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Un problema fondamentale che qualsiasi radio ha sicuramente affrontato, riguarda la fedeltà del suono trasmesso. Nelle emittenti private o pubbliche, la musica/suono ed i commenti parlati devono sempre essere comprensibili con un flusso costante di qualità. Ovviamente questo riguarda anche la parte registrata della programmazione, cioè le pubblicità e jingles. Lo scopo è il mantenimento di un livello di qualità sonora di alto standard, a partire con l’esecuzione, per passare alla registrazione fino alla messa in onda. Non bisogna dare all’ascoltatore nessun motivo per cambiare sintonia; una emissione sonora pessima fa perdere ascoltatori. Le prime emittenti facevano tutto in diretta ed il jingle si risolveva semplicemente ad un suono di campanello o di un gong per dividere, con un “punto sonoro” marcato, un programma o un intervento. Un ottimo esempio lo troviamo nel famoso “uccellino della radio” dell’EIAR7, una sorta di marchingegno racchiuso in una scatola di legno che riproduce il caratteristico cinguettio che per anni ha risuonato nelle case degli italiani.
Da quando la tecnologia ha permesso di registrare il suono con una buona qualità, le radio non registrarono solo i programmi, che per vari motivi non potevano andare in diretta, ma soprattutto i comunicati standard e ripetitivi, cioè sigle, pubblicità e jingles. Per realizzarli si usavano più o meno gli stessi studi e le stesse apparecchiature dell’industria discografica, nonché anche la stessa forza lavoro. Arrangiatori, musicisti , coristi e cantanti erano gli stessi del normale mondo discografico. Ma la tecnologia del tempo cosa offriva alla sala di registrazione? Potrebbe sembrare un’invenzione del dopoguerra, ma il nastro magnetico è stato la base di tutto da quando le radio iniziarono le loro trasmissioni. L’invenzione della registrazione magnetica risale al 1898, anno in cui Valdemar Poulsen brevetta il Telegrafono, un apparecchio in grado di trasformare il suono in magnetizzazione permanente di un filo d’acciaio. Tale registrazione viene letta da piccoli rilevatori di campo magnetico, le testine, che trasformano l’intensità della magnetizzazione in un segnale elettrico. Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale lo sviluppo di questa tecnologia avviene in Germania: nel 1928 fa la sua comparsa il nastro di materiale plastico; negli anni successivi si lavora per ridurre il rumore di fondo, diminuire le dimensioni ed aumentare la capacità del nastro. Le apparecchiature usate nelle emittenti durante gli anni prebellici si basavano principalmente su tre sistemi: il disco fonografico, il film sonoro ed il nastro magnetico. Dal ’45 in poi la ricerca va avanti negli U.S.A.: vengono migliorate sia la fruibilità che la fedeltà. Il primo formato che viene commercializzato è la bobina, i cui primi esemplari fanno la loro comparsa nel 1954. Il prossimo cambiamento radicale avverrà 30 anni dopo, a metà degli anni ’80, con l’arrivo del digitale. Ma il nastro magnetico, in vari formati e contenitori, sarà il principale protagonista in quel periodo dell’ammissione in diretta di comunicati registrati; e non solo di quelli. Nel mondo libero occidentale, la radio diviene il veicolo d’informazione ed intrattenimento principale, aiutato soprattutto dall’invenzione del transistor8, che permise la costruzione d’apparecchi riceventi portatili ed economici; quindi con un pubblico d’ascoltatori vastissimo ed eterogeneo. Una massa a cui i produttori di beni di consumo si rivolsero volentieri per pubblicizzare i loro prodotti, consapevoli che il mezzo radiofonico è in grado di selezionare, soprattutto in base alle abitudini d’ascolto ed alla tipologia dell’ascoltatore medio, il cliente “tipo” a cui si rivolge il comunicato. Ecco nascere, in modo particolare negli USA, una serie di emittenti dedicate a target specifici (radio ispaniche, di musica country, per sole donne o di revival, di sole news etc.) con vari stili e metodi nella programmazione radiofonica che influenzano, in vari modi, la scelta delle apparecchiature per la messa in onda. Il classico studio per la diretta radiofonica (bassa frequenza) è composto da un mixer, che serve per miscelare le fonti sonore a lui collegate (cioè giradischi, microfoni, lettori di cassette o a bobine, traslatori telefonici etc). Il suono proveniente da queste fonti viene poi inviato verso le apparecchiature di trasmissione (alta frequenza), cioè: decodificatori stereo, trasmettitore, ponti radio etc. Anche se alcune delle apparecchiature per la bassa frequenza hanno i loro corrispettivi nel mercato domestico (giradischi e registratori), queste sono costruite per il solo uso Broadcasting9 con altissimi standard di qualità e sotto il diretto controllo e guida del N.A.B.: la National Association of Broadcasters che darà il nome anche a dei brevetti di alcune apparecchiature; una su tutte le cartucce a nastro NAB (1950) su cui torneremo tra poco.
