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Le Valli del Varesotto

Val Marchirolo

Val marchirolo panorama

Naturale proseguimento della Valganna, la Val Marchirolo è contornata dai monti Castelvecchio (617), La Nave (990), Mezzano (932), Sette Termini (972), a sinistra, e il monte Marzio (875) a destra.

Il nome attribuito alla valle deriva probabilmente da Marka, segno, confine. Da un documento del 1491 si rileva l'esistenza nel fondovalle di un vasto prato detto marchirolo, in prossimità di vari campi ad curtem, che lasciano supporre una curtis locale e confinante con quella di Lavena.

Nel 1870 venne rinvenuta, all'incrocio della strada proveniente da Marchirolo con quella di Ardena, una tomba di incinerato databile alla fine della prima età del ferro. Il passaggio di altre popolazioni è comunque testimoniato dalla toponomastica locale: Lavena (acqua lacustre), Dovrana (torrente) e Tresa (fiume precipita).

A Marchirolo sono venute alla luce due tombe con monete di Graziano e Valentiniano II (367-392 d.C.), una sulla strada per Cugliate all'incrocio con la via Gaggio e l'altra in località Roncaglia.

L'ingresso principale della valle fin quasi alla fine del medioevo, era situato nella località Raglio di Cunardo, alla confluenza delle strade provenienti dalla Valganna, dalla Valcuvia e dalla Valtravaglia. Si proseguiva poi per Taverne, risalendo quindi per Cugliate per evitare le zone paludose della Baraggia, raggiungendo Marchirolo, l'incrocio di Arbizzo, Cadegliano, Pontecchio ed infine il ponte sul fiume Tresa, in direzione dei passi alpini.

Ad eccezione di Marchirolo e Lavena che rientravano nei possedimenti del Monastero di Ciel d'Oro di Pavia, tutta la valle venne assorbita dal Contado del Seprio, che giungeva per altro sino a Bellinzona. Nel 1196 con la fine delle ostilità tra comaschi e milanesi, la valle passò sotto la giurisdizione della pieve di Valtravaglia.

Nel 1438, il duca di Milano Filippo Maria Visconti concesse in feudo tutta la pieve di Valtravaglia, e quindi anche la Val Marchirolo, a Rusca Franchino, conte di Lugano e Signore di Locarno. Con l'estinzione del ramo legittimo dei Rusca, nel 1583 il feudo passa ai Conti Marliani fino al 1784, e poi ai Conti Crivelli fino al 1797, quando furono soppressi i diritti feudali da parte della Repubblica Cisalpina.

val marchirolo cartina I centri della Val Marchirolo sono Cunardo, Cugliate Fabiasco, Marchirolo, Marzio, Cadegliano Viconago, Lavena Ponte Tresa.

 

Valganna

Valganna panorama
Cottini-Viola "Varese terra di colori" Ediz. Lativa


Si stende in direzione nord sud dalla località Grotte di Valganna sino al lago di Ghirla. Alla sinistra idrografica si elevano il monte Chiusarella (m 912) e il monte Martica (m 1032) mentre alla destra la valle è bordata dal rilievo del monte Monarco (m 858), del Minisfreddo (m 1042), del Poncione di Ganna (m 993) e del Piambello (m 1129).

Il fondovalle, costituito dalla vasta piana delle Comunelle è solcato dal torrente Margorabbia, immissario ed emissario dei due laghetti di Ganna e Ghirla prima di sfociare nel lago Maggiore all'altezza di Luino. La fitta vegetazione boschiva di ontani, salici, frassini, betulle, conferisce a tutta la valle e al lago di Ganna in particolare una intensa colorazione verde. Dopo Ghirla la valle si apre e si fonde nella conca di colline che dà vita alla Val Marchirolo.

