Mussolini dichiarò guerra a Francia ed Inghilterra pensando, in cuor suo, che essa
sarebbe durata pochissimo e che fosse necessario solo “qualche migliaio di morti per
sedersi al tavolo della pace”; anche se l’impreparazione al conflitto delle sue forze
armate era pressoché totale, il Duce era convinto che queste non sarebbero state
impegnate per un lungo periodo in veri combattimenti; inizialmente, le truppe
schierate sul confine francese ricevettero ordini di non effettuare alcuna azione contro
le truppe e le postazioni nemiche.
Sul fronte alpino i francesi potevano contare, oltre che sulle difese naturali, anche
su un buon sistema di fortificazioni basato su tre differenti linee difensive. Il loro
schieramento, però, era indebolito dal fatto che molte truppe erano state mandate nel
nord del paese per frenare l’offensiva tedesca; infatti, all’entrata in guerra dell’Italia,
potevano contare solo su 85.000 uomini divisi in 46 battaglioni di fanteria e 65 gruppi di
artiglieria. Gli italiani, invece, avevano schierate 22 divisioni per un totale di circa
300.000 uomini più 12.500 ufficiali; erano consistenti come numero ma insufficienti come
qualità di equipaggiamento ed addestramento.
Ad iniziare le ostilità, il 12 e 13 giugno 1940, fu la Regia Aeronautica che attaccò Tolone
e alcune località della Corsica come risposta ai bombardamenti inglesi su Torino e Genova
(che, peraltro, dimostrarono tutta l’inconsistenza della contraerea italiana). Il giorno
seguente fu una squadra navale francese a prendere di mira gli impianti industriali genovesi
e di Vado; agi’ praticamente indisturbata dato che il grosso della marina italiana era stato
spostato a Taranto lasciando sguarnita la difesa delle coste liguri.
Il giorno 18, quando ormai la sconfitta della Francia pareva vicina (Parigi era già stata
conquistata dai tedeschi), il Duce si incontrò con Hitler al quale presentò una lunga serie
di rivendicazioni territoriali. La Francia, però, non avendo in pratica combattuto contro
l’Italia, ritenne di non dover sottoscrivere nulla con Mussolini e quindi quest’ultimo decise
di lanciare un’offensiva per avere in mano qualche successo da far valere al tavolo delle
trattative.
Il 21 giugno 1940 gli italiani attaccarono le postazioni difensive francesi; anziché prendere
in considerazione l’idea di aggirare le montagne passando per la Germania meridionale e
seguendo poi il corso del Rodano (ipotesi scartata da Mussolini per poter proseguire la sua
cosiddetta “guerra parallela” ai tedeschi), l’attacco venne sferrato praticamente in maniera
frontale. Il risultato fu che due divisioni, una alpina e una motorizzata, furono fermate da
un gruppo di soli 50 uomini e che un battaglione di carri leggeri dovette ritirarsi senza
colpo ferire!
Anche negli altri settori gli attacchi sferrati dalle divisioni Modena e Cosseria non ebbero
successo e, nel migliore dei casi, l’avanzata che fecero le truppe italiane fu di solo tre
chilometri!
L’unica offensiva conclusa con successo fu l’entrata degli italiani a Mentone il 23 giugno;
Mussolini sperava che fosse il primo passo per conquistare anche Nizza ma questa sua attesa
fu vana.
Subito dopo arrivò l’armistizio che pose fine ai combattimenti; nessuna difesa francese fu
superata e nessun successo militare fu conseguito. Gli italiani, per una serie di scontri che
potevano benissimo essere evitati, pagarono un prezzo di 631 morti, 616 dispersi e 2.631 tra
feriti e congelati (i francesi, invece, ebbero solo 37 morti, 42 feriti e 150 dispersi).