Nel 1954 con l’evento del Rock’n Roll10 la musica delle radio cambia, in tutti i sensi. Il pubblico giovanile diventa il consumatore e l’ascoltatore più importante. Un sistema di produzione e di media sposta il proprio asse d’interesse verso i teeneagers ed il loro mondo, le radio a loro dedicate sono le più ascoltate e quelle che fanno vendere più dischi.
Se le emittenti “normali” usano per la loro diretta i classici strumenti del giradischi e un conduttore con un buon lessico ed una voce accattivante, i nuovi DiscJokey irrompono con un linguaggio veloce e spesso comprensibile solo ai giovani, cavalcano il brano in onda come una tavola da surf, precedendolo e concludendo sulla coda musicale con un torrente di parole urlate e smozzicate. La radio diventa un flusso continuo di musica e comunicati commerciali, il mercato ed il nuovo stile radiofonico impongono l’uso di strumenti per la bassa frequenza più adatti. Studiare perfettamente la rotazione musicale dell’emittente (playlist)11 è il nuovo credo dei programmatori radiofonici, se la sbagli il tuo stile non è in linea e l’insuccesso è sicuro. Tempi e metodi di trasmissione impongono l’uso di apparecchiature semplici ed affidabili con una costante livello di qualità adatto alla messa in onda di musica, programmi e comunicati. La cartuccia NAB è la soluzione studiata su misura. In un robusto contenitore di PVC (circa un VHS), gira, con un loop senza fine, un nastro magnetico del tipo utilizzato nei registratori a bobine professionali. In esso viene inserito la lunghezza di nastro nel metraggio esatto della durata che serve al momento. Successivamente si inserisce la cartuccia in un apparecchio per la registrazione in cui si può registrare in testa e coda un impulso sonoro ascoltabile solo dal registratore/lettore stesso; questo serve riavvolgere automaticamente il nastro e/o posizionarlo sulla prima battuta musicale. I vantaggi sono molteplici e vanno dalla qualità sonora eccezionale fino al controllo assoluto della playlist, passando per la minor usura dei dischi fino alla semantica stessa dell’emittente. Gli svantaggi sono legati agli alti costi dei materiali, di gestione e per la preparazione ci vuole del personale specializzato. Anche le altre radio, non necessariamente rivolte ad un pubblico giovane e quindi più “lente”, capiscono la comodità del nuovo mezzo adattandolo immediatamente alle loro esigenze di trasmissione ed affiancandolo a giradischi e registratori a bobina. Nel resto dell’Europa occidentale, tra monopolio e radio commerciali, la situazione non era tanto diversa, ed anche per loro il modello era quello USA. La situazione italiana rimarrà invece unica ed immutata fino alla metà degli anni ’70 quando la Corte Costituzionale si pronunciò a favore della liberalizzazione dell'etere che scalzerà definitivamente il monopolio RAI creando le basi dell’attuale mercato radio/televisivo. Il modulo RAI, diviso nei suoi tre canali principali, non era per niente interessato a quello che accadeva nel resto del mondo e le sue apparecchiature dimostrano chiaramente la scelta di emissione di cultura e musica imposte dal potere politico del momento. Tecnici in camice bianco, ambiente asettico “tipo ministeriale” e nessuna concezione all’improvvisazione ed alle stravaganze. Tutto era omologato sotto l’insegna della “normalità”, apparecchiature comprese. Parlare di lettori a cartuccia NAB era come imprecare in chiesa. Si usavano i giradischi e, per il registrato, i lettori di bobine. Ciò non toglie che l’apporto della RAI allo sviluppo socio/culturale italiano è stato notevole, grazie ad uno stuolo di interpreti ed animatori d’eccezione ed ad una capillare distribuzione del segnale radio.
