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LA GUERRA IN AFRICA SETTENTRIONALE

(Avvenimenti dell'anno 1940)

In Africa del Nord la posizione centrale della Libia (colonia italiana dal 1911) presentava a Mussolini la possibilità di subire un attacco combinato dei francesi a ovest (Tunisia) e degli inglesi a est (Egitto). Lo stesso Duce, agli inizi del 1940, diceva che la tattica italiana su questo fronte doveva essere strettamente difensiva sia sulla frontiera occidentale che su quella orientale, anche perché non era mai stato elaborato un piano di conquista dell’Egitto (nonostante le insistenze del governatore in Libia Italo Balbo).
La rapida sconfitta della Francia da parte dei tedeschi, però, modificò completamente lo scenario.
Da un punto di vista italiano, Mussolini poté, di conseguenza, pensare a un attacco a est contro l’Egitto poiché era sparita la possibile minaccia dal confine tunisino; nel territorio libico aveva schierate la 5°Armata (in Tripolitania) e la 10° (in Cirenaica) e disponeva, in totale, di 1811 cannoni, 339 carri armati e più di 150 aerei.
Operazioni in Africa Settentrionale, fonte: www.lasecondaguerramondiale.it Da un punto di vista inglese, il territorio egiziano era compreso nell’area del settore mediorientale (comprendente anche Palestina, Cipro, Sudan, Somaliland, Kenya e Malta) sotto il comando del Generale Sir Archibald Wavell, il quale, per la difesa dei suoi confini, aveva a disposizione 86.000 uomini (di cui circa 50.000 in Egitto e circa 30.000 in Palestina). Lo scacchiere nordafricano aveva un’importanza fondamentale per l’Inghilterra. Innanzitutto era indispensabile per i britannici mantenere il controllo del canale di Suez, principale comunicazione tra il Mediterraneo e il Golfo Persico; la conquista del petrolio del Golfo, infatti, avrebbe risolto i problemi di carburante per i veicoli e i carri armati delle truppe dell’Asse. Inoltre l’Egitto avrebbe messo a disposizione porti e arterie di comunicazione, magari da utilizzare come basi per attaccare il Medio Oriente e l’India, dove si pensava a un possibile congiungimento con i giapponesi.
Nel giugno del 1940, subito dopo l’entrata in guerra italiana, l’Inghilterra disponeva di poche forze in Egitto; per di più, non potevano essere inviati molti rinforzi dato che, dopo la sconfitta francese, il prossimo obiettivo dei tedeschi sarebbe stato lo sbarco oltremanica e quindi si doveva pensare alle difese dell’isola.
Il 6 giugno il generale Wilson, comandante delle truppe inglesi in territorio egiziano, nominò il generale Richard O’Connor a capo della nuova formazione denominata “Western Desert Force” che comprendeva la 7°Divisione Corazzata Britannica (con una brigata in meno ma comunque dotata di circa 300 mezzi tra autoblindo e carri armati leggeri e medi), la 4° Divisione di fanteria indiana, due reggimenti di artiglieria a cavallo e due battaglioni motorizzati.
Alla fine del giugno 1940 l’aereo di Italo Balbo, governatore italiano in Libia, venne abbattuto sopra Tobruk per un errore della propria contraerea e, al suo posto, venne nominato il Maresciallo Rodolfo Graziani.
Gli inglesi erano preoccupati per un possibile attacco avversario dato che le loro truppe erano esigue, ma gli italiani, nonostante la loro forte superiorità numerica (un rapporto di circa 5 uomini a 1), decisero di sferrare la loro offensiva (in una maniera molto blanda e poco convinta) solamente due mesi dopo; fu, infatti, solamente il 13 settembre 1940, dopo che Mussolini gli inviò un ultimatum contenente la minaccia di essere addirittura sollevato dall’incarico, che Graziani decise di iniziare l’attacco contro l’Egitto.
Le 5 divisioni della 10°Armata oltrepassarono il confine libico-egiziano ed entrarono il giorno stesso a Sollum. Le truppe di O’Connor indietreggiarono lentamente senza mai impegnarsi in veri e propri combattimenti mentre i suoi carri armati aspettavano le truppe nemiche più a sud, in modo da poterle attaccare sul fianco nel caso gli italiani si fossero avvicinati alla roccaforte britannica di Marsa Matruh.
Il giorno 16 gli uomini di Graziani occuparono Sidi Barrani e, subito dopo, si fermarono per fortificare le loro posizioni. Mussolini insistette molto con il suo Comandante perché non fermasse gli attacchi ma Graziani non si mosse e richiese, invece, a gran forza, nuovi invii di carri e cannoni.
Tutti questi rinforzi, invece, li ottennero gli inglesi con un convoglio che arrivò in Egitto alla metà di settembre; i rinforzi consistevano in 52 carri esploratori, un reggimento di 52 carri leggeri, un battaglione di 50 carri per fanteria, 48 pezzi controcarro, 20 cannoni contraerei leggeri Bofors, 48 pezzi da campagna da 88 mm, 500 fucili mitragliatori Bren e 250 fucili controcarro. I britannici poterono quindi completare l’armamento del loro esercito e preparare l’inizio del contrattacco (operazione “Compass”).

L'operazione "Compass"

Il piano di Wavell riguardo l’operazione " Compass " era di testare la consistenza ed il numero dei reparti italiani; se l’offensiva iniziale fosse riuscita avrebbe potuto sfruttare il successo per attaccare la Cirenaica mentre, se avesse incontrato resistenza, avrebbe atteso l’arrivo di rinforzi.
L'operazione Compass, fonte: www.lasecondaguerramondiale.it Gli italiani, nella zona di Sidi Barrani, schieravano un buon numero di forze: due divisioni libiche, la 4ª divisione camicie nere e una formazione (delle dimensioni di circa una divisione) chiamata “raggruppamento Maletti”. Altre 4 erano di riserva.
O'Connor disponeva, invece, di circa 30.000 uomini suddivisi tra la 4ª divisione indiana, la 7ª divisione corazzata ed una formazione nota come Selby Force, comprendente tre colonne mobili di fanteria, un reparto di carri armati ed alcuni cannoni da campagna e contraerei leggeri.
L’attacco fu sferrato la notte tra l’8 e il 9 dicembre 1940 utilizzando carri, artiglieria e fanteria protetti dalla superiorità aerea che aveva la RAF: fu l’inizio di una costante e ininterrotta avanzata.
Gli inglesi conquistarono dapprima i campi trincerati di Nibeiwa (catturando 2.000 prigionieri e uccidendo il generale Maletti) e di Tummar Occidentale, poi, la mattina del 10, attaccarono Sidi Barrani che cadde poco dopo; il giorno seguente l’avanguardia della 7° divisione tagliò la ritirata agli italiani giungendo, dopo un’avanzata nel deserto, sulla strada costiera nei pressi di Buq Buq. Il 17 conquistarono Sidi Omar ed il 20 Capuzzo e Sollum.
Man mano che avanzavano, i britannici eliminavano le ultime sacche di resistenza italiane; per loro fu un trionfo poiché, in solo tre giorni di combattimenti, persero solo 624 uomini a fronte degli oltre 38.000 italiani catturati (tra cui quattro generali) e del bottino di 237 cannoni e 70 carri armati.
Gli italiani si ritirarono oltre il confine iniziale, in Cirenaica, e ripararono nella piazzaforte di Bardia, situata lungo la costa. Per la sua difesa riuscirono a radunare 45.000 uomini e circa 400 cannoni.

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