 


Valganna cartina








La valle fu frequentata dall'uomo sin dal Mesolitico (5000 a.C.) come testimoniano gli strumenti di selce rinvenuti nella torbiera di Ganna. In epoca romana e medievale passava per la valle una importante via di comunicazione che collegava la valle dell'Olona con Ponte Tresa e la Svizzera. Nel sec. XII i cistercensi fondarono l'abbazia di Ganna e avviarono lo sviluppo agricolo della valle bonificando la zona paludosa intorno al lago di Ganna.

Dal 1984, a tutela della ricchezza di flora e fauna, la zona attorno al lago di Ganna è stata dichiarata Riserva naturale orientata.

Di particolare interesse è l'antro delle Gallerie (o grotte della Valganna), nel monte Cuseglio. L'origine e la destinazione di questa intricata serie di cunicoli (rifugi preistorici, difese liguri in funzione antiromana o cava di materiale edile utilizzate dai frati per l'abbazia di S. Gemolo) è tuttora controversa.

All'uscita della valle, salendo verso Induno Olona, sorge la fabbrica di birra Splùgen-Poretti, iniziata nel 1877 (architetti Alfred e Richard Bihl) e completata con l'edificazione della villa padronale progettata da Ulisse Stacchini. Un famoso esempio di architettura industriale liberty.

La valle ha come unica municipalità il Comune di Valganna che comprende le località di Boarezzo, Ganna, Ghirla, Mondonico.

Valganna panorama

 

www.valleolona.net

Olona inverno

Originatasi per escavazione fluvio-glaciale, si presenta tuttora come una valle profondamente incisa con i centri abitati posti in posizione elevata sulle colline circostanti. Il fiume che la attraversa, l'Olona, è stato definito Fiume Civiltà, per l'antico e proficuo legame tra le sue acque e gli abitanti del territorio dove scorre, dalla Rasa fino alle porte di Milano, passando per Legnano e schivando appena la città di Busto Arsizio. Il paesaggio appare ancor oggi molto diverso. Alla destra orografica del fiume corrisponde una zona ricca di colture e di boschi, mentre a sinistra prevale la brughiera.

Valle Olona Cartina

L'Olona fu artefice indiscusso dello sviluppo economico delle popolazioni della valle. Fin dal X secolo si moltiplicarono lungo il corso dell'Olona i mulini, protetti dalle varie torri e case fortificate poste sui cigli della valle e dominanti l'antica strada delle obbedienzierie.

Nel 1608 si contavano sulle sponde dell'Olona 116 mulini, con una forza complessiva di 463 rodigini; fra questi vi erano anche un maglio da rame, un follone o gualchiera per i panni e diversi torchi da olio.

Le acque del fiume facilitarono il sorgere di numerosi altri insediamenti di tipo preindustriale: concerie, sbianche per la lavatura della tela (tela olona), segherie per il legname e marmo (specialmente sul torrente Bevera). Verso la metà del XIX secolo crebbero lungo il corso dell'Olona cartiere, filande di cotone e seta, tintorie, sbianche, fornaci, industrie meccaniche. Le vecchie ruote venivano man mano sostituite dalle moderne turbine, in grado di sfruttare meglio la corrente del fiume.

Il territorio percorso dall'Olona è una delle zone più significative della Lombardia, ricco di storia, che ci porta a ritroso dai vecchi stabilimenti dismessi, veri e propri monumenti di archeologia industriale, ai mulini da grano alle vicende del Contado del Seprio.

Lo sviluppo industriale della zona ha inferto però un grave danno all'ambiente inquinando il fiume, che da tempo è ormai uno dei corsi d'acqua più inquinati. Eppure ancora nei primi decenni di questo secolo vi si faceva il bagno e si pescava. Ora è in atto un'azione di recupero degli edifici dismessi e una tardiva opera di bonifica con la costruzione di depuratori e collettori. Esempio illustre di questo recupero urbanistico è il Cotonificio Cantoni di Castellanza divenuto sede dell'Università Carlo Cattaneo.

Lungo la valle dell'Olona sorgono i comuni di Castellanza, Marnate, Olgiate Olona, Gorla Minore, Gorla Maggiore, Fagnano Olona, Solbiate Olona, Cairate, Castelseprio, Gornate Olona, Lonate Ceppino, Castiglione Olona, Lozza, Vedano Olona.

