere sotto
controllo le recidive di tumori localizzati dopo asportazione chirurgica. Fondamento
della terapia
La radioterapia si basa sul fatto che, rispetto alle cellule tumorali, i
tessuti normali hanno una maggiore capacità di guarigione dagli effetti delle
radiazioni. Pertanto, una dose di radiazioni sufficiente a distruggere le
cellule tumorali compromette, invece, solo temporaneamente le cellule sane
adiacenti a esse. Talvolta la capacità di guarigione dei tessuti normali è
uguale o inferiore a quella del tessuto canceroso; in questi casi si dice che il
tumore è radioresistente e la radioterapia non viene considerata applicabile.
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Per nessun motivo questi appunti possono venire utilizzati ne interpretati come dati medici con i quali formulare diagnosi ne cercare cure per potenziali pazienti. Le nozioni indicate possono risultare incomplete e anche INESATTE e non devono essere considerate in nessun modo come mezzi diagnostici "fai da te" perché potrebbero indurre a errori di interpretazione. Le diagnosi possono essere fatte solo da laureati in medicina abilitati alla professione medica o da specialisti delle varie materie. |