Come sappiamo in Italia la liberazione dell’etere a metà anni ‘70 fu la conseguenza principale dell’esplosione delle radio libere e commerciali che dilagarono per tutta la penisola soprattutto a causa della mancanza di una qualsiasi legge e/o regolamentazione. Le uniche norme a cui attenersi erano quelle tecniche dell’Escopost. Sbucarono come funghi radio di ogni tipo e formato, spesso partorite dalla buona volontà di un gruppo di amici e, qualcuna, come proprie e vere imprese commerciali. Ma tutte avevano una caratteristica in comune, le radio a cui facevano riferimento erano quelle americane, Radio Montecarlo12 e Radio Luxemburg che erano l’unica voce radiofonica alternativa alla RAI insieme a Radio Capodistria. Ma nonostante questi ottimi esempi l’improvvisazione regnava sovrana a 360 gradi, non solo nella creazione dei palinsesti e delle playlist, ma anche nell’allestimento stesso degli studi. Si andava da cantine o soffitte umide e decadenti per arrivare a studi fantascientifici con moquette e segretaria sparsi ovunque. Le apparecchiature tecniche venivano scelte sempre nel normale mercato HI-FI, erano più o meno di buona qualità, ma nessuna era stata progettata per l’uso intensivo che si ha in radio. Tutte questa problematiche non erano, quasi mai, minimamente prese in considerazione, l’unica grande preoccupazione era quella di aumentare il segnale del trasmettitore per arrivare il più lontano possibile e/o coprire il segnali FM delle concorrenti. Lo strumento più diffuso per trasmettere i comunicati pubblicitari ed i jingle è stata la piastra di registrazione a cassette stereo (dette K7), inventata dalla Philips un decennio prima come conseguenza del fallimento delle standard stereo8 di ispirazione NAB. Anche le piastre K7 di migliore qualità soffrivano pesantemente dell’usura dei meccanismi, quasi sempre di plastica o teflon. Tra jingles, pubblicità e programmi il cassetto d’espulsione ed i relativi tasti di play/stop venivano usati centinaia di volte al giorno rendendo l’apparecchio inutilizzabile in breve tempo. Il trucco era di comprare una buona piastra per la sala di registrazione ed 2/3 “muli” economici in diretta. Chi se lo poteva permettere usava il registratore a bobine, ma anche qui la pesante usura comprometteva presto il funzionamento dei modelli economici, ma se possedevi svariati milioni di lire ti compravi un Revox B77, uno per la diretta ed uno per la registrazione. Venduto con vari numeri di tracce registrabili e velocità, il B77, è rimasto per anni un cult dell’emittenti radiofoniche, permettendo anche l’applicazione di alcuni meccanismi analogici per delle programmazioni giornaliere completamente automatiche.
In radio, oltre alla diretta, vi era sempre uno studio di registrazione più o meno attrezzato. Era semplice ed economico realizzarsi in proprio tutte le pubblicità ed i jingles usando le risorse e le voci presenti in radio, annunciatori spesse volte assolutamente non all’altezza per fornire un prodotto degno. Nacquero gli studi di registrazione esterni specializzati a cui le radio si rivolgevano per darsi un tono più professionale, ma anche su richiesta stessa degli inserzionisti che cominciavano a capire l’importanza di uno comunicato fatto da professionisti. Molti di questi studi non erano altro che l’evoluzione di alcune radio (i più economici), mentre altri erano studi di doppiaggio cine/televisivo che si adattarono al nuovo settore di mercato, ovviamente con dei costi sostenuti. I prezzi variavano da poche decine di migliaia di lire a jingle, per arrivare a delle cifre a sei zeri. Anche i supporti audio su cui venivano forniti i comunicati variavano secondo la disponibilità economica del committente. Il comunicato veniva sempre consegnato su una K7, e nei migliori dei casi su nastro a bobine. Un'altra possibilità, per darsi un’aria semiprofessionale, erano gli LP con dei jingle e pubblicità neutre e preconfezionate. Ognuno contenevano decine di basi e comunicati “precotti” dedicati hai programmi ed alle rubriche più diffuse nei vari palinsesti: ora esatta, disco lancio, classifiche, notiziario ecc, ma anche con jingle di pura fantasia. In sala di registrazione il tecnico dava sfogo alla propria fantasia personalizzando i precotti con le voci dei DJ interni dell’emittente.
Esempio
Poco dopo la metà degli anni ’80 inizia il grande cambiamento digitale. Dopo l’evento del CD13 al posto del vinile14 si cominciano ad usare le prime costosissime jinglemachine digitali, denominate Sckipper, quelle radio che se lo potevano permettere compravano uno dei primi computer Apple con dei costi da capogiro, un McIntosch costava circa una trentina di milioni di lire, e lo sviluppo dei programmi dedicati alla manipolazione audio erano fortemente penalizzati dalle scarse potenze dei PC sia in termini di Hard Disk che di RAM. A metà degli anni 90 la situazione cambia radicalmente, il più largo consumo di Personal Computer in ambiente Windows sempre più potenti, fa in modo che i prezzi crollino con una distribuzione ed una offerta ormai alla portata di tutti. Su un monitor si gestisce attraverso il mouse tutta la messa in onda. Basta aver preventivamente inserito nell’Hard Disk musica e comunicati. Decine sono le case produttrici di programmi per la gestione del palinsesto radiofonico in digitale e basta una infarinatura di informatica per usarli correttamente. La comodità d’uso non si rivolge solo alla diretta, teoricamente si potrebbe preparare tutto in sala di registrazione per musica e programmi 24 ore su 24. Anche la preparazione dei jingle e dei comunicati curata da studi esterni subisce massicciamente l’evento del digitale. Oramai i jingle si prenotano via internet. e, una volta pronti, sempre dalla rete, si scaricano nel PC della radio. Come sulla rete si possono comprare, a costi bassissimi, i brani o gli album musicali. Dalle sale di diretta radiofonica sono spariti giradischi e lettori di cassette, lasciando il posto al solo mixer con un paio di monitor ed i microfoni. Oramai le macchine non influenzano più lo stile della radio e per fortuna l’ascolto si basa esclusivamente sulla bravura dei programmatori, dei DJ e dell’ufficio marketing.