Prospiano lavatoio sull'Olona
in riva all'Olona si lavavano i panni...

Olona in barca
... e la festa si andava in barca

 

Valceresio

Valceresio panorama


La Valceresio si estende per circa otto chilometri da Induno Olona a Porto Ceresio, sul Lago di Lugano, chiamato dai romani Ceresio.

Dapprima chiusa, poi via via sempre più aperta, è da sempre la via di collegamento più veloce per il Canton Ticino. Modellata nel corso dei secoli dai ghiacciai, è circondata dal monte Minisfredo (m 1012), dal Poncione di Ganna ( m 993), dal monte Piambello (m 1129), dal monte S. Elia (m 665), dal monte Orsa (m 993) e dal monte Pravanello (m 1045).

I reperti conservati al Museo dei Fossili di Besano e al Museo di Storia Naturale di Induno testimoniano l'evoluzione geologica della Valceresio e la presenza sul territorio dei dinosauri. La prima presenza umana è invece attestata al neolitico (500-2800 a.C.) dai resti di palafitte rinvenuti ad Arcisate in località Cattafame, nei pressi di una zona umida.

L'espansione romana che acquisì la valle alla provincia della Gallia Cisalpina, si concentrò soprattutto lungo il corso della Bevera, a Induno, Arcisate, Cantello, Ligornetto. Le tribù insubriche che la popolavano divennero cittadini romani sotto Giulio Cesare, in cambio di alcuni anni di servizio militare nelle legioni. Al termine del periodo di arruolamento, vennero iscritti alla tribù romana degli Oufentini, divenendo liberi cittadini romani e proprietari delle loro terre.


Valceresio cartina

I centri più importanti furono sicuramente Arcisate e Induno Olona, punti di arrivo delle vie di comunicazione che arrivavano dal Verbano e dal Ceresio. Da qui transitava il rame estratto a Baveno e Maccagno, l'argento della Martica, lo stagno, il ferro, l'ambra e l'oro degli Elvezi.

Nel medioevo, inserita nella Pieve di Arcisate, la valle fece parte del Contado del Seprio e rivestì un importante valore strategico quale via di comunicazione verso il nord Europa.

Nel 1927 il mandamento di Arcisate venne scorporato dalla provincia di Como per confluire nella nuova provincia di Varese.

Fanno parte della Valceresio i comuni di Arcisate, Besano, Bisuschio, Brusimpiano, Clivio, Cuasso al Monte, Induno Olona, Porto Ceresio, Saltrio, Viggiù.

 

 


Valcuvia

Valcuvia panorama

Situata nel cuore del Varesotto, è una valle ampia e aperta, cosparsa di centri abitati nascosti tra boschi di faggi e castagni. E' attraversata dal torrente Boesio che si getta nel Lago Maggiore a Laveno. I monti che la circondano sono a sud il massiccio del Campo dei Fiori (m. 1226), a nord il Sasso del Ferro (m. 1062) e i monti Nudo (m. 1295), della Colonna (m. 1203) e San Martino (m. 1087).

La presenza umana più antica risale alle palafitte del tardo neolitico e dell'età del bronzo rinvenute nelle torbiere di Mombello e Cavona. I numerosi reperti archeologici sono purtroppo dispersi in vari musei se non andati persi. Ciononostante si può presumere che la Valcuvia sia stata ininterrottamente abitata dall'epoca preistorica a quella gallica e poi alla romanizzazione del I sec. a.C.

Probabilmente la Rocca di Orino era una fortificazione romana che rientrava nel limes pedemontanum costituito a protezione dalle invasioni barbariche. In epoca longobarda, la Valcuvia dipendeva da Castelseprio e la rocca costituiva un elemento chiave per il controllo del transito nella valle.

In una pergamena del 712 in cui sono elencati i possedimenti in Valcuvia del monastero di S. Pietro in Ciel d'Oro di Pavia sono citate diverse località della Valcuvia : Calariate (Caravate), Azemondo (Gemonio), Cuvigl (Cuveglio), Olino (Orino), Aci (Azzio).

Nel 1196 passò sotto dal controllo di Como a quello di Milano e quindi dei Visconti. Nel 1450 Francesco Sforza la concedeva in feudo a Pietro Cotta. Nel 1728 i Cotta cedettero il feudo della Valcuvia a Giulio Visconti Borromeo d'Arese. Alla sua morte il feudo passò a Antonio Litta che ne aveva sposato la figlia.

Con la Repubblica Cisalpina Cuvio venne nominata nel 1797 capoluogo del IX distretto del Verbano e fatta sede di Pretura. Rimase tale sino al 1926, poco prima della costituzione della nuova provincia di Varese.

Tra il 1820 e il 1830 venne bonificata la vasta palude che si stendeva tra Cavona e Cuveglio.

I centri della Valcuvia sono: Azzio, Brenta, Casalzuigno, Cassano Valcuvia, Cittiglio, Cuveglio, Cuvio, Duno, Masciago Primo e Rancio Valcuvia

 

Valtravaglia

La vallata, ampia e boscosa, è percorsa dal torrente Margorabbia e circondata a destra dal gruppo de I Bedeloni, tra cui svetta il monte Sette Termini (m 972) e a sinistra dalla dorsale del monte Pian Nave (m 1058). E' il naturale proseguimento della Valcuvia e della Valganna verso il Lago Maggiore.

Il nome Valtravaglia sembra derivare da un composto con "valle", come "trans valles", "trans vallem", "inter valles", da confrontare con un antico "Travaglum", riportato dal Codex Diplomaticum Longobardorum ma non identificato, e con il monte "Trevalie".

Valtravaglia cartina

 

 

I centri principali sono Montegrino Valtravaglia, Brissago Valtravaglia, Grantola, Mesenzana.


Sicuramente abitata come altri centri del Luinese anche in epoca preistorica, vide l'insediarsi dapprima di popolazioni celtiche e dalla metà del III sec. a.C. dei romani. Nel Medioevo con l'introduzione del sistema feudale si costituì la Pieve della Valtravaglia, di proprietà dapprima del monastero di S. Pietro in Ciel d'Oro di Pavia (dall'VIII sec. all'inizio dell'XI), quindi degli arcivescovi di Milano (dal'XI sec. alla fine del XIV), dei Visconti (dal 1397 al 1416), dei conti Rusca di Como (dal 1416 al 1583, anche se non continuativamente), dei conti Marliani (dal 1583 al 1783) e, infine, dei conti Crivelli, gli ultimi feudatari (dal 1783 al 1797).

Nel 1513 venne occupata dagli Svizzeri, che la resero all'imperatore Carlo V in cambio di Mendrisio con la pieve di Balerna

Da qui in avanti la storia della Valtravaglia si identifica con la storia della Lombardia.

Nel 1805, venne inserita nel dipartimento del Lario con capoluogo Como. Nel 1927 venne attribuita alla neocostituita Provincia di Varese.

Alcune località in riva al Lago Maggiore, come Porto Valtravaglia, hanno mantenuto l'antico attributo a testimonianza dell'appartenenza alla Pieve medievale, pur trovandosi geograficamente al di fuori della vallata.

La Valtravaglia è attraversata dalla provinciale Luino-Vergiate e fino agli anni Cinquanta Valtravaglia anche dalla tramvia che univa Luino a Varese. Di questa linea di comunicazione rimane qualche testimonianza del tracciato, qua e là ancora riconoscibile, e alcune stazioni, a volte in ottimo stato di conservazione, come quella di Molino d'Anna.

Val Dumentina

Gli unici due centri di questa vallata ricca di boschi e di pascoli sono Dumenza, da cui prende il nome, con le sue frazioni, Trezzino, Runo, Due Cossani, Stivigliano e Agra.