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Un registratore / riproduttore a filo
Impianto di film sonoro Selenephon
Macchina per incisione e riproduzione di dischi
L'impianto di registrazione su nastro magnetico.
Uno studio radiofonico inglese degli anni '50/60
Sopra, una cartuccia NAB e sotto tre lettori e un registratore
Anche con l’avvento del digitale moltissime emittenti non hanno abbandonato l’uso delle cartucce NAB probabilmente a causa delle loro rubustezza e semplicità d’uso nella diretta radiofonica. In questa radio olandese vediamo a sx alcuni lettori NAB con le sua cartucce. L’uso è semplicissimo: una volta inserita la cartuccia il nastro si posiziona automaticamente sulla prima nota e un bottone rosso inizia a lampeggiare/pausa. Premuto il bottone il nastro parte per la diretta audio ed il bottone riamane rosso fino alla fine del brano o jingle. Se non si estrae la cartuccia questa si riposiziona sulla prima nota. L’alta qualità sonora è garantita all’uso del nastro simile a quello del Revox ed all’alta velocità di registrazione.
Tre studi di radio private per la diretta degli anni ’80. I primi due sono il classico esempio della radio fatta con pochi mezzi e con materiale a basso costo (vi erano situazioni decisamente peggiori). La terza denota già uno sforzo creativo ed economico maggiore, possedere 2 Revox se lo potevano permettere in pochi.
La cartuccia Stereo 8 era molto ingombrante e costosa, ma con una qualità audio più che buona.
L'aspetto esterno di un Revox B77 era simile a quasi tutti i modelli analoghi. Su richiesta poteva essere fornito con varie velocità e tracce di registrazione.
Alcuni LP di Jingles pre-registrati.
Una delle prime jinglemachine digitali. Siamo alla fine degli anni '80.
L'interfaccia grafica di un programma per diretta radiofonica.
Un editing audio, programma per registrare e modificare un brano musicale. | |||
NOTE |
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7) EIAR è l'acronimo di Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche. L'EIAR fu l'antenato della RAI.
8) Componente elettronico basato su semiconduttori su cui sono collegati vari fili. I transistor sono molto diffusi all'interno dei processori e nei moduli di memoria RAM. Vengono usati anche in altri apparecchi come le radio e le televisioni.. Nel linguaggio comune vengono chiamate transistor anche le piccole radio AM/FM portatili a pile, che furono la prima applicazione di questi dispositivi a raggiungere il mercato di massa, verso il 1950.
9) Da Broadcast: indica anche il livello di qualità richiesto per trasmissioni commerciali a grande diffusione, e gli strumenti professionali utilizzati per ottenerlo.
10) Il rock and roll (scritto anche rock'n'roll) è un genere di musica nato negli Stati Uniti negli anni '50 e in seguito diffusosi rapidamente in tutto il mondo. Letteralmente, "rock and roll" può essere tradotto con "ondeggia e ruota"; il rock'n'roll nacque infatti innanzitutto come "musica da ballare", con uno stile specifico di danza derivata dal boogie-woogie, ballo di origine afro-americana molto diffuso nell'immediato dopoguerra.
11) L’elenco della selezione musicale adatta per la trasmissione in una radio.
12) Radio Montecarlo trasmetteva dal Principato di Monaco in AM, ciò le permetteva di essere ascoltata su tutto il territorio italiano. Il modulo era decisamente uguale a quello USA ed alcuni suoi DJ sono tuttora dei miti, Awana Gana era il più famoso e copiava palesemente lo stile degli animatori americani ed inglesi.
13) Compact Disc: dischi ottici in grado di contenere fino a 650 Megabyte di dati informatici
14) Si tratta della plastica o PVC con cui vengono fabbricati i dischi musicali a 45 e 33 giri
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