E' attraversata dal rio Colmegnino le cui acque hanno alimentato uno stabilimento tessile, molti molini e quel maglio in cui fu fabbricato il cannone, un fascio di verghe cerchiate, con cui Cannobio si difese dai battelli austriaci nel 1859.

Il monte Gradisea (m 1057) la separa dalla Valle Veddasca, il monte Lema (m 1620), il più alto della provincia di Varese, segna il confine con la vicina Svizzera. Dal Monte Lema con una bellissima escursione, per lo più sul crinale elvetico, si raggiunge il Monte Tamaro (m. 1961) con splendidi scorci sul Lago Maggiore. Escursioni più facili conducono al monte Clivio, al Colmegnino, al Rogorio e al Bedea, per non parlare di quelle agli alpeggi Pradecolo, alpe Prato Bernardo, Pian di Runo e prato Fontana.



val dumentina cartina

Val Veddasca

Valveddasca panorama

La Val Veddasca occupa la parte più settentrionale della provincia di Varese e si presenta ancor oggi come una valle solitaria e selvaggia, dove notevoli sono le testimonianze della cultura rurale prealpina. La storia degli insediamenti umani nella valle è molto antica, dimostrata dal ritrovamento di graffiti preistorici.

Valveddasca cartina

Interamente solcata dal torrente Giona, che dal monte Tamaro scende verso il lago Maggiore, non presenta vie di comunicazione tra i due versanti.

Il versante alla destra orografica del torrente Giona presenta numerosi, piccoli paesi tenuti in vita dalla tortuosa strada che da Maccagno conduce a Indemini, in territorio Elvetico: Veddo, Garabiolo, Cadero, Graglio, Armio, Lozzo, Biegno.

Veddo, che ha dato il nome alla valle, e Garabiolo sono oggi frazioni del comune di Maccagno, mentre Cadero, Graglio, Armio (sede comunale), Lozzo e Biegno hanno dato vita al Comune di Veddasca.

Sull'altro versante, invece, l'abbandono è molto più pronunciato e l'unico paese che è riuscito a mantenersi vitale è Curiglia, raggiungibile dall'unica strada proveniente da Dumenza. Un caso simbolo è Monteviasco, collegato a Piero da una lunga mulattiera scalinata e solo dal 1985 da una funivia che dovrebbe strapparlo al suo isolamento.

Anche Piero, un tempo famoso per il suoi mulini in pietra, è oggi in semiabbandono ed è abitato da una comunità agricola che produce prodotti biologici (soprattutto apicoltura e vivaistica).

 

Oltre alla rigogliosa vegetazione, altro elemento caratteristico della vallata sono le sue case, addossate le une alle altre e realizzate interamente in pietra. Di pietra sono le mura, di pietra i tetti, di pietra i portali e i davanzali delle finestre. Di pietra sono le fontane e i lavatoi, di pietra gli acciotolati e i sagrati delle chiese. Il legno è utilizzato unicamente nei balconi, scuri, quasi bruciati dal tempo e dal sole. Sono paesi che spesso sono rimasti isolati per le pessime vie di comunicazione e dove l'unica strada sicura e percorribile era rappresentata dalle antiche mulattiere.


Di particolare interesse è il passo della Forcora (m 1179), punto di partenza per escursioni sui monti circostanti e dove, in inverno si può praticare lo sci alpino e lo sci di fondo.

Dal passo della Forcora, una mulattiera scende anche alla riva orientale del lago Delio, che alimenta la sottostante centrale idroelettrica di Ronco Valgrande.

Tutte le chiese dei cinque nuclei abitati conservano torri campanarie di origine romanica. Da segnalare, lungo la strada che conduce al Passo della Forcora, fuori Campagnano, la chiesa di San Martino dal cui sagrato si gode un vasto panorama sul lago Maggiore; a Graglio, celato dal bosco che lo circonda, il santuario della Madonna di Penedegra, in origine.dedicato a S. Giuseppe ma rinominato dalla devozione popolare, con un lungo porticato anteriore e uno strano tiburio circolare.